INTERVISTA ALL’ATTRICE FEDERICA DE COLA – di GIUSEPPE RUSCONI – www.rossoporpora.org - ‘IL CONSULENTE RE’ 3/2010
Chi è Federica De Cola? Il ‘grande pubblico’ la ignora, eppure la venticinquenne attrice messinese da ormai un decennio calca le scene teatrali e da un quinquennio quelle cinematografiche e televisive. Se si ripercorre il suo iter artistico si scopre dapprima la sua poliedricità, poi la sua particolare sicilianità… è un’attrice del Sud insomma e non lo nasconde. Nell’intervista che segue Federica De Cola rivive con sguardo intenso i momenti più importanti della sua già non breve variegata carriera, sempre pronta a mettersi in gioco per valorizzare al meglio la sua indubbia vocazione artistica.
Federica, per quel che hai mostrato fin qui sugli schermi, si può ben dire che tu sia un’attrice espressione dell’Italia meridionale. Profondamente siciliana in Nuovomondo di Crialese, in fiction aderenti alla realtà come La vita rubata, L’ultimo dei Corleonesi, La pazienza del ragno (della serie del commissario Montalbano), ora invece ti abbiamo ritrovata nella riedizione di Sissi nelle vesti vaporose di Carlotta del Belgio, moglie sfortunata di Massimiliano d’Asburgo, fratello di Francesco Giuseppe e imperatore del Messico fucilato dagli insorti…
In realtà mi sono sentita a mio agio nei panni di Carlotta, anche perché a teatro ho recitato due anni in costume, interpretando ne “La locandiera” (regia di Giancarlo Cobelli) Dejanira, la commediante che si fa passare per aristocratica. Poi Carlotta ha anche delle caratteristiche che rimandano un po’ alla Sicilia: penso, quando diventa vedova, ai pianti nel contempo passionali e teatrali, con una vena di follia. Oppure anche al suo manifestarsi come donna forte, che va con il marito nell’infido Messico e ritorna poi per perorarne la causa… Ha una forza che sento anche dentro di me…. viene dalla terra, dalle radici…
Girando Sissi sul set di Vienna, respiravi aria austro-ungarica…
In quei giorni mi sono trovata benissimo: la fiction era una coproduzione internazionale, l’organizzazione perfetta, la puntualità rispettata, i costumisti eccezionali, una commistione italo-tedesco-austriaca ben riuscita. Poi, girando per Vienna e avendo l’occasione di girare in costume in palazzi d’epoca, non si può non respirare quella piacevole atmosfera da Impero austro-ungarico…
Le due puntate di Sissi hanno battuto per numero di spettatori trasmissioni (purtroppo) molto in voga come Amici o, peggio, Il Grande Fratello…
Meno male! E’ prevalsa la curiosità verso la storia, verso quell’amore romantico… Battere programmi come Il Grande Fratello ci dà sicuramente una grande soddisfazione…
Federica, un set vale l’altro? Mi pongo la domanda perché per quattro mesi, nel 2005, hai vissuto quello di Nuovomondo, il film di Crialese che rievoca con sguardo nuovo il dramma dell’emigrazione siciliana negli Stati Uniti agli inizi del Novecento, premiato a Venezia nel 2006…
Le atmosfere cambiano moltissimo. Quella con Crialese era la mia prima esperienza sotto l’occhio della macchina da presa; per me era tutto nuovo, tutta una scoperta, non avendo termini di paragone. Anche lì il set era internazionale: si sentivano italiano e spagnolo, francese e inglese.
Presumo anche siciliano…
Sì, certo, anche siciliano. Anzi, direi che si parlava siciliano, molto più che italiano. Il siciliano prima lo parlicchiavo. Però sul set ho talmente assorbito gli umori degli attori che progressivamente il siciliano si è impadronito anche di me. E ora lo parlo senza fatica.
