INTERVISTA A FEDERICO CARLI: GUIDO, IL NONNO BANCOR – di GIUSEPPE RUSCONI – www.rossoporpora.org – 3 febbraio 2023
In un’ampia intervista Federico Carli tratteggia, fondandosi anche sulla sua esperienza di nipote, un ritratto di nonno Guido (1914-1993), governatore della Banca d’Italia, presidente di Confindustria, senatore e ministro del Tesoro. Rievoca poi la stagione di Bancor (che ha dato origine anche al Premio omonimo) e illustra obiettivi, attività, sviluppo dell’Associazione Guido Carli, da lui presieduta a partire dal 2016.
Chi era Guido Carli (1914-1993)? Figura eminente dell’Italia della ricostruzione e della Prima Repubblica, fu Governatore della Banca d’Italia (1960-75), presidente di Confindustria (1976-1980, in tale veste guidò il processo di trasformazione dell’Università Pro Deo in Luiss), senatore (eletto con la DC da indipendente, 1983-1991, Ministro del Tesoro (1989-1992, come tale prese parte ai negoziati per il Trattato di Maastricht e lo firmò). Abbiamo chiesto al nipote, Federico Carli – nato nel 1973, docente universitario (oggi presso la Guglielmo Marconi e presso l’Università europea di Roma), economista e manager – di evocare dapprima i suoi rapporti con il nonno (di cui ha curato per Bollati Boringhieri l’Opera omnia) tratteggiandone la personalità. Poi di illustrarci l’attività dell’Associazione Guido Carli (fondata nel 2003), cui – da presidente a partire dal 2016 – sta dando grande slancio in ambito nazionale (vedi ad esempio l’assegnazione del Premio Bancor il 24 novembre 2022).
Professor Carli, Lei presiede da quasi sette anni un’associazione nel cui nome si richiama Suo nonno Guido, appunto l’Associazione Guido Carli (ACG). Quando è stata fondata e da chi?
L’ACG nasce nel 2003 a Milano, nel decennale della scomparsa di Guido Carli per volontà di un gruppo di persone che lo avevano frequentato nell’ultima fase della sua vita. Si deve ricordare che nel 1983 la DC aveva proposto all’ex-Governatore della Banca d’Italia di candidarsi come indipendente nelle proprie liste. Carli accettò e gli venne assegnato il Collegio di Milano 1, in cui fu eletto. Da persona seria quale egli era iniziò a frequentare stabilmente il capoluogo lombardo, conoscendo un gruppo di persone legate alla DC, negli ambiti universitari, imprenditoriali, bancari e creditizi. Per le elezioni politiche successive, del 1987, la DC gli riservò il collegio di Brescia, che da quel momento prese pure a frequentare. Non è dunque un caso che l’ACG nasca per iniziativa di un gruppo di milanesi e di bresciani.
Quali gli obiettivi principali dell’Associazione?
L’ACG si proponeva e si propone di ricordare la figura di Guido Carli, stimolando un dibattito alto sui temi dell’attualità nel solco del suo pensiero e della sua azione. Rievocandolo certo storicamente, ma poi affrontando le sfide dell’oggi con il suo spirito e il suo metodo.
Lei è nipote di Guido Carli, è nato nel 1973 e dunque ha conosciuto personalmente il nonno per un paio di decenni…
Ho avuto con lui un rapporto come accade normalmente tra nipote e nonno, per quanto importante. Nei miei primi due anni di età il nonno era Governatore della Banca d’Italia, poi lui divenne presidente di Confindustria. Di quest’ultimo periodo ricordo soprattutto le estati a Grottaferrata, una casa in cui il nonno passava molto tempo. Me lo rammento mentre leggeva i giornali in giardino, poi quando discuteva seduto al tavolo lungo e stretto, rivestito di sughero. Crescendo, il rapporto si è intensificato, ma non era quotidiano. Nell’ultima fase della sua vita il rapporto è stato sicuramente più intenso. Io frequentavo gli ultimi anni di Liceo, poi l’Università e nel 1989 – avevo sedici anni – il nonno, su volontà di Andreotti, venne chiamato a fare il ministro del Tesoro. Da ministro me lo ricordo particolarmente affaticato…
GUIDO CARLI, MINISTRO DEL TESORO
Si narra di un aneddoto a tale proposito…
Un giorno del 1989 Andreotti lo invitò nel suo ufficio a Piazza San Lorenzo in Lucina e gli propose l’incarico di ministro del Tesoro. Il nonno tendeva a declinare l’offerta, adducendo anche motivi di salute … infatti aveva un non lieve problema respiratorio. Andreotti allora osservò: “Dottor Carli, le sto chiedendo di fare il ministro, non la maratona di New York. Quindi Lei dovrebbe accettare perché il periodo lo richiede”. Ricordo qui che tra i compiti del neo-ministro c’era un argomento pesante come il negoziato per il trattato di Maastricht…
Da ministro, Guido Carli trovava il tempo di tornare alla casa romana di via Alberico II?
