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    PAPA: IL CORAGGIO DELLA PACE - 'AVVENIRE' DI LUCE E DI TENEBRE

    PAPA: IL CORAGGIO DELLA PACE - AVVENIRE DI LUCE E DI TENEBRE – di GIUSEPPE RUSCONI – www.rossoporpora.org – 15 marzo 2024

    Mentre si intensificano in Europa i toni bellicisti, papa Francesco continua a levare la sua voce per cercare di ricondurre alla ragione quei governanti che sembrano avere a cuore più il destino dell’industria degli armamenti che quello dei loro popoli. L’intervista a una tv elvetica e quella del cardinale Parolin al ‘Corriere della Sera’ -  Dentro ‘Avvenire’ coesistono da anni luce e tenebre: un nuovo e clamoroso esempio nel numero di sabato 9 marzo 2024.

    UN DOPO-ANGELUS DI PAPA FRANCESCO, L’INTERVISTA DELLA ‘BANDIERA BIANCA’ E QUELLA DEL CARD. PAROLIN – QUALCHE CONSIDERAZIONE

    Papa Francesco, dopo-Angelus del 3 marzo 2024:

    . Porto quotidianamente nel cuore, con dolore, la sofferenza delle popolazioni in Palestina e in Israele, dovuta alle ostilità in corso. Le migliaia di morti, di feriti, di sfollati, le immani distruzioni causano dolore, e questo con conseguenze tremende sui piccoli e gli indifesi, che vedono compromesso il loro futuro. Mi domando: davvero si pensa di costruire un mondo migliore in questo modo, davvero si pensa di raggiungere la pace? Basta, per favore! Diciamo tutti noi: basta, per favore! Fermatevi! Incoraggio a continuare i negoziati per un immediato cessate-il-fuoco a Gaza e in tutta la regione, affinché gli ostaggi siano subito liberati e tornino dai loro cari che li aspettano con ansia, e la popolazione civile possa avere accesso sicuro ai dovuti e urgenti aiuti umanitari. E per favore non dimentichiamo la martoriata Ucraina, dove ogni giorno muoiono tanti. C’è tanto dolore là.

    . Il 5 marzo ricorre la seconda Giornata internazionale per la consapevolezza sul disarmo e la non proliferazione. Quante risorse vengono sprecate per le spese militari che, a causa della situazione attuale, continuano tristemente ad aumentare! Auspico vivamente che la comunità internazionale comprenda che il disarmo è innanzitutto un dovere, il disamo è un dovere morale. Mettiamo questo in testa. E questo richiede il coraggio da parte di tutti i membri della grande famiglia delle Nazioni di passare dall’equilibrio della paura all’equilibrio della fiducia.

    Papa Francesco, dall’intervista a una tv elvetica del 2 febbraio 2024 per una trasmissione del 20 marzo 2024; estratti divulgati il 9 marzo 2024, pubblicata subito dopo nella sua integralità (da notare che in tale tv è stato ingaggiato nel 2023 un vaticanista di Repubblica dal 2013 al 2022, graditissimo da Santa Marta).  

    . Come trovare una bussola per orientarsi su quanto sta accadendo fra Israele e Palestina? Dobbiamo andare avanti. Tutti i giorni alle sette del pomeriggio chiamo la parrocchia di Gaza. Seicento persone vivono lì e raccontano cosa vedono: è una guerra. E la guerra la fanno due, non uno. I responsabili sono questi due che fanno la guerra. Poi non c’è solo la guerra militare, c'è la “guerra-guerrigliera”, diciamo così, di Hamas per esempio, un movimento che non è un esercito. È una brutta cosa (NdR: questa è la versione di Vatican News. Nella versione della tv elvetica – ripresa da gran parte dei media – il Papa avrebbe detto: (….)” E la guerra la fanno due, non uno. Gli irresponsabili sono questi due che fanno la guerra”. Abbiamo controllato quella parte di video e, a nostro parere, Vatican News in questo caso ha ragione, anche secondo la logica. Poi: “I responsabili sono questi due che fanno la guerra” sembra un po’ tanto riduttivo e semplicistico poiché pare mettere sullo stesso piano Israele e Hamas. Per quanto concerne la vita odierna nella Striscia di Gaza segnaliamo l’umanissimo diario quotidiano, onesto e dolente, che il giornalista e scrittore Sami al-Ajrami tiene su Repubblica)

    . Però non bisogna perdere la speranza di provare a mediare? Guardiamo la storia, le guerre che noi abbiamo vissuto, tutte finiscono con l’accordo”. (NdR: a dire il vero non sembra che, ad esempio, la Seconda Guerra mondiale sia finita perché c’è stato un accordo….)