Avete girato un po’ in Sicilia, un po’ in Argentina…
Tutta la prima parte, molto dura, aspra, in Sicilia. Dal momento in cui il bastimento s’è staccato dal molo, in una scena molto suggestiva, abbiamo girato tutto a Buenos Aires. Negli studi, poi sul Rio della Plata, sul Barco, trainato da un’altra nave. E’ stata una gran fatica, ma ne è valsa la pena. Ogni giorno eravamo convocati sul set, poiché Crialese voleva che tutti fossero sempre presenti così da sentirsi una sola famiglia che si muove insieme. Ero molto inconsapevole mentre giravo, io chiedevo a Crialese come recitassi. La risposta l’ho avuta dopo l’ultimo ciak, quando i tratti del mio viso si sono distesi: ero ‘uscita’ da Rita e tornata Federica.
Quali i momenti del film che ti sono restati più impressi?
Quando, all’inizio, una vecchia maga di campagna – secondo tradizione - mi ha ‘liberato’ dal male, simboleggiato da una serpe viva nascosta in un sacco che era posto tra le mie gambe. Un rito per togliere il male e renderlo visibile. Poi un’altra scena, quando ho avuto una conversazione con Charlotte Gainsbourg - per me, ventenne, una sorta di ‘mostro sacro’ – nelle cuccette all’interno del bastimento: m’avevano fatto mangiare per l’occasione mezzo spicchio d’aglio vero e mezzo, finto, di marzapane.
Durante il viaggio c’è una grande scena di massa, quando si scatena una tempesta…
Ci siamo allenati per una decina di giorni con un’insegnante di acrobazia…
Si è avuta la percezione molto realistica di un rotolarsi atterrito e di lunga durata della folla di emigranti…
Diversi attori si sono fatti male. Io me la sono cavata con un graffio sul braccio, ma altri hanno riportato ferite non minori a braccia, schiena, gambe!
Nell’ultima parte del film, dopo gli esami di varia natura ai candidati ad entrare negli Stati Uniti, ecco un’altra scena di particolare incisività: quella della scelta delle ragazze – vestite con il costume della festa - da parte del futuro marito.
Per me la sorpresa è stata reale. Non sapevo chi nel film mi avrebbe scelto come sposa. Ero molto emozionata.
Nuovomondo è stato premiato con un Leone d’argento a Venezia… un’altra esperienza nuova per te…
Il film non l’avevo mai visto e per me è stata un’altra scoperta. Anche le musiche sono molto belle. Spesso sul set si suonava con la tammorra e si cantava. Sfilare sul tappeto rosso, con il sottofondo della musica di Nina Simone… eh, un’esperienza magnifica!
Dopo Nuovomondo hai girato per la tv Rebecca, la prima moglie…
A Trieste, al castello di Miramare per gli esterni…
Fil rouge con Sissi…
… e anche con la mia esperienza teatrale, quando interpretavo Dejanira ne La Locandiera, dato che siamo stati proprio anche a Trieste.
Parliamo di due fiction successive, legate alla quotidianità della Sicilia: La pazienza del ragno e La vita rubata. Lì ti sentivi a casa…
Resto molto legata alla terra di Sicilia, alla natura di Sicilia, perfino alla cucina di Sicilia, una mia grande passione (intanto assapora una scorza d’arancia al cioccolato). Forse la mia ‘sicilianità’ esce anche dallo sguardo, viene da lontano, dicono dalla sorella di mio nonno con il suo rapporto quasi carnale con la terra, l’amore per le buone tradizioni, per gli umori di una terra che penetra nel Mediterraneo, con una mentalità a volte contraddittoria, insieme ‘aperta’ e ‘isolana’. Ne La vita rubata ero la cognata di una ragazza rapita e uccisa, una fiction quella che esprimeva anche una certa realtà siciliana.
Secondo te quali sono i colori di Sicilia? Ricordo un film abbastanza recente e assai controverso, il Sole nero, opera ‘siciliana’ del polacco Zanussi, con Valeria Golino: lì i colori incombevano a corredo della tragedia narrata…
Direi in primo luogo il nero e il rosso. Il nero della lava e delle donne, delle vedove, del lutto. Il rosso della passione, del calore. C’è anche il giallo bruciato delle campagne bruciate dal sole. Non penso che in Sicilia ci siano toni soffusi, intermedi.
