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    INTERVISTA AL CARD. ERSILIO TONINI

    INTERVISTA AL CARD. TONINI  - di Giuseppe Rusconi “Il Consulente RE” 5/2004 

     

    Verso le due di notte di domenica 28 luglio è morto a Ravenna, presso l'Opera Santa Teresa dove risiedeva da molti anni, il cardinale Ersilio Tonini. Il 20 luglio aveva compiuto 99 anni ed era il porporato più anziano. E' stato grande nella pastorale della comunicazione, fondata sul buon senso cristiano pervaso di esperienza personale e connotato da una grande apertura mentale. Eravamo andati a trovarlo a Ravenna per il 90.mo compleanno: per ricordarne con affetto la personalità riproponiamo qui l'ampia intervista fatta in quell'occasione e apparsa su 'Il Consulente RE' 5/2004 

     

     Quando si intervista il cardinal Tonini risulta generalmente inutile prepararsi una ‘scaletta’ di argomenti. Quasi sempre il colloquio prende strade impreviste: dall’autostrada si sale al sentiero di montagna e si scende al viottolo di campagna senza premeditazione. Eppure, com’è come non è, alla fine ci si ritrova coscienti di aver passato un’ora di ‘esercizi spirituali’ ad alto livello, basati in ogni caso sulla concretezza dell’esperienza quotidiana. Così è stato anche stavolta, con questa intervista pensata per onorare i novant’anni del cardinale, nato da famiglia contadina il 20 luglio del 1914 a Centovera di San Giorgio Piacentino. E’ ancora bene in arnese, figura filiforme e passetto svelto, un fascio di giornali sotto il braccio (per la cronaca: Avvenire,  Corriere della Sera, Stampa, Resto del Carlino, Daily Telegraph, Le Monde, Frankfurter Allgemeine, Herald Tribune) mentre entra nel suo ufficio al primo piano della benemerita Opera di Santa Teresa a Ravenna fondata da don Angelo Lolli. Prima dell’intervista, coglie l’occasione per rallegrare uno dei tanti ospiti della casa raccontando con brio la favola della camicia dell’uomo contento. Vulcanico nell’attività, il cardinale - pastore emerito di Macerata e di Ravenna -  presiede anche “Ethica”, Associazione per una finanza socialmente responsabile ed è stato all’origine di vere e proprie campagne di stampa per l’aiuto all’Africa e agli indios brasiliani dello Stato di Roraima. Volto e accento familiari agli italiani che seguono la tv e leggono i giornali, il porporato piacentino non ha peli sulla lingua e si esprime spesso pubblicamente (è una sorta di “ministro delle comunicazioni” di Giovanni Paolo II), non sempre in modo ortodosso, seguendo il suo buon senso di origine contadina ma nutrito di una serie incredibile di letture a tutto campo, vere e ‘contemporanee’.  Nell’intervista, che ha preso spunto dal significato del 13 maggio, si parla tra l’altro del momento internazionale, dell’opportunità di una riconciliazione dell’uomo con l’uomo, delle Nazioni Unite, del dramma dell’Africa, del flusso immigratorio, della nuova funzione della parrocchia, dell’Islam, della campagna per le europee (da poco in atto al momento dell’intervista), dei compiti immani ma doverosi della Chiesa . E della gioia di essere al mondo.  

    Eminenza, oggi è il 13 maggio, Madonna di Fatima. A che cosa Le fa pensare subito la ricorrenza?

    A quell’evento impensabile, inimmaginabile che scosse il  mondo intero 23 anni fa. Realtà drammatica, che segnò una svolta, un ammonimento: “Quel che è passato, può essere sconfitto”. L’onda del mare aveva raggiunto la sponda e lì s’era infranta. L’umanità fu avvertita che la pace stava per venire… tutti gli odi, le aberrazioni avevano manifestato il loro volto. Credo che ci fu allora un momento di riflessione approfondita e generalizzata.

    Quello fu un momento da cui però non sembra sia sgorgata un’umanità nuova. Oggi sarebbe certo azzardato dire che la pace è venuta…

    Ma adesso la situazione è diversa. Il passato infranto degli Anni Ottanta era riferito all’Europa. Oggi siamo confrontati con un altro tipo di passato, che ci viene in parte dal mondo mediorientale; un passato di cui non ci eravamo quasi accorti e che appariva nascosto. Siamo costretti ora a prenderne atto e a ripartire un’altra volta dall’inizio: Pourrons-nous vivre ensemble? Ce la faremo a vivere insieme? come dice il titolo del libro di Alain Touraine. Non è più il “vivere insieme” nell’Europa, ma con il mondo intero. Siamo a una svolta della storia: non è più pensabile un “vivere insieme” all’occidentale come una volta, un “vivere insieme” direi di guerra, nato con il formarsi delle nazioni con conseguente definizione delle frontiere.

