SINODO/ QUALCOSA SUI CARDINALI MARTINEZ SISTACH, NAPIER, MARX – di GIUSEPPE RUSCONI – www.rossoporpora.org – 22 ottobre 2015
Presentate martedì pomeriggio e pubblicizzate mercoledì le relazioni dei 13 ‘Circuli minores’ linguistici sulla terza parte, quella più ‘concreta’ dell’ Instrumentum laboris. Intanto nelle conferenze-stampa di martedì 20 e mercoledì 21 ottobre si sono vissuti momenti interessanti, protagonisti i cardinali Martinez Sistach, Napier e Marx…
Presentate e inoltrate martedì le relazioni dei 13 ‘circuli minores’ linguistici sulla terza parte dell’ ‘Instrumentum laboris’, il secondo Sinodo sulla famiglia è ormai nella fase di stesura del documento finale, che sarà votato sabato pomeriggio, a quanto si sa probabilmente paragrafo per paragrafo. Dei passi più interessanti delle relazioni sulla parte più ‘concreta’ del documento di lavoro diamo conto qui sotto, così che chi ci legge si possa rendere conto delle tante considerazioni e proposte fatte sui delicati temi proposti. Prima però evidenziamo alcuni momenti significativi vissuti durante le conferenze-stampa di martedì e di ieri, ad opera dei cardinali Martinez Sistach, Napier e Marx (con Pell convitato di pietra).
Conferenza-stampa di martedì 20 ottobre/card. Martinez Sistach- Motu proprio sulla nullità matrimoniale. L’arcivescovo di Barcellona, rispondendo a una domanda sul Motu proprio dell’8 settembre (che condivide pienamente), ha detto tra l’altro:
. I coniugi si sposano per essere felici, sperando che duri.
. La dichiarazione di nullità riguarda un matrimonio fallito ( NdR: Eminenza, ne è proprio sicuro?)
. Tra i possibili motivi di nullità: incapacità di affrontare un matrimonio cristiano (NdR: comemisurarla ?); una fede non sufficientemente forte (NdR: come misurarla?)
. Dopo la dichiarazione di nullità, non c’è più battaglia tra i figli.
Conferenza-stampa di martedì 20 ottobre/card. Napier – Il Sinodo del 2014. L’arcivescovo di Durban/Sudafrica, uno dei vicepresidenti del Sinodo, rispondendo a una domanda sul tema “manipolazioni sinodali” (vedi l’e-book del giornalista statunitense Edward Pentin, National Catholic Register), ha detto tra l’altro, sullo svolgimento del Sinodo del 2014, come riportato in traduzione dall’inglese da Sandro Magister su www.chiesa
. Penso che la prima cosa da dire è che nel precedente Sinodo c’erano alcuni singoli elementi che erano motivo di preoccupazione. E uno in particolare è stato il presentare la Relazione intermedia come se fosse venuta dal Sinodo, come se facesse parte della deliberazione del Sinodo. E questo non era vero, perché noi abbiamo ricevuto il documento dopo che voi dei media l’avevate ricevuto. E solo allora abbiamo cominciato a leggerlo. E quel documento già diceva delle cose che io sapevo erano state dette nell’aula da due o tre persone al massimo. Ma era presentato come se quelle fossero la riflessione del Sinodo. Ora questo certamente dava l’impressione che il Sinodo fosse spinto in una certa direzione (NdR: la Relazione intermedia era quella famosa da cui il relatore generale, il cardinale Peter Erdoe prese le distanze in conferenza-stampa, dicendo al segretario speciale arcivescovo Bruno Forte, in riferimento al paragrafo sulle persone omosessuali: “L’hai scritto tu, rispondi tu”).
. Ho anche fatto parte della commissione che ha redatto il documento finale (NdR: Napier era stato inserito da papa Francesco nella commissione solo il giovedì dell’ultima settimana del Sinodo, insieme con il vescovo australiano Hart. Riconoscimento di un errore o ‘costrizione’ della maggioranza sinodale?). E ci sono state anche lì alcune materie che ancora una volta venivano spinte in una certa direzione. Quindi in questo senso una particolare ideologia, o agenda, o come la si vuol chiamare, sembrava essere all’opera.
. Ritengo che questo Sinodo riprenda da dove quella prima settimana del Sinodo precedente l’aveva lasciato, quando eravamo tutti ottimisti e impazienti di lavorare davvero sulle questioni, insieme, come una squadra (NdR: il cardinale vuol dire che la Relazione intermedia e quella finale del Sinodo 2014, oltre che l’Instrumentum laboris per il Sinodo 2015 non dovrebbero essere considerati?)
Conferenza-stampa di mercoledì 21 ottobre/card. Marx – “Grande turbamento e tristezza” per un’intervista del card. Pell. L’arcivescovo di Monaco-Freising ha risposto tra l’altro a una domanda sul singolare incipit della relazione del gruppo di lingua tedesca sulla terza parte dell’Instrumentum laboris, Che così suona: “Abbiamo percepito con grande turbamento e tristezza le dichiarazioni pubbliche di alcuni padri sinodali su persone, contenuto e svolgimento del Sinodo. Ciò contraddice lo spirito dell’incontro, lo spirito del sinodo e le sue regole elementari. Le immagini e i paragoni usati non sono soltanto indifferenziati e sbagliati, ma anche offensivi. Prendiamo decisamente le distanze”. A chi vi riferite con questa frase? ha chiesto un giornalista. E il card. Marx, uno dei leader del fronte ‘progressista’ ha segnato a dito pubblicamente il card. Pell, prefetto dell’Economia nonché uno dei leader del fronte fedele alla dottrina sociale della Chiesa in materia di matrimonio e famiglia: Pell aveva detto che nel Sinodo si stava sviluppando una battaglia tra kasperiani e ratzingeriani. “Siamo stati tutti sorpresi negativamente dall’intervista al ‘Figaro’ – ha detto Marx, porporato dall’animo sensibile – Il card. Kasper è rimasto molto colpito, non era molto contento. Le espressioni usate nell’intervista non sono accettabili per un Sinodo. Al Sinodo non siamo in battaglia. Ora abbiamo superato la questione, però è stato difficile”. Ma, eminenza, non è che ci siano state diverse altre dichiarazioni di cardinali, statunitensi e tedeschi ad esempio, che miravano invece a ‘lapidare’ mediaticamente, anche con espressioni offensive, proprio Pell e altri cardinali ‘conservatori’? Evidentemente le perplessità e le critiche (guai poi a usare la parola “battaglia”…. che parolaccia…vengono subito in mente i crociati, brutta roba!) sono ammesse soltanto da parte dei ‘progressisti’; per gli altri, invece, scatta subito la messa all’indice, con la collaborazione della solita schiera di gazzettieri, trombettiere e turiferari, che, incattiviti, accompagnano con uno zelo degno di miglior causa l’apertura della stagione della caccia alta.
