NOTO: LA CATTEDRALE RICOSTRUITA - 'IL CONSULENTE RE' DI SETTEMBRE 2007 - DI GIUSEPPE RUSCONI
Cronaca vivace di una (ri)presa di possesso
Giù, in quel triangolo di Sicilia sudorientale a pochi chilometri dal mare in cui i tonni depositano le uova virando dallo Jonio al Mediterraneo, sorge una città-gioiello del barocco: è Noto. Non quella derivata dal primo insediamento siculo (la tradizione ricorda il principe Ducezio), sviluppatosi poi con gli anni, fiorente sotto i greci e i romani, conquistato dagli arabi nell’866 (con loro la città divenne capoluogo di una delle tre circoscrizioni siciliane) e distrutto dal grave terremoto del gennaio 1693. Ma quella ricostruita nel Settecento, su un’altura distante una decina di km, più spostata verso la costa. Di quest’ultima città il cuore è il “giardino di pietra”, con il palazzo S. Alfano, la chiesa di San Domenico, il palazzo municipale, le chiese di S. Chiara e del Salvatore (quest’ultima veramente stupenda) e la maestosa cattedrale. Che, già danneggiata dal terremoto del 13 dicembre 1990, la sera del 13 marzo 1996 rovinò: crollarono i quattro pilastri e il pilone della navata destra, l’intera copertura della navata centrale e di quella destra, i due terzi del tamburo con la sovrastante cupola e l’intera lanterna, la copertura del braccio destro del transetto. Restarono in piedi la facciata e l’ala sinistra. Le macerie erano alte sei metri. Ci vollero più di due anni per sgomberarle. Molti tra i netini pensarono che, se la cattedrale fosse stata ricostruita, non avrebbero vissuto tanto a lungo per potersene rallegrare.
Invece… a poco più di undici anni dal crollo e a sette anni e mezzo dall’inizio concreto dei lavori di ricostruzione (nei quali sono stati sostituiti anche i pilastri della navata sinistra)… la cattedrale è rinata, pur se internamente – presentandosi tutta bianca (e dunque molto luminosa) – manca ancora degli affreschi, delle sculture, dell’altar maggiore e delle porte ‘illustrate’ previste dalla Commissione ad hoc (di cui è membro il vulcanico Vittorio Sgarbi): la cattedrale dovrebbe essere completa dei suoi arredi tra un paio d’anni. 25mila i metri cubi di muratura ricostruita, 150mila i blocchi utilizzati, lunghi
I PORTATORI DELL’ARCA
L’atterraggio a Catania, una sosta nella bella Siracusa ricca di arte e di storia, l’arrivo a Noto in una domenica pomeriggio assolata. E’ giorno di vigilia della “celebrazione eucaristica di apertura e benedizione della Cattedrale ricostruita”, ma nell’aria si percepisce già il fremito per l’evento. Per molti netini, anzi, la vera inaugurazione sarà la sera, quando l’urna del patrono san Corrado Confalonieri (eremita francescano morto nel 1351) lascerà la sistemazione provvisoria nella chiesa di san Carlo per la traslazione nella sua vecchia casa, la cattedrale risorta. Sulla grandiosa scalinata si sono allenati per giorni i portatori dell’arca. Anche oggi. La piazza si popola, la chiesa di san Carlo è gremita per la messa solenne presieduta dal parroco della cattedrale, don Salvatore Bellomia. Poi esce la processione. L’urna d’argento, poggiata su quattro grifoni, sovrasta il mare di teste, avanza lentamente… finchè non raggiunge la base della scalinata. Poi lo scatto, la salita di corsa. Il portone bronzeo con la storia di san Corrado è ancora chiuso. Il vescovo Giuseppe Malandrino ringrazia la folla: “Questa sera celebriamo una gioia vera ed è la vostra festa, la festa di tutti quelli che hanno permesso che questo splendido tempio venisse restituito alla città”. Benedice, poi per tre volte bussa con il pastorale. Il suo predecessore, il vescovo Salvatore Nicolosi (testimone diretto del crollo), gli apre. Un grande abbraccio tra i due presuli. Vicino sorride Vittorio Sgarbi. Entra l’arca, dietro la folla straripa, risuonano mille invocazioni, grida… una vera, irrefrenabile esplosione di devozione meridionale: E cu tuttu lu core ciamamulo: evviva san Currao! La gente si riappropria della cattedrale e sconvolge il protocollo, piange, resta a pregare, ebbra di felicità.
