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    SINODO AMAZZONIA/JOSE' ANTONIO URETA: LA PRESA DEL POTERE

    SINODO AMAZZONIA/JOSE’ ANTONIO URETA: LA PRESA DEL POTERE – di GIUSEPPE RUSCONI – www.rossoporpora.org – 2 ottobre 2019

     

    Ad ampio colloquio con l’intellettuale cileno cattolico conservatore su origini, sviluppo, concretizzazione dell’idea di un Sinodo per l’Amazzonia. ‘Lumen gentium’ e ‘Gaudium et Spes’. La teologia (fallita) della liberazione ha messo le piume dello sciamano; la lotta politica è divenuta lotta culturale. I semi di Santo Domingo e di Aparecida (dove fu sensibilizzato Jorge Mario Bergoglio). La minoranza progressista’ al potere nella Chiesa. Il grave rischio di una Chiesa ‘arcipelago’, dove ogni comunità locale è una Chiesa dal volto diverso.  

     

    Dal 6 al 27 ottobre 2019 si svolgerà in Vaticano il Sinodo dei Vescovi per la Regione Panamazzonica,  per riflettere sul tema Amazzonia: nuovi cammini per la Chiesa e per una ecologia integrale. Speriamo che i santi Angeli Custodi, di cui oggi è la festa, facciano il loro dovere profondendo l’impegno delle grandi occasioni. 

    Annunciato durante l’Angelus del 15 ottobre 2017, il Sinodo è stato già delineato nelle sue grandi linee da papa Bergoglio durante l’incontro con i popoli amazzonici, svoltosi a Puerto Maldonado (Perù) il 19 gennaio 2018: “Ogni cultura e ogni visione del cosmo che accoglie il Vangelo arricchisce la Chiesa con la visione di una nuova sfaccettatura del volto di Cristo. La Chiesa non è aliena dalla vostra problematica e dalla vostra vita, non vuole essere estranea al vostro modo di vivere e di organizzarvi. Abbiamo bisogno che i popoli originari plasmino culturalmente le Chiese locali amazzoniche. E a tal proposito, mi ha dato tanta gioia ascoltare che uno dei brani della Laudato si’ è stato letto da un diacono permanente della vostra cultura. Aiutate i vostri Vescovi, aiutate i vostri missionari e le vostre missionarie affinché si uniscano a voi, e in questo modo, dialogando con tutti, possano plasmare una Chiesa con un volto Amazzonico e una Chiesa con un volto indigeno. Con questo spirito ho convocato un Sinodo per l’Amazzonia nell’anno 2019, la cui prima riunione, come Consiglio pre-sinodale, si terrà qui, oggi pomeriggio”

    E’ un cammino che si è sviluppato fino a giungere, il 17 giugno 2019, alla conferenza-stampa di presentazione dell’Instrumentum laboris. Al Sinodo parteciperanno in particolare 114 vescovi provenienti dalle circoscrizioni ecclesiastiche della Regione Panamazzonica (Antille, Bolivia, Brasile – non meno di 58 – Colombia, Ecuador, Perù, Venezuela), oltre a 13 capi-dicastero della Curia romana, a 33 membri di nomina pontificia, a 15 superiori generali, a 19 membri del consiglio presinodale, alla Segreteria generale del Sinodo con i 25 collaboratori del segretario speciale (il noto cardinale gesuita designato Michael Czerny, un ultrà pro-migranti), a 55 uditrici e uditori. 6 i delegati fraterni, 12 gli invitati speciali (tra cui l’ex-segretario dell’ONU Ban Ki-Moon, il noto economista Jeffrey Sachs, il noto climatologo Hans Schellnhuber, sostenitore della teoria del riscaldamento globale).