QUALCHE PASSO DALLE RELAZIONI DEI CIRCULI MINORES SULLA TERZA PARTE DELL’INSTRUMENTUM LABORIS (traduzione de 'L'Osservatore Romano')
Circulus Italicus A (moderator card. Montenegro, relator p. Arroba Conde – tra i 20 membri i card. Caffarra, Bassetti, Coccopalmerio, Rylko, Sandri, Sturla Berhouet/Uruguay, Urosa Savino/ Venezuela; Sua Beatitudine Shevchuk/Ucraina, mons. Celli, Fisichella, Gądecki/pres. conf. episc. polacca, il gesuita p. Spadaro
. Nella riflessione del circolo italiano a sulla terza parte si è avuta molta considerazione del sentire maggioritario espresso in aula sul bisogno di riordinare il testo e di incrementare l’attenzione alla formazione catechetica e alla soggettività della famiglia nell’opera dell’evangelizzazione.
. Alcuni padri hanno sollecitato l’attenzione sulla portata decostruttiva che possiedono oggi alcuni concetti inerenti al matrimonio e alla famiglia; per altri padri rimane prioritario, in un contesto secolarizzato, evitare linguaggi condizionati da una sensazione di assedio e comunicare il Vangelo con linguaggio permeato dalla speranza, che faccia leva sull’opera che il Signore sicuramente sta compiendo nelle persone, anche in quelle che vivono in situazioni familiari lontane dalla proposta cristiana.
. Ci si è fermati a lungo sul carattere profetico dell’Humanae vitae ribadendone l’attualità. È stata sottolineata la necessità di evitare di contrapporre la coscienza e la legge morale. A partire da un vivace confronto in cui sono emerse diverse sottolineature, è stata insieme cercata una formulazione che aiutasse a comprendere come la coscienza rettamente formata sia in grado di riconoscere il bene che la norma morale indica e operare scelte responsabili. Ugualmente si è ribadita l’importanza di affermare il diritto all’obiezione di coscienza in un contesto come l’attuale dove i poteri pubblici provano a limitarlo in forza di un presunto bene comune.
. Rispetto alla situazione di coloro che hanno sperimentato il fallimento del matrimonio i membri del circolo si sono trovati d’accordo sull’esigenza di affrontarla avendo particolare cura nel distinguere la varietà di situazioni, promuovendo comunque itinerari di fede, di riconciliazione e di integrazione nella comunità ecclesiale. Si è affermata l’importanza che questi itinerari comprendano un accurato e prudente discernimento pastorale sotto l’autorità finale del vescovo; le conferenze episcopali sono chiamate a maturare criteri comuni adeguati alle situazioni delle rispettive Chiese particolari.
Circulus Italicus B (moderator card. Menichelli, relator card. Piacenza – tra i 21 membri i card. Bertello, Eijk/Olanda, Ravasi, Vegliò; il patriarca Twal, mons. Paglia, Pezzi, Semeraro, p. Aldegani)
. Nel corso del lavoro del circolo è emersa inoltre la necessità di prestare particolare considerazione a due grandi temi: il primo riguarda tutte quelle donne che hanno subito violenza e testimoniano eloquentemente il rispetto della vita e il coraggio di assumersi le responsabilità facendo nascere e allevando i figli della violenza, nonostante non poche minacce ambientali e, sovente, anche familiari. Il secondo fa appello a un particolare sguardo di attenzione, che deve coinvolgere la solidarietà ecclesiale, rivolto a quei coniugi — frequentemente mariti e padri — impoveriti dalle separazioni.
Circa la disciplina riguardante i divorziati risposati, a tutt’oggi, non è possibile stabilire criteri generali inclusivi di tutti i casi, talvolta molto diversificati fra loro. Ci sono divorziati risposati che si applicano a camminare secondo il Vangelo, offrendo significative testimonianze di carità. Allo stesso tempo, non si può negare che, in alcune circostanze, si presentino fattori che limitano la possibilità di agire diversamente. Di conseguenza, il giudizio su una situazione oggettiva non potrebbe essere assunto nel giudizio sulla “imputabilità” soggettiva. I limiti e i condizionamenti diventano allora un appello al discernimento, primariamente del vescovo, accurato e rispettoso della complessità di tali situazioni.
. Prospettare itinerari di fede, di integrazione pastorale e di riconciliazione per coloro che si trovano in situazioni di convivenza stabile fuori dal matrimonio, interpella un supplemento di riflessione. Per questa ragione si domanda al Santo Padre di voler valutare la convenienza di armonizzare e di approfondire la materia complessa (dottrina, disciplina e diritto) al riguardo del sacramento del matrimonio, che consideri anche l’azione pastorale nei confronti dei divorziati risposati.
(approvato all’unanimità)
Circulus Italicus C (moderator card. Bagnasco, relator mons. Brambilla – tra i 21 membri i card. Amato, Calcagno, Calcagno, Clemente Macario do Nascimiento/Portogallo, Filoni, Parolin, Scherer/Brasile, Sgreccia, Stella, Tettamanzi, Versaldi; mons. Solmi)
. Le convivenze e i matrimoni civili: i padri, pur valutando criticamente queste esperienze differenti, hanno con forza affermato la necessità di condurle a maturazione, con una prossimità che tolga dall’illusione dell’esperimento, favorendo cammini di maturazione umana, di crescita di fede e condizioni lavorative, abitative e culturali adatte per approdare a una scelta matrimoniale definitiva.