    L’Europa si sta ricongiungendo, ma il mondo è ancora molto diviso…

    L’Europa, se si ricongiunge, deve rendersi conto che si deve confrontare con il mondo intero, non ponendosi certo in posizione antagonista verso gli altri popoli. I problemi si sono globalizzati - basti pensare al terrorismo – e ci toccano ancor più da vicino, dato che nel frattempo, grazie ai progressi tecnologici, anche la ricerca bellica, la fabbricazioni di armi sono divenute sempre più sofisticate e insidiose.

    Lei, eminenza, è sempre stato catalogato tra gli ottimisti. Anche nell’intervista rilasciataci tre anni fa (vedi ‘Consulente RE’ 5/2001) rilevava per esempio: “La nuova situazione presenta rischi immensi, ma opportunità ancora maggiori”. Conferma?

    Confermo, confermo.  Qual è l’opportunità? Quella di una riconciliazione generale. Pensi alla questione del terrorismo, delle torture in Iraq: è proprio nei momenti più tragici che l’umanità si rende conto che qualcosa nel nostro modo di vita non va e deve essere corretto a livello mondiale. Sono proprio questi i momenti in cui l’uomo si scuote veramente e si pongono le condizioni più favorevoli per una svolta epocale. Siamo costretti a riconoscerci appartenenti al genere umano nella sua globalità: eccoci allora per esempio a invocare l’ONU.

    Una svolta, un’invocazione dettate dalla paura per il futuro?

    E’ chiaro… la paura, gli orrori ci costringono a riconoscere un minimo di civiltà, accorgendoci dell’animalità spaventosa che c’è in noi e che può esplodere in certe condizioni. Solo l’uomo usa l’aggressività anche per il gusto di torturare, gli animali la utilizzano invece per vivere e per trasmettere la specie. Oggi si leva dappertutto un grido: Bisogna salvare l’uomo dalla sua animalità! Penso che siamo costretti a rivedere le vecchie categorie di pensiero e di azione, così da riuscire a riscoprire la via della nostra salvezza comune, che non passa attraverso quella delle Nazioni, ma dei singoli. 

    Lei crede dunque che si concretizzerà positivamente quella domanda di Touraine: Ce la faremo a vivere insieme?    

    Una domanda tremenda. La strada c’è: lo scrittore indica le sujet, il singolo. Un filosofo greco del II secolo si chiedeva: Come mai c’è tanta pace tra le stelle e tanta guerra tra di noi? E così incomincia la riflessione dell’uomo sull’uomo. I pensatori greci certo apprezzano la dignità del singolo uomo, ma di quello nato bene, non degli schiavi, ritenuti andropedi. E’ il pensiero cristiano a evidenziare la dignità legata a ogni singolo, indipendentemente dalla nascita e dalla condizione.

    Eminenza, come costruire o ricostruire un mondo fatto a misura d’uomo?

    Non basta l’unità degli Stati né l’uguaglianza dei diritti, che appare sempre come qualcosa di molto teorico: indispensabile è la valorizzazione del modello della famiglia. Nel suo intervento a New York per il cinquantesimo delle Nazioni Unite Giovanni Paolo II aveva evidenziato l’emergere del grande problema dello ‘stare insieme’: l’ONU non può più limitarsi ad affermare astrattamente l’uguaglianza dei diritti tra le nazioni, che non si raggiungerà mai perchè ci sarà sempre chi ha troppo e chi nulla. E’ invece necessaria anche per l’ONU una svolta di mentalità, così da promuovere la concezione cristiana della famiglia dei popoli, dove il più forte ha il compito di elevare la condizione del più debole. L’ONU non può essere intesa come l’organismo cui ci si rivolge per legittimare una guerra, ma come quello che opera perché non ci siano più popoli che soffrono in modo atroce, immersi nella disperazione più nera. Fino a quando tale situazione non sarà sanata, è inutile illudersi: la guerra ci sarà sempre.