GLI SCIROPPI E GLI AMBIENTALISTI
Il lunedì di prima mattina raggiungiamo il “giardino di pietra” insieme con due maltesi: monsignor Charles Vella (che scopriamo essere stato per vent’anni uno dei primi collaboratori di don Verzé al San Raffaele) e il commissario dell’Unesco Ray Bondin, cui va gran merito per aver postulato e ottenuto l’inserimento di Noto nel patrimonio universale dell’organizzazione. Davanti alla cattedrale tanta polizia, grappoli di cittadini; a destra del municipio duecento ambientalisti con striscioni contro il “megainceneritore” (Augusta), le trivellazioni in tutto il Val di Noto (Val perché tronca “Vallo”, una delle tre circoscrizioni in cui gli arabi avevano diviso
FISCHI A PRODI, APPLAUSI ALLA PROCESSIONE
Accorrono i fotografi, si aprono i taccuini: arriva il presidente del Consiglio, ammira e sale sulla terrazza vicino alla chiesa del Salvatore. Ridiscende e sale le scale del Municipio per incontrarvi il sindaco. Passano i minuti.. la folla è ora folta. Da metà scalinata osserviamo il via vai delle autorità. Sentiamo un fermento. Qualcuno sta uscendo dal Municipio. Si agitano gli ambientalisti, evidentemente non paghi del fatto che la texana “Panther oil” ha scritto di aver rinunciato alle trivellazioni in una porzione del Val di Noto, cori di “venduto” dalla destra del Municipio. Ululati e muggiti dalla sinistra, dove sono raccolti giovani di Alleanza nazionale e molti cittadini. Pochi gli applausi. Il presidente del Consiglio viene inseguito dai fischi fin dentro la cattedrale (perfino al suo ingresso ne risuonano di sonori, stavolta insieme a parecchi applausi). Ritorniamo in piazza, dove si prepara la processione di sacerdoti e vescovi. Passano i don, passano i monsignori, sfilano i vescovi siciliani, il presidente della Cei arcivescovo Bagnasco, il segretario della Cei monsignor Betori, il nunzio apostolico Giuseppe Bertello, il cardinale Giovanni Battista Re: l’atmosfera è di raccoglimento. Neanche l’ombra di un fischio, solo applausi alla bianca processione ecclesiale.
