UNIONI CIVILI/CATTOLICI TRADITI DA RENZI E ALFANO: VINCE LA NOTA LOBBY – di GIUSEPPE RUSCONI – www.rossoporpora.org – 26 febbraio 2016
Nel pomeriggio di giovedì 25 febbraio il Senato ha approvato con 173 sì, 71 no e 76 assenze il maxi-emendamento sulle unioni civili su cui il governo dei‘cattolici’ Renzi-Alfano aveva messo la fiducia. Il testo, una mostruosità giuridica, equipara nella sostanza le ‘unioni’ tra persone dello stesso sesso al matrimonio. Delirio sulle convivenze eterosessuali. Tradita dai ‘cattolici’ della maggioranza larga parte del popolo cattolico italiano, in particolare quella che ha testimoniato appassionatamente a San Giovanni e al Circo Massimo. Il testo passa ora alla Camera.
Certo l’iter parlamentare ancora non è concluso: manca l’approvazione della Camera dei deputati (dove però il governo gode su una larga maggioranza di consensi), manca il pronunciamento della Consulta sulla costituzionalità del testo, manca la firma del presidente della Repubblica. Questi due ultimi passaggi obbligati, in un Paese serio, dovrebbero essere un ostacolo arduo da superare per un testo giuridicamente mostruoso. Ma non siamo sicuri che sarà effettivamente così. Perciò è legittimo ritenere che il ‘sì’ del Senato al maxi-emendamento sulle unioni civili - per cui il governo aveva chiesto la fiducia – costituisca un passaggio fondamentale verso l’introduzione nella Penisola dei “matrimoni gay”, con grande gioia della nota lobby (sebbene in queste ore il mondo arcobaleno levi alti lai perché non ha potuto ottenere subito quel che comunque sa di poter ottenere entro breve tempo). Il ‘sì’ del Senato crea da subito una cultura nuova in materia di famiglia, emarginando quella su cui si fonda la nostra identità: e questo è un fatto drammatico. 173 i ‘sì’ (Pd quasi al completo, Alfano con sei eccezioni e, new entry decisiva per raggiungere la maggioranza assoluta al Senato, il gruppo raccoltosi attorno al noto e controverso toscano Denis Verdini, già factotum di Silvio Berlusconi), 71 i ‘no’ e 76 gli assenti (in gran parte Movimento 5 Stelle).
Nella prima parte del maxi-emendamento (commi 1-35) si intende regolare l’ ‘unione civile’ di due persone dello stesso sesso, nella seconda (i restanti commi fino al 69) ci si occupa invece delle “convivenze di fatto” (tra ambiguità, confusioni e discriminazioni, oltre che errori come al comma 65). Questa seconda parte contiene un altro attacco forsennato e irresponsabile alla famiglia tra uomo e donna fondata sul matrimonio, laddove ne svuota de facto quasi interamente la giusta superiorità legislativa. Siccome la legge crea cultura è facile immaginare che cosa potrebbe accadere: la quasi scomparsa del matrimonio tra uomo e donna come lo conosciamo.
Conseguenze del voto, pur ancora interlocutorio, ma simbolicamente di grande impatto?
Già dal 26 febbraio 2016 sono da porre in conto ulteriori, gravi difficoltà nel rendere una pubblica testimonianza in favore dell’unica famiglia, quella formata da un uomo e una donna e aperta alla procreazione. In ogni ambito della vita sociale e in particolare nella scuola diverrà sempre più arduo contrastare il dilagare dell’ideologia gender, dagli effetti paragonabili agli attentati del fondamentalismo islamico: se quest’ultimo ti toglie la vita, la prima ti priva dell’identità.Cresceranno emarginazione e dileggio (naturalmente anche in sede di servizio radiotelevisivo pubblico) per chi oserà ancora affermare che un bambino ha bisogno di una mamma e di un papà.
L’amarezza nel popolo dei Family Day - di cui il Comitato “Difendiamo i nostri figli” si è fatto portavoce con forza e convinzione anche in questi giorni -è profonda e tende ad assumere le forme (come constatiamo in queste ore) di una rabbia sacrosanta e di cui non sottovaluteremmo la portata. Una rabbia che in ogni caso avrà l’occasione di manifestarsi presto, nei prossimi mesi, in occasione delle elezioni amministrative e del referendum istituzionale in cui il ‘cattolico’ Matteo Renzi si è voluto mettere in gioco personalmente.
L’ amarezza e la rabbia del popolo dei Family Day sono originate sia dai contenuti irresponsabilmente sovversivi dell’antropologia giudaico-cristiana di un testo che il presidente del Consiglio rivendica come un suo grande successo (“un fatto storico per l’Italia”, “una giornata che resterà nella storia di questo Paese”) che dai modi utilizzati per raggiungere l’obiettivo: violazioni gravi e ripetute di articoli della Costituzione e del Regolamento del Senato, tentativi riusciti di strangolare il dibattito in Commissione e in Aula, soffocamento della libertà di coscienza dei parlamentari, ripetute menzogne su un presunto ‘distacco’ governativo dall’oggetto in esame… un quadro di palese indecenza dal punto di vista della democrazia parlamentare. Che Renzi proclami a mo’ dei compari Obama e Marino (due tra i peggiori esponenti della ‘società liquida’): “Ha vinto la speranza contro la paura. Ha vinto l’amore” non cambia una virgola del giudizio negativo sulla strategia antidemocratica, improntata a un autoritarismo d’altri tempi, di cui si è reso protagonista su un argomento che, tra l’altro, non ha mai fatto parte del programma di governo.
