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    DENATALITA' - GIULIO CESARE: NORDIO, CARACCIOLO - ARMENIA: RENATO FARINA

    DENATALITA’ - GIULIO CESARE: NORDIO, CARACCIOLO – ARMENIA: RENATO FARINA -  di GIUSEPPE RUSCONI – www.rossoporpora.org – 9 maggio 2023

    Un convegno sul tema della denatalità promosso dal Cortile dei Gentili e dall’Ambasciata d’Italia presso la Santa Sede – Carlo Nordio (Memoria degli ‘anni di piombo’ e impegno odierno) e Lucio Caracciolo (guerra in Ucraina, sfida Cina-Stati Uniti) al Liceo Giulio Cesare di Roma – La Medaglia della Gratitudine armena a Renato Farina.

     

    DENATALITA’/ IL CORTILE DEI GENTILI ALL’AMBASCIATA D’ITALIA PRESSO LA SANTA SEDE – GIOVANI: RINVIO DELLA SCELTA, PAURA DELLA RESPONSABILITA’ CHE COMPORTA L’ESSERE PADRI E MADRI:

    Una premessa che ci sembra stimolante. E’ tratta da un’intervista che il cardinale Angelo Bagnasco, arcivescovo emerito di Genova e già presidente della Cei e del Consiglio delle conferenze episcopali europee (CCEE) ha rilasciato a La Verità, con pubblicazione sul numero del 20 aprile 2023: L’inverno demografico è sotto gli occhi di tutti, tranne di chi predica che siamo troppi e che la Terra si sta tragicamente esaurendo. Non credo a questa narrazione. Penso che siano in atto interessi giganteschi a favore di élites sempre più ristrette: interessi di profitto e di potere. Perché, ad esempio, non si fertilizzano i deserti? Perché non si semplifica la desalinizzazione del mare? Gli esperti dicono che è possibile. Per quanto riguarda la diminuzione demografica si invocano da decenni politiche familiari vere e incisive, che non diano da una parte e tolgano dall’altra. Ma ciò non basta in certe parti del mondo: dove il livello di vita si è elevato, sono diminuiti i figli. Qui entrano motivazione spirituali e culturali. I figli sono un bene, una grazia per tutti anche se necessariamente pongono dei limiti, ma sono limiti d’amore”.

    Incontro ricco di spunti interessanti quello promosso giovedì 27 aprile 2023 dall’Ambasciata d’Italia presso la Santa Sede e dal ‘Cortile dei Gentili’. Quest’ultimo come noto è la concretizzazione di un’iniziativa nata negli anni di Benedetto XVI, ideata dal cardinale Gianfranco Ravasi come “luogo d’incontro tra credenti e non credenti sulle sfide che interessano la società moderna”; dal 2011 si avvale del sostegno dell’omonima Fondazione presieduta da Giuliano Amato.

    Il tema proposto stavolta – quanto mai attuale, purtroppo - era quello di “denatalità e cultura della generatività – Contro l’inverno demografico”, cui il ‘Cortile dei Gentili’ ha dedicato un approfondimento non banale, contenuto in una sorta di manifesto, da cui ha preso avvio il confronto a Palazzo Borromeo.

    A proporre le loro riflessioni, dopo il saluto dell’ambasciatore Francesco Di Nitto, il già citato presidente emerito del Pontificio Consiglio della Cultura, i membri della consulta scientifica del ‘Cortile’ Emma Fattorini e Eugenio Mazzarella, il demografo Alessandro Rosina e, in chiusura, l’ex-presidente del Consiglio dei Ministri della Repubblica italiana nel 1992-93 Giuliano Amato (ci limitiamo a ricordare quell’incarico, sebbene non abbia mai conosciuto periodi di astinenza a tal proposito).

