FRANCESCO A CUBA: INTERVISTA AL FOCOLARINO GUSTAVO CLARIA’ - di GIUSEPPE RUSCONI - www.rossoporpora.org – 19 settembre 2015
Gustavo Clariá, co-responsabile del web del Movimento dei Focolari, racconta le impressioni ricavate da una recente visita a Cuba, durata 35 giorni. Nel solco del carisma di Chiara Lubich l’economista argentino dà una lettura ‘focolarina’ della situazione, evidenziando ciò che è suscettibile di unire i cubani in uno sforzo collettivo di fratellanza al di là di ogni pur concreta difficoltà. Obiettivo principale di papa Francesco a Cuba e negli Stati Uniti? La revoca dell’embargo
Dopo che giovedì 17 abbiamo pubblicato un’intervista a Ofelia Acevedo, vedova del leader cattolico Oswaldo Payá (morto nel 2012 in un incidente stradale molto sospetto), oggi diamo la parola a Gustavo Clariá, co-responsabile del web del Movimento dei Focolari, reduce da una visita a Cuba di 35 giorni. Le due interviste sono di diverso tenore: Ofelia Acevedo Payá ha ‘fotografato’ senza edulcorarla la realtà dell’isola quale si presenta davanti ai suoi occhi . Gustavo Clariá – nel solco del carisma focolarino – nelle impressioni ricavate dal soggiorno sull’isola ha preferito evidenziare l’opportunità di cogliere l’odierna, importante occasione di progresso sociale, lumeggiando perciò quel che di positivo esiste nell’attuale realtà cubana. Per Clariá bisogna guardare insomma e lavorare su quello che unisce, non insistere su quello che divide.
Gustavo Clariá, recentemente Lei è stato a Cuba: quando, per quanto tempo, perché?
Sono stato a luglio e all’inizio di agosto, per 35 giorni. Il motivo? E’ consuetudine (per chi può) nel Movimento dei Focolari utilizzare il periodo delle vacanze per costituire dei Focolari temporanei visitando le comunità più disperse, più lontane. Sono andato a Cuba e ho così incontrato in particolare le comunità più lontane dalla capitale.
Come si configura la presenza focolarina a Cuba?
Le comunità sono più o meno numerose, sparse in tutta l’isola. Sono quattrocento coloro che si sentono membri impegnati del Movimento, ma il nostro foglio mensile “La parola di vita” a Cuba viene distribuito in ottomila copie. Molti di più ci conoscono, simpatizzano con noi, con il nostro modo di porci.
Dove è stato in particolare?
A Santiago di Cuba, poi nelle sue vicinanze, al El Cobre dove c’è il santuario nazionale della Virgen, anche a Palma Soriano (città di oltre 120mila abitanti). Mi sono poi spostato verso il centro dell’isola, a Camagüey (terza città di Cuba con circa 300mila abitanti): lì sono stato 12 giorni, incontrando cubani dei comuni vicini come Florida (70mila abitanti). Ho passato gli ultimi 12 giorni a L’Avana.
Secondo la Sua esperienza i cubani sono ben informati sulla visita di papa Francesco?
Mi pare di sì. Mentre ero lì i vescovi cattolici cubani hanno inviato una lettera all’intera popolazione, informando della visita di papa Francesco, che arriva come ‘Missionario della Misericordia’ e invitando tutti a fare gesti concreti per prepararsi a tale visita. La lettera, per la prima volta dagli anni della Revolucion, è stata ripresa integralmente dall’organo ufficiale del Partito Granma. E’ stato un segnale molto significativo. Poi ho notato i tanti manifesti affissi che davano già il benvenuto al Papa. Non solo: sono stato sorpreso che la Tv (naturalmente di Stato) abbia seguito con continuità la contemporanea visita di Francesco in Ecuador, Bolivia e Paraguay.
La reazione della popolazione delle città che saranno visitate dal Papa?