    Sulle origini lontane di questo Sinodo e sull’importanza della posta in palio abbiamo intervistato il professor José Antonio Ureta, noto qui in Italia soprattutto per il suo recente libro “Il ‘cambio di paradigma’ di papa Francesco. Continuità o rottura nella Chiesa?” (Instituto Plinio Corrĕa de Oliveira) e per la sua intensa attività pubblicistica. Nato sessantotto anni fa a Santiago del Cile, Ureta ha studiato diritto alla locale Università cattolica ed è un discepolo appunto dell’intellettuale brasiliano Plinio Corrĕa de Oliveira, il fondatore dell’associazione cattolica conservatrice ‘Tradizione Famiglia Proprietà' (Tfp). Attualmente è ricercatore presso la sezione francese. Ha collaborato alla nascita della ‘Fundacion Roma’, costituita nel 2000, una delle associazioni cileni più influenti in materia di vita e famiglia. E’ stato molto attivo nelle Tfp cilena, brasiliana, canadese e dell’Africa australe. Chi è interessato lo potrà ascoltare sabato pomeriggio 5 ottobre durante il Convegno sul Sinodo panamazzonico promosso da Tfp a Roma, presso l’Hotel Quirinale (via Nazionale 7). Intanto ecco l’intervista….

     

    JOSE' ANTONIO URETA: UN’IDEA CHE VIENE DA LONTANO, DAI GIORNI DEL CONCILIO VATICANO II

    Professor Ureta, siamo qui volentieri per ascoltare quel che ha da dirci su un argomento molto delicato e controverso, in un momento assai turbolento all’interno della Chiesa cattolica. Allora…come si è arrivati a convocare un Sinodo per la Regione Panamazzonica?

    L’idea viene da lontano, dagli Anni Sessanta/Settanta. E, secondo me, in questo caso si è costretti a confrontarsi con la realtà di una minoranza che ha conquistato il potere nella Chiesa grazie a tutta una serie di manovre durate per decenni, svoltesi del resto anche in Svizzera…

    In Svizzera… magari per caso là dove risuona il Chicchirichì?

    (ride) Sì, naturalmente. Sono manovre che sono state e sono opera di una minoranza che sa di essere tale e che intende mettere in cassaforte in tempi brevissimi tutte le riforme ecclesiali possibili così da avere la sicurezza che il cammino fatto divenga irreversibile.

    Si può ipotizzare che tutto sia partito da una certa interpretazione del Concilio Vaticano II?

    Sì. Già durante il Concilio, ma massicciamente dopo, si è creata una frattura interpretativa. Da una parte c’è chi riteneva i documenti conciliari in continuità con la tradizione della Chiesa, dall’altra chi invece pensava che il Concilio avesse rotto con tale tradizione. A rappresentare i primi la rivista Communio, a rappresentare i secondi (nella loro parte ‘progressista’) la rivista Concilium. I primi privilegiarono la costituzione dogmatica Lumen gentium , per la quale la Chiesa, ben ancorata spiritualmente, doveva essere luce per il mondo; i secondi preferirono la Gaudium et Spes, che evidenziava invece una Chiesa attenta all’evoluzione sociale, a rimorchio della storia. Ambedue gli atteggiamenti erano certo fondati sui lavori conciliari.

    La forte diversità di interpretazione del Concilio si è riflessa anche nel magistero papale?

    Si può osservare che nel suo pontificato Paolo VI ha dato evidenza e forza alla corrente di Gaudium et Spes. Invece i pontificati di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI hanno posto in primo piano Lumen gentium. Il popolo cattolico ha seguito in larga maggioranza quest’ultima indicazione. E’ vero che nel frattempo i cattolici più ‘progressisti’ avevano lasciato la Chiesa. Tuttavia se, come detto, chi nella Chiesa era restato, ha condiviso maggioritariamente la priorità data a Lumen gentium, si deve pur osservare che a livello di non pochi episcopati e di tante università è l’altra corrente che si è imposta. Oggi ha conquistato il potere a livello universale e intende perseguire, concretizzandola in tempi brevi, l’agenda ‘progressista’. Perciò ecco Amoris laetitia, i Sinodi per la famiglia… Insomma laddove, ad esempio nell’ambito della morale, Giovanni Paolo II aveva posto dei paletti ben chiari, assecondato poi   da Benedetto XVI con la valorizzazione dei ‘principi non negoziabili’, la corrente ormai al potere ha spostato i paletti sempre più avanti travolgendo i principi non negoziabili.  