    Nel suo intervento di apertura il card. Ravasi ha evocato uno dei suoi salmi preferiti, il 127, molto famoso, che così recita inizialmente: “Se il Signore non costruisce la casa, invano si affaticano i costruttori (…) Ecco, eredità del Signore sono i figli, è sua ricompensa il frutto del grembo”. Nel testo, ha evidenziato il biblista, si evidenzia il legame tra i termini ebraici banah (costruire) e ben (figlio): ben deriva da banah …è la  casa il luogo in cui cresce il figlio.

    Quanto è freddo l’inverno demografico? Quali i suoi effetti? si è chiesto Alessandro Rosina. Le risposte non sono certo incoraggianti e segnalano che per la prima volta nella storia dell’umanità si è rotta (o perlomeno molto incrinata) la catena del rinnovo generazionale, frutto di una fecondità naturale. Per un equilibrio demografico sarebbe necessario che il tasso di natalità fosse di poco superiore a due figli per donna. Il fatto è che tutti i Paesi più ‘avanzati’ nel processo di transizione demografica (in cui il numero dei figli diminuisce sempre più) sono oggi al di sotto di quella quota, anche la Francia. Ci sono Paesi che stanno investendo per invertire la tendenza, come la stessa Francia, la Svezia, l’Ungheria e in genere quelli dell’est europeo. Spagna e Italia sono ormai sotto quota 1,5 e nel Belpaese le nascite sono  scese sotto le 400mila annue.

    Come contrastare la denatalità? Qui citiamo Emma Fattorini che ha illustrato le due strategie principali a livello europeo: quella “più congiunturale ed emergenziale” (vedi Ungheria, con remunerazione della natalità) e quella “più strutturale” , perseguita in particolare da Francia e Germania attraverso gli incentivi di natalità da parte delle aziende, la costruzione di asili nido, l’ampliamento dei congedi parentali, l’assegno unico universale a partire dal settimo mese di gravidanza. Per Fattorini l’Italia si colloca tra l’una e l’altra strategia, pur se l’attuale governo sembra puntare maggiormente sulla prima, che –come è noto – sta dando buoni risultati riconosciuti anche da papa Francesco nel suo recente viaggio apostolico in Ungheria.

    Torniamo a Rosina, che ha esposto alcune riflessioni sulle cause del crollo demografico. Certamente viviamo oggi un cambiamento antropologico epocale, che coinvolge “il senso e il valore di avere un figlio, scelta questa non più tanto scontata”. Se è vero che, anche secondo studi recenti (vedi ad esempio le indagini dell’Istituto Toniolo) larga parte dei giovani italiani continua a desiderare di avere figli, è pur vero tuttavia che l’incertezza esistenziale da cui è caratterizzata la nostra società spinge gli stessi giovani a posticipare quella che appare una scelta fondamentale e irreversibile. Nelle contingenze attuali la scelta prevalente è dunque quella di non avere figli, in attesa di tempi migliori, di cambiamenti in positivo della propria condizione. L’attesa tuttavia tende a prolungarsi… rinvia oggi, rinvia domani… si raggiungono i 40-45 anni e ancora non si è scelto. Il che equivale de facto a dire: niente figli. E qui irrompe la domanda fondamentale per la nostra epoca: come aiutare le nuove generazioni a reinterpretare positivamente la scelta della maternità?

    Un compito ritenuto improbo da Eugenio Mazzarella, per il quale sta dilagando una “svalutazione ideologica della femminilità generativa” tanto che si delinea con contorni sempre più chiari un “orizzonte della rinuncia generativa”.

    Giuliano Amato ha invece evidenziato un altro aspetto fondamentale della questione: può darsi che si rinunci a fare figli anche in presenza di politiche favorevoli alla natalità. Il motivo? Non ci si sente più di assumere la responsabilità di essere padri e madri. Stiamo forse andando verso un mondo occidentale di vecchi, senza più figli e nipoti? E’ una domanda cruciale e nel contempo inquietante, drammatica, che al momento non trova risposta.