Tutti i giorni, sempre un po’ stanco per l’insufficienza polmonare, veniva a colazione da via XX Settembre. Arrivava con la scorta, che non avrebbe voluto: riuscì solo a evitare che usassero i lampeggianti. Dopo il pranzo faceva una brevissima pennichella prima di rientrare in ufficio. In quel periodo ho potuto conoscerlo bene, a fondo, anche perché ero già interessato per l’economia e quindi seguivo attentamente i suoi discorsi a tavola.
FAMIGLIA CARLI E FAMIGLIA MONTINI
Qualche suo tratto caratteristico?
E’ già stato notato che era una persona sostanzialmente timida che mascherava - questo lo ha ricordato in un articolo Eugenio Scalfari - dietro un decisionismo piuttosto ostentato. Era una persona animata da forti passioni, quella civile per l’Italia in primo luogo, che si integrava con una solida visione internazionale. Il suo riferimento più alto era la politica nel solco del pensiero liberale italiano e anche di papa Montini…
…il bresciano papa Montini…
Certo, bresciano e amico di famiglia…
Come mai?
Il mio bisnonno Filippo (1876-1938), economista e sociologo di vaglia, originario di Comacchio, era sempre più chiamato per attività professionali fuori dal Ferrarese. Divenne così anche segretario generale della Camera di Commercio di Brescia. Il figlio Guido nacque proprio a Brescia nel 1914. A Brescia il bisnonno entrò in amicizia con la famiglia Montini, di cui era parte anche il futuro papa Giovanni Battista, nato nel 1897 e figlio di Giorgio (per un lungo periodo direttore del giornale cattolico di Brescia, poi deputato per il partito popolare di don Sturzo). Non c’è da stupirsi dunque che mio padre Andrea sia stato battezzato da Giovanni Battista Montini a Roma nel 1941, quand’era già Sostituto segretario di Stato vaticano.
GUIDO CARLI CREDENTE?
Restiamo nell’ambito religioso: Guido Carli era un credente?
Il dato politico è questo: Guido Carli è stato un fecondo punto di sintesi tra pensiero liberale e pensiero cristiano-democratico. Nel 1936 si era laureato in Giurisprudenza a Padova, studiando anche economia con Marco Fanno, un docente ebreo che fu costretto a lasciare l’Università nel 1938 a causa delle leggi razziali. Penso che nonno non abbia voluto proseguire la carriera universitaria proprio per quanto accaduto. In quello stesso anno presentato - si noti - da mons. Montini, entrò nell’Iri, collaborando strettamente con Sergio Paronetto, economista cattolico di vaglia, esponente della Federazione Universitari Cattolici Italiani (Fuci) e poi mente economica di Alcide De Gasperi. Da subito dunque Guido Carli frequentò il pensiero politico ed economico cristiano democratico.
Ma si sentiva cattolico?
Ho avuto la fortuna di trattenermi in diverse occasioni con Francesco Cossiga, che lo conosceva bene. In una mia intervista apparsa per Bollati Boringhieri, Cossiga ricorda che Guido Carli è stato educato cattolicamente da un padre economista corporativista cattolico, amico di papa Montini. Sicuramente l’aria che si respirava in famiglia era contigua al mondo cattolico. Certo nonno frequentava di più il mondo laico. Per questo nel 1983 destò grande sorpresa la sua candidatura da indipendente con la DC e non con il Partito Repubblicano, in cui c’erano tanti suoi amici. Ho avuto la fortuna di recuperare alcune sue carte dell’ultima fase di vita: per quel che posso evincere, mi sembra che in quegli anni si fosse riavvicinato al cattolicesimo e si confidasse con un sacerdote.
Ha mai praticato?
Non andava a messa la domenica, però ritengo che una sensibilità cattolica l’abbia avuta. Non so altro, anche se non escludo che nell’ultimissima fase della sua vita abbia anche in qualche modo praticato.