    A proposito di guerre: Lei ha sempre avuto molto a cuore la sorte dell’Africa, promovendo con tutte le Sue forze una riflessione sui mali del Continente e azioni concrete di aiuto…

    Il 21 giugno ci sarà a Roma la convocazione di tutti gli ambasciatori dei Paesi africani; saranno ricevuti il giorno dopo dal Papa, che trasmetterà loro un appello vibrante …vogliono che anch’io partecipi. Dobbiamo convincerci che il futuro del mondo dipende dall’Africa, continente che sprofonda. Basti pensare che nella zona dei grandi laghi, una delle più belle, l’età media di vita sta scendendo da 45 a 40 anni. La vita lì sta diventando impossibile… in Ruanda c’è stato uno dei più grandi genocidi nella storia del mondo. L’umanità deve essere cosciente che, se non si riuscirà a concludere la guerra in Iraq, l’Africa diventerà il grande problema del mondo…

    Quale il rapporto con la guerra in Iraq?

    La sofferenza causata da quella guerra si estenderà… e già oggi sono in netta crescita gli sbarchi di clandestini, da noi e molto in Spagna (anche se la nostra stampa non ne parla). D’altra parte come possiamo pretendere di chiamare vita quella che fanno milioni di africani oggi nelle loro terre? E le migliaia che muoiono nel deserto, una scelta atroce fatta nella speranza di raggiungere la Libia, l’Algeria e la Tunisia?

    Il 24 giugno dell’anno scorso all’Aquila, alla presentazione di un progetto umanitario per il Burundi, Lei aveva osservato: “Non si può fermare chi non sa come dare da mangiare ai propri figli”. Che cosa significa questo in concreto?

    L’Europa e l’Africa sono due continenti gemelli, uniti nella storia, con il mare nostrum come trait d’union. Milioni di africani vedono attraverso le televisioni un continente, il nostro, ricco di comodità, di luci sfavillanti, di sprechi infiniti, di promesse da Paradiso in terra; è comprensibile che vogliano raggiungerci! Quando si hanno figli da mantenere e non ci si riesce, si è tentati da ogni genere di ardimenti. Anche i più rischiosi!

    Secondo Lei l’Europa è in grado di porre un freno a tale tipo di immigrazione?

    Ma no! Nessuno può bloccarla! Nessuna legge è in grado di farlo! E’ una forza vitale quella che spinge le masse a venire da noi. A che serve poi riempirsi la bocca di diritti umani se in una parte del mondo si riesce a malapena a sopravvivere? Io ho visto nel Burundi bambini mangiare formiche, un campo di concentramento di diecimila persone… c’erano tremilacinquecento bambini che mi comunicavano il loro struggimento… bambini con il pancione grosso così… stradine con al centro un canaletto aperto in cui scorreva il liquame della notte…solo lamiere, nemmeno un mattone.

    Queste persone, questi bambini perchè erano lì?

    Le loro case, un intero quartiere, erano state distrutte dai tutsi…. Dopo la visita al campo sono tornato in Italia, sono andato da Papa… così è stata lanciata la campagna per la ricostruzione…abbiamo ricostruito quasi dodicimila case, non solo a Bujumbura, ma un po’ disseminate qua e là per evitare distruzioni di massa.

    Ma l’Europa si accorge veramente di tali orrori?

    Ciò che mi fa male è vedere come si comporta il mondo occidentale, con le ragazze che vogliono diventare veline, gli altri che vogliono andare al Grande Fratello o in varie Fattorie…

    E’ difficile nuotare controcorrente…. I nostri figli ogni giorno vengono subissati da messaggi in chiaro o subliminali che prospettano cosiddetti valori sociali e umani ben diversi da quelli cristiani…

    Tra i ragazzi di oggi e quelli di cinquanta o ottant’anni fa com’ero io c’è una grande differenza. Allora c’era il piccolo paese e le città erano un aggregato di piccoli paesi. I ragazzi avevano poche alternative, quattro carte. Anche per questo c’erano pochi giochi, momenti solenni come le sagre: tutto era regolamentato rigidamente. Oggi le carte in mano ai ragazzi sono diventate quarantamila e ogni giorno vengono offerte carte nuove. Mi diceva l’altro ieri un papà: Fino a dieci anni mia figlia era tranquilla, splendida. Adesso non passa giorno che non mi chieda questo e quest’altro e quest’altro ancora…La pubblicità poi punta molto sull’esteriorità, sull’apparenza, sul guadagno, sul successo…: è difficile per un ragazzo non essere condizionati in qualche modo, cercando di valere…

