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    QUALCHE NOTA SU BREXIT E GRANDE FRATELLO

     

    QUALCHE NOTA SU BREXIT E GRANDE FRATELLO – di GIUSEPPE RUSCONI – www.rossoporpora.org – 25 giugno 2016

     

    Il voto britannico di giovedì 23 giugno 2016 suggerisce alcune considerazioni sul suo esito. Inquietudini e constatazioni.  Ma “Bruxelles” capirà?

    Il voto britannico di giovedì 23 sull’uscita del Paese dall’Unione europea si presta ad alcune considerazioni (non certo esaustive) sul significato di tale scelta, operata dal 51,9% degli elettori recatisi alle urne (il 72,2% dell’intero corpo elettorale).

    Dispiace che la famiglia – pur rissosa e di gestione deficitaria - dell’Unione europea perda un suo membro. Quando qualcuno se ne va  è sempre in qualche modo una sconfitta, pur se costui era un membro che dall’entrata negli Anni Settanta non ha mai perso il suo carattere ‘difficile’.

    Inquieta lo stimolo dato dalla maggioranza britannica (soprattutto inglese e gallese) a chi nel resto dell’Unione europea è tentato da tempi antichi o recenti di seguirne l’esempio, dalla Francia alla Danimarca, dall’Olanda all’Austria (in Italia al momento non è possibile).

    Preoccupa che si possa così innescare, a livello di opinione pubblica di tutti i Paesi, una spinta disgregatrice ben concreta dell’Unione. Il rischio è quello di tornare de facto a un’Europa degli Stati nazionali. Che, dunque, promuoverebbero e difenderebbero ognuno, egoisticamente, i propri interessi. Addio solidarietà comunitaria, con effetti potenzialmente dirompenti sui rapporti tra i diversi Paesi. Non si può dimenticare che, pur con tutte le sue carenze, l’Unione europea (già, in una prima versione, a partire dagli Anni Cinquanta) ha garantito la pace dentro i suoi confini: ciò, per chi conosce la storia, non è cosa banale e scontata.

    Allarma il fatto che dentro le spinte nazionalistiche trovino spesso alimento anche quelle genericamente ‘antistranieri’, una categoria predestinata a fungere da capro espiatorio specie in presenza di una crisi economica grave all’interno dei diversi Paesi.

    Non si può poi tacere il pericolo che risorga, su larga scala, un antisemitismo (ebrei: altro tradizionale capro espiatorio) latente in parte dell’opinione pubblica.

    Turba anche la constatazione che per tutti o quasi l’uscita della Gran Bretagna dall’UE comporterà  risvolti economici e sociali  negativi in diversi settori, pur se ancora difficilmente quantificabili. In particolare: quale pedaggio sociale saranno chiamati a pagare i cittadini dell’UE (non britannici) residenti nell’Isola? I negoziati per l’uscita, quando inizieranno, potranno dare risposte forse meno traumatiche.

    Rincresce che il voto di giovedì possa rendere più difficili i rapporti culturali con la Gran Bretagna, penalizzando docenti, ricercatori, studenti (pensiamo ai gemellaggi tra scuole e al programma “Erasmus”). Anche qui: i prossimi negoziati per l’uscita potranno approfondire razionalmente la questione, al di là delle emozioni odierne.

     

    EPPURE…

     

    Bisogna notare che il voto britannico è stato un voto di popolo libero, un voto certamente più democratico di tanti altri. E questo è positivo.

    Non sorprende però la grande irritazione di coloro che più di tutti quotidianamente si sciacquano la bocca con la parola ‘democrazia’: è infatti nella natura delle cose che gli eurocrati e le loro propaggini politiche, economiche e massmediatiche nazionali si sentano gravemente lesi nella loro autoconclamata rappresentatività democratica.

    Soprattutto essi non si capacitano del fatto che una maggioranza popolare sia riuscita a resistere, ignorandola o respingendola, alla campagna mediaticamente terroristica inscenata contro l’uscita dall’UE.

    Non stupisce dunque che la gioiosa macchina da guerra (non c’è solo in Vaticano o in Italia) connoti chi ha votato per la Brexit come un essere di basso livello di istruzione, con la zappa in mano (si sa che per le ‘minoranze illuminate’ i contadini e gli abitanti delle campagne e dei borghi di provincia sono bipedi antropologicamente inferiori), decrepito (e c’è chi postula l’esclusione del diritto di voto per gli ultrasessantenni), in ogni caso un nostalgico dell’Ancien régime.

     

    IN REALTA’, AL DI LA’ DI OGNI ALTRA CONSIDERAZIONE…

     

    Il voto del popolo britannico si inserisce in modo non inatteso nel generale risveglio delle identità nazionali che si riscontra nell’intera Europa. E’ un risveglio derivato dalla mortificazione continua cui sono state (e sono) sottoposte le identità nazionali dall’imporsi forzato della globalizzazione planetaria di cui “Bruxelles” è espressione continentale. In sé la globalizzazione presenta anche aspetti positivi sul piano economico e sociale, ma di certo è negativa la tendenza a conculcare valori e identità in nome di una generica “fratellanza universale” (ricordate Imagine di Lennon, canzone sostanzialmente nichilista che purtroppo dilaga perfino in certe scuole e in certe chiese con preti secolarizzati?).

    E’ un voto anti-“Bruxelles” e anti “Casta” nazionale (politica, economica, finanziaria) derivato soprattutto da una crisi economica che non passa (ma i soliti invece passano semmai da un Consiglio d’amministrazione all’altro), dal taglio generale delle prestazioni sanitarie e sociali, da una gestione incerta, contraddittoria e a volte scellerata della questione dell’immigrazione (una gestione che genera comprensibilmente e fatalmente paura per il proprio avvenire).

    Ma è anche un voto contro quello che è percepito come un Grande Fratello europeo e mondiale che tassa e tartassa, controlla e prescrive, soffoca e reprime l’identità individuale, la libertà d’espressione, la libertà di coscienza.

    E’ un Grande Fratello attivissimo al servizio dei poteri finanziari e della variegata lobby che vuole imporre uno stile di vita tale da rendere l’uomo un semplice oggetto materiale (da costruire magari artificialmente), un consumatore da manipolare a piacimento.

    E’ un Grande Fratello che si serve dei poteri massmediatici - spavaldi e arroganti - sacerdoti della ‘Nuova Era’, stavolta però clamorosamente spernacchiati dalla maggioranza degli elettori britannici.

    E’ un voto contro l’Europa senza un’anima, l’Europa relativista che rende incerti, smarriti i suoi cittadini, indebolendone i legami familiari e le certezze identitarie (anche in materia sessuale). Non solo: quest’Europa comunitaria (si fa per dire) emargina le fedi religiose dalla pubblica piazza, irride i credenti (quando non li umilia, li intimidisce e in certi casi già li perseguita). Gli unici credenti ‘buoni’ diventano allora quelli “che non disturbano”, i rassegnati e gli inciucioni (di esempi purtroppo non ne mancano, compreso quello di qualche vescovo, vergognosamente in ginocchio davanti alla nota lobby in versione Cagliari…e qui si potrebbe aprire un altro discorso).

    Per “Bruxelles” ( e propaggini nazionali) la lezione è dura. Ma “Bruxelles” capirà e saprà cambiare decisamente registro, tornando a perseguire con convinzione il sogno – fondato sostanzialmente sui valori della Dottrina sociale della Chiesa – della maggior parte dei suoi padri fondatori? 

     

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