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    GENDER A SCUOLA: PRIME REAZIONI DELLA CHIESA ITALIANA

    GENDER A SCUOLA: PRIME REAZIONI DELLA CHIESA ITALIANA – di GIUSEPPE RUSCONI – www.rossoporpora.org – 28 febbraio 2014

     

    Con l'avanzata della  rivoluzione antropologica imposta dalla nota lobby, che con inaudita arroganza (Mammona adiuvante) vuole instaurare la dittatura del ‘gender’, incominciano a farsi sentire – oltre a quelle di gruppi di laici-  anche le voci di diversi vescovi, dal cardinale Bagnasco al Vicariato di Roma, dalla Conferenza episcopale del Triveneto a quella toscana, a singoli presuli (da tempo in trincea). Insultato il vescovo di Cremona. Il prezioso fiancheggiamento di ‘Avvenire’

     

    Giornalmente ormai la nota lobby ci propone svariati tentativi di introdursi in ogni ambito sociale per diffondere il suo verbo che, se applicato, comporterà guasti sociali enormi di cui saranno vittime le nuove generazioni, la cui identità personale verrà resa insicura. Tale propaganda socialmente irresponsabile (almeno per chi è abituato ad agire secondo ragione e buon senso) ha ormai incominciato ad aggredire la scuola, già a partire dall’asilo, creando – laddove ha allungato i suoi tentacoli - prevedibili turbamenti nei pargoli e forti tensioni tra scuola e famiglia. E’ di questi giorni poi la notizia che la nota lobby tenta di utilizzare uno sport popolare come il calcio per lanciare i suoi messaggi devastanti con il pretesto consueto della ‘lotta all’omofobia’: ai calciatori è stato chiesto da un sito di scommesse (ma guarda guarda…), da Arcigay, Arcilesbica e Fondazione Cannavò (!) di ‘colorare’ gli scarpini di lacci arcobaleno. Manco a dirlo il presidente della Federazione gioco calcio ha già annunciato l’adesione alla campagna, che dovrebbe coinvolgere anche la Serie A e addirittura la nazionale azzurra guidata dal commissario tecnico più politicamente corretto della storia calcistica tricolore. Si può prevedere che non tutti gradiranno, calciatori e in particolar modo le curve, così che sarà fatalmente introdotto anche il ‘reato calcistico’ di discriminazione sessuale con conseguenti squalifiche a pioggia nell’Italia intera.   

    Tutti ormai ai piedi della nota lobby? Fortunatamente no. Gli attacchi portati nel settore dell’educazione scolastica stanno provocando una diffusa presa di coscienza tra molti genitori - fin qui assopiti- spaventati e indignati dal vedersi arrivare in casa, con i pargoli, anche opuscoli con storie di due papà o due principi azzurri. Si incomincia a organizzare in quelle parti d’Italia - come in Umbria, in Veneto, in Toscana, in Lombardia, in cui la propaganda è in netto crescendo - la resistenza da parte dei genitori, coadiuvati da associazioni laiche spontanee come la Manif pour tous o le Sentinelle in piedi o laiche istituzionali come il Forum delle Famiglie. Dalle segnalazioni ai dirigenti scolastici alle lettere di diffida, dalle manifestazioni di piazza alla prospettata obiezione di coscienza (tenere i figli a casa quando la nota lobby imperversa) è tutto un fiorire di iniziative  tese a bloccare la degenerazione antropologica imposta ad allievi, studenti ed insegnanti. Un po’ nel solco di quanto è successo e sta succedendo in Francia, dove la grande mobilitazione popolare contro la legge del ‘mariage pour tous’ e sviluppi successivi ha già indotto il presidente Hollande a rinviare di un anno la discussione su una nuova legge riguardante la famiglia. “Si deve resistere, continuiamo a resistere” – ci ha detto battagliero a tal proposito l’arcivescovo di Lione, cardinale Philippe Barbarin, all’uscita del Concistoro di sabato 22 febbraio.

    In Italia è ‘Avvenire’ tra i quotidiani nazionali a condurre con tenacia e fermezza la battaglia, chè di battaglia si tratta, sia pure combattuta con le armi della ragione e del buon senso, così da cercare di risvegliare gli assopiti e di instillare qualche dubbio serio in tante menti ‘politicamente corrette’.

     

    IL VICARIATO DI ROMA: “RIVOLUZIONE CULTURALE, MA LE FAMIGLIE NON NE AVVERTONO IL BISOGNO”

    Dicevamo di Avvenire che la domenica ha nella capitale un inserto particolare, Roma sette, il settimanale della diocesi di Roma. Domenica 23 febbraio la prima pagina era quasi tutta dedicata all’ “operazione ideologica” del “gender in classe”, voluta sia dal noto Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali (Unar) che dal noto Campidoglio targato Marino (uno che toglie alle famiglie numerose e promuove anche finanziariamente i programmi scolastici di ‘educazione’ gay). Sicuramente la pagina è apparsa sotto l’impulso del cardinale Vicario Agostino Vallini, che già qualche tempo fa aveva diramato una nota (giustamente) molto dura contro i gai maneggi del noto Marino in materia di registro delle ‘unioni civili’.