. I separati, i divorziati fedeli al vincolo, famiglie monoparentali. I sinodali hanno espresso cordiale affetto e ammirazione profonda per coloro che si mantengono fedeli al sacramento. Ritengono necessaria una grande opera di sostegno umano e spirituale, nonché un’attenta e premurosa vicinanza delle comunità cristiane a queste situazioni che si mantengono fedeli al vincolo matrimoniale, assicurando anche aiuto concreto.
. Percorsi di nullità. Il dono dei recenti Motu proprio ha aperto la strada a uno snellimento e a un’efficace vicinanza alla storia delle persone, pur non derogando da criteri seri di verifica della verità del vincolo. I padri si augurano che l’applicazione riesca a convergere su buone prassi comuni.
. I divorziati risposati. I padri hanno convenuto su quattro punti: rimuovere alcune forme di esclusione liturgica, educativa, pastorale, ancora esistenti; promuovere cammini di integrazione umana, familiare e spirituale da parte di sacerdoti, coppie esperte e consultori; in ordine alla partecipazione alla comunione, ferma restando la dottrina attuale, discernere in foro interno sotto la guida del vescovo e di presbiteri designati le singole situazioni con criteri comuni secondo la virtù di prudenza, educando le comunità cristiane all’accoglienza; affidare al Santo Padre l’approfondimento del rapporto tra aspetto comunionale e medicinale della comunione eucaristica, in riferimento a Cristo e alla Chiesa.
. Le famiglie con persone omosessuali. I padri raccomandano di puntare l’attenzione pastorale sulle famiglie con persone con tendenza omosessuale, e sulla preparazione di operatori competenti. Invitano a un approfondimento antropologico del tema. Segnalano anche un’indebita pressione economico-legislativa per introdurre leggi che equiparano le unioni civili al matrimonio.
Circulus Gallicus A (moderator card. Lacroix/Canada, relator mons. Ulrich/Lille – tra i 18 membri il card. Tauran, il patriarca Younan (Chiesa siro-cattolica), mons. Pontier/pres. conf. episcop. francese, mons. Lovey/Sion)
. Nel cominciare il lavoro sulla terza parte del nostro documento, sappiamo di dover affrontare questioni di pastorale e situazioni difficili, per le quali è pericoloso immaginare soluzioni adeguate all’universalità dei casi. Speriamo che una parola del Santo Padre permetta ai pastori e alle famiglie di superare le prove che feriscono e dividono le famiglie e di continuare il cammino della vita familiare e della testimonianza della fede con coraggio e speranza.
. Come pastori, incontriamo molto spesso situazioni di vita di coppie e di famiglie che non corrispondono alla regola proposta e difesa dalla Chiesa come il modo più appropriato per seguire la via della santità del matrimonio e della famiglia. Tali situazioni cosiddette irregolari, in un certo numero di regioni del mondo, si sono sviluppate a un punto tale da incidere anche sulle famiglie cristiane e impegnate nella Chiesa. .
. Alcuni di noi temono che menzionare queste situazioni nei nostri discorsi, nei nostri scritti pastorali e nel testo sinodale sia aprire una porta a questa standardizzazione, come un’autorizzazione implicita ad ammetterla. Altri pensano che ignorare queste situazioni sia dare un segno che le persone che le vivono non verranno accolte e quindi sarà molto difficile per noi proporre loro di vivere un cammino di conversione.
. Ci siamo anche soffermati su un’altra questione, stavolta linguistica: quella dell’uso dell’espressione Semina Verbi. Alcuni di noi temono che questo uso non sia tanto conforme alla sua origine teologica, salvo che si accetti che sia un fatto legato allo sviluppo della dottrina: essi preferirebbero accontentarsi dell’espressione «doni di Dio presenti» nella vita di persone che non conoscono ancora Cristo; altri pensano al contrario che in questa frase propriamente teologica si possa trovare il segno che un dialogo è realmente possibile e atteso con quei nostri contemporanei che sono alla ricerca della verità ma che non dispongono di concetti adeguati per esprimere la loro esperienza spirituale. Non siamo giunti a conclusioni su questo tema, lasciamo la questione aperta.
. Si vorrebbe, infine, che non venissero ignorati problemi reali come quello delle famiglie rifugiate, delle famiglie e dei bambini che vivono in strada, in molti Paesi del mondo, delle violenze contro le persone sfruttate sessualmente e dell’incesto che è una sofferenza immensa e generalmente nascosta, e delle famiglie che vivono in Paesi in cui non esiste la libertà religiosa.
Circulus Gallicus B (moderator card. Sarah, relator p. Dumortier/gesuita, rettore Gregoriana – tra i 19 membri i card. Backis/Lituania, Danneels/Belgio, Mamberti, Monsengwo Pasinya/Rep. Democratica del Congo, Raï/Patriarca maronita-Libano, Scola; mons. Bonny/Belgio, Hoser/Polonia).
. La prima considerazione generale deriva da una constatazione: non abbiamo avuto abbastanza tempo per esaminare le numerose questioni, talvolta delicate e difficili sotto diversi aspetti, affrontate in questa parte che include 78 dei 147 numeri dell’Instrumentum laboris. Abbiamo comunque potuto condividere ampiamente le nostre esperienze, le nostre riflessioni e le nostre convinzioni, con la preoccupazione di contribuire al testo in preparazione attraverso i nostri modi.
. La situazione delle persone divorziate risposate ci ha portato a sottolineare le possibilità di partecipazione alla vita della comunità cristiana menzionate nella Familiaris consortio (n. 84). Alcuni hanno anche auspicato che queste forme di partecipazione alla vita della comunità cristiana siano conosciute meglio e approfondite e si sono interrogati sulla necessità di mantenere certi limiti attuali (essere lettori, partecipare al consiglio pastorale). Rispetto al loro accesso ai sacramenti, il circolo si è pronunciato per il mantenimento della disciplina attuale.