    . In Ucraina c’è chi chiede il coraggio della resa, della bandiera bianca. Ma altri dicono che così si legittimerebbe il più forte. Cosa pensa? È un’interpretazione. Ma credo che è più forte quello che vede la situazione, pensa al popolo e ha il coraggio della bandiera bianca e negoziare. E oggi si può negoziare con l'aiuto delle potenze internazionali. Ci sono. Quella parola negoziare è una parola coraggiosa. Quando tu vedi che sei sconfitto, che la cosa non va, avere il coraggio di negoziare. E ti vergogni, ma se tu continui così, quanti morti (ci saranno) poi? E finirà peggio ancora. Negoziare in tempo, cercare qualche Paese che faccia da mediatore. Oggi, per esempio con la guerra in Ucraina, ci sono tanti che vogliono fare da mediatore. La Turchia, per esempio … Non avere vergogna di negoziare prima che la cosa sia peggio. (NdR: questa è la versione di Vatican News che ci sembra più precisa nel riportare le parole del Papa. Le differenze con la versione della tv elvetica non sono comunque di grande rilevanza. Notiamo solo la frase finale: “Non avere vergogna di negoziare prima che la cosa sia peggio “ che per la tv elvetica suonava: “Non abbiate vergogna di negoziare prima che la cosa sia peggiore”).

    . Anche lei stesso si è proposto per negoziare? Io sono qui, punto. Ho inviato una lettera agli ebrei di Israele, per riflettere su questa situazione. Il negoziato non è mai una resa. È il coraggio per non portare il Paese al suicidio. Gli ucraini, con la storia che hanno, poveretti, gli ucraini al tempo di Stalin quanto hanno sofferto…». (NdR: da notare “Il negoziato non è mai una resa. E’ il coraggio per non portare il Paese al suicidio”)

    . Come le rispondono i potenti della terra quando chiede loro la pace? C’è chi dice, è vero ma dobbiamo difenderci… E poi ti accorgi che hanno la fabbrica degli aerei per bombardare gli altri. Difenderci no, distruggere. Come finisce una guerra? Con morti, distruzioni, bambini senza genitori. Sempre c'è qualche situazione geografica o storica che provoca una guerra... Può essere una guerra che sembra giusta per motivi pratici. Ma dietro una guerra c’è l'industria delle armi, e questo significa soldi.

    . Anche la società stessa può essere ipocrita, ad esempio facendo le guerre e poi mandando aiuti umanitari… Interventi umanitari? Sì alle volte sono umanitari, ma sono per coprire anche un senso di colpa. E non è facile.

    La guerra sempre è una sconfitta, una sconfitta umana, non geografica.  La guerra è una pazzia, è una pazzia.

    Dall’intervista al cardinale Pietro Parolin (Corriere della Sera, 12 marzo 2024) a proposito di quanto detto da papa Francesco a una televisione elvetica su guerra in Ucraina e conflitto in Terrasanta

    . L’appello del Pontefice è che “si creino le condizioni per una soluzione diplomatica alla ricerca di una pace giusta e duratura” (25 febbraio 2024). In tal senso è ovvio che la creazione di tali condizioni non spetta solo ad una delle parti, bensì ad entrambe, e la prima condizione mi pare sia proprio quella di mettere fine all’aggressione. (…) Il Papa (…) ha parlato del negoziato e, in particolare, del coraggio del negoziato, che non è mai una resa. La Santa Sede persegue questa linea e continua a chiedere il ‘cessate il fuoco’ – e a cessare il fuoco dovrebbero essere innanzitutto gli aggressori – e quindi l’apertura di trattative. Il Santo Padre spiega che negoziare non è debolezza, ma è forza. Non è resa, ma è coraggio.

