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    IL CARD. POUPARD SUI CATTOLICI DI FRANCIA

    INTERVISTA AL CARDINAL POUPARD SU LUCI E OMBRE NEL CATTOLICESIMO FRANCESE - 'IL CONSULENTE RE ONLINE' DI SETTEMBRE 2009

     

    Dal settembre 2007 il settantanovenne cardinale Paul Poupard non è più presidente del Pontificio Consiglio per la Cultura, ma non per questo ha smesso di leggere, pensare, viaggiare. A marzo ha rappresentato il Santo Padre nelle cerimonie per il settimo centenario dell’arrivo di Clemente V ( poi seguito da sei suoi successori, da altri due in un secondo tempo) ad Avignone: “La permanenza dei Papi sulle rive del Rodano - ha detto nei vespri dell’8 marzo il porporato angioino – non cambia in nulla la natura delle loro funzioni, non toccando né l’unicità della loro sovranità né l’universalità del loro magistero”. Qui, davanti a noi, nel suo appartamento romano strapieno di libri e di ricordi universali, il cardinale Poupard parla ancora di Francia, ma riflettendo in questo caso sulle caratteristiche del cattolicesimo francese oggi.

    Lo spunto è dato dai risultati di un’indagine in materia  dell’Istituto di sondaggi d’opinione Ifop, da cui emerge ad esempio che la frequenza alla messa domenicale è crollata mediamente nel Paese al 4,5%. Nella sua riflessione il presidente emerito del Pontificio Consiglio per la cultura richiama alla ‘storia fondata sulla lunga durata’, la cui conoscenza aiuta a capire meglio anche il presente. Per il cardinale Poupard l’odierno cattolicesimo francese presenta luci e ombre: dopo tre decenni ha riscoperto ad esempio la necessità dell’annuncio della fede, abbandonando quella che il nostro interlocutore definisce la “pastorale del nascondimento”. In tale contesto, il porporato invita i cattolici a essere orgogliosi della propria fede anche pubblicamente, come sanno fare ad esempio molti musulmani. Sullo spostamento a destra di non pochi cattolici praticanti francesi, il cardinale Poupard presume che il fatto derivi dal crescere del sentimento della paura nella nostra società. Da cui i cattolici non sono esenti. .   

     

    Eminenza, a metà agosto sono stati pubblicizzati su Le Monde i risultati di un’analisi dell’istituto di sondaggi d’opinione Ifop su “Il cattolicesimo in Francia nel 2009”. Tra i molti dati interessanti dell’indagine, quello che riguarda la frequenza alla messa domenicale dei francesi: i cattolici messalisants nel 1952 si attestavano attorno al 27% (ovvero un cattolico su tre), oggi al 4,5% (uno su quindici). E’ questo un dato che La sorprende?

     

    (Il cardinale tiene aperta davanti a sé una cartella da cui occhieggiano molti ritagli, alcuni ingialliti). No, non è per me una sorpresa. Infatti nel dossier che ho sotto gli occhi – (ridacchia) Lei sa che è una mia deformazione professionale – ho un primo articolo de La Croix del 3 giugno 1983. Sa com’è intitolato?

     

    No, ma potrei supporre che già parli di una crisi…

     

    E’ intitolato Le choc des chiffres e vi si legge che la pratica domenicale è caduta del 54% in 25 anni e si attesta sul 7%. Il 4 novembre leggiamo i titoli: Le ultime statistiche sono drammatiche – La Chiesa di Francia: i numeri dell’inquietudine. I battesimi in un decennio sono diminuiti del 10%, i matrimoni del 25%, la convivenza giovanile sale al 46%... Andiamo al 1988: ecco un titolo sul calo del 30% in trent’anni della pratica in Normandia, paese di santa Teresa di Lisieux. Saltiamo al 2001 e qui cito un proverbio bavarese: Felici come Dio in Francia. Perché? Due terzi dei francesi si dichiarano cattolici.

