IL PATRIARCA BECHARA RAI SU SINODO, MEDIO ORIENTE E LIBANO – di GIUSEPPE RUSCONI – www.rossoporpora.org – 20 ottobre 2014
Agli argomenti del Concistoro ordinario di lunedì 20 ottobre papa Francesco ha voluto aggiungere una riflessione ampia sulla situazione dei cristiani in Medio Oriente – Sul tema abbiano intervistato il patriarca maronita, cardinale Béchara Boutros Raï, che ha esordito ricordando il Sinodo appena concluso – Sul Medio Oriente: “Spero che gli Stati Uniti vogliano rivedere la loro strategia”, “ Il pericolo per il Libano è reale, ma l’esercito è ben preparato”.
Tra i membri della Commissione per la stesura del ‘Messaggio’ del Sinodo straordinario sulla famiglia figurava anche il patriarca e cardinale libanese Béchara Boutros Raï, già fondatore della redazione araba di Radio Vaticana e responsabile delle comunicazioni sociali libanesi da vescovo di Byblos. Quando viene a Roma, se ne ha la possibilità, celebra volentieri la messa domenicale – sempre suggestiva, molto spirituale, ricca di canti e incensi - nella chiesa nazionale di san Marun. Lo ha fatto anche durante i giorni del Sinodo, celebrando come di consueto in arabo, con una parte in italiano. Alla vigilia del Concistoro che si occuperà anche dei cristiani del Medio Oriente gli abbiamo posto alcune domande sull’argomento, considerato dal punto di vista di chi, per tradizione collaudata e riconosciuta, deve battersi per tutelare anche l’identità e l’integrità del Libano.
Patriarca, da poche ore si è concluso il primo dei due Sinodi sulla famiglia. Lei era membro della Commissione per la stesura del ‘Messaggio’: vuole indicarci i punti fondamentali in esso contenuti?
Sono quattro le parti fondamentali: l’ascolto dei padri sinodali e delle famiglie del mondo, con relative sfide pastorali; la famiglia considerata come focolare di amore e tenerezza; la famiglia come Chiesa domestica, pervasa dalla presenza di Dio; la preghiera in comune al Padre Celeste con l’intercessione della Sacra Famiglia di Nazareth.
Durante il Sinodo si è dibattuto sulla situazione della famiglia nelle diverse parti del mondo. Le famiglie che vivono in Libano conoscono problemi comuni anche al mondo occidentale? Oppure i loro problemi sono più particolari?
La famiglia cristiana in Libano è salvaguardata nella sua unità e indissolubilità dalla Costituzione libanese. La quale riconosce alle diverse confessioni l’autonomia legislativa e giudiziaria in materia di matrimonio e i relativi effetti civili (sistema degli Statuti personali) . Per cui il Parlamento non legifera per niente in questa materia, né su qualsiasi argomento che tocchi la fede cristiana o musulmana. I nostri problemi sono di altra natura. Infatti la famiglia in Libano è vittima delle molte crisi in corso: deve confrontarsi con la guerra e le sue conseguenze, la crisi economica, la povertà, l’emigrazione, la degradazione dei valori spirituali e morali, la pornografia, la prostituzione, la disoccupazione, la lacerazione a causa delle divisioni politiche.
Il Libano ospita oggi oltre un milione e mezzo di profughi mediorientali: un numero enorme per un piccolo Paese già in una situazione di equilibri di per sé precari perché molto delicati…
Registriamo gravi problemi di cibo, acqua, ricerca di un’abitazione, ricerca di lavoro, scuola per i bambini e i giovani. Poi il desiderio dei profughi di tornare appena possibile a casa ed anche il rischio di essere strumentalizzati per interessi politici e scopi terroristici. In effetti i tanti profughi - un terzo della popolazione libanese senza contare più di mezzo milione di rifugiati palestinesi - costituiscono per il Libano un grave fardello economico e un gravissimo problema sociale e culturale nonché una minaccia per la stabilità e la sicurezza del Paese.
Per lunedì 20 ottobre il Papa ha convocato un Concistoro che si occuperà ampiamente di Medio Oriente. Quali gli obiettivi di tale convocazione? Come agire concretamente oltre a quanto già la Chiesa fa?
Il Concistoro è stato convocato per informare i membri del Collegio Cardinalizio sulla situazione in Medio Oriente e su quella dei cristiani che vivono in tale spicchio del mondo. I cardinali sono chiamati alla solidarietà con la Chiesa nel Medio Oriente: la Chiesa tutta deve perorare davanti ai governi dei rispettivi Paesi la causa dei cristiani e della pace nell’intera regione. Il Concistoro servirà anche per approfondire l’azione della Chiesa universale e della Santa Sede, con la sua rete diplomatica, e per valutare ciò che si dovrà richiedere alla Comunità internazionale.
Già all’inizio di ottobre, proprio immediatamente prima del Sinodo, papa Francesco aveva voluto riunire i nunzi apostolici in Medio Oriente…
Difatti questo Concistoro è una conseguenza di quell’incontro, svoltosi il 3 e 4 ottobre. Noi Patriarchi orientali presenteremo un documento con il riassunto di quanto è successo nelle ultime settimane e illustreremo che cosa ci aspettiamo dalla Chiesa e dalla Comunità internazionale.