    Sul tema segnaliamo infine con piacere la terza edizione degli “Stati generali della natalità” (presenti tra gli altri papa Francesco e Giorgia Meloni), che si svolgerà a Roma giovedì 11 e venerdì 12 maggio 2023 presso l’Auditorium di via della Conciliazione e la Marcia nazionale per la vita (“Scegliamo la vita”) che si snoderà, sempre a Roma, sabato 20 maggio 2023 con partenza da Piazza della Repubblica alle 14.00 con arrivo a Piazza San Giovanni. E’ promossa da “ProVita&Famiglia” (il cui sito da giorni è sottoposti a violenti attacchi da parte di odiatori) con la collaborazione di quasi 120 associazioni impegnate sui valori non negoziabili.

     

    LICEO GIULIO CESARE: ASCOLTANDO CARLO NORDIO E LUCIO CARACCIOLO

    Gli studenti (in particolare degli ultimi anni) del Liceo classico Giulio Cesare di Roma hanno avuto l’occasione di vivere nei giorni scorsi momenti di riflessione civile incontrando il 3 maggio il ministro della Giustizia Carlo Nordio e l’8 maggio il giornalista Lucio Caracciolo, voce autorevole nell’ambito della geopolitica. A giudicare dall’attenzione degli studenti e dalle domande poste alla fine delle due relazioni sembra di poter dire che non è stato tempo perso; al contrario prezioso anche in vista dell’esame di maturità.

    . CARLO NORDIO SU “MEMORIA E IMPEGNO NEL RICORDO DELLE VITTIME DEL TERRORISMO”

    Non capita tutti i giorni che un ministro, tra i più importanti, si voglia ritagliare un’ora di tempo per una riflessione con un gruppo di studenti su una tema sempre  assai delicato, quello del ricordo di quanto successe in Italia negli ‘anni di piombo’ (Settanta-Ottanta) così da trarne indicazioni anche per il presente e il futuro.

    L’incontro con Carlo Nordio è stato organizzato dalla Fondazione intitolata a Vittorio Occorsio (magistrato ucciso nel 1976 dai terroristi ‘neri’ di ‘Ordine Nuovo’, su cui stava indagando) e si è tenuto al Liceo Giulio Cesare, di cui lo stesso Occorsio è stato allievo. Una circostanza che il nipote Vittorio Occorsio ha evidenziato, riandando ai tempi in cui la violenza politica aveva lambito in modo drammatico lo stesso istituto (come del resto altri soprattutto a Roma e Milano).

    Anni drammatici rievocati anche dal moderatore Massimo Martinelli, direttore de Il Messaggero e figlio di uno dei maggiori cronisti giudiziari del tempo, Roberto Martinelli, che per ragioni professionali aveva familiarità con il giudice ucciso.

    Al ministro ha rivolto un saluto il dirigente scolastico Paola Senesi, che ha osservato come gli attentati terroristici degli Anni Settanta-Ottanta fossero “frutto della follia ideologica e nel contempo sovversiva di estremisti di sinistra (ad esempio le Brigate Rosse) e di destra (ad esempio Ordine Nuovo), che però godevano anche su simpatie malcelate in frange intellettuali intimamente rivoluzionarie”.