     

    Però la grande maggioranza non pratica…

     

    Bisogna fare le opportune distinzioni: un conto è la pratica religiosa, un’altra la rivendicazione dell’identità religiosa, un’altra ancora riguarda i contenuti dell’appartenenza. Ecco un articolo del 2002, che titola: In quarant’anni una profonda rivoluzione cattolica, ma il senso religioso non è morto. E tra i giovani c’è una rinascita del credere. Nello stesso anno un altro articolo, incentrato su Parigi: Pratica religiosa tra il 2,5 e il 4%. Però, nel contempo, si legge di una richiesta crescente di corsi di teologia per laici, che ho visto affacciarsi negli Anni Settanta – quando ero rettore dell’ Institut Catholique: una domanda di formazione che si è rafforzata con le iniziative del cardinale Lustiger (Ecole de Notre Dame).

     

    Il quadro presenta dunque anche qualche luce, al di là della drasticità delle cifre…

     

    Certo la pratica è caduta, il calo di sacerdoti e di seminaristi molto forte. Però, vedi un articolo del 2003 nel Figaro, Successo della formazione…mai il livello di formazione dei cattolici è stato così alto…il nuovo impegno intellettuale dei cattolici francesi. Sulla stessa linea un commento della Nouvelle Revue théologique dell’anno seguente che annuncia una profonda riflessione del mondo intellettuale sulla fede.

     

    L’inchiesta dell’Ifop non tocca questo tema, cui Lei ha fatto già ampio riferimento…

     

    No. E non tocca neppure quelli del catecumenato, del battesimo degli adulti, in crescita sensibile (attorno ai novemila annuali). Qui emerge che, se i praticanti regolari sono in maggior numero ultracinquantenni, i catecumeni in larga parte (quattro su cinque) appartengono alle fasce d’età sotto i quarant’anni. Non solo, ma si evidenzia che il ‘nuovo’ cattolicesimo è più urbano che rurale…

     

    Nell’inchiesta dell’Ifop si parla di una pratica religiosa sorprendente nella zona ovest dell’agglomerato parigino…

     

    Il Rinascimento viene dalla città! Quattro catecumeni su cinque abitano le aree urbane. Tra loro ci sono anche alcuni di origine islamica e questo è un dato di sicura rilevanza. (Il cardinale continua a sfogliare il dossier) Ecco una riflessione (2005) molto interessante di un sacerdote nigeriano che, da alcuni anni in Francia, nota: La Chiesa ha ritrovato l’audacia di proporre la fede.

     

    C’è stato un tempo in cui la Chiesa francese non l’ha proposta?

     

    Sì, ci sono stati gli anni (che ho attraversato) della ‘pastorale del nascondimento’. Oggi di nuovo, come rilevava nel 2005 l’odierno arcivescovo di Parigi, il cardinale Vingt-Trois, si è sempre più coscienti che la Chiesa o è missionaria o non esiste. Una presa di coscienza che papa Paolo VI manifestava già nella Evangelii nuntiandi  del 1975. Ritorniamo alla riflessione del sacerdote nigeriano, in cui tra l’altro si leggono osservazioni notevoli sui rapporti tra Chiesa e cultura contemporanea: oggi assistiamo al crollo dell’illusione di poter evangelizzare tale cultura, che invece è pregna di un neo-paganesimo profondamente anti-cristiano. L’attuale cultura massmediatica in Francia ignora quasi totalmente il cristianesimo (a parte qualche ‘spazio protetto’), privilegiando – specie in campo etico – tutto il contrario di quanto ci ha insegnato la Chiesa per due millenni. Rileva ancora il sacerdote nigeriano che viviamo in un mondo pagano, con una vita pubblica in cui si adorano gli dei falsi e bugiardi: il mondo non è neutro, ma dominato dalle anti-Beatitudini. Il problema fondamentale è che il dono della fede non ha senso se la fede (come dice San Paolo) non viene trasmessa.