LA STAGIONE DI BANCOR CON EUGENIO SCALFARI
Nelle risposte ha citato Andreotti, Cossiga e Scalfari. A quest’ultimo proposito il nome “Scalfari” rimanda anche a una sigla: Bancor. Forse qualche lettore saprà che il 24 novembre, nella cornice sfarzosa di palazzo Doria Pamphili a Roma, l’Associazione Guido Carli (con il patrocinio di Banca Ifis) ha attribuito il primo Premio Bancor a Lord Mervyn King, già Governatore della Banca d’Inghilterra… Insomma… ci spieghi questa sigla un po’ misteriosa per i non addetti…
Bancor è il termine coniato dalla mente fervida dell’economista John Maynard Keynes nel 1944, in occasione degli accordi di Bretton Woods, dove erano riuniti i rappresentanti dei principali Paesi del mondo per studiare come rimettere in moto l’economia mondiale dopo gli orrori bellici. Bancor era il prodotto del sogno monetario di Keynes, una valuta sovranazionale che doveva essere uno strumento di compensazione monetaria che accompagnasse il rifiorire dei commerci mondiali. Una valuta gestita dalla razionalità degli uomini, non dalla quantità di oro ricavato dalle miniere sudafricane e di altri Paesi produttori. E che evitasse alla comunità internazionale di dipendere dall’andamento della bilancia commerciale degli Stati Uniti. Il sogno di Bancor non fu concretizzato e tuttavia la sua filosofia contrassegnò gli Anni Cinquanta, con il ritorno alla cooperazione tra vari Paesi.
Ma allora che c’entrano con Bancor Eugenio Scalfari e Guido Carli?
Bancor era anche lo pseudonimo utilizzato da Guido Carli, allora Governatore della Banca d’Italia, per esprimere sui giornali il proprio pensiero in economia e in politica. Se mio nonno era di una assoluta fedeltà alle istituzioni, tuttavia riteneva di potersi e doversi esprimere liberamente – non come Governatore della Banca d’Italia – su temi soprattutto economici. Ed è qui che entra in campo Eugenio Scalfari, che dal 1971 al 1973 ospitò su L’Espresso una serie di articoli a firma Bancor, frutto di conversazioni tra lo stesso Scalfari e mio nonno… I contenuti di mio nonno erano rielaborati giornalisticamente da Scalfari…
Come è ben noto, Scalfari non utilizzava il registratore …
No, registrava nella sua mente, tornava in redazione e poi scriveva un articolo. Guido Carli non rileggeva gli articoli prima della pubblicazione e quindi è possibile che talvolta Scalfari non abbia colto alla perfezione il pensiero del suo interlocutore…
Anche questa non ci giunge nuova, a proposito di un altro illustre interlocutore dello stesso Scalfari … (vedi https://www.rossoporpora.org/rubriche/papa-francesco/308-scalfari-ho-attribuito-al-papa-alcune-cose-non-dette.html )
(ride) Tornando a mio nonno, egli si riteneva un conservatore illuminato e in quanto tale aveva deciso di provare un’esperienza straordinaria nelle vesti di Bancor. Onorando anche i media: allora la Banca d’Italia era un potere vero, un potere forte e non temeva la divergenza dei punti di vista e dunque anche una stampa graffiante come quella rappresentata da L’Espresso. Oggi purtroppo noto con dispiacere il conformismo di molti media italiani, segno sia di una debolezza delle nostre istituzioni che temono la critica sia dell’asservimento di un’ampia componente del nostro giornalismo. L’insegnamento di Guido Carli dimostra invece come istituzioni veramente democratiche e una stampa libera siano indispensabili per orientare la società lungo il sentiero del progresso.
AGC: INTERLOCUZIONE CON LE FORZE VIVE DELLA SOCIETA’
L’Associazione Guido Carli ha collaborato sia alla stesura del Manifesto dei conservatori presentato nel 2021 a palazzo Wedekind che al convegno di settembre scorso alla Sala Umberto posto sotto il motto “Liberiamo la cultura”. Me la ricordo sul palco con Francesco Giubilei… Sia il Manifesto che “Liberiamo la cultura” non esprimono solo un pensiero di carattere economico ma qualcosa di molto più ampio, a tutto campo…
La nostra società italiana viene da tre decenni di declino che poi sono divenuti – è una constatazione – decadenza. In campo economico certo, e non solo. Ad esempio se riandiamo alla vivacità culturale di quarant’anni fa, non c’è paragone con la situazione odierna; c’è non solo da rattristarsi, ma da preoccuparsi. La nostra Associazione, muovendosi nel solco tracciato da Guido Carli, sente il dovere di esprimere liberamente alcune sollecitazioni su temi che oltrepassino l’ambito economico-finanziario. Al momento abbiamo creato una quindicina di tavoli di lavoro, che spaziano dagli investimenti pubblici alla finanza pubblica, dalle politiche dell’Unione europea alla cultura, dalla cura delle aree metropolitane e di quelle periferiche allo sport. E non dimentichiamo certo l’istruzione e l’innovazione tecnologica. Attorno al tavolo persone esperte che cercano di concretizzare quello che voleva Guido Carli: confrontarsi in maniera aperta e libera con punti di vista differenti su temi fondamentali, con l’obiettivo a volte di porre alcune questioni e altre volte di formulare vere e proprie proposte.