    … anche le ultime esternazioni di papa Francesco nel colloquio con i gesuiti del Mozambico sulle ‘rigidità’ e le ‘fissazioni’ del cosiddetto ‘clericalismo’, lo mostrano chiaramente ancora una volta. I paletti sembrano ormai riguardare perlopiù l’ambiente, i migranti, le chiacchiere, con un’eccezione per il diritto alla vita e per la colonizzazione ideologica…

    Sì, è così. Poi: sul piano sociale papa Francesco ha organizzato tre riunioni con i movimenti popolari …

     

    MOVIMENTI POPOLARI A PICCO. FREI BETTO: NON PARLATE PIU’ DI TEOLOGIA DELLA LIBERAZIONE, MA DI ECOLOGIA

    Due a Roma (2014 e 2016) e uno in Bolivia, a Santa Cruz de la Sierra nel 2015incontri che sono al centro del volume presentato il 24 settembre 2019 presso la Curia generalizia dei Gesuiti, a cura di Guzman Carriquiry Lecour e Gianni La Bella (Libreria editrice vaticana). La prefazione è di papa Francesco, che ha voluto dare da subito grande visibilità ai movimenti popolari…

    Tuttavia occorre anche segnalare che nella realtà dei fatti tali movimenti popolari non sono più così importanti e non incidono più di tanto nell’opinione pubblica: il loro prestigio è ridotto a poca cosa in America latina, a causa degli sviluppi venezuelani e del disastro dei partiti marxisti un po’ dappertutto dove hanno conquistato il potere. I movimenti erano un cavallo di battaglia del marxismo…ma ormai non hanno più  possibilità di vittoria! Ne è cosciente perfino Frei Betto, il settantacinquenne brasiliano esponente di spicco della teologia della Liberazione che, in un video, ha raccomandato a un gruppo di seguaci di non parlare più della teologia della liberazione, perché ciò suona male nei media, ma di innalzare il vessillo dell’ecologia, poiché oggi l’ecologia sì che è di gran moda…

     

    L’AMAZZONIA LUOGO IDEALE PER CONCRETIZZARE LA LAUDATO SI

    Veniamo allora al Sinodo assai ‘ecologista’ per la Panamazzonia…

    Siccome esiste questa credenza diffusa che l’Amazzonia sia il polmone del mondo – una bufala - diventa facilissimo creare forti emozioni attorno all’argomento, così da sperare che il Sinodo riesca a concretizzare la Laudato bergogliana, spingendo cioè i cattolici ad assumere nella vita quotidiana posizioni ecologiste molto marcate.

    Da questo punto di vista il giornale della Conferenza episcopale italiana, l’Avvenire, è tanto all’avanguardia che ha colorato di verde per l’intero fine settimana dal 27 al 29 settembre (“Fridays for Future”, “Saturdays for Future”)  il suo sito online

    Significativo della deriva alquanto mondana, ‘orizzontale’, della Chiesa. E poi c’è un’altra cosa da dire: l’Amazzonia è la regione ideale anche perché in essa c’è scarsità di sacerdoti e dunque può servire da testa di ponte per sperimentare ufficialmente un nuovo ministero low cost, quello dei viri probati, che in tale area sarebbero i leader delle comunità indigene. Essi diverrebbero preti a tempo parziale e in un ambito limitato (quello della loro comunità): un fatto mai esistito nella storia della Chiesa. Qui saremmo ormai confrontati con la trasformazione del prete cattolico in pastore protestante, emanazione diretta della sua comunità. Giova ricordare che già negli Anni Settanta questa era una richiesta del noto teologo brasiliano Leonardo Boff…

     

    UN FILO ROSSO DAGLI ANNI SETTANTA A OGGI

    Anni Settanta… allora c’è un filo rosso (è proprio di caso di dirlo) che lega tale periodo al Sinodo panamazzonico…

    Esattamente. Nel 1968 si è svolta la II conferenza generale dell’episcopato latino-americano di Medellin, con l’opzione preferenziale per i poveri per la quale la Chiesa lotta fianco a fianco con i movimenti rivoluzionari. Con gli anni tale scelta si è dimostrata sostanzialmente un fallimento. Da una parte la Congregazione per la Dottrina della fede ha condannato il versante marxista della teologia della liberazione. Dall’altra si è verificato il crollo dell’Unione Sovietica. La teologia della liberazione si è dunque riciclata in tutta una serie di altri movimenti, di cui uno è la teologia india…

    Riciclata? Vuol dire che la teologia della liberazione, sconfitta, si è travestita con  le piume dello sciamano?