Nel documento di fine febbraio dei vescovi italiani a proposito del Mezzogiorno (vedi qui sopra l’intervista al cardinale Sepe e, in Attualità, una riflessione di Giuseppe Di Leo), ci si pone il problema irrisolto dei giovani meridionali, del loro presente e del loro futuro…
Non è facile scegliere. Tanti se ne vanno, poiché si sentono costretti ad andarsene. Anch’io, pur se i legami rimangono saldi, sono partita. Altri restano, anche eroicamente, per cercare di servire il bene comune dell’isola sull’isola. Mia zia è una delle chimiche più importanti a livello mondiale: Stati Uniti, Germania, difficile per lei tornare, dato che fa ricerca. Però sono convinta che è ancora possibile combattere il marcio che c’è in Sicilia restando sul posto.
Un’altra fiction importante è stata quella sulla vita del sindacalista Giuseppe Di Vittorio…
Prima non lo conoscevo e ho scoperto un uomo di grande integrità morale e valore civile, un combattente nato. Nella fiction interpreto la seconda moglie, l’emiliana Anita, che accompagnò fedelmente e con amore il sindacalista pugliese per vent’anni dopo la morte della prima. Ricordo rabbrividendo il set in Bulgaria: recitavamo a quindici gradi sottozero.
Federica, prima di essere attrice di cinema e di fiction tu hai fatto cinque anni di teatro…
Sono ‘nata’ attrice di teatro: a quattordici anni ho recitato da protagonista Pensaci, Mario… E’ un mio coetaneo, Angelo Campolo, che mi ha offerto questa possibilità nel 1999: i sabati pomeriggio li passavo da mia nonna a provare. Poi le nostre strade si sono divise, fino a quando ultimamente non ci siamo ritrovati a lavorare assieme a teatro in Lo stato d’assedio di Camus, nella Salomè sempre per ‘Taormina arte’, in Lo chiamavano Giufà. Nel 2003 ho impersonato Giulietta nella tragedia shakespeariana, con la regia del regista russo Nikolaj Karpov. E’ stata la mia prima vera esperienza teatrale, bellissima e fisicamente molto faticosa perché il regista ha fondato e dirige la Scuola di biomeccanica teatrale presso l’Accademia statale d’arte drammatica russa di Mosca…
A fine gennaio-inizio febbraio hai interpretato al Piccolo Eliseo Desdemona in Hell, adattamento dell’Otello di Shakespeare…
Interessante che nell’allestimento di Francesco Giuffrè e Riccardo Scarafoni Otello non è ‘diverso’ perché nero, ma perché è un anziano che ama una ragazza.
Quando sei in scena, quanto conta il pubblico per te?
Tanto…Quando senti che regna il silenzio, che hai catturato l’attenzione, ti pare di avere il pubblico in mano….
Nelle diverse tournées teatrali che hai fatto in tutta Italia hai riscontrato differenze nelle reazioni del pubblico?
C’è tantissima differenza tra Nord e Sud: soprattutto in Veneto, in Emilia si ride molto di più, forse perché lì si va a teatro per staccarsi completamente dalla vita quotidiana con il suo carico di ansie. A Sud verosimilmente si è più critici, si è più attenti alla prestazione dell’attore, ai confronti. Il pubblico romano è un caso a sé: tra il pubblico non mancano molti addetti ai lavori e ci si sente sempre sotto esame… insomma è un pubblico assai difficile…Sono stata in tutte le grandi città, ma ti danno grande soddisfazione anche le città di provincia, che ti offrono magari piccoli teatri-bomboniera, graziosissimi…
Sei appena venticinquenne, ma hai già alle tue spalle diverse esperienze sia teatrali che cinematografiche e televisive. Senti in te una preferenza per uno dei generi …. insomma: ti senti più a tuo agio da attrice teatrale o cinematografica?
