DDL ZAN/ MURGIA, MERLO, LA CAMPAGNA DI VANITY FAIR, CREPE A SINISTRA - di GIUSEPPE RUSCONI – www.rossoporpora.org – 18 aprile 2021
Martedì 20 aprile sarà deciso l’iter in Senato del disegno di legge Zan ‘ contro l’omotransfobia’. Prosegue il dibattito, molto acceso. Un’osservazione illuminante di Michela Murgia. Francesco Merlo continua a insultare i parlamentari contro il ddl. La rivista patinata Vanity Fair sulle barricate rosso-arcobaleno. Qualche dissenso nel centro-destra, crepe serie nel centro-sinistra.
Martedì 20 aprile 2021 l’Ufficio di presidenza della Commissione Giustizia del Senato dovrebbe discutere l’iter del disegno di legge Zan (e di altri quattro testi di argomento analogo), approvato alla Camera il 4 novembre 2020. Intanto prosegue l’acceso dibattito. La nota lobby (da non confondere con le singole persone omosessuali) intensifica la sua campagna senza risparmio di soldi, energie, falsità … e tuttavia deve incassare diverse brutte sorprese, non di poco conto, provenienti dallo schieramento di centro-sinistra. E’ vero però che anche nello schieramento avversario emergono alcuni dissensi, soprattutto nelle file del gruppo di Forza Italia in Senato.
Di seguito qualche spunto di conoscenza e riflessione.
MICHELA MURGIA: UNA DICHIARAZIONE ILLUMINANTE
Già in altre occasioni questo sito ha illustrato le gesta ‘gloriose’ di Michela Murgia, nota e servizievole ‘teologa’ barricadera (già animatrice di Azione Cattolica e insegnante di religione, categoria in cui si annidano talvolta alcuni tra i peggiori catto-fluidi). Il 6 aprile 2021, durante il talk-show “Dimartedì’ - condotto dal compiacente chierichetto Giovanni Floris – non è riuscita a trattenersi e ci ha regalato una perla preziosa a proposito degli obiettivi del ddl Zan: “La parte interessante del disegno di legge Zan è l’istituzione della Giornata contro l’omofobia, la transfobia, la bifobia ecc… cioè progetti di formazione nelle scuole che diventino curricolari . La Lega, Pillon, Fratelli d’Italia stanno impazzendo su questo passaggio (…) Il punto è incominciare a modificare la cultura nelle scuole”. Brava, bravissima la Murgia… così è tutto ancora più chiaro!
FRANCESCO MERLO: PERSEVERARE DIABOLICUM EST
Del noto Francesco Merlo - che tiene attualmente la rubrica delle lettere su Repubblica, prodotto cartaceo e online che è medaglia d’infamia nelle campagne di linciaggio mediatico – ci eravamo occupati recentemente (vedi https://www.rossoporpora.org/rubriche/italia/1008-vento-di-follia-il-merlo-di-repubblica-l-ulivo-di-battaglia.html ) quando aveva insultato con l’epiteto di vigliacchi i parlamentari contrari al ddl Zan. Ebbene il Merlo di Repubblica ci è ricascato. Infatti, nell’edizione di giovedì 15 aprile 2021 in apertura di pagina 25, rispondendo a un lettore a proposito dell’opposizione manifestata da Lega e Fratelli d’Italia, scrive: “Si vergognano di battersi a viso aperto e, da vigliacchi, fingono che la legge introduca il reato d’opinione”. Dopo aver citato una critica dell’ex-parlamentare Carlo Giovanardi (che insulta anche nell’edizione di oggi, domenica 18 aprile 2021), il Merlo conclude: “Ci sono energumeni che affidano alla parola la propria ferocia ed energumeni che la stessa ferocia affidano alla spranga”. Non sarebbe proprio il caso che il Merlo legga almeno una volta, studi, mediti, assimili (pur se gli è certo difficile… si faccia aiutare se è necessario da una badante di sostegno) le regole basilari della democrazia e si prenda mattina e sera per tre mesi una camomilla doppia?
VANITY FAIR: UNA CAMPAGNA PATINATA E MARTELLANTE (CON MUSSOLINI INCLUSA)
Vanity Fair è un settimanale patinato, che fa parte del Gruppo Condé Nast Italia, gruppo editoriale statunitense che pubblica tra l’altro anche altre riviste in come Vogue, GQ, AD.
Il numero 16/2021 del 21 aprile è assai particolare. Infatti la rivista patinata ha deciso – come emerge dall’editoriale – di “scendere in campo a favore del Ddl Zan”, definito truffaldinamente “il disegno di legge che tutela le persone contro l’odio verso gli omosessuali, i trans, le donne e i disabili”. Il ddl Zan, si legge, “è un’occasione fondamentale per l’Italia di educare al rispetto e alla libertà, e per diventare finalmente un Paese civile”. E anche per diventare finalmente “europeo”, aggiungiamo noi, perché il trombone di turno se l’è dimenticato.