Ancora di più, se possibile, amarezza e rabbia del popolo dei Family Day si rivolgono, oltre che contro il presidente del Consiglio, a quei partiti, ministri e senatori che dicono di ispirarsi ai valori cristiani e che, se solo avessero voluto, avrebbero potuto affossare il ddl Cirinnà nei suoi vari travestimenti. E’ convinzione diffusa che tali partiti e politici abbiano tradito il magistero sulla famiglia della Chiesa cattolica, cui dicono di appartenere. Non è una sorpresa, purtroppo. Sotto il governo Renzi-Alfano il Parlamento fin qui ha votato già una serie sciagurata di leggi e leggine ‘liquide’, picconando in particolare e continuamente in maniera irresponsabile la stabilità dell’istituto grazie al quale il Paese riesce a tirare avanti anche in tempi economicamente e socialmente calamitosi come i nostri: la famiglia fondata sul matrimonio tra uomo e donna e aperta alla procreazione dei figli. Il grave è che, a partire dallo stesso presidente del Consiglio nonché segretario del Pd (partito di maggioranza), diversi sono i membri dell’esecutivo (in prima fila Maria Elena Boschi) che rivendicano spavaldamente il loro ‘cattolicesimo’ in realtà perlomeno curioso.
Amarezza e rabbia si rivolgono contro il ministro dell’Interno, cui fa capo una trentina di senatori che pure loro si dichiarano prevalentemente e pubblicamente ‘cattolici’. Diversi tra l’altro hanno anche aderito a quei Family Day il cui primo slogan era “Contro la Cirinnà senza se e senza ma”. Salvo poche eccezioni (in quattro hanno lasciato l’Aula al momento del voto) i tanti parlamentari ‘cattolici’ (tra gli altri Pierferdinando Casini) hanno invece poi approvato con voto nominale e palese il maxi-emendamento Renzi-Alfano, de facto come si è detto un passo decisivo per il riconoscimento dei “matrimoni gay”. Si sono venduti la ‘coscienza ben formata’ per un gruzzolo di poltrone, accusa non senza ragione il gran popolo dei Family Day: e la loro credibilità ‘cattolica’ è ormai ridotta a zero. Alfano rivendica anche lui un grande successo: oggettivamente dove stia nessun lo sa, dato che anche il maxi-emendamento votato (un monstrum giuridico) al comma 20 del suo unico articolo equipara le ‘unioni’ tra persone dello stesso sesso al matrimonio, perdipiù non escludendo per niente quell’adozione che, stralciato l’articolo 5 del disegno di legge Cirinnà, è così rientrata dalla finestra del testo governativo.
Sono pochi i senatori di cui il popolo cattolico ha potuto apprezzare la coerenza, la tenacia, la passione e il coraggio nella lotta per contrastare il ddl Cirinnà nei suoi vari travestimenti, una vera e rivoluzione antropologica foriera di enormi guasti sociali. Tra i più attivi l’ex-radicale Gaetano Quagliariello, Carlo Amedeo Giovanardi, il valdese Lucio Malan, Maurizio Gasparri, Maurizio Sacconi, l’intero gruppo leghista guidato da Gian Marco Centinaio (proprio di quella Lega che l’ “Avvenire”, organo della Cei, non smette di attaccare astiosamente).
Amarezza e rabbia si indirizzano non certo per sfizio anche contro un altro bersaglio: il segretario generale della Conferenza episcopale italiana, il vescovo Nunzio Galantino. Che, come è noto (qui l’abbiamo documentato in tante occasioni), è un esponente di punta– stizzoso e vendicativo - di quella ‘Chiesa in uscita’ che al confronto aperto e anche duro (condito di grandi testimonianze appassionate di piazza) preferisce – in particolare sui temi della famiglia e della vita – un dialogo imprecisato e a oltranza con il potere che si sviluppa tra corridoi e incontri conviviali. Generalmente gli interlocutori di Galantino lo lodano pubblicamente – dicono - per il suo “spirito aperto”. In verità apprezzano soprattutto la sua disponibilità dichiarata a non fare barricate in materia: insomma fa tutt’uno con la bandiera bianca che porta sempre con sé, al di là dei proclami di cui inonda le sue propaggini mediatiche. Nel caso del ddl Cirinnà l’incisività della strategia inciuciatoria di Galantino si è dimostrata pari a zero: ma in realtà a lui interessa soprattutto salvaguardare i meccanismi dell’8 per mille. Guarda caso proprio quell’8 per mille che i tanti amareggiati e arrabbiati del popolo dei Family Day (dalle trame di Galantino così conculcato) minacciano ora di negare, a causa dei suoi comportamenti inaccettabili e divisivi, all’intera Chiesa cattolica italiana.
P.S. L' 'Avvenire' di venerdì 26 febbraio 2016 'apre' naturalmente con le 'unioni civili', l'argomento di gran lunga più importante dell'attualità italiana. Ma c'è una stranezza molto evidente: curiosamente l'editoriale è dedicato alla lotta alla corruzione, a firma del magistrato Giuseppe Anzani. Il direttore Marco Tarquinio invece commenta a pagina 2 una lettera che denuncia un caso di negazione di diritti sociali. Il giorno precedente, giovedì 25 febbraio, in prima pagina, lo stesso direttore aveva un suo commento dedicato alle MODALITA' ma non ai CONTENUTI del maxi-emendamento governativo. Un commento del resto infarcito di "meglio sarebbe stato se..." e ben lontano dagli anatemi scagliati in più occasioni e su altri temi divisivi contro altre forze politiche (quelle, per intenderci che sono state tra le più coerenti nel contrastare il ddl Cirinnà).