    . La Santa Sede è preoccupata per il rischio di un allargamento della guerra. L’innalzamento del livello di conflitto, l’esplodere di nuovi scontri armati, la corsa al riarmo sono segnali drammatici e inquietanti in questo senso.

    . (Che cosa hanno in comune la guerra in Ucraina e il conflitto israelo-palestinese?) Le due situazioni hanno certamente in comune il fatto che si sono pericolosamente allargate oltre ogni limite accettabile, che non si riesce a risolverle, che hanno dei riflessi in diversi Paesi, e che non possono trovare una soluzione senza un negoziato serio. Mi preoccupa l’odio che stanno generando. Quando mai si potranno rimarginare ferite così profonde?

    Qualche breve considerazione (non esaustiva) su quanto abbiamo riportato

    . E’ ampiamente comprovato dagli oltre 11 anni di pontificato che papa Francesco, quando parla a braccio, rispondendo a domande dei giornalisti in aereo o in privata sede a Santa Marta, non sembra proprio un mostro di precisione; per dirla tutta è molto approssimativo – e utilizza modi di dire assai singolari - soprattutto se deve rispondere in italiano e su argomenti delicati che riguardano la dottrina o che hanno addentellati con la storia e la geografia o con la cronaca politica.

    . Anche nel nostro caso (e ci riferiamo all’intervista a una tv elvetica) il Papa ha confermato che a braccio la precisione latita. Se l’argomento è di bruciante attualità politica, l’imbarazzo della diplomazia vaticana è assicurato. E così è stato, tanto che il cardinale Parolin ha dato, nell’intervista al Corriere della Sera, da primo responsabile di tale diplomazia, una sua interpretazione delle parole del Papa sull’Ucraina, che avevano suscitato forti reazioni negative (oltre che da parte del governo e della Chiesa greco-cattolica ucraini) non solo tra polacchi e baltici (sempre timorosi di un attacco russo) ma anche tra alcuni governanti tra i più affezionati a quel bellicismo che dilaga purtroppo in Occidente. Al fine di attenuare l’irato stracciarsi di vesti dei tanti politici politicamente corretti e la comprensibile amarezza di chi in Ucraina la guerra la subisce, il cardinale Segretario di Stato ha cercato di dimostrare che le parole di Francesco non potevano essere ritenute quelle di chi chiede un negoziato a ogni costo per l’immediata cessazione delle ostilità. Nell’intervista da notare anche le considerazioni molto preoccupate di Parolin (qui certo condivise con il Papa) sul rischio grave di un allargamento ancora più catastrofico dei conflitti in Ucraina e in Terrasanta e sul dilagare e radicarsi degli odi reciproci.

    . Per quanto ci riguarda, rimandiamo dapprima al Vangelo di Luca 14, 31-32: Quale re, partendo in guerra contro un altro re, non siede prima a esaminare se può affrontare con diecimila uomini chi gli viene incontro con ventimila? Se no, mentre l'altro è ancora lontano, gli manda dei messaggeri per chiedere pace.

    E poi evidenziamo due passi nelle risposte date dal Papa alla tv elvetica a proposito di Ucraina: Quella parola negoziare è una parola coraggiosa. Quando tu vedi che sei sconfitto, che la cosa non va, avere il coraggio di negoziare. E ti vergogni, ma se tu continui così, quanti morti (ci saranno) poi? E finirà peggio ancora. E: Il negoziato non è mai una resa. È il coraggio per non portare il Paese al suicidio.

    . Domande: per quanto riguarda l’Ucraina che senso ha continuare una guerra che un giorno finirà, ma con ancora più morti, profughi, distruzioni di quelle scelleratamente provocate fin qui? E si concluderà forse senza modifiche territoriali importanti  rispetto alla situazione odierna de facto? Che senso ha proseguire una guerra prospettando tanto insistentemente quanto irresponsabilmente una sua estensione tanto da far temere un altro conflitto mondiale (e stavolta non più a pezzetti)? Che senso ha continuare – certo con l’intenzione di preparare le opinioni pubbliche occidentali al peggio - a criminalizzare la Russia, descrivendo Putin, non certo un leader democratico (ma …quanti leader democratici ci sono oggi nel mondo?), con un paragone grottesco da tutti i punti di vista come un nuovo Hitler?  Dove sono finiti (sempre che siano mai esistiti) i disegni di pace?  

