INTERVISTA SUL LIBANO A ROGER BOU CHAHINE - 'IL CONSULENTE RE' DI APRILE 2008
La cruda analisi del momento drammatico del Paese dei Cedri nelle parole di Roger Bou Chahine, già combattente delle Forze libanesi (cristiano-maronite), loro rappresentante in Italia e oggi direttore dell’Osservatorio geopolitico mediorientale di Roma – Gli appetiti della Siria che protegge Hezbollah (longa manus dell’Iran) – L’inefficienza dell’ONU che non riesce o non vuole disarmare Hezbollah– Il crescere dei gruppi terroristici – Come andò a Sabra e Chatila
Direttore, l’esistenza del Libano ha una giustificazione storica?
Sicuramente il Libano ha radici profonde nella storia e nella geografia. E’ nel Medio Oriente, ma è un po’ diverso rispetto ad altri Stati mediorientali. Sono sostanzialmente i maroniti ad aver spinto alla creazione di un Libano indipendente nel 1943: sunniti e sciiti c’erano, ma in posizione subalterna rispetto ai maroniti. Tra le religioni la convivenza per me era ‘finta’…
Ma il Libano non era considerato la “Svizzera del Medio Oriente”?
Svizzera sì, ma per la ricchezza, non per la convivenza di religioni diverse! Il Libano era diviso territorialmente tra cristiani, sunniti, drusi, sciiti. Tra di loro non c’era una grande comunicazione, un grande interscambio: ognuno viveva per sé. Da piccolo i miei genitori non mi hanno mai inculcato l’odio per gli altri. Quando è scoppiata la guerra, io mi sono trovato a combattere il nemico con il simbolo religioso sul fucile, con la croce, con
Lei ha combattuto nelle Forze libanesi?
Sì. Da studente simpatizzavo con loro. Poi sono entrato nei loro ranghi nel 1987. Ho combattuto… lottavamo per la nostra cristianità minacciata, per le nostre radici, la nostra patria… per proteggerci mettevamo sulle nostre armi il crocifisso,
Lei ha parlato di ‘finta convivenza’: però essa ha retto per diverso tempo…
Non poteva continuare così, perché tante erano le occasioni di scontro e tanti gli interessi esteri. Oggi sono diventato pessimista. Vedo nero in particolare da circa un anno, da quando sono incominciate le manovre per eleggere il nuovo presidente della Repubblica, dato che il mandato di Emile Lahoud scadeva il 24 novembre scorso. A dire il vero ero pessimista anche prima, in particolare da quando si è registrata l’alleanza di una parte dei cristiani con gli sciiti di Hezbollah: quanto di peggiore potesse accadere!
Per quali motivi?
Nel settembre 2004 il Consiglio di sicurezza dell’ONU ha approvato la risoluzione 1559, con la quale si chiedeva il ritiro di tutte le forze straniere in Libano e “lo smantellamento e il disarmo di tutte le milizie libanesi e non libanesi”. Le truppe siriane, circa 14mila uomini, se ne sono andate fisicamente entro l’aprile 2005. Noi speravamo che tale ritiro fosse seguito, proprio in forza della risoluzione dell’ONU, dal disarmo di Hezbollah e dei gruppi palestinesi. Invece… l’alleanza di una parte dei cristiani con Hezbollah, grande nemica di Israele e legata all’Iran anche tramite l’intermediario siriano, ha vanificato da una parte il disarmo sognato, dall’altra ha alimentato oggettivamente nuove tensioni, poiché ha rafforzato il gruppo militare islamico e i suoi protettori, accrescendo le paure e le reazioni anche militari di Israele. Sono convinto che la pace del Libano e di Israele sono legate indissolubilmente: se fossero concretizzate, il Libano sì che potrebbe prosperare, dato quanto potrebbe offrire da tanti punti di vista! Come pochi il popolo libanese sa vivere con allegria, sa prendere la vita come viene, sa dimenticare facilmente i torti subiti e si proietta volentieri verso il futuro.
