I TRE FRONTI DEL CARDINALE PATRIARCA BECHARA RAI – di GIUSEPPE RUSCONI – www.rossoporpora.org – 9 febbraio 2014
A Roma, per la festa del fondatore san Marun, il vescovo François Eid (procuratore patriarcale) evidenzia nell’omelia le “tre fedeltà” della Chiesa maronita e i “tre fronti” su cui opera il patriarca Béchara Boutros Raï – Presenti i cardinali Sandri e Vegliò e tra i diplomatici, anche gli ambasciatori di Francia, Turchia e Australia e il primo segretario dell’ambasciata irachena.
Il 9 febbraio è secondo tradizione la festa di san Marun, fondatore della Chiesa maronita. La santa messa è stata presieduta nella chiesa novecentesca di via Aurora dal vescovo François Eid, procuratore patriarcale e rettore del Pontificio Collegio maronita. Tra i molti che hanno partecipato al rito bilingue (arabo-italiano e come sempre molto ricco di suggestioni orientali) i cardinali Leonardo Sandri e Antonio Maria Vegliò, il nunzio apostolico Edmond Farhat, diversi rappresentanti diplomatici: oltre a quelli libanesi, anche gli ambasciatori di Francia, Turchia, Australia (lì c’è una forte comunità maronita) e i primi segretari iracheno e guatemalteco.
L’OMELIA DEL VESCOVO FRANCOIS EID: LE TRE FEDELTA’ MARONITE E I TRE FRONTI DI BECHARA RAI
Riferendosi al Vangelo di Giovanni e al “chicco di grano” caduto in terra che, se non muore rimane solo; se invece muore, produce molto frutto, monsignor Eid ha detto: “La liturgia della Chiesa maronita ci fa meditare sul Vangelo di oggi, festa del suo Padre e Santo Patrono, san Marun, che ha sempre vissuto, lui e i suoi figli maroniti, questa dialettica di vita e di morte”. La Chiesa maronita assomiglia al chicco seminato in terra d’Oriente, cresciuta com’è “durante tutta la sua storia tra ‘le tribolazioni di questo mondo e consolazioni di Dio” (sant’Agostino). Dalle vicissitudini della vita, “la Chiesa maronita ha imparato a vivere come ‘pellegrina’ nella fedeltà, sia al suo Signore che alla Santità del padre fondatore”. La Chiesa maronita, “a partire dall’ottavo secolo, vive quotidianamente la morte del chicco di grano, sospesa sulla croce dell’Oriente, e rinasce quotidianamente – come Chiesa – dal costato aperto del Signore”. Continua perciò “la sua marcia nella storia, imparando dalle sue ferite l’obbedienza alla volontà del Padre nella triplice fedeltà: alla fede, alla santità e al servizio di carità”.
- Fedeltà alla fede
Ha ricordato monsignor Eid: “Dall’inizio i maroniti, che hanno preso parte al Concilio di Calcedonia, sapevano che la loro fede era in pericolo, sia per l’ingerenza degli imperatori bizantini che per il predominio dei Califfi arabi. Tutto l’Oriente guardava verso Costantinopoli o verso la Mecca: i maroniti invece guardavano verso Roma, perché sapevano che “Ubi Petrus, ibi Ecclesia”, pur non trascurando lo spirito cosmopolita di Antiochia, ricco di diversità culturale e di servizio dell’umanità di Cristo, vero Dio e vero Uomo, nei fratelli”. Per i maroniti “la fede cristiana non era un lusso ideologico, ma piuttosto un vivere sulla croce con le sofferenze, le persecuzioni e, spesso, con il sangue. Tutte le atrocità che vedete attualmente in Oriente, i maroniti le hanno già vissute e sperimentate da 14 secoli”.