    Il Papa queste domande se le è poste e se le pone. Nell’intervista alla tv elvetica ha risposto. Con la solita approssimazione, sì. Ma nella sostanza Francesco – che spesso centra a suo modo l’obiettivo, riuscendo a individuare il nocciolo dei problemi -  ha ragione, forse unico leader mondiale che pensa più alla sopravvivenza della persona umana e dei popoli che a quella dell’industria degli armamenti (e della ricostruzione, su montagne di dolore). Una voce quella del Papa spesso volutamente emarginata anche in materia di aborto, eutanasia, ideologia gender. Eppure, anche su questi temi, da ascoltare.  

     

    AVVENIREDI LUCI E DI TENEBRE: LE COSIDDETTE ‘DUE MAMME’ E LA MOSTRA BLASFEMA NEL MUSEO DIOCESANO DI CARPI

    Chi è Medardo di Terralba? E’ il protagonista di un noto romanzo di Italo Calvino (1952), che, partito per la guerra contro i Turchi, viene colpito da una palla di cannone che lo dimezza. Da allora, fino alla faticosa ma felice conclusione della storia, ci saranno due Medardo in giro: il ‘Gramo’ e il ‘Buono’. La storia somiglia molto alla vicenda quotidiana di Avvenire, almeno a partire da quel 13 marzo 2013, serata in cui Jorge Mario Bergoglio ascese al soglio pontificio. Anche nel quotidiano della CEI emergono le due anime, con netta prevalenza negli ultimi anni di quella ‘progressista’, che chiameremo ‘grama’.

    Nel numero di sabato 9 marzo 2024 però le due anime si sono perlomeno equivalse. A pagina 13 ecco il commento di Francesco Ognibene intitolato “ ‘Due mamme’: la realtà scompare quando si manipolano le parole”; a pagina 17 (la prima di Agorà )  un articolo-commento ‘progressista’ di Alessandro Beltrami dal titolo “Al Diocesano di Carpi in mostra una spiritualità che fa pensare”.

    DAL COMMENTO DI FRANCESCO OGNIBENE

    Il commento si riferisce alla decisione del Tribunale di Padova del 5 marzo 2024 che ha dichiarato inammissibili i ricorsi della Procura della città veneta al fine di espungere la ‘seconda mamma’ dagli atti di nascita di 37 bambini registrati dal 2017 nei registri comunali. Si noti che un mese prima la Corte d’Appello di Milano aveva invece deciso in senso contrario su una questione analoga.

    . Litigare con la realtà non è mai una buona idea. Perché la realtà ha la tendenza a impuntarsi e a restare così come deve essere, a prescindere da come vorremmo farla diventare. E rimane indifferente ai marchingegni teorici e semantici con i quali cerchiamo di costringerla negli schemi che abbiamo costruito.

    . Strumento principe di questa impresa di alterazione psicologica e culturale è il linguaggio: è già noto che il primo requisito di una efficiente ricostruzione premeditata della realtà, con l’obiettivo di farla sparire, è cambiare il significato delle parole adottate per descriverla. Una notizia, una legge, una teoria dopo l’altra, delle parole resta il guscio, apparentemente sempre uguale, ma dentro sono stati sostituiti gli organi interni, uno alla volta. Fino a convincerci che quella stessa parola comunemente usata per definire un concetto condiviso ormai rimanda a uno tutto diverso, se non opposto, o a tanti differenti, a ciascuno la scelta del suo preferito. L’aveva intuito genialmente George Orwell, che nell’affresco distopico di 1984 aveva posto come architrave del “nuovo mondo” la neolingua e la certosina riscrittura dei fatti, nella convinzione che non l’evidenza di una nuova realtà avrebbe persuaso la gente delle magnifiche sorti dell’ideologia dominante ma una sapiente e tenace manipolazione del dizionario.