Ci sono grande attesa ed entusiasmo dappertutto. Non sono stato a Holguin (quasi 300mila abitanti), ma mi hanno riferito che è tutta tappezzata di manifesti per la visita. A Santiago, che ha la prima cattedrale costruita in America (nel 1522) e a L’Avana il clima è festoso. Tutti sono interessati al percorso cittadino, sia per vedere il Papa che per il fatto che le case sulle vie interessate saranno ripulite, imbiancate…. Quando arriva un ospite, si cerca di presentarsi nel miglior modo possibile! Anche la Chiesa ha fatto dei grossi lavori, come il restauro della cattedrale di Santiago (costruita nel 1522, fu più volte riedificata) e gli interventi importanti nel centro culturale Felix Varela, a L’Avana, dove il Papa saluterà i giovani.
L’annuncio della visita ha già provocato dei cambiamenti nella popolazione cubana?
I cattolici praticanti hanno accolto il messaggio dei vescovi e cercano di concretizzarlo. Però non sono molti: la domenica le messe sono più o meno affollate, nei giorni feriali invece le chiese sono poco frequentate. Nelle città dell’interno dell’isola ho però riscontrato una maggiore partecipazione anche nelle messe feriali.
Si possono fare paragoni tra le visite di Giovanni Paolo II nel 1998, di Benedetto XVI nel 2012 e quella prossima di papa Francesco?
Io ci vedo uno sviluppo lineare, un progresso anche nel senso di una maggiore libertà religiosa. San Giovanni Paolo II aveva chiesto che Cuba si aprisse al mondo e il mondo a Cuba. Trovo che ci sono stati dei cambiamenti positivi. Ad esempio oggi si sente che i cattolici possono esprimersi tranquillamente anche sui posti di lavoro… un tempo ad esempio non era così.
Molti oppositori, non solo cattolici, del regime non sono d’accordo con il Suo ottimismo. Sostengono che il governo ha concesso qualche riforma economica, grazie alla quale cerca di sopravvivere. Ma quello cubano è pur sempre un regime che non lascia spazi ai diritti democratici elementari. Si imputa al cardinale Ortega y Alamino, arcivescovo di L’Avana e protagonista dei negoziati con il governo castrista, di cedere troppo in cambio di poche briciole…
Voglio citare papa Francesco che, di ritorno dall’America latina, ha detto che in un negoziato ambedue le parti perdono qualcosa e guadagnano qualcosa: chi ci guadagna veramente è la pace per tutti. Secondo la nostra esperienza di focolarini puntiamo sempre prioritariamente al poco (che poi a volte si rivela tanto) che unisce le parti. Non è un dialogo perfetto, a Cuba le ‘aperture’ saranno lente…
Molti oppositori sostengono che a Cuba è cambiato poco o nulla in materia di diritti democratici: chi non condivide pubblicamente il regime, magari non viene più licenziato, ma continua a essere intimorito e minacciato.
Certamente avranno ragione, ma io ho sentito tanti amici cubani che temono un eventuale cambiamento radicale… temono che un’apertura eccessiva sia seguita da una nuova colonizzazione economica e culturale da parte degli Stati Uniti. Hanno paura che l’accesso a internet porti tanta ‘zavorra’. Alcuni non si sentono preparati, sono preoccupati per i loro figli.
Faccia qualche esempio concreto di ‘apertura’ del regime in materia religiosa…
Con Giovanni Paolo II (1998) si è dichiarato il 25 dicembre come festa nazionale. Con Benedetto XVI (2012) è stato riconosciuto per i cattolici il Venerdì Santo, che possono andare in processione pubblicamente. Papa Ratzinger ha anche proclamato la Virgen de la Caritade del Cobre come patrona di Cuba. Tale immagine su legno, che si dice trovata da tre pescatori (un afro-americano, uno bianco, uno meticcio) nel 1612, ha assunto nella storia un posto importante nell’identità cubana. E’ una Madre che unisce.
Come ha reagito la popolazione cubana all’annunciato ‘disgelo’ tra i governi di Cuba e degli Stati Uniti?
Sa, non è come da noi che le notizie si sanno subito. La gente non è abituata a chiedere e conserva un certo scetticismo: certo… ha sentito parlare del ‘disgelo’, ma attende risultati concreti.