Perciò i maroniti “per conservare la loro fede, hanno lasciato la fertile Siria del Nord verso la montagna arida del Libano, preferendo la libertà alla prosperità; per salvare la loro fede sono rimasti, per più di 500 anni, nascosti nella valle di Qadisha come i cenobiti, dimenticati da tutti tranne che dai loro detrattori; per approfondire la loro fede, hanno mandato a Roma, a partire dal 1584, i loro giovanissimi figli per studiare le scienze di Dio e degli uomini; per rinvigorire la loro fede, hanno aperto le scuole sotto le querce per insegnare ai giovani le verità della fede e le scienze utili; per condividere la loro fede, con uno spirito di carità ecclesiale, hanno aperto scuole per tutti: cristiani, musulmani e drusi, in particolare per le ragazze, contribuendo così alla promozione umana e culturale di tutto l’Oriente e facendo del Libano “un Paese-messaggio di convivenza, dialogo e fratellanza nell’umanità” (Giovanni Paolo II).
Ha evidenziato qui monsignor Eid: “Ciò ha riaffermato il patriarca cardinale Raï qualche giorno fa nel suo Memorandum nazionale, che è stato ben accolto anche dai musulmani”
- Fedeltà alla santità
Per il celebrante “la santità è il tesoro più prezioso che il Signore possa donare a un popolo. San Marun era un eremita e fu chiamato ‘il divino’ dal suo vescovo Teodoreto. Egli viveva all’aria aperta, sopportando il calore dell’estate e il freddo dell’inverno. Tanti uomini e donne hanno seguito il suo modello, in particolare gli Stiliti”. Ha proseguito monsignor Eid: “Le intemperie, l’isolamento e le persecuzioni li rendevano tribolati, maltrattati, vaganti nelle caverne e sui monti per custodire questo deposito di fede e di santità loro affidato da san Marun”. Da tale scuola di santità sono usciti tanti santi, beati, martiri.
- Fedeltà al servizio della carità
Ha osservato qui il procuratore maronita: “E’ vero che lo spirito ascetico e mistico, che ha pervaso la Chiesa maronita, l’ha sempre attirata verso l’escatologia e la costruzione della città di Dio; ma il suo spirito antiocheno che amò l’umanità di Cristo le faceva ricordare il suo dovere di carità verso i fratelli, per la costruzione della città terrena. Perciò la Chiesa maronita si è sempre occupata di servizi sociali, dell’educazione, dell’economia e della politica”.
I tre fronti del cardinale patriarca Raï
Venendo al presente che incombe minaccioso, monsignor Eid ha osservato che “con l’arrivo del diluvio delle guerre religiose che invade tutto l’Oriente con il suo bagaglio di odio e di violenza, la Chiesa maronita con il cardinale patriarca Béchara Boutros Raï (caput et pater) opera su tre fronti:
. il consolidamento dell’unità della Chiesa, coordinando il lavoro pastorale e nazionale con quello delle altre Chiese orientali cattoliche e ortodosse;
. l’insistenza sul dialogo interreligioso e politico per una maggiore comprensione tra le componenti nazionali, cristiane e musulmane, per creare una società nazionale unita, che possa cercare di affrontare i disegni miranti a demolire lo Stato e sradicare i cristiani e le altre minoranze da tutto il Medio Oriente;
. la diffusione della ‘cultura di pace’ all’interno del Libano per ridurre la violenza crescente e rifiutare i movimenti dell’islamismo jihadista e fanatico che ci arrivano dall’estero”.
Il saluto del cardinale Sandri
Prima del congedo il cardinale Leonardo Sandri ha voluto ricordare, citando due passi dell’esortazione apostolica “Evangelii gaudium”, il diritto-dovere da parte dei cattolici di proclamare la fede pubblicamente. Non deve accadere che tale diritto-dovere sia confinato nel privato. E’ un tema che interessa da vicino anche il Medio Oriente e pure il Libano, la cui situazione interna è tornata ad essere drammatica. Il prefetto della Congregazione per le Chiese orientali ha infine ricordato il Memoriale nazionale approvato mercoledì dai vescovi maroniti libanesi sotto l’impulso del cardinale patriarca Béchara Raï: “O il Libano sarà costruito insieme o non sarà”.
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