Risuona l’ Hallelujah di Haendel, poi l’Acclamate frisiniano. Dentro la cattedrale incomincia il rito. Una candida colomba offre il destro a monsignor Malandrino di invitare tutti alla concordia. Il vescovo di Noto si compiace che nessun incidente grave abbia turbato la ricostruzione di questi anni, dà un cordiale benvenuto a tutti, rileva che la cattedrale rinata “è un dono per tutto il mondo”. Poi ringrazia il Papa per il suo messaggio augurale (forte applauso) e tutta una serie di autorità. Intensissimo l’applauso per il vescovo emerito Salvatore Nicolosi, definito “martire”. In effetti fu indagato con il parroco della cattedrale e con il responsabile dell’ufficio tecnico con l’accusa di aver ritardato atti amministrativi che avrebbero permesso la messa in sicurezza della cattedrale dopo il terremoto del 1990: ci furono udienze lunghe, estenuanti, ma alla fine il proscioglimento con formula piena. Forte l’applauso per monsignor Bagnasco, per Guido Bertolaso (che con
Il cardinale Re ha poi dato lettura del messaggio di felicitazioni inviato da papa Benedetto XVI, come sempre sensibile all’arte, alla bellezza che innalza lo spirito. Dopo la benedizione dell’acqua e l’aspersione del popolo e le pareti della cattedrale, prosegue il rito con il canto del Gloria di Lourdes. Risuonano le parole della prima Lettera di san Pietro apostolo: “Per gli increduli la pietra che i costruttori hanno scartato è divenuta la pietra angolare, sasso d’inciampo e pietra di scandalo”. Nell’omelia il prefetto della Congregazione per i Vescovi ha osservato tra l’altro che la cattedrale, “collocata al vertice di una grandiosa scalinata, è un invito a guardare in alto, a guardare oltre i tetti delle case, non per sfuggire alle responsabilità che abbiamo su questa terra, ma per attingere dall’alto luce e forza per i nostri impegni”. Poiché “il cielo non toglie nulla alla terra: il cielo infonde vigore e dà animo al nostro operare sulla terra”. I cori riuniti in cattedrale accompagnano efficacemente il raccoglimento nelle fasi successive della messa: risuonano il Sanctus di Lourdes, poi Hai dato un cibo, Anima Christi (frisiniano), Panis Angelicus, infine l’Inno a San Corrado: “O Corrado, la nostra esultanza/non sia spenta d’affetto terreno/ma in un giorno più bello e sereno/ci si dato poterti veder”. Canta a gran voce la gente netina dopo la benedizione finale, prima di defluire dalla cattedrale.
Fuori la folla si è infittita, soprattutto nella parte inferiore della scalinata. Scende il presidente del Consiglio: quanto più si avvicina alla strada, tanto più cresce il baccano, di cui forza trainante sono i muggiti del tutto bipartisan. Pochi anche stavolta gli applausi e gli incitamenti a resistere, pur vigorosi. Un coro massiccio di “venduto” – uscito dalle bocche degli ambientalisti - tocca qualche minuto dopo anche al governatore Cuffaro; ululati, sempre però solo ambientalisti, pure al sindaco Corrado Valvo.
Il sole continua a battere. Via con gli sciroppi, deliziosi. Nel tardo pomeriggio in cattedrale c’è un convegno cui partecipano da relatori tra gli altri l’ingegnere De Benedictis, Vittorio Sgarbi e monsignor Carlo Chenis (vescovo di Civitavecchia e segretario della Pontificia Commissione per i Beni culturali). Sgarbi ha presentato tre pittori, che affrescheranno cupola, abside, volta; da parte sua l’ottantenne Ottavio Mazzonis realizzerà una pala d’altare con
IL TE DEUM DI CHARPENTIER E LE VEEMENTI CONSIDERAZIONI DEL VESCOVO
Calano le prime ombre della sera e nella piazza, tra Municipio e Cattedrale si erge un grande palco. Dopo le nove e mezzo la scalinata è assai popolata, il concerto del ciclo “Magie barocche” promosso dal festival internazionale del Val di Noto incomincia. L’ Italian brass band, nata nel 2001 e diretta da Salvatore Distefano, delizia l’uditorio folto ed entusiasta con arrangiamenti sorprendenti ma non sgradevoli del Te Deum di Charpentier, di un corale di Bach, del Trumpet voluntary di Purcell, della Musica per i fuochi d’artificio reali di Haendel. Proprio in attesa dei fuochi d’artificio locali, il complesso musicale suona altri brani, anche da film. Poi sale sul palco il sindaco Valvo (applaudito), scende dal Vescovado e sale sul palco il vescovo Malandrino, che riflette ad alta voce sulla bellezza e sul senso religioso dell’opera compiuta, ringrazia per la grande collaborazione, invita a portare una carezza ai bambini tornando a casa. Veemente grida in modo che lo sentano “anche a Roma”, nei palazzi della Rai, del cui comportamento per l’occasione non si può essere
orgogliosi.