A proposito di Comunità internazionale: Lei è stato con altri Patriarchi mediorientali a Washington a settembre e la sera dell’11 ha potuto incontrare il presidente Obama…
Il Presidente Obama si è mostrato sensibile alla situazione dei cristiani in Medio Oriente, drammatica a causa delle guerre in corso, pur senza troppo insistere su questo argomento. Piuttosto era preoccupato per le atrocità che commette il cosiddetto Stato Islamico e per la minaccia alla pace. Ha espresso un interesse particolare per il Libano, data la sua importanza come Paese di convivenza felice tra cristiani e musulmani, di democrazia e di valori umani e culturali. Ha riconosciuto le difficoltà del Libano e il suo bisogno di essere salvaguardato.
E’ legittimo pensare che gli Stati Uniti e i loro alleati abbiano commesso ripetuti e gravi errori di strategia sia nei confronti dell’Iraq che della Siria? Se sì, gli Stati Uniti secondo Lei stanno cercando di porre riparo per quanto possibile a tali errori?
Penso di sì. Spero che vogliano rivedere la loro strategia, rendendola una strategia per la pace in tutto il Medio Oriente. Ciò significa tentare di risolvere in primo luogo il conflitto israelo-palestinese, impegnarsi in uno sforzo serio per porre fine alla guerra in Siria e in Iraq e bloccare le aggressioni delle organizzazioni terroristiche. Dovrebbero in ogni caso utilizzare la loro influenza per spingere i Paesi sunniti e sciiti a un dialogo costruttivo, così da eliminare i conflitti nella regione evitando altri disastri umanitari.
Non sarebbe più efficace se alcuni Stati cessassero di fornire armi e acquistare petrolio dall’ Isis e bloccassero i passaggi degli estremisti islamici attraverso le proprie frontiere ?
Certo: è questa la richiesta essenziale. Tutto il problema nasce dal fatto che ci sono Stati d’Oriente e d’Occidente che purtroppo - per interessi politici ed economici propri -sostengono le diverse organizzazioni fondamentaliste. Alcuni con armi e denaro, altri con l’acquisto illegittimo del petrolio, altri ancora offrendo ai terroristi e ai mercenari il libero passaggio delle frontiere. Non solo: c’è anche chi sostiene i terroristi politicamente. Bisogna assolutamente che le Nazioni Unite e il Consiglio di Sicurezza facciano cessare questo tipo di “delitto”.
Come definirebbe il conflitto in Siria?
E' una guerra civile, ma anche una guerra tra Stati sunniti e Stati sciiti per interessi propri. Perciò è ormai una guerra senza senso. Si tratta solo di distruggere di più, di assassinare di più, di accrescere gli odi e l’esodo di popolazioni intere. Dieci milioni di siriani sono ormai rifugiati in altri Paesi e regioni, sradicati dalle loro case distrutte o gravemente danneggiate.
Emergono in Libano divisioni tra i musulmani nel valutare quanto accade in Siria?
I musulmani libanesi sono adesso piuttosto divisi: i sunniti sostengono l’opposizione sunnita siriana e gli sciiti sostengono il regime alleato dell’Iran e dell’ Hezbollah libanese. E’ noto però che prima dell’assassinio nel 2005 del primo ministro sunnita Hariri, sunniti e sciiti sostenevano ambedue Assad.
Secondo Lei, dopo il prolungato attacco islamista di qualche settimana fa ad Arsal (quasi al confine con la Siria) e dopo gli scontri tra islamisti e Hezbollah, è concreto il pericolo che anche il Libano divenga terra di combattimento, con i cristiani a farne le spese maggiori? Peggio ancora: c’è il rischio che il Libano si dissolva?
Il pericolo per il Libano è reale, ma l’esercito libanese è ben preparato. Speriamo di non dover tornare a qualche anno fa, al conflitto interno: nessuna fazione vuole la guerra, pur essendo precaria, critica, la situazione della sicurezza. Tutti i libanesi aspirano e vogliono la stabilità. Il pericolo di dissoluzione è apparente: le buone volontà sono ancora più forti.
Davanti a tale situazione è mai possibile che i cristiani non si uniscano nell’elezione del nuovo presidente della Repubblica – che dev’essere cristiano? E’ dal 25 maggio che il Libano è senza Presidente e le sedute del Parlamento si susseguono senza esito…
La mancata elezione di un Presidente è originata dal conflitto politico tra sunniti e sciiti libanesi, riflesso del grave conflitto regionale tra Paesi sunniti e Paesi sciiti, in modo particolare tra l’Arabia Saudita (sunnita) e l’Iran (sciita).
Per concludere può evidenziare le maggiori conseguenze sofferte dal Paese a causa della paralisi politica in cui versa?
L’aggravarsi della crisi sociale ed economica, la paralisi delle Istituzioni costituzionali ( specialmente del Parlamento e del Governo), la crescita della disoccupazione, l’impoverimento generalizzato, la tentazione di emigrare, il deterioramento morale e dei valori civili.
P.S. L'intervista apparirà sul numero di novembre 2014 del mensile cattolico statunitense 'Inside the Vatican'