    Nell’editoriale firmato da don Filippo Morlacchi, sacerdote tanto colto quanto pacato e direttore dell’Ufficio pastorale scolastica, si legge tra l’altro, riferendosi ai programmi di gaio indottrinamento che hanno ormai preso il via in diverse scuole (d’ogni ordine e grado) della capitale della Cristianità: “La priorità emergente, il pensiero dominante sembra, già nella prima infanzia, la proposta dell’ideologia gender, ossia la dottrina secondo cui il dato biologico originario del dimorfismo sessuale è marginale rispetto alla costruzione dell’identità di genere”. E’ evidente che “si vuole così avviare una vera rivoluzione culturale, di cui la maggioranza delle famiglie italiane, impegnata ad affrontare tanti problemi educativi con i figli, non sembra proprio sentire il bisogno. Tutto questo, si noti, già con bambini molto piccoli”. Sono programmi di “educazione alla diversità”, come è noto: “Peccato però che almeno una di queste diversità, cioè quella assolutamente originaria, quella che ogni bambino coglie al volo, quella tra maschietti e femminucce, quella tra mamma e papà, in breve la differenza sessuale, venga invece trascurata, fluidificata e perfino contestata come obsoleto stereotipo culturale”. Constata la “tristezza” di tale situazione, don Morlacchi annota infine: “Anche in altri Paesi europei (ad esempio la Francia) la potente minoranza favorevole al gender ha dettato l’agenda degli impegni scolastici; ma le associazioni di genitori hanno alzato la voce e prodotto agili pubblicazioni per avvertire le famiglie del fenomeno. Forse è tempo che anche in Italia non solo i cattolici, ma tutti gli uomini convinti della bontà della famiglia naturale si esprimano pubblicamente”. Un invito, quello di don Morlacchi in nome della diocesi di Roma, fatto con il suo garbo naturale, ma non per questo meno tranchant (per dirla nella lingua di un Paese il cui popolo in maggioranza si è risvegliato in nome prima di tutto del buon senso e della coscienza di corresponsabilità sociale).

    A cura del direttore Angelo Zema appare poi a tutta pagina un’intervista al professor Tonino Cantelmi (psicoterapeuta) e a Elisa Manna (sociologa del Censis), i quali si occupano delle recenti, devastanti iniziative capitoline. “Colpo di mano ideologico” le definisce Cantelmi, autore tra l’altro (insieme con il collega Marco Scicchitano) del libro “Educare al maschile e al femminile” (presentazione venerdì 28 febbraio alle 20.30 presso la Chiesa Nuova). “Il sindaco Marino – rileva Cantelmi – è accecato dall’ideologia. (…) I progetti educativi del Comune sono terribili perché, con la motivazione di combattere il bullismo, propongono una visione confusa dell’uomo”. Per Elisa Manna un fondamento è incontrovertibile: “Gli esseri umani nascono dall’incontro tra un maschio e una femmina, e la società sopravvive grazie a quest’incontro (…) Bisogna rifuggire dagli stereotipi, ma è innegabile che esista uno specifico maschile e uno femminile e che l’educazione ne debba tener conto”. Nel taglio basso troviamo un articolo (a sigla r.s.) sui famigerati opuscoli dell’Unar (preparati dal noto Istituto Beck di Roma) in cui si legge tra l’altro un’affermazione gravissima, oltre che offensiva, come quella che segue: “I tratti caratteriali, sociali e culturali, come il grado di religiosità, costituiscono fattori importanti da tenere in considerazione nel delineare il ritratto di un individuo omofobo”. Completa la pagina un ‘box’ sulla dinamica dei progetti capitolini, da “Le cosecambiano@Roma” a”Bulli e pupe, ragazzi che faticano a crescere” del Circolo omosessuale Mario Mieli (il ‘filosofo’ che in “Elementi di critica omosessuale” del 1977 scriveva tra l’altro: “Noi, sì, possiamo amare i bambini. Possiamo desiderarli eroticamente rispondendo alla loro voglia di Eros, possiamo cogliere a viso e a braccia aperte la sensualità inebriante che profondono, possiamo fare l’amore con loro”). Da notare che quest’ultimo progetto è in collaborazione con la Asl Roma E e finanziato dalla Regione Lazio, quella di Zingaretti.