    Guardi, storicamente all’origine della teologia della liberazione ci sono quattro persone. Nell’intervallo tra la seconda e la terza sessione del Vaticano II si è tenuta a Petropolis, la città imperiale brasiliana, una riunione tra il teologo peruviano Gustavo Gutierrez, Leonardo Boff, il teologo austriaco Ivan Illich (legato all’America latina, morto nel 2002), il teologo argentino Lucio Gera (di origine friulana, morto nel 2012). In quell’occasione i quattro si sono ripromessi di mettere in pratica lo “Schema XIII”, da cui poi è derivata la Gaudium et Spes: ovvero, in America latina, occorreva promuovere le riforme postulate dai movimenti rivoluzionari marxisti. E’ lì che è nata la teologia della liberazione. Lucio Gera ha creato allora in Argentina i “preti per il Terzo Mondo”; che si sono mescolati a gruppi terroristici. C’è stata a tale proposito nel mondo cattolico una reazione tanto forte che Gera è ritornato sui suoi passi, ha riconosciuto che così non andava e dunque ha ideato la ‘teologia del popolo’. Secondo la quale la forza rivoluzionaria non sono più i movimenti di estrema sinistra, ma il popolo latino-americano che reagisce all’oppressione dell’imperialismo occidentale. Non è più una lotta politica, ma culturale…

     

    LUCIO GERA E LA ‘TEOLOGIA DEL POPOLO’, DI CUI E’ IMBEVUTO JORGE MARIO BERGOGLIO

    Jorge Mario Bergoglio ha certo ben conosciuto Lucio Gera…

    E come no… è un discepolo di Lucio Gera. E’ Gera che ha redatto diversi testi preparatori della III Conferenza generale dell’episcopato latino americano di Puebla, nel 1979. A Puebla si è già delineata una prima metamorfosi rispetto a Medellin: si è messa la sordina alle questioni puramente politiche e economiche e si è incominciato  a evidenziare l’importanza di quelle culturali relative ai popoli confrontati con l’avanzante globalizzazione. Nel 1992 ecco la IV conferenza, a Santo Domingo (per il quinto centenario della scoperta dell’America e dell’inizio della sua evangelizzazione) ed è lì che per la prima volta si è parlato esplicitamente di inculturazione e di popoli indigeni. Il teologo ecuadoregno indigeno Vicente Zaruma (definito nella prefazione del suo libro Perspectivas de teologia india dal suo compatriota Francisco Peralta come “uno di quegli esseri nati nella vibrazione umana e comunitaria, in cui gli atomi della Pachamama non possono morire”) ha osservato a giusta ragione che, mentre la teologia della liberazione si occupa soprattutto del popolo come classe sociale e degli aspetti materiali connessi, la teologia india ne evidenzia la cultura e la religiosità. Discorsi simili sono echeggiati non solo a Santo Domingo, ma anche – rafforzati – nel 2007 alla V Conferenza di Aparecida…

     

    CONFERENZA GENERALE DEL 2007 A APARECIDA: BERGOGLIO PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE PER LA REDAZIONE DEL TESTO FINALE

    E a Aparecida l’allora presidente della Conferenza episcopale argentina aveva un ruolo chiave: presiedeva la commissione per la redazione del documento finale…

    A Aparecida si intendeva introdurre esplicitamente la teologia india nel documento finale, come risulta dalle prime bozze. Il successore di Joseph Ratzinger alla testa della Congregazione per la Dottrina della Fede, cardinale Joseph Levada (deceduto pochi giorni fa) si è dato allora da fare per cancellare il riferimento. Ma i presidenti di 16 delle 22 conferenze episcopali presenti hanno richiesto che la teologia india fosse rimessa nel testo. Levada si è nuovamente opposto e ha spiegato che tale teologia era ancora qualcosa di molto discutibile e ambiguo. Al voto, di misura, la nuova richiesta è stata respinta, anche se nel testo restano diversi riferimenti indiretti alla teologia india. Voglio qui ricordare quello che papa Benedetto XVI aveva detto il 13 maggio 2007 nel discorso di apertura della Conferenza, ben cosciente che il tema sarebbe stato discusso: “L'utopia di tornare a dare vita alle religioni precolombiane, separandole da Cristo e dalla Chiesa universale, non sarebbe un progresso, bensì un regresso. In realtà, sarebbe un'involuzione verso un momento storico ancorato nel passato”. In altre parole: non si può ritornare indietro e resuscitare il paganesimo in nome dell’inculturazione.