Si prosegue nell’editoriale: “Alice Pagani, l’attrice che vedete in copertina, e molti altri personaggi famosi ci aiuteranno nei prossimi giorni in un’operazione di sensibilizzazione sui social per far approvare questa legge. Ovviamente l’invito è aperto a tutti voi: per aderire basta postare sui vostri profili un selfie con la scritta ‘DDL ZAN’ sulla mano”.
Detto, fatto. Da settimane “personaggi famosi” di indubbio, altissimo profilo -insomma la crème de la crème della civiltà italica – stanno cannoneggiando (non raramente con insulti feroci) i critici del Ddl Zan: pensate a giganti della cultura (espressa talvolta addirittura sul palco del Festival di Sanremo, specchio sublime dei tempi) come tali Fedez, Mahmood, Achille Lauro, Elodie, Levante.
Da pochi giorni all’illustre compagnia di giro si sono aggiunti i seguaci di Vanity Fair, forse ammaliati dallo sguardo tra magnetico, messianico e comunque inquietante esibito in copertina da tale Alice Pagani, giovane attrice nota nell’ambiente per essere stata co-protagonista (con Benedetta Porcaroli) di una serie per Netflix che, con l’abituale cinismo, ha sfruttato commercialmente la vicenda delle baby-squillo dei Parioli. L’ultimo film della Pagani è “Non mi uccidere” e lì l’attrice interpreta un’adolescente, Mirta, che si perde per amore, muore, si trasforma in una sorta di zombie e, per sopravvivere, deve cibarsi di carne umana. “Mirta ha i miei stessi demoni”, ha dichiarato alla presentazione del film la Pagani, che ha un bel gruzzolo di seguaci (followers) su Instagram ed è anche scesa in piazza col pugno chiuso per Black lives matter. Sul Ddl Zan ha dichiarato, nell’intervista all’interno di Vanity Fair: “Per la mia generazione la verità è libertà. Per noi l’omosessualità, la transessualità, la fluidità di genere non sono più un tabù. (…) Una legge che promuove il non giudizio, sull’orientamento sessuale questa volta, ma anche su come ci si veste, sull’aspetto, sulle scelte spirituali, è la base dell’educazione”. Insomma… come testimonial del Ddl Zan (liberticida e antropologicamente sovversivo) Alice Pagani sembra assai adeguata (anche per la sua conoscenza approfondita del testo, tipo quella del governatore frou frou del Veneto, Luca Zaia, che – con grande disinvoltura - si è detto favorevole alla proposta, pur ammettendo di non averla letta)!
Tra coloro che hanno risposto subito all’invito di Vanity Fair a mostrare la mano con la scritta Ddl Zan troviamo nomi noti e attesi, visti i pregressi: Jo Squillo, Rocco Siffredi, Patty Pravo, Loredana Bertè e Maria Grazia Cucinotta. E anche Martina Colombari, Cristina Parodi, il sindaco di Milano Beppe Sala, addirittura l’ex-chierichetta Francesca Fialdini (presentatrice dello Zecchino d’oro, già a Radio Vaticana e conduttrice di “A sua immagine”).
Non è finita: perfino Alessandra Mussolini, attrice ed ex-parlamentare, ha aderito alla campagna di Vanity Fair. Sempre sospesa tra il Nonno Pride e il politicamente corretto (per far dimenticare il nonno), la Nipotissima stavolta ha scritto con impeto partenopeo su Instagram: “Subito la legge… mai più discriminazioni!!!!”. Le ha risposto giustamente Lucio Malan, vicepresidente vicario del Gruppo di Forza Italia al Senato: “Quali discriminazioni ci sono oggi per gli omosessual? Me lo spieghi, Alessandra?”
Per tornare al numero del 21 aprile di Vanity Fair, detto della copertina e dell’editoriale, si noterà l’insistenza sul tema nelle pagine interne. Dapprima le sette pagine dedicate all’inquietante testimonial Alice Pagani. Poi l’intervista, dal titolo truffaldino “Primo: non odiare” a Alessandro Zan, che liquida sprezzantemente l’opposizione di molte femministe al suo testo (vedi in questo articolo, più oltre): “Credo che siano tre persone a pensarla così in tutta Italia”. Segue, per salvare le apparenze, un’intervista comunque faziosetta al senatore leghista Simone Pillon, così presentato nell’occhiello: “Il più acerrimo nemico del ddl Zan, il leghista Simone Pillon, vede nella legge il primo passo di un esperimento di ingegneria sociale mirato a istituzionalizzare la cultura gender e a distruggere la famiglia tradizionale”. A proposito del disegno di legge Zan, Pillon evidenzia che “si completerà l’indottrinamento gender nelle scuole. Si insegnerà che ognuno può sentirsi uomo o donna, o altro, in base a come si sveglia la mattina. E che tutto è famiglia: due uomini, tre donne, cinque uomini… Se tutto è famiglia, niente è più famiglia. Creeremo una società di individui soli, in cui i bambini nasceranno con gli uteri in affitto e cresceranno con il Genitore 1 e il Genitore 2”.