    IL CARD. BAGNASCO, I VESCOVI DEL TRIVENETO, I VESCOVI DELLA TOSCANA

    Cardinal Bagnasco: “Nel torbido il male opera meglio”

    Se allarghiamo lo sguardo all’Italia constatiamo che incominciano a levarsi diverse voci di vescovi responsabili e coraggiosi che non temono di essere etichettati come sappiamo. Ribadendo con forza quanto già detto nelle sue prolusioni da presidente della Cei, il cardinale Angelo Bagnasco il 15 febbraio ha parlato chiaro a Genova: “E’ in atto una strategia persecutoria, un attacco per destrutturare la persona e quindi destrutturare la società, mettendola in balia di chi è più forte e ha tutto l’interesse a che la gente sia smarrita”. Perché “nel torbido il male opera meglio”.

    I vescovi del Triveneto: utilizzare pubblicamente i termini padre, madre, moglie, maritoe l’espressione ‘famiglia fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna’

    In precedenza, per la Giornata della Vita del 2 febbraio, la Conferenza episcopale del Triveneto aveva approvato una “Nota su alcune urgenti questioni di carattere antropologico ed educativo”. Un documento nitido, essenziale, inequivocabile, stimolato dal patriarca di Venezia Francesco Moraglia e redatto in un “momento grave  per il bene delle persone e della società”. A causa del dilagare dell’imposizione dell’ideologia gender che comporta una “vera emergenza educativa”, i vescovi triveneti si sentono “sollecitati” a una risposta proprio da alcune parole di papa Francesco che, nell’Evangelii gaudium (n. 182) scrive: “I Pastori (…) hanno il diritto di emettere opinioni su tutto ciò che riguarda la vita delle persone, dal momento che il compito dell’evangelizzazione implica ed esige una promozione integrale di ogni essere umano. Non si può affermare che la religione deve limitarsi nell’ambito del privato”.

    Sottolineano i vescovi triveneti “il grave pericolo che deriva, per la nostra civiltà, dal disattendere o stravolgere i fondamentali fatti e principi di natura che riguardano i beni della vita, della famiglia e dell’educazione, confondendo gli elementi obiettivi con quelli soggettivi, veicolati da discutibili concezioni ideologiche della persona che non conducono al vero bene né dei singoli né della società”. Evidenziano poi: “Siamo consapevoli che la differenza dei sessi è elemento portante di ogni essere umano ed espressione chiara del suo essere ‘in relazione’; senza la comune salvaguardia delle ‘grandi differenze’ vi è un grave e concreto rischio per la realizzazione di un autentico e pieno sviluppo della vita delle persone e della società”. Perciò ribadiscono “il rifiuto di un’ideologia del gender che neghi di fatto il fondamento oggettivo della differenza e complementarietà dei sessi, divenendo anche fonte di confusione sul piano giuridico”. Non solo: i vescovi del Triveneto invitano “a non avere paura e a non nutrire ingiustificati pudori o ritrosie nel continuare ad utilizzare, anche nel contesto pubblico, le parole tra le più dolci e vere che ci sia mai dato di poter pronunciare: padre, madre, marito, moglie, famiglia fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna”.

    I presuli difendono e promuovono poi “il carattere decisivo – oggi più che mai – della libertà di educazione dei figli che spetta, di diritto, al padre e alla madre aiutati, di volta in volta, da soggetti istituzionali chiamati a coadiuvarli”. E rigettano “ogni tentativo ideologico che porterebbe ad omologare tutto e tutti in una sorta di deviante e mortificante ‘pensiero unico’, sempre più spesso veicolato da iniziative delle pubbliche istituzioni”. Importante anche ciò che segue: i vescovi sostengono e incoraggiano “l’impegno e lo sforzo di quanti, a vari livelli e su più ambiti, affrontano ogni giorno, anche nel contesto pubblico e nella prospettiva di una vera e positiva ‘laicità’, tutte le più importanti questioni antropologiche ed educative del nostro tempo e che segnatamente riguardano: la difesa della vita, dal concepimento al suo naturale spegnersi, la famiglia, il matrimonio e la differenza sessuale, la libertà religiosa e di educazione”.

    Una ‘Nota’ ,quella dei vescovi del Triveneto (tra cui si annovera l’arcivescovo di Trieste Giampaolo Crepaldi, lottatore indomito per la dottrina sociale della Chiesa, contestato duramente l’anno scorso da gruppi appartenenti alla nota lobby), che si potrebbe definire anche con un aggettivo solo: esemplare.