    E’ proprio ad Aparecida che, secondo il cardinale Hummes, Jorge Mario Bergoglio ha preso molto a cuore la questione dell’Amazzonia, stimolato dai discorsi di diversi vescovi brasiliani…

    Del resto, appena l’arcivescovo di Buenos Aires è stato eletto papa, lo stesso cardinale Claudio Hummes gli ha suggerito di rilanciare l’argomento amazzonico… e, da parte sua, Erwin Kräutler, vescovo di origine austriaca, ed emerito di Xingu in Amazzonia, ha rilevato che, a causa della scarsità di sacerdoti, si sarebbe potuta sollevare nell’occasione la questione dei viri probati. Così è accaduto. Ormai la minoranza che era stata messa un po’ in disparte ai vertici della Chiesa con Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, ha conquistato il potere e ora persegue senza tentennamenti la concretizzazione dell’agenda stabilita.

     

    INSTRUMENTUM LABORIS: POSTULATO LO STUDIO OBBLIGATORIO DELLA TEOLOGIA INDIA. UN’ANALISI DEL 2001 DEL CARD. LOZANO BARRAGAN

    Nell’Instrumentum laboris si valorizza apertamente la teologia india, di cui (n. 93.d.3) è addirittura richiesto l’insegnamento “in tutte le istituzioni educative”…

    Sì, dappertutto. A questo punto è doveroso richiamare la descrizione della teologia india com’è apparsa in una relazione del 2001 che condensa il pensiero di trenta autori. L’aveva redatta il cardinale messicano Javier Lozano Barragan in occasione della quinta plenaria della Pontificia Commissione per l’America latina (a quel tempo i problemi maggiori erano nel Chiapas messicano). Leggiamone un passo significativo: “Nelle culture indie (secondo questa Teologia) si dà una vera rivelazione. Ci sono dunque due rivelazioni, quella delle tradizioni e quella della Bibbia. Prima viene la storia del popolo indigeno, dopo viene la Bibbia ad appoggiarla. Le tradizioni indigene hanno la preminenza sulla Bibbia. Queste tradizioni sono l’altra Bibbia, criterio della Bibbia cristiana. Le tradizioni sono l’altra rivelazione di Dio. La Storia del popolo indigeno è il suo Antico Testamento”. In sintesi: la loro mitologia costituisce i “semi del Verbo”. La Bibbia? Un’altra storia, paradigmatica, di un’altra liberazione che può al massimo servire come fonte di ispirazione, ma che non può interferire nella storia del popolo indio. Dunque la Chiesa cattolica non può pretendere di essere la sola fonte di salvezza: La Chiesa istituzionale deve smettere di essere maestra e diventare allieva del popolo indigenocosì che dalla teologia indiascaturirà una nuova chiesa india, con i suoi nuovi valori, ministeri e istituzioni”.

    Molto chiaro il testo di diciotto anni fa del cardinale Lozano Barragan. Oggi, spulciando i nomi dei partecipanti al Sinodo, troviamo invece ad esempio quello del noto teologo Paulo Suess, membro influente del Consiglio pre-sinodale e uno dei redattori dell’Instrumentum laboris…

    Suess, un naturalizzato brasiliano di origine tedesca…

    ..eh, questi tedeschi giocano un ruolo importante nel Sinodo, provenendo dalla Germania i maggiori finanziamenti alle varie attività missionarie ‘progressiste’ in Amazzonia…