    Carlo Nordio ha dapprima esortato i giovani che gremivano l’Aula Magna allo studio della storia e della filosofia, portatrici di “valori eterni”. Ha ricordato poi la propria esperienza di giovane giudice in prima linea contro il terrorismo (smantellò la colonna veneta delle Brigate Rosse), sottolineando che resta “motivo di orgoglio aver sconfitto il terrorismo senza introdurre leggi speciali, né tribunali speciali, ma con le regole in vigore e con tutte le garanzie per gli imputati”. Infatti “i processi che si svolsero nei confronti di centinaia di terroristi, alla fine individuati, arrestati, processati e condannati, furono condotti secondo le regole generali del processo pensale, senza necessità di considerare i terroristi degli imputati degni di minori garanzie”. Certo quegli anni furono drammatici, “laceranti”: non furono pochi i giudici impegnati sul fronte del terrorismo a essere assassinati. Qui Nordio ha ricordato Vittorio Occorsio, vittima del terrorismo nero, ma anche Guido Galli, Nicola Giacumbi, Girolamo  Minervini caduti ad opera del terrorismo rosso a distanza di pochi giorni l’uno dall’altro. Tra le domande poste dagli studenti al ministro una sulla figura di servitore dello Stato di Vittorio Occorsio e un’altra sulla crescente polarizzazione politica che si vive in Occidente. Qui il ministro ha rilevato che in tali dimensioni il fenomeno – di cui ha richiamato l’esempio statunitense - è nuovo e dunque non si presta a diagnosi definitive.

    . LUCIO CARACCIOLO SULLA SITUAZIONE GEOPOLITICA MONDIALE CARATTERIZZATA TRA L’ALTRO DALLA CONTROVERSA GUERRA IN UCRAINA E DALLA SFIDA CINA-STATI UNITI ATTORNO AL DESTINO DI TAIWAN

    Dopo Carlo Nordio, lunedì 8 maggio è toccato a Lucio Caracciolo offrire a oltre un centinaio di studenti del liceo classico Giulio Cesare di Roma la possibilità di approfondire dal punto di vista geopolitico quanto sta succedendo di questi tempi attorno a noi. Sessantanovenne, fondatore (nel 1993) e direttore della rivista Limes, Caracciolo proviene da una famiglia di universitari napoletani di sinistra (non imparentati con l’editore Carlo Caracciolo) e ha studiato presso la Scuola svizzera di Roma (medie), il liceo Tasso, la Sapienza (laurea in filosofia) per poi partecipare alla fondazione di ‘Repubblica’ nel 1976 (segnalato a Scalfari dalla figlia) e al suo successivo sviluppo in ruoli di rilievo (vedi anche nel nostro sito https://www.rossoporpora.org/rubriche/interviste-a-personalita/29-intervista-a-lucio-caracciolo.html ).

    L’incontro, realizzato in collaborazione tra il Giulio Cesare e l’Associazione ex-alunni, è stato introdotto dal dirigente scolastico Paola Senesi (“Sarà molto interessante ascoltare quanto Lucio Caracciolo ha da dire sulla lotta tra grandi potenze, che si concretizza purtroppo anche in guerre di interpretazione controversa come quella in Ucraina”) e, brevemente, dalla vicepresidente dell’Associazione Micaela Ricciardi.

    Diciamo subito che Lucio Caracciolo, ascoltato con attenzione dagli studenti, non ha deluso le attese. Dopo aver rilevato che la situazione internazionale è caratterizzata da un indubbio ‘cambio di paradigma’ (“Le grandi potenze di oggi non saranno quelle di domani. Anche gli Stati Uniti perderanno il loro ruolo attuale”), il direttore di Limes ha segnalato – grazie all’ausilio delle magnifiche cartine di Laura Canali che troviamo ogni volta sulla rivista – alcuni dei fattori del cambiamento in atto: quello demografico con le sue asimmetrie, quello economico (niente più l’omogeneizzazione sognata dopo la fine dell’URSS), quello sociale (accrescersi delle disuguaglianze nel reddito, nell’istruzione, nella sanità), quello istituzionale (in molti Stati il potere è fluido), quello derivato dal numero di conflitti in corso, quello derivato dall’impallidire della ‘via americana’ al benessere.

