IL CARDINALE JOSEPH RATZINGER SU TURCHIA E UE AL CONVEGNO DI VELLETRI - di GIUSEPPE RUSCONI - 'IL CONSULENTE RE' DI OTTOBRE 2004
Sono stati 400 i partecipanti al Convegno ecclesiale organizzato dalla diocesi di Velletri-Segni dal 17 al 19 settembre 2004: tanti dunque gli interessati, che hanno anche potuto ascoltare il venerdì, in apertura, parole tutt’altro che scontate del cardinale Joseph Ratzinger (riprese poi dalla stampa internazionale) su diversi problemi d’attualità non solo pastorale, tra i quali l’eventuale adesione della Turchia all’Unione europea e i rapporti con l’Islam ‘moderato’.
Il Convegno, diretto dal vicario episcopale mons. Luigi Vari, ha avuto altri momenti di forte interesse: il sabato con la lettura e il commento biblico del prof. Giuseppe Florio e la domenica pomeriggio con la vivace testimonianza di un pastore come il cardinale Silvano Piovanelli, posta sotto il titolo “… ho annunciato il Vangelo ai miei fratelli…”.
Gremite sia la sala del Teatro Aurora che le altre due collegate in video, l’incontro è stato dapprima introdotto da mons. Vari, che l’ha definito come punto di partenza per una nuova evangelizzazione sulle orme dell’esortazione apostolica “Ecclesia in Europa” e del documento della CEI sulla parrocchia. Per l’occasione è uscito anche il primo numero del mensile “Ecclesìa in cammino”, che non a caso riprende nella testata il titolo dell’ultimo libro del cardinal Ratzinger ed è diretto da don Angelo Mancini. Il vescovo monsignor Andrea Maria Erba ha commentato invece l’affresco raffigurato nel manifesto del Convegno, la predica di san Pietro (“prototipo del missionario”) di Masolino di Panicale e il ‘motto’ associato: “… e come potranno sentirne parlare senza uno che lo annunzi…”. Non a caso leitmotiv del Convegno è stato il canto “Chiesa che annuncia”, ben guidato dal coro di mons. Fagiolo.
La parola è poi passata al cardinal Ratzinger, che è anche titolare della ‘Chiesa suburbicaria di Velletri-Segni’. Il porporato – di cui cercheremo di riassumere i concetti espressi in vari campi - ha parlato dell’ “Ecclesia in Europa” non sottoforma di conferenza ma rispondendo a diverse domande preparate da alcuni responsabili pastorali. Gli è stato chiesto dapprima il perché del ‘no’ all’inserimento della citazione delle ‘radici cristiane’ (già deplorato anche da mons. Erba) nel preambolo del trattato costituzionale europeo. Il decano del Collegio cardinalizio, dopo aver qui evidenziato la resistenza “fortissima” della Francia, ha stigmatizzato l’atteggiamento “incomprensibile e inaccettabile” del Consiglio europeo, dato che nessuno può negare come l’Europa si sia formata sulla spiritualità e sui principi cristiani. E’ un fatto storico, ma anche una presenza attuale. Il porporato bavarese teme che ormai la frittata sia stata fatta e che siano scarse le possibilità di modificare il testo votato dai capi di Stato e di governo; tuttavia, ha detto sibillino, è certo prudente “attendere i risultati dei referendum” nazionali previsti. Davanti alla volontà di ignorare le radici diventa ancora più importante la testimonianza dei cristiani e di tanti altri non credenti che la fonte fondamentale dell’umanesimo europeo è la fede cristiana. Il prefetto dell’ex-Sant’Uffizio ha poi invitato gli intellettuali cattolici a riscoprire la ‘ragionevolezza’ della fede, nel senso di rendere presente nell’odierna vita culturale la fede cristiana come elemento di razionalità che offre all’uomo smarrito il fiore della speranza, del coraggio di affrontare il futuro nonostante le grandi difficoltà (dal terrorismo alla violazione della sacralità della vita ad opera della scienza e della tecnica).