. A proposito dei recenti motu proprio Mitis iudex Dominus Iesus e Mitis et misericors Iesus, la questione della mancanza della fede dei coniugi sembra sollevare un problema teologico che potrebbe essere affrontato nel quadro di un documento magisteriale volto a dare tutta la loro coerenza a un insieme di testi, di ordine teologico e canonico, che appaiono più contrapposti che articolati.
. Ci è mancato il tempo necessario per riflettere sulla situazione delle persone omosessuali nelle nostre diverse società e sulle varie dimensioni di una pastorale della Chiesa nei loro confronti.
Circulus Gallicus C (moderator mons. Piat/Isole Maurizio, relator mons. Durocher/Canada – tra i 17 membri il card. Ouellet e il patriarca Sako/Chiesa Caldea-Iraq)
. Come la settimana scorsa, anche questa settimana il nostro gruppo ha trovato utile avere un breve testo che cercasse di circoscrivere l’obiettivo della parte dell’ Instrumentum laboris da esaminare. Abbiamo presentato questo testo sotto forma di modus, sperando che possa servire da prologo alla terza parte. Nel suo primo paragrafo ricordiamo che questo sinodo è in linea con il concilio Vaticano ii, quando vogliamo evangelizzare il mondo contemporaneo.
. Sì, siamo segnati da grandi diversità di esperienze e di approcci, addirittura da alcune polarità che sono emerse di tanto in tanto, per esempio sulla questione dell’accesso ai sacramenti dei divorziati-risposati, o sulla questione di un ruolo maggiore delle donne in certi ministeri della Chiesa. Occorre integrare i temi su cui abbiamo lavorato, e anche il metodo. Ma anche se non siamo d’accordo sul modo di ottenere ciò, siamo tutti abitati dallo stesso desiderio: far vivere e fiorire quei campi affinché rechino frutto. Tutto ciò però non è scontato; bisognerà continuare a lavorare a tal fine: da ciò dipende la crescita della Parola!
. Ricordiamoci, nel lasciare questo sinodo, che è la condivisione delle nostre debolezze, piuttosto che delle nostre forze, a poter veramente farci avanzare. C’è una cosa che noi non controlliamo che ci invita ad aprire nuove vie. Noi lo riconosciamo e lo nominiamo: è lo Spirito Santo fra noi, all’opera mentre discutiamo di tutte queste sfide, all’opera nella vita delle nostre famiglie, all’opera nella crescita del frutto nonostante la qualità del suolo. È allo Spirito che affidiamo il frutto del nostro lavoro, come pure ciò che seguirà a questo sinodo: che faccia crescere il seme in tutti i terreni familiari del mondo, affinché la Parola riesca a recare frutto «ora il trenta, ora il sessanta, ora il cento per uno»!
Circulus Anglicus A (moderator card. Pell, relator mons. Kurtz/pres. conf. episcop. statunitense – tra i 21 membri i card. Gracias/India, Turkson, mons. Cupich/Chicago)
. Abbiamo esaminato anche alcune proposte di accompagnare quanti sono divorziati e risposati civilmente. Abbiamo appoggiato i recenti sforzi per snellire il processo di nullità al fine di renderlo più accessibile senza modificare l’insegnamento della Chiesa. La maggioranza, nopn all’unanimità, ha ribadito la dottrina e la pratica attuale della Chiesa riguardo alla partecipazione all’Eucaristia di quanti sono divorziati e risposati civilmente. Abbiamo riconosciuto che questo cammino può essere difficile, e i pastori devono accompagnarli con comprensione, sempre pronti a estendere loro nuovamente la misericordia di Dio quando ne hanno bisogno.
. La maggioranza, non all’unanimità, ha affermato anche che la pratica pastorale riguardante la ricezione del sacramento dell’Eucaristia da parte di quanti sono divorziati e risposati civilmente non deve essere lasciata alle singole conferenze episcopali. Farlo significherebbe ledere l’unità della Chiesa cattolica, la comprensione del suo ordine sacramentale e la testimonianza visibile della vita dei fedeli.
. Abbiamo parlato dell’importanza dell’attenzione pastorale per le persone con tendenze omosessuali, con una particolare attenzione per le famiglie di cui fa parte una persona attratta da persone dello stesso sesso. La Chiesa, come sposa di Cristo, conforma il suo comportamento al Signore Gesù, il cui amore, che tutto abbraccia, è offerto a ogni persona, senza eccezioni. Genitori e fratelli di membri della famiglia con tendenze omosessuali sono chiamati ad amare e ad accettare questi loro familiari con cuore indiviso e comprensivo. Invitiamo il sinodo ad affermare e a proporre di nuovo l’interezza dell’insegnamento della Chiesa sull’amore e la castità. Incoraggiamo i genitori e i familiari a confidare in esso mentre si amano e si accompagnano gli uni gli altri nel rispondere alla chiamata del Vangelo a vivere castamente.
. Infine, abbiamo parlato della procreazione e dell’educazione dei figli, ribadendo il ricco insegnamento di Humanae vitae, specialmente la sua affermazione secondo cui le dimensioni unitiva e procreativa dell’atto sponsale sono inseparabili. L’accompagnamento pastorale autentico degli sposi proclama questa verità e aiuta anche gli sposi a capire che una coscienza ben formata comprende il diritto morale non come un limite esterno bensì, nella grazia, come un cammino di libertà. È necessario un approccio pastorale che cerchi di aiutare gli sposi ad accettare la verità piena sull’amore sponsale in modi comprensibili e attraenti.