Cambiamenti ce ne sono stati e per questo Raul Castro è visto abbastanza bene.
Sta dicendo che Raul è più accettato di Fidel?
Fidel è un ‘intoccabile’, è il ‘padre de la Revolucion’; la gente percepisce Raul come più vicino, anche se con lui c’è sempre Fidel. Del resto Raul ha fatto dei gesti che hanno ripercussioni sulla vita quotidiana; dal 2013 c’è un’apertura all’iniziativa privata con la conseguenza che oggi mezzo milione di cubani sono piccoli imprenditori.
Che cosa si aspetta la popolazione dalla visita di papa Francesco?
Il cubano è accogliente per natura: “Come ti trovi?” ti chiedono subito… e sanno quale sarà la risposta… basta guardarli in faccia! Dunque sono felici di accogliere il Papa.
Ma le attese?
Il popolo cubano sa che Francesco volerà poi negli Stati Uniti e spera che giochi tutte le sue carte perché Washington tolga l’embargo, che oggi sussiste. Questa è l’attesa più diffusa. Poi ci sono aspettative che riguardano l’amnistia per i prigionieri e in effetti il governo ha già annunciato che amnistierà 3522 prigionieri…
Che tipo di prigionieri?
Secondo quanto ha annunciato il governo saranno alcuni stranieri, poi cubani ultrasessantenni o minori di vent’anni senza precedenti penali; malati cronici, donne, prigionieri che stavano per ricevere la libertà condizionata, altri in regime di semilibertà…
Ma i prigionieri politici?
Se a Cuba si pone la domanda – e io l’ho posta tante volte - la risposta è che non ci sono prigionieri politici.
Sì, ma in realtà ci sono, come denunciano da sempre i vari movimenti di opposizione, cattolici e laici . l fatto è che chi è stato condannato “per delitti contro la sicurezza dello Stato” non è compreso tra le categorie amnistiate. Lei crede che il Papa interverrà in favore dei prigionieri politici?
Penso che si concentrerà soprattutto sullo smantellamento dell’embargo. E’ il passo fondamentale, dopo il quale se ne potranno attendere altri.
Sì, ma secondo Lei, Francesco incontrerà alcuni dissidenti cattolici?
Non lo so. Però ho notato che i vescovi cubani, nel loro sito, hanno inserito il programma ufficiale della visita come pubblicato dal governo: un tale incontro non è inserito. I vescovi vogliono proseguire il dialogo, accreditandosi sempre più come interlocutori affidabili da parte del governo. Se io mi fido di te, mi fido e basta: mi fido anche del tuo programma, lo inserisco e punto. Così come il governo ha inserito integralmente il messaggio dei vescovi su Granma. E’ un momento questo di grande fiducia reciproca, un’occasione da cogliere assolutamente per il bene dell’intera popolazione dell’isola.
Domanda conclusiva: Lei pensa che anche papa Francesco, come già i suoi predecessori, vorrà incontrare Fidel Castro?
Sono argentino e, da responsabile del locale Movimento dei Focolari, ho conosciuto Jorge Mario Bergoglio tanti anni fa quand’era prima vescovo ausiliare poi arcivescovo di Buenos Aires. Fidel per me è una presenza (anche se geograficamente lontana) da tanti anni. Credo che tutti e due avranno una grande voglia di incontrarsi, per motivi diversi. Il Papa vorrebbe incontrare tutti, vede la possibilità di costruire un ponte con ogni uomo; poi, da latino-americano, come puoi non incontrare un’icona dell’America latina? Fidel poi è ormai quasi novantenne…e si avvicina il momento del suo incontro con Dio… non si sa che cosa si agiti nel cuore di ogni uomo…per Fidel forse la nostalgia degli anni di gioventù dai gesuiti, la nostalgia forse dello stesso Dio?
P.S. L’intervista – in originale online su www.rossoporpora.org – appare sabato 19 settembre 2015 in versione cartacea nell’inserto ‘Catholica’ del ‘Giornale del Popolo’, quotidiano cattolico della Svizzera italiana