KASPER, CHESTERTON E LE ATTESE DELLA PIAZZA DI SAN GALLO – DI GIUSEPPE RUSCONI – www.rossoporpora.org – 12 marzo 2014
Sulle grandi attese di alcuni (o di molti) riguardo al Sinodo sulla famiglia,riportiamo un passo delle considerazioni del card. Kasper nel recente Concistoro, uno degli Anni Venti a firma dello scrittore Chesterton e un esempio freschissimo di’ attese’: domenica in mille hanno manifestato a San Gallo per ‘imbavagliare’ il vescovo di Coira Vitus Huonder, tacciato di intollerabile conservatorismo sui valori non negoziabili.
IL SINODO SULLA FAMIGLIA SECONDO IL CARDINALE WALTER KASPER
(tratto da “L’Osservatore Romano” del 12 marzo 2014, prima replica nella discussione generale seguita alla presentazione della relazione introduttiva, in cui il porporato tedesco ha posto domande e suggerito vie da percorrere sulla questione dei sacramenti per i divorziati risposati)
“Riguardo alla nostra questione ci sono grandi aspettative nella Chiesa. Senza dubbio non possiamo rispondere a tutte le attese. Ma, se ripetessimo soltanto le risposte che presumibilmente sono state già da sempre date, ciò porterebbe a una pessima delusione. Quali testimoni della speranza non possiamo lasciarci guidare da un’ermeneutica della paura. Sono necessari coraggio e soprattutto franchezza (parresia) biblica. Se non lo vogliamo, piuttosto allora non dovremmo tenere alcun sinodo sul nostro tema, perché in tal caso la situazione successiva sarebbe peggiore della precedente”.
Qualche domanda spontanea.
1. Chi ha creato queste grandi aspettative? Come sono state create… magari con questionari controversi, con interventi avanguardisti di una parte della gerarchia della Chiesa?
2. Creando scientemente le grandi aspettative, si è voluto sostanzialmente già mettere davanti al fatto compiuto i padri sinodali? Perché sembra indigeribile il ripetere solo le risposte già date nella storia? Non sono risposte che hanno concorso a far sì che la Chiesa reggesse per 2000 anni?
3. Perché dovrebbe essere tacciato di persona dominata dalla paura chi volesse riaffermare le risposte contenute nella dottrina sociale della Chiesa? Contrapponendolo al ‘coraggio’ e alla ‘franchezza’ di altri? Ai nostri tempi non sembra essere oggettivamente più coraggioso chi, tra crescenti difficoltà, ripropone la dottrina sociale della Chiesa in materia di valori non negoziabili?
4. Il Sinodo è stato convocato per prender conoscenza, discutere e valutare l’accompagnamento pastorale in tema di famiglia oppure già con l’obiettivo di ottenere quei cambiamenti che corrispondono alle attese di alcuni (o di molti)? E’ un Sinodo sostanzialmente già deciso prima di incominciare o aperto invece a ogni soluzione? E’ proprio vero che, se il Sinodo non prendesse decisioni nel senso delle ‘attese’, l’immagine della Chiesa ne soffrirebbe ulteriormente?
CHIESA E MONDO SECONDO GILBERT KEITH CHESTERTON (1874-1936)
(tratto dalla rivista “The News Willness” -Il nuovo testimone che lo scrittore e giornalista inglese, anglicano convertito al cattolicesimo, ha diretto dal 1918)
“Una Chiesa vera può fare di questi tempi di oscurantismo qualcosa di più di un tempo di semina; può farli il vero opposto dell’oscurità. Può presentare i suoi ideali in tale e attraente e improvviso contrasto con l’inumano declivio del tempo da ispirare d’un tratto agli uomini qualcuna delle rivoluzioni morali della storia. Non abbiamo bisogno, come dicono i giornali, di una Chiesa che si muova con il mondo. Abbiamo bisogno di una Chiesa che lo muova da molte cose verso le quali muove oggi, per esempio lo stato servile”.
UN ESEMPIO DI ‘ATTESE’: MILLE A SAN GALLO CONTRO IL VESCOVO DI COIRA
Il 17 giugno 1990 si ritrovarono in settemila a Coira, capoluogo del canton Grigioni, per protestare contro l’allora contestatissimo vescovo Wolfgang Haas. Abbiamo ancora negli occhi i cartelloni a forma di coniglio che giocavano, storpiandolo un po’, con il cognome del ‘bersaglio’, e nelle orecchie le filastrocche – pure spesso di argomento campagnolo – che con facili rime si facevano beffe del prelato, cui venivano rimproverati conservatorismo e incapacità di colloquiare con le pecorelle. Da Zurigo (che fa parte della diocesi di Coira) erano giunti addirittura treni speciali da cui erano sbarcate decine di famigliole con passeggini e prole che mangiava carote. Fu quella la più grande manifestazione di protesta nella storia della Chiesa elvetica.
Il 9 marzo scorso a San Gallo non c’eravamo… i tempi di Berna sono passati e ora da ormai diciotto anni siamo a Roma. Ci siamo ritrovati perciò a leggere per essere informati sulla programmata manifestazione anti-vescovo di Coira (ora è Vitus Huonder) soprattutto la Neue Zürcher Zeitung (un quotidiano non cattolico che riesce ancora a farsi apprezzare per la serietà, la sobrietà e l’onestà delle cronache), oltre a comunicati e notizie degli organizzatori. Il numero di manifestanti, mille secondo la Neue Zürcher Zeitung, è certo inferiore (e di molto) a quello dei manifestanti di 24 anni fa. E questo può forse suggerire qualcosa.