    Sì. Direi che i tedeschi in patria avranno un loro proprio Sinodo (che si preannuncia molto delicato per i rapporti con Roma) e all’estero uno su cui avranno in ogni caso molta influenza… Paulo Suess coordina il dipartimento di missiologia – che ha anche fondato -  dell’Università dell’Assunzione di San Paolo del Brasile. E’ un grande difensore dell’inculturazione e sostiene che la teologia india trova in se stessa una fonte di salvezza. Si può dire sia un discepolo della Scuola francese post-moderna, dunque di Lyotard, Foucault, Guattari, Derrida, ecc…che negano esista l’oggettività e sostengono che tutto è condizionato dalla propria esperienza e dalla propria cultura. Per Suess ogni popolo deve svilupparsi da sé, senza interferenze. La sola cosa che si può fare è dialogare. E il dialogo serve ad affermare in questo caso l’identità culturale dei popoli amazzonici. Insomma per Suess “extra culturam, nulla salus”.

     

    IL MITO SURREALE DEL ‘BUON SELVAGGIO’ IN ARMONIA CON LA PACHAMAMA (MADRE TERRA)

    Nell’ Instrumentum laboris ritorna abbondantemente e positivamente il mito del ‘buon selvaggio’ panteista. Citiamo: (n. 20)”Uno sguardo contemplativo, attento e rispettoso sui fratelli e sulle sorelle, ma anche sulla natura – sul fratello albero, sul fratello fiore, sui fratelli uccelli, sui fratelli pesci, fino alle piccole sorelline come le formiche, le larve, i funghi o gli insetti – permette alle comunità amazzoniche di scoprire come tutto è connesso, di valorizzare ogni creatura, di vedere il mistero della bellezza di Dio che si rivela in tutte loro e di vivere amichevolmente”…

    Ci sono già due vescovi che hanno denunciato il carattere del tutto surreale che nell’ Instrumentum Laboris si dà dei popoli amazzonici. Mons. José Luis Azcona Hermoso, di origine spagnola, già missionario e oggi prelato emerito dell’isola brasiliana di Marajò (alla foce del Rio delle Amazzoni) sostiene che la visione che emerge dal documento è romantica e del tutto errata. Dalla sua esperienza appare che gli indios (che ha difeso più volte contro la tratta di donne e bambini) non sono quei modelli di virtù descritti. Non hanno il concetto di famiglia monogamica, vivono nella promiscuità totale, sono spesso ubriaconi e violenti. Anche noi abbiamo tanti vizi, tanti comportamenti orribili, ma non siamo mai descritti come degli innocenti da Paradiso terrestre… Un vescovo tedesco in Perù, monsignor Strotmann Hoppe, dice le stesse cose.

     

    ALCUNE TRIBU’ ANCORA PRATICANO L’INFANTICIDIO

    E’ vero che alcune tribù amazzoniche praticano ancora l’infanticidio?

    Sì, sono una ventina su circa 400. Ad esempio le donne Yanomani hanno il potere di decidere sulla vita e la morte dei propri figli. Capita ancora ad esempio che neonati disabili o gemelli vengano uccisi dopo la nascita.

    Ma la legge brasiliana lo permette?

    Per il momento ancora sì, ma una proposta di interdizione della barbara pratica ( “legge di Muwaji”, dal nome di una donna india che rifiutò qualche anno fa di uccidere il figlio disabile) è in discussione in Parlamento. Approvata dalla Camera, è in attesa di esame presso il Senato. Il dibattito è acceso e all’affermazione dell’universalità dei diritti umani alcuni contrappongono l’autonomia garantita dallo Stato brasiliano alle tribù più isolate.

    Per noi sono cose incomprensibili… A proposito degli indios: la maggior parte oggi vive in zone urbane…

    ...e si vogliono integrare. Sanno di essere in ritardo, anche rispetto al resto del Brasile. La loro speranza di vita è poco più di quarant’anni, vent’anni di meno della media brasiliana e quarant’anni di meno della nostra. In genere quando un’istituzione governativa visita le comunità nella foresta, la prima domanda posta riguarda i tempi previsti per l’arrivo dell’elettricità. L’elettricità è dunque considerata come battistrada dell’inserimento nel vagheggiato mondo contemporaneo.