Circulus Anglicus B (moderator card. Nichols, relator mons. Diarmud Martin/Dublino – tra i 20 membri il card. Dolan/New York e mons. Kondrusiewicz/Minsk)
. Il circolo minore ha esaminato in modo dettagliato la sfida dell’accompagnamento pastorale delle famiglie in situazioni matrimoniali difficili. L’accompagnamento pastorale, oggi, deve essere sempre caratterizzato dalla pedagogia divina e dalla misericordia. Occorre fare attenzione a individuare gli elementi che possono favorire l’evangelizzazione e la crescita umana e spirituale. Bisogna, per esempio, aver cura di trovare quegli aspetti delle relazioni stabilite dal matrimonio civile, dal matrimonio tradizionale e, con ovvi distinguo, dalla convivenza, che potrebbero portare alla crescita verso la piena celebrazione del matrimonio sacramentale con la pienezza che comporta.
. Per quanto riguarda la cura pastorale dei divorziati e risposati, il circolo minore ha analizzato quello che dovrebbe essere un accompagnamento pastorale adeguato di tali coppie. Questo accompagnamento deve valutare qual è la loro situazione matrimoniale e anche sondare che cosa significa dire che esse non sono escluse dalla vita della Chiesa.
. Il circolo minore ha proposto un cammino di discernimento o di «ascolto reverenziale», attento al racconto di quanti cercano comprensione e sostegno. Il primo fine di questo accompagnamento attento sarebbe quello di promuovere un discepolato più profondo con Cristo, basato sul vincolo permanente del battesimo, piuttosto che affrontare la questione dell’ammissione ai sacramenti della penitenza e della santa comunione.
. Questo processo di ascolto reverenziale richiederà una struttura concordata che contenga alcuni elementi chiari. Questi elementi potrebbero includere: interessarsi al primo matrimonio, alla possibile nullità, verificando se c’è qualche motivo per un’indagine più approfondita nel foro esterno o se ci sono motivi per ulteriori indagini in quello interno, ricorrendo a un delegato del vescovo laddove ne è stato nominato uno a questo fine; prendersi cura delle ferite prodotte dal divorzio, nelle persone, nei loro figli, nelle famiglie e nelle comunità, compresa la comunità della Chiesa, e dei modi in cui vengono rispettate le responsabilità del primo matrimonio; interessarsi al secondo matrimonio, alla sua stabilità, fecondità, e alle responsabilità che ne derivano; concentrarsi sulla formazione spirituale e sulla crescita spirituale, esplorando l’impatto di questi eventi sulla relazione con Cristo; sul senso di pentimento espresso per il dolore e il peccato; sulla relazione attuale con Cristo e con la comunità parrocchiale; sulla formazione permanente della coscienza circa la situazione presente.
. Per quanto riguarda l’ammissione ai sacramenti dei divorziati e risposati, il circolo chiede che il Santo Padre, tenendo conto dell’abbondante materiale emerso durante questo processo sinodale, prenda in considerazione di istituire, nell’anno del Giubileo della misericordia, una commissione speciale per esaminare i modi in cui le discipline della Chiesa che scaturiscono dall’indissolubilità del matrimonio si applicano alla situazione delle persone in unioni irregolari, comprese le situazioni che nascono dalla pratica della poligamia.
Circulus Anglicus C (moderator mons. Eamon Martin/pres. conf. episcop. irlandese – tra i 20 membri i card. Dew/Wellington e Wuerl/Washington, p. Nicolas/generale dei Gesuiti)
. Con un misto di buone tattiche e tenacia, il circolo ha esaminato la terza parte dell’Instrumentum laboris. Di nuovo è apparso chiaro quanto le nostre diverse origini culturali influissero su molto di ciò che avevamo da dire. È stato parte della sfida e della ricchezza del nostro lavoro.
. Un aspetto che ci ha colpito nella terza parte è che vi viene dedicata talmente tanta attenzione alle famiglie in difficoltà che non ne viene prestata abbastanza alla necessità di sostenere tutte le famiglie.
. Abbiamo esaminato le esigenze specifiche delle famiglie in situazioni irregolari o difficili. Ci siamo trovati d’accordo sul fatto che quanti convivono sono in una situazione molto diversa rispetto a quanti sono divorziati e risposati civilmente. Siamo anche stati d’accordo sul fatto che la convivenza, sebbene ormai molto diffusa in tante culture, non può essere considerata un bene in sé. Siamo stati pronti a riconoscere che ci può essere del buono nella relazione di quanti convivono rispetto a una qualche convivenza in senso quasi istituzionale.
. Per quanto riguarda le persone divorziate e risposate civilmente, abbiamo convenuto che sotto questo titolo sono comprese relazioni di molti tipi. Ci siamo trovati generalmente d’accordo che occorre offrire un accompagnamento pastorale più efficace a queste coppie, e forse in modo particolare ai loro figli, che a loro volta hanno dei diritti. C’è stato però poco entusiasmo per quella che l’Instrumentum laboris definisce “la via penitenziale”. Sulla domanda se la questione dovesse essere ulteriormente approfondita per vedere se la Chiesa potrebbe muoversi in questa direzione, il voto è stato equamente diviso. Alla fine abbiamo votato a favore della sostituzione dei numeri 122-125 con un’affermazione della disciplina attuale della Chiesa e raccomandato le forme di partecipazione indicate in Familiaris consortio, n. 84.
. Il gruppo si è diviso anche sulla questione del sostegno alle famiglie con membri omosessuali e alle persone omosessuali stesse. Alcuni volevano cancellare ogni riferimento all’omosessualità, cosa che però ha ottenuto poco sostegno all’interno del circolo. Abbiamo optato per un trattamento più breve, chiedendo però anche che il documento conclusivo contenga in un punto appropriato una chiara affermazione della dottrina della Chiesa secondo cui le unioni di persone dello stesso sesso non sono in alcun modo equivalenti al matrimonio. Siamo comunque stati chiari sul fatto che in questo sinodo non stavamo affrontando l’omosessualità in generale, bensì nel contesto della famiglia. Abbiamo parimenti insistito sulla necessità di affrontare la questione come pastori, cercando di comprendere la realtà della vita delle persone piuttosto che i problemi in un qualche senso più astratto.