    . Prendete la mamma. La prima parola che impariamo, probabilmente la più usata al mondo, di certo la più cara. In cinque lettere c’è un universo emotivo e simbolico, un’intera antropologia, la nostra incancellabile certezza di appartenere a una storia e di essere qualcuno, l’anticorpo invincibile contro il nulla e il non senso. Per questo “mamma” è assai più di una parola: è un muro portante, un cuore che batte, una terra su cui camminare e un cielo al quale tendere. Il bersaglio più grosso che c’è. Sarebbe utile vigilare (o quantomeno osservare) con molta attenzione le manovre che si compiono attorno al suo significato, perché nessun termine-concetto ci è più necessario per capire chi siamo, adesso, qui, non in astratto. Non è dunque irrilevante che si seguiti insistentemente a spiegarci che la mamma non è unica, come invece la realtà ci ripete con ostinazione (non può fare diversamente), ma doppia.

    . Di “due mamme” per un solo bambino – intendendo una coppia di donne e il figlio di una delle due – si è parlato una volta ancora nei giorni scorsi dopo la sentenza con la quale il Tribunale di Padova ha dichiarato inammissibili i ricorsi della Procura per togliere la “seconda mamma” dagli atti di nascita di 37 piccoli già registrati con la duplice maternità all’anagrafe comunale:

    . L’obiezione è nota: una bambina o un bambino ha tutto il diritto di chiamare “mamma” entrambe le persone della coppia di donne con cui cresce (o “papà” due uomini: ma il caso qui è ancora più complicato, e la sparizione del reale decisamente più acrobatica visto che da “due papà” un figlio non nascerà mai: altra irruzione screanzata della realtà). Obiezione accolta, ma ancora una volta non è una questione di nomi: il bambino non tarderà a chiedersi di chi è figlio, e a capire chi è la mamma. Inutile girarci attorno, i bimbi ci insegnano a non mentire sulla verità dei fatti: la mamma ha un nome, è una sola, non due. Questa mistificazione di significati è assai estesa, e tocca altre parole nevralgiche della nostra vita, in altre operazioni di riscrittura delle evidenze.

    . È il caso del concetto di “diritto”, termine ora applicato alla soppressione di quella che ogni manuale di medicina indica come vita individuale, e che quindi è assai più una sopraffazione del forte sull’indifeso che una forma di tutela legale della persona umana. E che dire della “dignità”, concetto agganciato come pochi altri alla nostra natura essendo la certificazione dell’uguaglianza di tutti gli esseri umani, e adesso invece applicato – ad esempio – all’eutanasia nelle leggi sulla “morte degna” in Spagna (già operativa) e in Francia (in itinere), a sancire viceversa una differenza in base alle condizioni personali, tra sani e malati, sofferenti che “ce la fanno” e altri sopraffatti dal dolore.

    . Attenzione, dunque: le parole separate dalla realtà ci portano dritti alla neolingua. Ma quello era un mondo dentro il pugno spietato del Grande Fratello.

    Commento mirabile quello di Ognibene, ‘doppiato’ del resto il giorno dopo dal commento giuridico molto rigoroso di Giuseppe Anzani dal titolo: “Due madri”: proprio non si può. Leggiamo bene quella decisione”.