Chi sono i vostri interlocutori?
Cerchiamo di arrivare in maniera diretta all’opinione pubblica. Mi sono richiamato molte volte a Aldo Moro, che in un famoso discorso del 21 dicembre 1975 a Bari evocava le forze emergenti e vive della società che avevano permesso l’affermarsi di un’Italia nuova dopo il ventennio fascista.
Ho fatto mia questa suggestione. I nostri interlocutori sono le forze vive del Paese che ancora permangono, sebbene sempre più soffocate dalla cattiva pianta parassitaria che sta togliendo loro ossigeno. La nostra presenza si incomincia a notare attraverso i media e gli incontri con diverse categorie professionali. Altri interlocutori sono a livello europeo e nazionale…
A quanto si legge, l’Associazione ha sempre più interlocutori anche a livello locale…
E’ uno sviluppo recente. Fino al 2016, quando venni chiamato a fare il presidente dell’Associazione, eravamo solo in Lombardia, arroccati nella sede storica e legale di Milano. Ho subito proposto di diventare un’associazione nazionale sia perché per capire il nostro Paese occorre essere presenti nel suo territorio molto variegato per storia e cultura sia perché le forze vive agiscono sull’intero territorio. La nostra ambizione è di intercettarle, creando una rete di professionisti che abbiano un luogo di riflessione comune. Per questo motivo dal 2016 abbiamo aperto nuove sedi a Genova, Ferrara, Roma, Bari, Cosenza. A breve toccherà all’Abruzzo e poi a Napoli, al Veneto. L’obiettivo è di avere una sede in ogni regione italiana entro il 2025. C’è anche l’idea di mettere qualche antenna all’estero, in particolare a Bruxelles.
L’ARCHIVIO GUIDO CARLI
Ferrara è una scelta legata anche all’archivio di Guido Carli..
Sì, è stata scelta perché è il territorio da cui trae origine la famiglia Carli… non è la principale dell’Emilia Romagna ma con essa il legame storico è molto forte. E a marzo del 2022, quando abbiamo inaugurato la sede, molto bella, di palazzo Crema, abbiamo presentato anche l’archivio digitale di Guido Carli con gli oltre 1200 scritti, dal 1936 (tesi di laurea) fino a quelli pubblicati postumi negli anni Novanta. Guido Carli aveva scritto moltissimo in vita: l’archivio è oggettivamente importante ed è nostra intenzione proporre una riflessione sul tema qui a Roma, in quel Senato di cui Guido Carli è stato membro di rilievo.
Per quanto riguarda le lettere?
C’è poco. Una parte è custodita dalla famiglia. Una parte in Banca d’Italia e per il momento non riteniamo di fare un lavoro su questo materiale. Possiamo pensare semmai a qualcosa di circostanziato. Ad esempio, quando è nato il governo Draghi, per pura coincidenza mi è capitata tra le mani la lettera che Guido Carli scrisse nel 1991 a Giulio Andreotti, raccomandando un giovane economista, Mario Draghi, che lavorava alla Banca mondiale, per la successione del direttore generale del Tesoro Mario Sarcinelli. L’ha pubblicata per l’occasione Panorama.
VALORIZZAZIONE DEI GIOVANI
A proposito di Mario Draghi, giovane economista: qual è il rapporto dell’Associazione Guido Carli con i giovani?
E’ noto che Guido Carli ha de facto trasformato la Banca d’Italia in una fucina della classe dirigente nazionale, un po’ sul tipo della celebre ENA francese. Era sua abitudine ad esempio invitare un giovane quand’era a colazione con personalità eminenti dell’economia. Durante il pranzo il giovane era naturalmente intimidito e tuttavia sempre mio nonno gli chiedeva un parere su quanto aveva ascoltato. Occorre dare ai giovani un buon esempio, fare da testimoni insomma e poi dare loro un’opportunità di dimostrare autonomamente il loro valore. Anch’io nel mio piccolo cerco di farlo, seguendo il buon esempio del nonno. E così l’esperienza avuta fin qui mi offre la possibilità di essere assai fiducioso, nonostante tutto, nel futuro della nostra società.
E su questa nota di ottimismo – non così scontata – lasciamo Federico Carli ai suoi tanti incontri di giornata.