. Il nostro lavoro sulla terza parte è stato abbastanza lento, in parte perché il titolo «La missione della famiglia oggi» comprende molti temi di grande peso e complessità. Nell’affrontare il tema della famiglia, di fatto, abbiamo affrontato una serie delle questioni più pressanti e sconcertanti che la Chiesa e il mondo devono affrontare oggi. In due settimane e mezzo abbiamo percorso molta strada, ma abbiamo ancora un lungo cammino da fare nei pochi giorni che ci rimangono qui. Procedamus in pace.
Circulus Anglicus D (moderator card. Collins/Toronto, relator mons. Chaput/Filadelfia – tra i 21 membri il card. Njue/Nairobi)
. Il circolo minore ha discusso a lungo sugli approcci pastorali alle persone divorziate non risposate, e anche alle persone divorziate e risposate senza annullamento. Alcuni membri hanno espresso grande preoccupazione che qualunque cosa venga fatta possa suscitare una maggiore confusione tra la nostra gente. Un vescovo ha affermato che la questione dell’ammissione alla Comunione delle persone divorziate e risposate senza annullamento è talmente vitale di sostanza dottrinale da poter essere trattata solo in un concilio ecumenico e non in un sinodo.
. Uno dei padri sinodali ha sottolineato l’importanza di usare un linguaggio adeguato. Invece di riferirci alle persone che si trovano in situazioni difficili come «escluse» dall’Eucaristia, dovremmo dire che «si astengono» dall’Eucaristia. La parola è più precisa e meno negativa. Un padre ha ricordato che i vescovi non possono essere più misericordiosi delle parole di Gesù. Il Signore non è vincolato dalle regole della Chiesa, ma la Chiesa è molto vincolata dalle parole di Gesù.
. Alcuni hanno ritenuto che nel testo attuale manca la comprensione delle fondamenta eucaristiche del matrimonio cristiano, che dicono che non possiamo ridurre il matrimonio a un rapporto sessuale. Allo stesso modo non possiamo ridurre la vita nella Chiesa alla ricezione della Comunione. Nella storia della Chiesa, grandi segmenti di fedeli non hanno ricevuto la santa Comunione e tuttavia sono stati chiaramente considerati membri della Chiesa, a partire dai catecumeni. Di fatto, coloro che percorrono un cammino penitenziale non sono esclusi dalla Chiesa anche se si astengono dalla Comunione. Altri padri hanno ritenuto che il numero delle persone divorziate o risposate senza annullamento è cresciuto talmente tanto che dobbiamo affrontare la questione in modo nuovo e diverso.
. I membri del circolo hanno dedicato molto tempo a parlare della bellezza e della completezza del n. 84 di Familiaris consortio. Alcuni hanno suggerito che tale capitolo dovrebbe essere incluso direttamente nel testo. Un padre ha parlato del potere delle chiavi e della capacità del Santo Padre di cambiare le cose. Ha detto che il Papa può, di fatto, torcere le mani di Dio. Altri hanno risposto che il potere delle chiavi non dà alla Chiesa la capacità di cambiare la Rivelazione e la fede della Chiesa.
. Un membro del circolo minore ha ritenuto che in tutte queste discussioni la Chiesa abbia dimenticato Gesù e che i vescovi e molti laici possono essere percepiti come farisei. È stata auspicata una commissione per esaminare la questione della Comunione per i divorziati e risposati con più tempo e con maggiore precisione teologica.
. La parte relativa alla cura pastorale verso le persone con tendenze omosessuali ha suscitato grandi discussioni. Alcuni hanno ritenuto che la questione andrebbe eliminata dal dibattito nel sinodo sulla famiglia. Hanno ritenuto che è tanto importante da tenere un incontro sinodale specifico sull’argomento. Alcuni hanno suggerito di usare le parole del Catechismo della Chiesa cattolica ai numeri 2357-2359. Altri hanno ritenuto che tale opzione potrebbe ledere la credibilità della Chiesa nell’Europa occidentale e in Nord America.
. Per quanto riguarda la parte relativa alla trasmissione della vita e alle sfide di un tasso di natalità in declino, i membri del circolo hanno fatto commenti sia positivi sia negativi. La maggior parte di loro ha ritenuto che il numero 137 ( NdR: relativo all’ Humanae vitae e ai rapporti tra norma e coscienza) dovrebbe essere cancellato dal testo o interamente riscritto, poiché il modo in cui una persona forma la propria coscienza è trattato in modo inadeguato nel documento presente.
. Nella parte relativa all’adozione è sorta qualche discussione sul diritto di un bambino ad avere sia una madre sia un padre. I membri hanno rilevato la difficoltà di alcune Chiese nel mondo occidentale a continuare a offrire servizi per l’adozione dinanzi a pressioni governative a sostenere l’adozione da parte di coppie composte da persone dello stesso sesso.
Circulus Germanicus (moderator card. Schoenborn, relator mons. Koch/Berlino – tra i 14 membri i card. Kasper, lo svizzero Koch, Marx, Müller, il patriarca Laham (Chiesa greco-melkita cattolica, Siria)
. Abbiamo percepito con grande turbamento e tristezza le dichiarazioni pubbliche di alcuni padri sinodali su persone, contenuto e svolgimento del sinodo. Ciò contraddice lo spirito dell’incontro, lo spirito del sinodo e le sue regole elementari. Le immagini e i paragoni usati non sono soltanto indifferenziati e sbagliati, ma anche offensivi. Prendiamo decisamente le distanze (NdR: in conferenza stampa il card. Marx ha precisato che “turbamento e tristezza” erano riferite a un’intervista data al ‘Figaro’ dal card. Pell, in cui il porporato australiano accennava alla battaglia sinodale in corso tra ‘kasperiani’ e ‘ratzingeriani’).
. Ci è parsa importante un’ammissione: nel malinteso sforzo di rispettare la dottrina della Chiesa, si è giunti ripetutamente ad atteggiamenti duri e intransigenti nella pastorale, che hanno portato sofferenza alle persone, in particolare alle madri nubili e ai bambini nati fuori dal matrimonio, a persone in situazioni di convivenza prematrimoniale e non matrimoniale, a persone di orientamento omosessuale e a persone divorziate e risposate. Come vescovi della nostra Chiesa chiediamo loro perdono.