     

    LA MAGGIOR PARTE DEGLI INDIOS SI VUOLE INTEGRARE

    Anche a margine del Sinodo, qui a Roma, saranno presenti comunque rappresentanti di tribù indie contrarie allo sfruttamento del loro territorio e avranno base per le loro attività dentro la chiesa della Traspontina in via della Conciliazione…

    Sono manipolate da alcuni missionari e da alcune ONG, proprio come lo è Greta Thurnberg. Ma non rappresentano le popolazioni indie, che invece in gran parte non vedono l’ora di progredire.

    L’opinione pubblica occidentale è spesso impressionata dalle foto e dai video che documentano gli incendi nella foresta amazzonica…

    Qui siamo di fronte a un’altra manipolazione mediatica. Gli incendi brasiliani quest’anno sono stati sotto la media. Noto tra l’altro che nella Bolivia di Evo Morales sono stati molti di più e molto più gravi. Bolsonaro vuole impedire che si appicchi il fuoco ai terreni e alla foresta; la legge prevede sanzioni pecuniarie pesanti per i contadini che lo fanno. In realtà bisogna ricordare che oltre il 60% del territorio brasiliano è una riserva, grande quasi come l’intera Europa. Chi ci vive spesso vorrebbe sfruttarne le ricchezze minerarie oppure la fertilità dei terreni. E dunque protesta contro i vincoli posti dallo Stato, chiedendosi: perché a noi non è dato di arricchirci con le ricchezze su cui posiamo i piedi? Perché volete lasciarci nel sottosviluppo?

     

    SINODO: LA PROPOSTA DI UNA ‘CHIESA DAL VOLTO AMAZZONICO’  RESTERA’. E L’ESORTAZIONE APOSTOLICA SUCCESSIVA ACCETTERA’ IN UNA NOTA A PIE’ DI PAGINA, AD EXPERIMENTUM, L’ORDINAZIONE DEI VIRI PROBATI…

    A questo punto, professor Ureta, Le chiediamo una previsione sugli esiti del Sinodo…

    Tra i partecipanti ce n’è qualcuno di buon senso, ma prevedo che non si registreranno le resistenze massicce emerse pubblicamente durante i Sinodi sulla famiglia: le pressioni mediatiche sono fortissime, le correnti dominanti si sono rafforzate e hanno in mano lo svolgimento dell’assemblea. Penso che sì, ci saranno delle discussioni e che i testi – dopo la bordata di critiche pubbliche (fino ad accuse di apostasia ed eresia) venute da non pochi cardinali – saranno forse depurati dagli elogi acritici della cosmovisione india. Ma i principi dell’inculturazione e della ‘Chiesa dal volto amazzonico’ resteranno. Poi seguirà un’Esortazione apostolica, in una cui nota a piè di pagina si accetterà ad experimentum l’ordinazione dei viri probati, preti low cost, magari veri e propri sciamani. Lei sa che ci sono missionari che postulano a chiare lettere un ministero ‘terapeutico’ per questi ultimi, così da assicurare l’armonia con la Madre Terra, la Pachamama, citata in quanto tale tre volte nell’Instrumentun laboris?

    Roba da sciamani… E l’evangelizzazione degli indios?

    Ma che dice? Niente evangelizzazione: siamo noi a dover essere evangelizzati dai seguaci della Pachamama… Legga il n. 102 dell’Instrumentum laboris: Questo processo (NdR: di conversione) si lascia ancora sorprendere dalla saggezza dei popoli indigeni. La loro vita quotidiana è testimonianza di contemplazione, cura e rapporto con la natura. Loro ci insegnano a riconoscerci come parte del bioma e corresponsabili della sua cura oggi e nel futuro. Dobbiamo quindi reimparare a tessere legami. (…) I popoli amazzonici originari hanno molto da insegnarci (…)”. Dobbiamo insomma disimparare e reimparare, spogliarci della nostra razionalità occidentale. Figli di fides et ratio, dobbiamo intendere la fides come fede nei miti della natura, mentre la ratio dobbiamo proprio dimenticarla, essendo troppo astratta.