     

    Però, nel dopo-Concilio, certuni si vergognavano di “trasmettere la fede”…

     

    Sì, è quello che è accaduto nel decennio in cui ero rettore dell’Institut Catholique di Parigi: si diceva di voler rispettare la libertà dei ragazzi, non imporre niente, si proponevano invece les échanges de vie…ma Lei poteva fare tutti gli scambi di esperienze di vita che vuole, ma non troverà mai tra gli argomenti il mistero della Santissima Trinità! Oggi in Francia, dopo tre decenni, l’hanno capito. Guardi adesso queste altre statistiche sull’accettazione dell’intervento della Chiesa nella vita pubblica: d’accordo il 37% degli americani, il 30% degli italiani, il 25% dei canadesi, il 20% dei messicani e dei tedeschi, il 17% degli spagnoli, il 12% dei francesi…

     

    C’est la laicité

     

    Nonostante ciò, i francesi in maggioranza continuano a dirsi cattolici, sebbene per la metà di questi ultimi la religione non sia considerata importante nella vita. Ma ecco un articolo recente su un’altra realtà ignorata dall’indagine dell’Ifop: la nascita di nuove comunità cattoliche. Un fenomeno che è un segnale, anche se una rondine non fa primavera… e del resto un sondaggio non fa l’apocalisse! Conosco la comunità di San Nicola dei Lorenesi vicino a piazza Navona: fondata da un domenicano, è animata da diversi giovani. L’anno scorso sono andato con loro ad Ars, ordinandone una decina sacerdoti e una ventina diaconi. Molto interessante e viva è anche la Fraternità monastica di Gerusalemme a Trinità dei Monti (anche alla Badia di Firenze, a St. Gervais a Parigi…): l’età media dei membri è di 33 anni, essi vivono in monasteri cittadini (la nostra civiltà non è più rurale), lavorano – retribuiti - per una metà della giornata e l’altra metà la dedicano a Dio. Sempre su questo argomento vorrei aggiungere che anche grandi congregazioni – date in forte decadenza – danno segnali di ripresa, come ad esempio i carmelitani: sono stato per l’Assunzione a Lisieux e ho avuto la sorpresa di trovarvi cinque giovani carmelitani, tutti francesi.  

     

    Eminenza, vediamo che nel suo dossier sul cattolicesimo francese spuntano ancora un paio di articoli recenti…

     

    … che certificano il moltiplicarsi di dialoghi tra intellettuali cattolici e agnostici, per esempio quello tra l’ex-ministro del governo Chirac Luc Ferry, storico, e il mio amico filosofo Lucien Jerphagnon su La tentation du Christianisme. Mentre lo leggevo, pensavo al mio villaggio natale angioino. Quand’ero bambino,  mio parroco poteva contare sulle dita di una mano gli uomini che non facevano la Pasqua; oggi il parroco sa che le stesse dita basterebbero per contare gli uomini tra i 30 e i 45 anni che la Pasqua la fanno. Un vero rovesciamento culturale, anche di conformismo culturale. Non si deve pensare con ciò che il cristianesimo stia morendo; la Chiesa in duemila anni ha sepolto i suoi becchini, malgrado le crisi anche gravi… e ne è uscita più forte… Oggi abbiamo un Papa, che, nonostante tutte le campagne contrarie, si è mostrato un vero sacerdote e pastore, umile, agente della gioia cristiana. In Francia si dice che Giovanni Paolo II lo si veniva prima di tutto a vedere e ad ammirare, Benedetto XVI lo si viene sostanzialmente ad ascoltare per riflettere.  

     

    Lei, eminenza, ha presentato un quadro molto variegato, in chiaroscuro e da storica della longue durée, dell’odierno cattolicesimo francese. E’ evidente che i dati emersi dall’indagine riguardano solo alcuni aspetti della situazione. Tuttavia quello del forte distacco dalla Chiesa istituzionale, testimoniato da quel 4,5% di frequenza alla messa domenicale, resta. Che cosa si può fare subito – al di là della missione di annuncio e formazione che però richiede tempi lunghi - per accrescere la partecipazione dei cattolici all’Eucarestia?