. Abbiamo discusso in modo approfondito anche sul nesso tra linguaggio, pensiero e azione proprio in vista di una raffigurazione umana della sessualità delle persone. Un linguaggio adeguato e rinnovato è decisivo soprattutto per guidare gli adolescenti e i giovani verso una sessualità umana matura. Ciò è compito soprattutto dei genitori e non deve essere lasciato soltanto alla scuola, ai mezzi di comunicazione e ai media sociali. Molti genitori e persone impegnate nella cura delle anime hanno difficoltà a trovare un linguaggio adeguato e al tempo stesso rispettoso, che ordini gli aspetti della sessualità biologica nel contesto globale dell’amicizia, dell’amore, della complementarità arricchente e del dono reciproco di uomo e donna.
. Il circolo minore ha ritenuto importante sottolineare che per principio la convinzione cristiana parte dal fatto che Dio ha creato la persona come uomo e donna e li ha benedetti affinché diventassero una sola carne e fossero fecondi (Genesi 1, 27 s.; 2, 24). L’essere maschile e l’essere femminile sono, nella loro uguale dignità personale e nella loro diversità, buona creazione di Dio. Secondo la comprensione cristiana dell’unità di corpo e anima è sì possibile distinguere in modo analitico tra la sessualità biologica («sex») e il ruolo socioculturale dei sessi («gender»), tuttavia non possono essere scissi in modo fondamentale o arbitrario. Tutte le teorie che considerano il genere dell’uomo un costrutto successivo e vogliono imporre, a livello sociale, la sua intercambiabilità arbitraria, vanno respinte come ideologie. L’unità di corpo e anima include il fatto che la comprensione sociale concreta di sé e il ruolo sociale dell’uomo e della donna nelle culture hanno caratteristiche diverse e sono soggetti a cambiamento. Per questo la presa di coscienza della piena dignità personale e della responsabilità pubblica delle donne è un segno dei tempi positivo, che la Chiesa apprezza e promuove (Giovanni xxiii, Pacem in terris, n. 22).
. L’assioma «ogni contratto matrimoniale tra cristiani è di per sé un sacramento» deve essere rivisto. In società cristiane non più omogenee o in Paesi con impronte culturali e religiose differenti, non si può presupporre una comprensione cristiana del matrimonio nemmeno tra i cattolici. Un cattolico senza fede in Dio e nella sua manifestazione in Gesù Cristo non può contrarre automaticamente un matrimonio sacramentale contro, o addirittura senza, la sua consapevolezza e la sua volontà. Manca l’intenzione di volere, con questo atto, almeno ciò che la Chiesa intende con esso. È vero che i sacramenti non si realizzano attraverso la volontà di chi li riceve, ma non lo fanno nemmeno senza o addirittura contro la stessa; o quantomeno la grazia rimane sterile, poiché non viene accolta con libera intenzione con la fede che è data dall’amore.
. Proponiamo un’integrazione relativa ai matrimoni interconfessionali: per quanto riguarda il tema del matrimonio interconfessionale, devono essere menzionati soprattutto gli aspetti positivi e la particolare vocazione di tale matrimonio, poiché i cristiani non cattolici non sono affatto al di fuori della Chiesa “una”, bensì ne fanno parte per mezzo del battesimo e di una certa, benché incompleta, comunione con la Chiesa cattolica (cfr. Unitatis redintegratio, n. 3). Anche il matrimonio interconfessionale va visto come Chiesa domestica e ha una vocazione e una missione specifica, che consiste nello scambio dei doni nell’ecumenismo della vita.
. Abbiamo discusso in modo approfondito anche sull’integrazione dei divorziati risposati civilmente nella comunità cristiana. È noto che nelle due sessioni del sinodo dei vescovi si è discusso in modo intenso sulla domanda se, e fino a che punto, i divorziati risposati, laddove desiderano partecipare alla vita della Chiesa, a determinate condizioni possono ricevere i sacramenti della penitenza e dell’Eucaristia. I dibattiti hanno dimostrato che anche qui non esistono soluzioni semplici e generali. Noi vescovi abbiamo sentito le tensioni legate a queste domande esattamente come i nostri fedeli, le cui preoccupazioni e speranze, moniti e attese ci hanno accompagnato nelle nostre discussioni.
I dibattiti hanno mostrato chiaramente che sono necessari alcuni chiarimenti e approfondimenti per esaminare meglio la complessità di tali questioni alla luce del Vangelo, della dottrina della Chiesa e con il dono del discernimento. Possiamo però indicare alcuni criteri che aiutano a discernere. Il primo di questi viene dato da Papa san Giovanni Paolo ii in Familiaris consortio, quando al n. 84 dice: «Sappiano i pastori che, per amore della verità, sono obbligati a ben discernere le situazioni. C’è infatti differenza tra quanti sinceramente si sono sforzati di salvare il primo matrimonio e sono stati abbandonati del tutto ingiustamente, e quanti per loro grave colpa hanno distrutto un matrimonio canonicamente valido. Ci sono infine coloro che hanno contratto una seconda unione in vista dell’educazione dei figli, e talvolta sono soggettivamente certi in coscienza che il precedente matrimonio, irreparabilmente distrutto, non era mai stato valido». È pertanto compito del pastore compiere con la persona interessata questo cammino di discernimento. A tal fine può essere utile compiere insieme, con un sincero esame di coscienza, i passi della riflessione e della penitenza. Così, per esempio, i divorziati risposati dovrebbero domandarsi come si sono comportati con i loro figli quando la comunione matrimoniale è andata in crisi. Si è tentata la riconciliazione? Qual è la situazione del partner abbandonato? Quali sono gli effetti del nuovo rapporto sulla famiglia più estesa e sulla comunità dei fedeli? Qual è l’esempio dato ai più giovani che devono decidere per il matrimonio? Una riflessione sincera può rafforzare la fiducia nella misericordia di Dio, che non viene negata a nessuno che porti dinanzi a lui i propri fallimenti e i propri bisogni.