    Caracciolo ha poi definito quanto accade in Ucraina come “una guerra nemmeno troppo indiretta tra USA e Russia”. L’Italia vi partecipa armando la resistenza ucraina, ma “senza dire che tipo di armi invia”: un atteggiamento quest’ultimo assai singolare, verosimilmente un modo di “adeguarsi alla cultura di un Paese che vorrebbe la guerra lontana dall’orizzonte della vita di ogni giorno”. D’altra parte non si può dimenticare che l’Italia ospita basi americane con circa 13mila militari (maggiore presenza USA dopo quella in Germania), è di grande importanza strategica per Washington, è sempre tenuta sotto attenzione da Oltreatlantico per il permanere nel Paese (anche profondo) di simpatie politico-culturali-economiche per la Russia.

    Il conferenziere ha evidenziato l’importanza strategica del mare, con il controllo degli stretti marittimi più importanti, in particolare tra Oceano Pacifico e Oceano Indiano (dove si palesa maggiormente la sfida tra Cina e Stati Uniti). Se è vero che il 90% dei commerci mondiali avviene via mare, chi controlla gli stretti detiene un grande potere economico. Non dimentichiamo anche la rilevanza dei fondali marini, in gran parte non mappati, ricchi di pesce (alimentazione), ma anche preziosi per internet (da citare per gli effetti sulla nostra quotidianità tecnologica il Canale di Sicilia).

    Analizzando brevemente la situazione di alcuni Paesi, Caracciolo ha definito gli Stati Uniti una repubblica de jure, ma un impero de facto che si esprime pure nella presenza della NATO in Europa. Oggi però l’Alleanza Atlantica è divisa a proposito dei rapporti con la Russia. Se i Paesi occidentali non sono disposti a rompere del tutto i rapporti con Mosca, nell’ Europa centro-orientale è la Polonia a fungere da avanguardia antirussa (Biden dixit a Varsavia). E’ una Polonia che, ha detto Caracciolo, non mira a indebolire o a umiliare la Russia, ma a farla sparire in quanto tale dalla carta geografica. Non a caso, ha continuato Caracciolo, in Polonia la mobilitazione militare è molto avanzata e procede speditamente la costruzione di muri attorno all’enclave russa di Kalinigrad (già la Koenigsberg di Kant) e al confine con la Bielorussia.

    Quanto alla Germania, “potenza almeno teoricamente in riarmo”, è molto divisa al suo interno, specie tra ex-Germania occidentale e orientale; il Regno Unito, poi, per ragioni di percepita superiorità culturale, cerca “possibilmente di essere sempre un passo avanti rispetto agli Stati Uniti”. La Turchia infine gioca a tutto campo, riscoprendo la sua vocazione storica di grande potenza.

    A proposito delle sanzioni contro la Russia, Caracciolo ha osservato che, considerato come l’economia tenda a prevalere sulle leggi, “accade che in realtà i commerci si mantengano sostanzialmente attraverso altre vie”. L’Italia dipendeva per il 40% del totale dal gas russo (con gran dispetto degli Stati Uniti)? Ebbene oggi guarda a Algeria (e Libia) per la sostituzione: bisogna però ricordarsi che l’Algeria è nell’orbita russa. C’è poi bisogno di gas naturale liquido: ecco pronta la Turchia… ma il gas arriva dalla Russia.

    Scoppiettante insomma Lucio Caracciolo, cui gli studenti hanno posto diverse domande: sulla consistenza dei Brics (“Non sono un attore geopolitico”), sul difficile ruolo dell’Europa (“Impossibile da unificare”), sul concetto di Medio Oriente (“Un  nome dato dai britannici”), sul declino della superpotenza americana pure in ambito culturale (“Se un Paese come gli Stati Uniti non crede più tanto in se stesso, è difficile che possa esercitare l’egemonia come prima”).

    Anche sul caso di Taiwan: il controllo dell’isola per gli Stati Uniti “è un elemento fondamentale” per contenere l’espansione marittima della Cina, fin qui potenza soprattutto continentale. E oggi vogliosa di “uscire dalle acque marroni, quelle basse della costa cinese, per andare al largo, nelle acque blu”. La partita che si gioca attorno a Taiwan (che la Cina considera come proprio territorio) diventa dunque decisiva per la vittoria nella sfida in atto tra Pechino e Washington.