     

    Ribadisco che il distacco è un fatto culturale. Non voglio minimizzare, ma il distacco non è solo nella Chiesa… è nei partiti, nei sindacati. Oggi regna la polverizzazione, anche la Chiesa ne soffre. Dobbiamo ritrovare l’antico pensiero di san Tommaso d’Aquino… chi più moderno di lui? La Summa Theologica è tutta costruita su quesiti, domanda e risposta. Abbiamo un po’ dimenticato che “nessuno crederebbe, se non avesse avuto ragioni di credere”. La Chiesa in Francia per tanti anni ha agito come se fosse evidente, normale credere… io appartengo all’ultima generazione che in Seminario ha seguito un corso di apologetica. Che è sparito. E’ proprio vero che, mi perdoni la battuta, le propre des évidences c’est de n’ệtre pas partagées, la caratteristica delle evidenze è di non essere condivise. Si presumeva che…. e si è stati in silenzio. Ma io penso che dall’afasia nasca l’amnesia! Quando uno non sa più trasmettere agli altri la propria fede, rischia di ritrovarsi agnostico pure lui!  

     

    Nella stessa indagine dell’Ifop si certifica oggi uno spostamento notevole a destra, anche in quella più nazionalista, dei cattolici praticanti francesi. Che emergono come una categoria sociologica politicamente molto più a destra dei cattolici tiepidi e dell’insieme dei francesi. Eminenza, ne è sorpreso? Come lo spiega?

     

    Mi ricordo bene quando, diversi anni fa, ci fu una forte spinta elettorale dell’estrema destra. Le analisi dei flussi elettorali  mostrarono che i cattolici erano tra i più refrattari a votare il Front National. Le Pen, dopo la caduta del Muro e il crollo dell’impero comunista, aveva raccolto invece non pochi voti di elettori di estrema sinistra, che cercavano qualcuno che promettesse (come faceva il partito comunista francese) di “dar voce ai senza voce”. I cattolici, però, continuavano a non votare salvo piccole minoranze il Front National. Ora mi sorprendono i dati dell’Ifop, che mostrano uno spostamento oggettivo verso destra, anche quella dura, proprio in questi ultimi anni. Tuttavia posso immaginare che il crescere del voto cattolico a destra (moderata e radicale) sia provocato dall’insorgere della paura per il crollo di alcune certezze sociali, per l’insicurezza crescente, per la perdita del posto di lavoro…

     

    Tra i cattolici francesi c’è paura anche per l’avanzata dell’Islam, professato da ormai il 6% della popolazione (con punte oltre il 10% nell’agglomerazione parigina)?

     

    Difficile dirlo. E tuttavia posso pensare che la rivolta delle banlieux, con le sue immagini di auto incendiate e, soprattutto, di scuole distrutte, abbia impaurito molti francesi, anche cattolici.

     

    A proposito di Islam. Da un’altra indagine dell’Ifop , stavolta sul radicamento dell’Islam in Francia tra il 1989 e il 2009, emerge che, rispetto ai cattolici,  i musulmani praticano molto di più la loro religione. Lei, eminenza, come considera questo dato di fatto?

     

    Rispondo così. Lei saprà che in Gran Bretagna la piccola minoranza di cattolici pratica molto di più della maggioranza anglicana. Le minoranze sono sempre molto più assidue nell’esternare la loro appartenenza.  Mi ricordo di un incontro a Oslo. Lì vidi un domenicano che mi disse di essere stato invitato dalla televisione di Stato a parlare per Natale; molto sorpreso, aveva chiesto il perché, dato che i cattolici in Norvegia sono pochissimi. Risposta del presentatore agnostico: “Però voi avete qualcosa da dire”.

        

    Eminenza, quanto Lei ha detto può essere riferito anche ai musulmani di Francia?

     

    Avendo trascorso buona parte delle vacanze estive in Francia, ne ho tratto la convinzione che la seconda generazione musulmana in Francia è molto diversa dalla prima. Se i padri miravano prima di tutto all’integrazione nella società francese, i figli invece tendono ad affermare la propria identità.

     

    L’orgoglio dell’appartenenza mostrato da molti musulmani può essere motivo di riflessione per la Chiesa cattolica?

     

    Sì, mi sembra che sia un insegnamento che fin qui è stato pressoché ignorato. Qualche vescovo francese si lamentava perché alla televisione si parlava del Ramadan e non della Quaresima. Il fatto è che quest’ultima è stata svuotata di contenuto! Perciò, se ci sono milioni di musulmani che pregano pubblicamente, non sono da criticare, ma da imitare. Facciamo così anche noi cattolici… esprimendo la gioia del credere e la speranza nella vita eterna! 

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