Per comprendere i motivi della manifestazione già bastava legge il volantino distribuito. Vi si reclamizzava una “dimostrazione per una Chiesa cattolica svizzera credibile e liberatrice”. A caratteri di scatola poi seguiva un “Es reicht!” (“Basta!”). Nella colonna esplicativa si leggeva: “Ne abbiamo abbastanza di esclusione, discriminazione, di feudalesimo e messa in dubbio sistematica delle strutture statuali così preziose (qui la polemica è contro l’opinione del vescovo Huonder e del vicario generale Grichting che sarebbe meglio che la Chiesa svizzera ritrovasse l’autonomia rispetto all’attuale sistema contributivo statuale). Ne abbiamo abbastanza di vescovi che contano sulla disciplina e di teologia dal cuore duro. E’ ora che insieme lottiamo per una Chiesa che porti di nuovo la gioia, rivolta verso gli uomini, solidale con i poveri, pervasa di speranza e china sull’essenziale. Ed è ora che la Conferenza episcopale svizzera si assuma le sue responsabilità e – insieme con noi – postuli una nuova direzione della diocesi di Coira e una Chiesa che ha futuro”.
Segue poi, significativamente, una citazione di un testimonial come papa Francesco (ma già – per quanto riguarda l’inizio -di papa Giovanni Paolo II): “Abbiate coraggio… Aprite le porte… Meglio per me una Chiesa incidentata, poiché soprattutto fa qualcosa, che una Chiesa che diventa malata, poiché si china soltanto su se stessa”.
Sembrerebbe di capire che la Chiesa a Coira sia soffocata dall’atteggiamento considerato ultrareazionario del vescovo Huonder. Che cosa si rimprovera a Huonder, unico vescovo svizzero tra l’altro a testimoniare pubblicamente il suo favore verso la recente iniziativa antiabortista, evitando così diffusi atteggiamenti ponziopilateschi in materia? Soprattutto le sue prese di posizione in materia di valori non negoziabili, dalla sua ferma opposizione alla ‘cultura’ dell’aborto alla razionale e appassionata difesa della famiglia naturale formata da uomo e donna uniti in matrimonio e tesa alla procreazione. Fedele alla dottrina sociale della Chiesa, Huonder ha dichiarato sempre pubblicamente di non poter accettare la riammissione dei divorziati ai sacramenti e ha proposto che loro e altri ‘irregolari’ se vogliono, possano accedere al presbiterio durante la Comunione incrociando le braccia davanti al sacerdote e segnalando così di non poter ricevere l’Ostia consacrata: riceveranno invece una benedizione dal celebrante. La proposta ha sollevato l’ira indignata di un arcobaleno di associazioni ed ha costituito per così dire la goccia che ha fatto traboccare il vaso: la manifestazione di protesta e di richiesta di bavaglio/allontanamento per Huonder è stata infatti voluta tra gli altri dall’Unione delle donne cattoliche svizzere, dal Movimento degli imprenditori cattolici, dal Movimento teologico di solidarietà e liberazione, dal Comitato proveniente dal Canton Uri “Non con noi, signor vescovo Vitus Huonder!”, dagli esploratori ed esploratrici cattoliche, dalla nota ‘Pfarrer-Initiative” di origine austriaca. Si legge nel comunicato pre-manifestazione: “Suscitano inquietudine nella Chiesa cattolica le dichiarazioni della diocesi di Coira, che discriminano gruppi consistenti di credenti, come omosessuali, divorziati risposati, conviventi così come i cattolici che utilizzano pillola e preservativi”. Si ricordano poi le dichiarazioni contro il sistema contributivo, per il quale lo Stato finanzia ma anche tende a controllare la Chiesa: un tema cui sono particolarmente sensibili coloro che del finanziamento statale vivono.
Si sono dunque ritrovati in mille nel pomeriggio di domenica 9 aprile davanti alla sede episcopale di San Gallo, retta dall’attuale presidente della Conferenza episcopale svizzera Markus Büchel. Il quale s’è fatto ben vivo, ha mietuto “un lungo applauso” (così riferisce la Neue Zürcher Zeitung), ha lanciato un appello al dialogo, ha ricevuto una lettera dei manifestanti esprimendo il desiderio di costruire ponti e non distruggerli, ha ringraziato i presenti “che si sono impegnati questa domenica per la loro Chiesa”. Büchel probabilmente girerà il tutto alla romana Congregazione dei vescovi. Tra gli ‘slogan’ della manifestazione l’ “Es reicht!” (“Basta!”) rivolto a una Chiesa la cui romanità suona irritante alle orecchie di molti manifestanti. Che hanno tante ‘attese’. E ormai pretendono che non vengano ‘disattese’. Il Sinodo saprà discuterne col cuore, ma anche con la ragione. Se il cuore si commuove ed intuisce, la ragione è lungimirante. E la lungimiranza è preziosa per il futuro della Chiesa.