    I vescovi della Toscana:  preoccupazione per il grave rischio

    La Conferenza episcopale toscana, su forte spinta del suo presidente cardinale Giuseppe Betori, ha emesso il 12 febbraio (dopo la riunione all’eremo fiorentino di Lecceto) una ‘Nota’ in cui si fa riferimento in primo luogo alla propaganda della nota lobby in diverse scuole toscane. I vescovi si dicono “preoccupati per i tentativi di introdurre il tema della ‘valorizzazione delle differenze di genere’ nei percorsi formativi dei docenti e degli studenti, secondo modalità ispirate alla cosiddetta teoria del gender”. Grave “il rischio che, per motivi ideologici, venga propagata nelle scuole una concezione della famiglia lontana da quella della famiglia naturale, subordinando la stessa identità sessuale biologica a quella culturale, perdipiù soggettivamente determinata”. Ribadita poi la “dignità culturale di una visione antropologica fondata sulla differenza e complementarietà tra i sessi”.

    Da tempo poi la Conferenza episcopale dell’Emilia-Romagna, stimolata dal cardinale arcivescovo di Bologna Carlo Caffarra, insiste sulla difesa e il promuovimento dei ‘valori non negoziabili’. Anche singoli presuli – ad esempio, per quanto ci è noto, l’arcivescovo Luigi Negri a Ferrara, il vescovo Massimo Camisasca a Reggio-Emilia, l’arcivescovo di Crotone Domenico Graziani (vedi l’articolo in questo stesso sito sulla manifestazione anti legge ‘contro l’omofobia’ nella città calabrese), il già citato monsignor Gianpaolo Crepaldi a Trieste – promuovono con ammirevole continuità una riflessione critica sull’avanzata delle tesi della nota lobby.

    Tra le reazioni laiche segnaliamo in particolare – oltre a quelle della ‘Manif pour tous –Italia’ e delle ‘Sentinelle in piedi’ – vari convegni tenutisi nella Penisola (in particolare quello di Roma, svoltosi dopo molte peripezie in Campidoglio e di cui abbiamo riferito ampiamente) e l’attivismo responsabile dei “Giuristi per la vita”. Ripetuti gli interventi del ‘Forum delle famiglie’, che in Umbria, per bocca del suo presidente Simone Pillon, ha invitato all’obiezione di coscienza dei genitori (un po’ come è accaduto in Spagna e sta accadendo in Francia) nel caso in cui le autorità scolastiche proseguano nell’indottrinamento venefico di bambini, ragazzi e studenti. Per i genitori sfortunatamente coinvolti nella trista questione segnaliamo il ‘dodecalogo’ dello stesso Forum delle famiglie dell’Umbria , “dodici strumenti di autodifesa dalla ‘teoria del gender’ per genitori con figli da 0 a 18 anni” (www.forumfamiglieumbria.org ).

    Gli insulti al vescovo di Cremona, Dante Lafranconi

    Il vescovo di Cremona, Dante Lafranconi, è stato uno dei primi in Italia ad istituire un gruppo di accompagnamento pastorale degli omosessuali cristiani. Ciò non gli ha però risparmiato un attacco violentissimo da parte dell’eurodeputata Sonia Alfano (gruppo dei cosiddetti democratici e liberali), per aver osato inviare una mail, in cui il 31 gennaio chiedeva di non votare il famigerato rapporto Lunacek, intitolato “Tabella di marcia contro l’omofobia e la discriminazione legata all’orientamento sessuale e all’identità di genere”. Ricordiamo che il 4 febbraio l’Europarlamento ha votato il rapporto con 394 sì, 176 no e 72 astensioni (tra i favorevoli, oltre alla sinistra, ai verdi e a una minoranza ‘illuminata’ del PPE, anche deputati del centrodestra come Licia Ronzulli, Barbara Matera e Aldo Patriciello, mentre tra gli astenuti troviamo – secondo l’agenzia Ansa – addirittura il popolare Ciriaco De Mita). Ebbene Sonia Alfano ha dichiarato, a proposito dell’invito del vescovo Lafranconi: “E’ gravissimo che il vescovo di Cremona, con una mail inviata alla mia casella di posta elettronica, mi chieda di votare contro la relazione sui diritti degli omosessuali della collega europarlamentare Ulrike Lunacek. (…) Se votassi come mi chiede il vescovo Lafranconi, avallerei una discriminazione che non condivido e che non fa parte della mia storia politica. Dico questo anche alla luce della presa di posizione di Papa Francesco, che a proposito dell’omosessualità, ha detto: “Se una persona omosessuale è di buona volontà ed è in cerca di Dio, io non sono nessuno per giudicarla. Anche perché ‘Dio ci ha reso liberi’. Da un esponente della Chiesa ci aspetteremmo ben altre indicazioni che non quelle della discriminazione”. Dopo Sonia Alfano gli esponenti lombardi e nazionali dell’Arcigay hanno fatto a gara nel lapidare monsignor Lafranconi. E pensare che la famigerata legge ‘contro l’omofobia’ ancora non è stata approvata! 

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