Questo cammino di riflessione e di penitenza, esaminando la situazione oggettiva nel dialogo con il confessore, può contribuire, nel forum internum, alla prendere coscienza e a chiarire in che misura è possibile l’accesso ai sacramenti. Ognuno deve esaminare se stesso secondo le parole dell’apostolo Paolo, che valgono per tutti coloro che si accostano alla mensa del Signore: «Ciascuno, pertanto, esamini se stesso e poi mangi di questo pane e beva di questo calice; perché chi mangia e beve senza riconoscere il corpo del Signore, mangia e beve la propria condanna [...]. Se però ci esaminassimo attentamente da noi stessi, non saremmo giudicati» (1 Corinzi 11, 28-31).
I modi relativi alla terza parte dell’Instrumentum laboris sono stati esaminati e decisi unanimemente in buono spirito sinodale, esattamente come i modi delle prime due parti.
Circulus Hibericus A (moderator card. Rodriguez Maradiaga, relator card. Lacunza/Panama – tra i 24 membri i card. Ezzati/pres. conf. episcop. cilena, Rivera Carrera/Città del Messico, Poli/Buenos Aires, Martinez Sistach/Barcellona; mons. Osoro Sierra/Madrid, Fernandez/Argentina)
. È indubbio che la maggior parte delle legislazioni civili non accolgono né esprimono i valori evangelici della famiglia e perciò dovremmo fare causa comune con altre confessioni religiose cristiane e anche con altre religioni che condividono l’ideale della famiglia.
. Gesù manifesta vicinanza ai cristiani, e, alla maniera di Gesù, noi dobbiamo fare lo stesso poiché, come dice sant’Agostino «quello che mangi, da’». Occorre pertanto integrare i divorziati risposati mediante un iter via caritatis che permetta di aprire porte e di stare vicino a quanti sono feriti. È indubbio che potremmo chiederci chi esclude chi, e dire che il sacramento dell’Eucaristia è sacramento di vivi, ma occorre fare tutto il possibile e il necessario per attirare quanti si sono allontanati.
La via della carità è una pastorale che accoglie e avvicina, mentre la “via giudiziaria” risveglia in molti sospetti e diffidenza, e non c’è dubbio che molti nostri matrimoni non sono veri sacramenti.
Non basta parlare di cammini di misericordia e di vicinanza, ma si deve giungere a proposte concrete perché altrimenti restiamo con parole belle ma vuote. .
Sembra che sul tema della vicinanza siamo tutti d’accordo, ma, che cosa succede quando si affronta quello dell’accesso ai sacramenti? Senza dubbio, dobbiamo pensare a un gesto generoso togliendo dal cammino molti ostacoli affinché i divorziati risposati possano partecipare più pienamente alla vita della Chiesa: non possono essere padrini, non possono essere catechisti, non possono insegnare religione... Dobbiamo dimostrare che abbiamo ascoltato il “grido” di tante persone che soffrono e gridano chiedendo di partecipare più pienamente possibile alla vita della Chiesa.
D’altro canto, dobbiamo porre fine al continuo rimprovero che facciamo a quanti hanno fallito nel loro primo matrimonio, senza dimenticare che anche noi abbiamo una parte di colpa in tale fallimento, perché non li abbiamo accolti, abbiamo semplicemente espletato le formalità e soddisfatto i requisiti legali, e molto spesso attraverso segretarie...
Allo stesso modo, occorre porre fine all’atteggiamento elitista e settario mostrato da molti membri della comunità cristiana verso queste persone.
Circulus Hibericus B (moderator card. Robles Ortega/Guadalajara, relator mons. Porras Cardoso/Venezuela – tra i 24 membri il card. Braz de Aviz e mons. Blazquez Perez/pres. conf. episcop. spagnola)
. Siamo tutti concordi nel dire che non si tratta di modificare e di addolcire la dottrina, ma di vedere il suo sviluppo organico per conciliare verità-accompagnamento, dottrina-pastorale, senza dicotomie. Abbiamo deciso di affermare chiaramente che il nostro servizio sinodale è di fare proposte — non proposizioni e neppure un documento definitivo — che servano al Santo Padre per un migliore esercizio del ministero petrino.
. Abbiamo esaminato il tema dei divorziati risposati in una prospettiva più ampia, poiché la possibilità sacramentale della riconciliazione e/o dell’Eucaristia, pur essendo importante, non è la sola. C’è un cammino da percorrere che deve essere approfondito con pazienza e creatività. Il risultato e la buona riuscita di questo sinodo non dipendono dal tema della comunione ai divorziati.
. Il capitolo 3, famiglia e accompagnamento ecclesiale, ci ha portato a condividere, con abbondanza di approcci, uno dei temi principali di questo sinodo. Partendo dalle luci e dalle ombre, abbiamo riflettuto per offrire al Santo Padre alcune piste per una migliore attenzione pastorale alle famiglie, nell’accompagnamento attraversato dal grande fiume della misericordia. Come il padre della parabola del figliol prodigo, dobbiamo stare attenti, scrutando l’orizzonte, a offrire speranza, gioia e impegno con Gesù e con la Chiesa, al di là della richiesta del figlio maggiore che si è sentito ferito e contrariato perché suo padre si è occupato in modo festoso del figlio perso. In Gesù crocifisso e abbandonato confluiscono tutte le sofferenze dell’umanità. Nella comunione con lui ci sentiamo tutti accolti.
. Non ci appare corretto chiamare “cammino penitenziale” l’iter dei divorziati risposati; converrebbe forse parlare di iter di riconciliazione, poiché ci sono realtà irreversibili che non possono essere sottoposte a un cammino penitenziale, che non si possono superare. Il tema dell’accesso ai sacramenti, più concretamente all’Eucaristia, non può né deve essere al centro, e neppure essere il punto focale, dell’attenzione data a queste situazioni. Crediamo che il dono migliore che possiamo fare al Santo Padre sia di comunicargli i nostri dubbi e i nostri risultati, affinché possa, con l’aiuto dello Spirito, indicare alla Chiesa e al mondo la salvezza di cui è portatore, custode e centro dell’unità della fede.