Da chi dipende il destino del Libano?
Prima di tutto diciamo che
Ci spieghi…
Si può fare qualcosa di concreto per attenuare la tensione?
Certo l’invio nel 2006 delle truppe ONU non ha migliorato la situazione. La risoluzione 1701, che ha posto fine alla guerra in quell’anno tra Hezbollah e Israele, non è stata applicata. Bisogna chiedersi se le truppe dell’Unifil debbano proteggere un confine oppure un intero popolo. Perché, se proteggessero veramente un intero popolo, dovrebbero finalmente disarmare il cosiddetto “partito di Dio”. Invece a Hezbollah è stato concesso di riprendersi dopo i duri colpi infertigli da Israele; non bisogna dimenticare che Hezbollah ha più armi dell’esercito libanese! Nessuno, né l’ONU né gli europei, hanno la voglia e la forza di disarmare Hezbollah, rendendosi nemiche Siria e Iran!
Lei in questi mesi si sta occupando anche delle crescita di gruppi terroristici all’interno del Libano…
Un aspetto della situazione questo che è ancora più grave di quello costituito dalla presenza di Hezbollah. L’intervento dell’anno scorso dell’esercito libanese nel campo palestinese di Nahr al Bared ha permesso di frenare le attività del gruppo terroristico, salafita, legato ad al Qaeda che controllava il campo profughi. Però di gruppi salafiti ce ne sono altri, sempre più numerosi e diffusi, allevati in parte nei santuari tipici del terrorismo islamico e favoriti nell’ombra dalle centrali estere. Non è che il terrorista-tipo entri in Libano vestito da terrorista: cerca un punto d’appoggio nel territorio, magari si sposa, apre un negozio di artigianato o va al mercato a vendere frutta e verdura, mette radici, si crea un anello di protezione e sviluppa l’attività terroristica. Guardi un po’ quanti attentati, quanti morti negli ultimi tre anni in Libano!
Concludiamo con il massacro di Sabra e Chatila del 1982. Lei ci teneva a chiarire un atto dell’accaduto che Le sta molto a cuore, come sta a cuore a tanti cristiani maroniti libanesi…
Ogni libanese cristiano, ogni combattente nelle Forze libanesi, dopo quanto accaduto a Sabra e Chatila, si è sentito macchiato di un crimine, pur se la guerra con i suoi effetti nefasti era incominciata proprio a causa dei palestinesi. E’ accaduto, sotto gli occhi degli israeliani di Sharon, tra il 16 e il 18 settembre 1982, qualche giorno dopo l’assassinio del capo delle Forze libanesi Bachir Gemayel, che era stato eletto il 23 agosto presidente della Repubblica. Dopo l’uccisione di Bachir il 14 settembre per opera dei servizi segreti siriani, i responsabili delle Forze libanesi si riunirono d’urgenza per decidere che cosa fare: Elie Hobeika annunciò la rappresaglia contro i campi palestinesi di Sabra e Chatila, ma Michel Aoun e Samir Geagea la rifiutarono. Hobeika attaccò allora i campi con un gruppo di suoi combattenti. La spaccatura all’interno delle Forze libanesi fu drammatica e sanguinosa: la maggior parte aveva rifiutato l’attacco. Del resto Hobeika ebbe poi un comportamento strano: alleato di Israele durante l’attacco, si ritrovò qualche tempo dopo a Damasco a organizzare attentati contro le Forze libanesi. E morì a sua volta in un attentato nel 2002, dopo essere stato incriminato da un tribunale belga come responsabile materiale del massacro e forse prima di poter fare rivelazioni compromettenti sullo stesso.
C’è speranza per il Libano?
Penso piuttosto che potrebbe riscoppiare la guerra civile se il presidente della Repubblica fosse eletto a maggioranza semplice e non con i due terzi. Oppure se il generale Aoun abbandonasse l’alleanza con Hezbollah (e dunque