    Concludiamo. L'annuncio dell'indizione del Sinodo è stato dato da Papa Francesco all'Angelus del 15 ottobre 2017 – dopo la canonizzazione di cinque martiri, due brasiliani e tre messicani - con queste parole: "Accogliendo il desiderio di alcune Conferenze Episcopali dell’America Latina, nonché la voce di diversi Pastori e fedeli di altre parti del mondo, ho deciso di convocare un’Assemblea Speciale del Sinodo dei Vescovi per la regione Panamazzonica, che avrà luogo a Roma nel mese di ottobre 2019. Scopo principale di questa convocazione è individuare nuove strade per l’evangelizzazione di quella porzione del Popolo di Dio, specialmente degli indigeni, spesso dimenticati e senza la prospettiva di un avvenire sereno, anche a causa della crisi della foresta Amazzonica, polmone di capitale importanza per il nostro pianeta. L’intento è annunciato di portata regionale, … ma l’impressione crescente è che questo Sinodo potrà avere conseguenze importanti sull’intera Chiesa cattolica

    E’ sicuro. L’auspicata introduzione di uno stato intermediario tra sacerdote e laico costituisce una rivoluzione democratica in seno alla Chiesa. Proprio come si augurava Leonardo Boff nel 1972:  ci sono comunità isolate, non hanno il prete, restano senza Eucarestia che è il centro della vita della comunità…bisogna che la comunità possa eleggere dei leader che celebrino l’Eucarestia perché finalmente i ministeri appartengono alla comunità. Come i borghesi si sono appropriati dei mezzi di produzione ai danni del proletariato, così i preti si sono accaparrati dei mezzi simbolici di santificazione. Si devono collettivizzare i sacramenti ed è la comunità che deve eleggere il suo leader. Meglio se a rotazione, perché altrimenti anche qui si rischia il clericalismo, che papa Francesco condanna come ‘perversione’ della Chiesa’.  Il ballon d’essai è l’Amazzonia. Ma siccome quasi dappertutto c’è carenza di sacerdoti, il contagio amazzonico è assicurato. Per esempio in Germania le orecchie saranno molto attente…”Lo vogliamo anche noi

    Poi c’è il resto…

    L’idea che ogni Chiesa deve assumere un volto locale. In fondo la Chiesa diventerebbe come un arcipelago dai mille volti, con le comunità ognuna diversa dall’altra. Tra gli ortodossi la liturgia è la stessa, malgrado le divisioni. Da noi la liturgia non sarebbe la stessa e conosceremmo un bailamme di riti, compresi quelli sciamanici. Teologia africana, india, asiatica, europea…. Sarebbe la fine della Chiesa cattolica. Un arcipelago dai mille volti. Non so se è a questo che pensa papa Bergoglio quando parla della Chiesa come poliedro. Del resto l’ha già insinuato alla fine di Amoris laetitia: i problemi locali vanno risolti a livello locale. Non resta che pregare.   

     

    MANIFESTAZIONI E CONVEGNI A ROMA IL 4 E 5 OTTOBRE 2019

    4 ottobre: ore 15-18, Hotel Massimo d’Azeglio, via Cavour 18. Tavola rotonda (in inglese) su ‘La nostra Chiesa. Riformata o deformata?”, promossa da Voice of the family.

    5 ottobre: dalle 9.30 e dalle 15.30, hotel Quirinale, via Nazionale 7. Convegno internazionale “Amazzonia: la posta in gioco”, promosso dall’Istituto Plinio Corrĕa de Oliveira. Al mattino relazioni sulle previsioni in materia di Plinio Corrĕa de Oliveira, sul punto di vista dei nativi, su deforestazione e clima. Il pomeriggio su ecologismo e marxismo, sulla nuova colonizzazione teologica e due interventi sulla Chiesa ‘dal volto amazzonico’.

    5 ottobre: ore 14.30 preghiera pubblica a Largo Giovanni XXIII (prima dell’inizio di via della Conciliazione) “ per il Papa, per la Chiesa e la Sua fedeltà a Dio, per i martiri cristiani, per la nostra Patria e per tutti gli uomini di buona volontà” .

    5 ottobre: ore 18.00, sala Conferenze di Santo Spirito in Sassia conferenza su “Ogni ginocchio si pieghi. La maestà e l’amore infinito della Santa Comunione” per promuovere la rinascita della devozione eucaristica.

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