Il presule settantasettenne ha poi invitato i cristiani ad essere cittadini a pieno titolo, impegnandosi perché la società non si perda nella barbarie, un rischio che non si può sottovalutare, anche se per il momento non riguarda l’Italia. Il cardinal Ratzinger ha successivamente anche evidenziato la ‘femminilità’ della Chiesa (ben riconosciuta nella Chiesa paleocristiana); sono proprio le virtù femminili che stimolano all’accoglienza, al conforto, al soccorso di chi ne ha bisogno. E’ una necessità che si reimpari la ‘femminilità’ della Chiesa anche con l’aiuto di teologhe e filosofe, ha continuato il porporato. Interpellato poi sui percorsi formativi da offrire ai laici, l’oratore si è un po’ schermito, dicendo che il suo lavoro in Curia non gli permette di conoscere sufficientemente il problema a livello diocesano nella sua trasposizione concreta. Tuttavia ha voluto spezzare una lancia in favore della predicazione domenicale, “che non è un ornamento, ma formazione permanente”.
Gli è stato poi chiesto se, nel contesto dell’annuncio, non si debba ripensare tutto l’impianto della pastorale ad hoc. Tutto no, ha detto il presule, anche perché “un’umiltà esagerata non è una virtù”; probabilmente anche in questo caso occorre in parte conservare e in parte cambiare. Certo è vero che la nostra società diventa sempre più “pagana”. Qui il cardinal Ratzinger ha citato alcuni episodi a prima vista incredibili e invece ben veri. Eccoli. Una classe di ginnasio visita il duomo di Erfuhrt (Germania ex-comunista). Chi è che è stato crocifisso?chiede il professore. Silenzio generale. Poi una voce: “Forse è Spartaco”. In aula un allievo deve leggere la parola “Golgota”: legge invece “Colgate”. Una mamma che si dice cattolica va dal parroco a protestare perché per la Prima Comunione il figlio deve imparare una poesia troppo complicata. “Che poesia?” “Incomincia con ‘Padre nostro’. Se nella Germania ex-comunista la maggioranza non è battezzata, non ride neppure Vienna, in cui oggi i cristiani sono minoranza. Conclusione del cardinale: “Dobbiamo ricominciare con il primo annuncio”. In questo senso sono utili anche le Giornate mondiali della Gioventù, in cui “tanti giovani si incontrano per la prima volta con il messaggio cristiano”.
Sul laicismo dilagante il cardinale ha rilevato che lo Stato in alcuni casi ormai tende a imporre la propria laicità come dogma e in modo intollerante. Purtroppo significativo l’esempio svedese, in cui un predicatore evangelico è stato condannato a un mese di prigione per aver parlato in modo giudicato ‘non corretto’ degli omosessuali (ma aveva solo ricordato un passo biblico).
Infine, a una nostra domanda riguardante Europa e Islam, con particolare riferimento alla Turchia, il porporato – dopo aver premesso di parlare a titolo personale da “piccolo storico” (non grande come monsignor Erba) – ha ribadito nella sostanza, ma ampliando il discorso, quanto aveva già dichiarato qualche tempo fa al “Figaro Magazine”: la Turchia culturalmente e religiosamente non fa parte dell’Europa. Il cardinal Ratzinger ha rilevato che l’Europa non è un concetto geografico e che l’elemento attorno al quale si è formata è la fede cristiana; l’Impero Ottomano (di cui la Turchia odierna rappresenta pur sempre il nucleo centrale) è sempre stato in contrapposizione al nostro continente. Lo stesso Kemal Ataturk che ottant’anni fa ha costruito la Turchia laica, l’ha però fondata sull’islamismo. Sarebbe dunque “antistorico” e un “errore grande” unire per ragioni prevalentemente economiche Europa e Turchia, che sono due mondi con anime molto diverse. La Turchia invece dovrebbe formare un suo ‘continente’ con il mondo arabo (ma oggi tale ipotesi è difficile da concretizzare, data la tensione esistente tra le parti); oppure fare da ponte culturale tra Europa e mondo arabo, cosa auspicabile e produttiva per tutti. A proposito di Islam ‘moderato’ il cardinale pensa che esista, anche se oggi non riesce a essere molto presente politicamente nei Paesi islamici. I musulmani che vivono in Europa hanno invece la possibilità di sviluppare l’Islam ‘moderato’ secondo una delle interpretazioni del Corano (che permette anche l’interpretazione radicale). Ai cristiani il compito importante di aiutare i musulmani a dar voce a questo più rassicurante tipo di Islam. I 400 presenti hanno applaudito calorosamente le parole del cardinale su Turchia, Europa e Islam moderato prima di ascoltare in cattedrale, a conclusione della serata, voce e musiche della salvadoregna Inès de Viaud.