Altre sette pagine sono occupate dalle interviste con quattro giovani influencer che si occupano “di diritti e di minoranze”: tali Huda Lahoual, Salah El Ayoubi, Rocco Toniolo, Leonardo Santuari… e naturalmente è un trionfo per il Ddl Zan, “necessario”. Seguono quattro pagine di intervista con tale Ariete, che a diciannove anni “è orgogliosamente trasparente”. Tanto che “tra le adolescenti il suo nome è diventato un codice per fare coming out”. Ecc…ecc… Vanity Fair? Un attentato continuo – molto insidioso per adolescenti e giovani – all’identità della persona; un contributo cinico al suo indebolimento, con tutti i guasti psichici conseguenti; un’irresponsabilità prezzolata che provoca danni umani gravissimi di cui nessun direttore responsabile di rivista patinata pagherà mai il conto.
QUALCHE CREPA NEL CENTRO-DESTRA (SPECIE IN FORZA ITALIA)
Sarà come detto martedì 20 aprile che l’Ufficio di presidenza della Commissione Giustizia del Senato discuterà la calendarizzazione (più volte rinviata grazie all’opposizione dello schieramento di centro-destra) del ddl Zan, insieme con quattro altri di argomento analogo, Intanto però si è aperta qualche crepa nello stesso centro-destra. Oltre al già citato governatore leghista Luca Zaia, è nel gruppo al Senato di Forza Italia che emergono (come già alla Camera) alcuni dissensi. La senatrice frou frou Gabriella Giammanco e la collega Barbara Masini hanno già annunciato il loro sì alla proposta di legge. Così anche per la presidente del gruppo, Anna Maria Bernini, nota per il suo entusiasmo verso l’esibizione di tale Achille Lauro, ‘artista’ trasgressivo (“Sarò sessualmente tutto, geneticamente niente. Sarò esagerazione, teatralità, disinibizione”, ha dichiarato) sul palco di Sanremo 2020: “Viva Achille Lauro, Viva l’arte, Viva la libertà! Me ne frego della tutina glitterata, tra il merito e il bigottismo della nostra società io so chiaramente da che parte stare”. Da notare che nel 2021 Achille Laura si è ripetuto (addirittura in peggio, vergognosamente blasfemo con il supporto dei conduttori della Rai) sullo stesso palco.
CREPE SERIE NEL CENTRO-SINISTRA
E’ però a sinistra che emergono smottamenti di dimensioni rilevanti (checché ne pensi l’arrogante Zan, vedi sopra), oltre a quelli di Marco Rizzo (già deputato ed eurodeputato, segretario generale del Partito comunista italiano, piccola compagine di estrema sinistra) e di parte dei Verdi. Infatti 17 associazioni dell’area femminista e del lesbismo hanno duramente criticato il ddl Zan: “La formula identità di genere, al centro del ddl Zan, ha un grave impatto sulla vita delle donne. In tutto il mondo l’ identità di genere viene oggi brandita come un’arma contro le donne. (…) Chi dice che una donna è un adulto umano di sesso femminile viene violentemente messo a tacere. (…) L’espressione’ identità di genere’ non è ammissibile”.
Non solo. Circa duecento esponenti e simpatizzanti di area Pd e Italia Viva hanno lanciato un appello perché il ddl Zan sia profondamente emendato: tra loro la regista Cristina Comencini, il filosofo Giuseppe Vacca, la storica Emma Fattorini, l’ex-europarlamentare, deputata, sottosegretaria Silvia Costa, l’ex-presidente di Arcigay Aurelio Mancuso, un ex-sindacalista come Giorgio Benvenuto. Sentite che scrivono: “Con amarezza rileviamo che questo disegno di legge si è trasformato in un manifesto ideologico, che rischia di mettere in secondo piano l’obiettivo principale e di ridurre pesantemente diritti e interessi delle donne e la libertà di espressione. (…) Una legge attesa da decenni è stata, quindi, trasformata in una proposta pasticciata, incerta sul tema della libertà d’espressione, offensiva perché introduce l’identità di genere, termine divenuto il programma politico di chi intende cancellare la differenza sessuale per accreditare una indistinzione dei generi. Un articolato che mischia questioni assai diverse fra loro e introduce una confusione antropologica che preoccupa”. Tra le conseguenze “la propaganda di parte nelle scuole, a favore della maternità surrogata e l’esclusione di ogni visione plurale nei modelli educativi”.
Chissà se il nuovo segretario del Pd Enrico Letta, riapparso da Parigi in vesti sessantottine, ha trovato qualche minuto di tempo per leggere e meditare l’appello di parte dei suoi… per il momento pare di no: ancora immerso nell’atmosfera parigina della gauche au caviar, non ha ritenuto di scendere dalle nuove barricate liberticide rosso-arcobaleno. Rinsavirà?