    Il piccolo Ersilio probabilmente cercava di valere in altro modo rispetto ai bambini di oggi…

    Mia mamma e mio padre mi dicevano che il Signore aveva del bene da farti fare;  andavo all’oratorio, studiavo, mi attraeva la vita missionaria: avevamo davanti agli occhi delle grandi offerte, dei grandi esempi ricchi di sostanza. Oggi ce ne sono molto meno, nella frammentazione di offerte che stordisce il ragazzo…che, dopo i dodici-tredici anni, sente il bisogno del clan, del branco dove domina il più forte, il più disinibito…

    E la famiglia?

    Da sola non ce la fa. La Chiesa deve rivalorizzare la parrocchia come centro di vita anche sociale, come punto ineludibile di riferimento per la comunità. Certo oggi i temi dominanti sono quelli della guerra e della pace. Ma la società sta cambiando totalmente ed emergono anche altre questioni decisive. Per l’Europa, ad esempio, il suo ripopolamento. Che non si può improvvisare…

    Un ripopolamento che potrà avvenire grazie all’apporto fondamentale di altre culture…

    Sì, di altre storie che si incrociano con le nostre. Io ci credo, ci si va incontro…

    Alcuni sostengono tuttavia che non di incontro si tratta: l’Islam o una parte di esso vorrebbero penetrare l’Europa per (ri)conquistarla…

    Tale strategia c’è sicuramente. Là dove ci sono le moschee, si tende in genere ad andare in quella direzione, non in tutte certo. Bisogna pensare però che la maggior parte dei musulmani è pacifica, interessata all’incontro… come vedo qui a Ravenna. Molti genitori islamici mandano i figli ai nostri asili, alle nostre scuole; anche a loro importa in primo luogo dell’avvenire dei propri figli. Un po’ di tensione si sente nell’aria… però la maggior parte dei musulmani  resta al di fuori di certe strategie, coltiva altri interessi… E io spero che noi europei continuiamo a essere accoglienti, senza cadere nell’irrigidimento e nel rifiuto.

    Eminenza, non le incutono paura alcuni sviluppi della biotecnologia?

    La ricerca scientifica sta proponendo risultati splendidi e spaventosi…

    Immensi e spaventosi…

    Aveva ragione Paolo VI quando nel suo testamento scriveva che stiamo vivendo un’epoca magnifica e terribile.

    Avrà l’uomo del nostro tempo il coraggio di fermarsi laddove si rischia di superare limiti eticamente invalicabili se non a prezzo di uno svilimento grave della dignità umana?

    Qui la Chiesa deve levare alta la sua voce per difendere e promuovere l’uomo nella sua integrità. Questo è anche il compito del mondo politico. Purtroppo il nostro mondo politico, anche quello europeo ma in specie quello italiano, non lascia ben sperare. Siamo oggi a un mese dalle elezioni europee e in campagna elettorale si parla di tutto fuorché dei grandi problemi del continente. Dove sono i programmi ? Si pensa solo alla battaglia e alla vittoria. Ma noi diamo una cambiale in bianco a chi votiamo! E’ forse democrazia questa? E’ una finta democrazia! E’ una vera vergogna, un vero scandalo! Quando tutto poi si riduce alla scelta tra tre o quattro volti… Tocca alla Chiesa far capire il momento storico, spiegare quali sono oggi i disegni di Dio… Osserva il francese Paul Ricoeur che la politica oggi deve occuparsi prioritariamente del destino della razza umana: nei laboratori si stanno preparando scoperte immense, magari con il fine di cambiare la specie umana. Ma ce ne rendiamo conto? Anche la Chiesa deve assumersi il suo compito immane di testimonianza… non può perdersi nelle miserie umane…. deve puntare sulla famiglia come base della ricostruzione: questa è la generazione più preziosa di figli, che Dio ha caricato della maggiore responsabilità.

    Eminenza, che cosa resta nel quasi novantenne cardinale Ersilio Tonini del bambino Ersilio Tonini?

    La gioia di essere al mondo. La grande festa per essere al mondo. Io mi sveglio il mattino e mi viene voglia di gridare: Ci sono, vedo, sento…. Non mi sono ancora abituato ad esserci. E sento ancora mia madre raccontarmi che grande festa avevano fatto quando sono venuto al mondo.   

         

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