A dire la verità il teatro mi piace di più. Sono percorsi diversi. Credo che a teatro ci sia un maggior dare e ricevere: il teatro ti dà più energia e tu gliela ridai… l’interscambio è costante. Se invece reciti sotto l’occhio della cinepresa, sei catturata, essa ti coglie automaticamente anche aspetti intimi che magari non sai di mostrare (te ne accorgi dopo). Poi le tue emozioni non riescono a volte a manifestarsi pienamente, poiché l’occhio meccanico si spegne inopinatamente prima. E tu, per così dire, resti ‘incompiuta’. A teatro invece sei lì da sola, non devi troncare le emozioni che puoi esprimere nella loro interezza.
A teatro hai interpretato Giulietta, Desdemona. E la prossima volta?
Shakespeare offre ancora molte altre possibilità….però mi piacerebbe anche interpretare una tragedia greca a Siracusa…
A novembre hai provato un’esperienza nuova recitando per i minorenni detenuti nel carcere dell’isola di Nisida…
Abbiamo portato Lo chiamavano Giufà- per la rassegna “Teatri della legalità”- in questo ambiente difficile, inserito in un paradiso naturale; non sapevamo come saremmo stati accolti dal pubblico. I ragazzi – dai 14 ai 17 anni - avrebbero capito l’umorismo del testo? O si sarebbero annoiati? Nella realtà è andata benissimo: i ragazzi hanno seguito molto attentamente, hanno reagito nei momenti giusti e poi, alla fine ci hanno posto molte domande pertinenti. Ci hanno chiesto inoltre, con insistenza, anche quanto guadagnavamo: da attori di teatro abbiamo risposto Poco, se non ci fossero cinema e televisione….
Tra le tue performances hai letto Il Gattopardo in una chiesa di Messina. Non è facile in tempi molto dispersivi come i nostri catturare l’attenzione del pubblico leggendo ad alta voce…
Bisogna prepararsi bene, cogliere gli umori del pubblico, non stare con gli occhi incollati al leggio, cercare di far vivere quello che leggi, suscitare l’immaginazione di chi ti sta davanti, curare le pause, i toni…. Per quanto mi riguarda, il pubblico non si è addormentato! Un’altra esperienza soddisfacente è stata la recita del Canto V dell’Inferno dantesco…
Il Canto V… Federica, ma tutto questo bailamme di esperienze artistiche com’è incominciato?
Ho un fratello minore, Giuseppe, che ho vessato con le mie manie artistiche; già da piccola lo ‘costringevo’ a collaborare e il pubblico – sempre che non ci fossero genitori e parenti – era costituito dai miei orsacchiotti che mettevo sul divano…
Quando hai capito che ‘dovevi’ fare quello?
Immatricolata al Dams di Palermo, superati bene cinque esami, ho sentito che dovevo assolutamente recitare… e allora, a diciannove anni, ho incominciato a lavorare…
Chissà l’entusiasmo dei tuoi genitori!
(ride) In effetti mi sono imposta ai miei genitori… non è però che abbiano opposto una grande resistenza… certo sentivo da parte loro una contrarietà latente: era faticoso per loro accettare all’inizio la nuova realtà… Come va vostra figlia all’Università? Nei primi tempi ai loro amici non riuscivano a dire che avevano una figlia attrice! Però i miei genitori hanno sempre amato l’arte; mio padre è ingegnere e poco tempo fa mi ha confessato che avrebbe voluto fare l’attore. Insomma… passato il primo periodo di ‘adattamento’, sono venuti a vedermi in tournée, erano per qualche giorno a Buenos Aires sul set del Nuovomondo, anche a Venezia per il Festival e la premiazione…
Una domanda un po’ particolare: in questa tua vita così ricca di avvenimenti riesci a dare spazio all’incontro con Dio?
Sì. Sono credente e so che sono un po’ una mosca bianca nel mio ambiente, che è generalmente scettico… appena posso, mi piace andare in chiesa a parlare con Dio. Per me è importante!
Programmi per il futuro prossimo?
Tra un paio di mesi incominceranno le riprese di un film per la RAI: sarò una ragazza siciliana, attivista dell’Associazione Acque, che procura il prezioso liquido a famiglie indigenti. La mafia non è d’accordo e… Protagonista del film sarà Riccardo Scamarcio.
Beh, Federica, allora… in bocca al lupo!