    DALL’ARTICOLO-COMMENTO DI ALESSANDRO BELTRAMI

    È stata inaugurata sabato 2 marzo presso il Museo diocesano di Carpi la mostra intitolata Gratia Plena con opere di Andrea Saltini. La mostra ha suscitato forti reazioni negative da parte di non pochi fedeli (indignati per accostamenti ritenuti a luci rosse e coinvolgenti Cristo e la Madonna), sfociate anche in un Rosario di riparazione assai partecipato (oltre cento i presenti) sabato 9 marzo 2024 davanti alla chiesa di Sant’Ignazio. Sulla mostra parlano chiaro le foto pubblicate da La Nuova Bussola Quotidiana (noi non ci sentiamo di riprodurle) a corredo dell’articolo – a sua volta molto esauriente -  del 4 marzo 2024 di Andrea Zambrano, intitolato “Una mostra blasfema nella chiesa del vescovo. E la chiamano arte”. Il vescovo è mons. Erio Castellucci (di cui Rossoporpora.org si è occupato qualche tempo fa (vedi https://www.rossoporpora.org/rubriche/italia/734-vescovo-modena-pastore-o-inquisitore-con-una-premessa.html), che ha apprezzato la mostra e, tramite il vicario generale mons. Ermenegildo Manicardi, ha attaccato violentemente i critici (vedi il settimanale diocesano Notizie di Carpi del 12 marzo). Il 14 marzo il comitato Quanta cura – che riunisce diversi fedeli delle diocesi di Carpi e di Modena - ha presentato in Procura a Modena una denuncia contro l’autorità ecclesiastica (diocesi di Carpi, vescovo Castellucci) per violazione dell’articolo 403 del Codice penale (vilipendio a confessioni religiose).

    Torniamo allora a Avvenire.  Pagina 17 del 9 marzo 2024 si apre con una riflessione della serie “I cattolici alla sfida della cultura” corredata di una riproduzione di un dipinto proprio di Andrea Saltini con la seguente didascalia: “Nataniele… un israelita in cui non c’è falsità” (una didascalia evangelica che oggi suona particolarmente infelice…)  

    Di taglio basso nella stessa pagina l’articolo-commento di Alessandro Beltrami sulla mostra di Carpi. Così esordisce il redattore culturale di Avvenire:” Avremmo voluto scrivere della mostra di Andrea Saltini soltanto per quella che è e che merita, e invece ci tocca parlare della solita accusa di blasfemia in relazione all’arte contemporanea. La noia, verrebbe da dire. Oltre a constatare il fatto che ognuno vede solo ciò che è abituato a guardare”. Il Beltrami monta subito in cattedra (quella della supponenza progressista) : ci tocca parlare, la solita accusa di blasfemia, la noia verrebbe da dire, ognuno vede solo ciò che è abituato a guardare. Qui anche l’accusa ai critici di essere dei voyeurs… insomma il Beltrame è pervaso di ira funesta e dunque spara all’impazzata….

    Continua il Beltrami: “Si tratta di una ventina di opere di grandi dimensioni, in gran parte realizzate per l’occasione. I soggetti sono di ispirazione religiosa, l’artista non è credente; (…) Una mostra nata non per caso, e non solo perché Saltini non è nuovo a queste tematiche ma in quanto frutto di un confronto con l’artista nel clima del cammino sinodale”. Se questo è il frutto del confronto, povero cammino sinodale! E poi:” Il lavoro di Saltini è figurativo, caratterizzato da una riflessione sulla costruzione iconografica, formulata per accostamenti spiazzanti e mai gratuiti”. Accostamenti spiazzanti? A vedere le foto sembrerebbe proprio di sì.

    Il Beltrami è infuriato: “Un paio di giorni dopo (Ndr: l’inaugurazione) online spunta un articolo che punta il dito su una mostra blasfema in chiesa, con dipinti a sfondo sessuale. Parte un mailbombing nei confronti della curia, il caso lievita in rete e nelle pagine dei quotidiani che non vedono l’ora di riscaldare il brodo di sesso e Chiesa, raggiunge anche i blog fanatici all’estero”. Notare: “i blog fanatici all’estero”.  Urge camomilla per il Beltrami.

    Conclusione dell’inquisitore artistico: ”Queste di Saltini, accettate nel loro procedere per paradossi, hanno un rigore teologico sorprendente. Prendiamo i dipinti dal titolo Gratia plena. Qui il tema di Maria è osservato in modo controintuitivo come una anamnesi occhiuta e violenta che spoglia e disseziona, come un abuso, il mistero. (NdR: un vero delirio linguistico) Un perfetto ritratto dei censori della blasfemia. C’è solo da augurarsi che tutto questo baccano contribuisca al successo della mostra”. E qui il Beltrami furioso si tacque.

    Ognibene sulle cosiddette “due mamme” e Beltrami sulla mostra blasfema nel Museo diocesano di Carpi. Il Buono e il Gramo. E la conferma della schizofrenia avveniristica.

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