     

    LA GRATITUDINE DELL’ARMENIA PER RENATO FARINA

    Ci piace concludere questo ‘Rossoporpora’ segnalando il conferimento della Medaglia della Gratitudine della Repubblica di Armenia al collega Renato Farina (ciellino, Il sabato, cofondatore di Libero, di cui è stato vicedirettore ed è ancora opinionista assiduo). La cerimonia, molto semplice e sentita, è avvenuta venerdì 28 aprile a Roma ed è stata presieduta dall’ambasciatrice di Armenia in Italia Tsovinar Hambardzumyan. La Medaglia, si legge nelle motivazioni, è stata attribuita a Farina per “il suo contributo al rafforzamento e allo sviluppo delle relazioni di amicizia tra Armenia e Italia, alla difesa dei valori universali”.

    L’Armenia, le sue ricchezze culturali, la sua precaria condizione geopolitica sono da oltre vent’anni giornalisticamente un cavallo di battaglia di Renato Farina. Come ha detto l‘ambasciatrice, il giornalista ciellino “dal 2001 si occupa dell'Armenia e della causa armena, informando la società italiana dei nostri problemi, delle pagine oscure della nostra storia e delle attualità, ma anche della civiltà e della cultura che l'Armenia ha dato al mondo”. Non solo: “Dai primissimi giorni dell'aggressione contro il popolo pacifico del Nagorno – Karabakh nel 2020 è stato Farina a chiedere all'Europa di proteggere gli armeni, perché così l'Europa proteggerebbe se stessa”.

    È un paradosso ricevere la medaglia della gratitudine – ha esordito nel discorso di ringraziamento Renato Farina - quando dovrei essere io a consegnare un vagone di gratitudine all'Armenia, perché a me l'Armenia ha regalato tutto, soprattutto la mia autocoscienza di cristiano ed europeo, e del compito che come giornalista sento come più vero: esporre se stessi, condividendo il dolore e le speranze degli altri, ma non stando su un balcone, per raccontare meglio la vita delle formiche, ma coinvolgendosi con i dolori e le ansie, e tutto, tutto quello che costituisce la vita quotidiana delle persone”.

    Il premiato ha ricordato quanto scriveva nell’Ottocento lo storico armeno Leonzio: “Ormai secche le rose e le violette armene... l'Armenia è diventata la casa del dolore. Il profugo armeno erra in terra straniera, oppure vaga affamato nella patria cosparsa di cadaveri”. E ha avvertito: “Questo è stato scritto nel XIX secolo, prima del Grande Male, il Metz Yerern, che ha colpito il popolo nel 1915, ma non è esploso a caso, e ci sono numerosi precedenti e premonizioni che avrebbero dovuto destare allarme per quel che doveva ancora accadere. Adesso, quel che sta accadendo, è lì, è una premonizione, ci chiama, ci chiama! Dice qualcosa a noi: un nuovo genocidio è alle porte, quel che accade ora al Nagorno-Karabakh ne è una premessa. Va spenta la miccia. Ci riguarda. Perché il popolo armeno ha questa caratteristica, di essere un piccolo popolo che concentra in sé sia i dolori sia le preghiere di tutto il mondo, come dimostra la figura di Gregorio di Narek e dimostrano le sue opere”.

    A festeggiare Farina un piccolo gruppo, molto variegato, di amici, tra i quali il democristianissimo Gianni Letta (che da parte sua ha molto elogiato il premiato), il repubblicano Stefano Folli (anch’egli ha evidenziato le virtù morali di Farina), l’avvocato Laura Sgrò, Roberto Fontolan (già direttore del Centro internazionale di Comunione e Liberazione), il giornalista Enrico Rufi di Radio Radicale, l’ambasciatore armeno emerito Sargis Ghazaryan (che ha pure evidenziato la passione di Farina per il Paese di antichissima cristianità). 

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