CHIESA DI GORIZIA, VERO ESEMPIO DI CARITA’ FRATERNA… - di GIUSEPPE RUSCONI – www.rossoporpora.org – 8 novembre 2017
La recente lettera - molto accorata - di don Francesco Maria Fragiacomo, a proposito del caso scandaloso della prosecuzione dell’attività educativa nell’Agesci del capo-scout unitosi civilmente al suo compagno, rivela quanto grave sia la crisi della Chiesa nell’arcidiocesi di Gorizia. Purtroppo è solo la spia di una situazione ecclesiale che, in varie parti del mondo, sta degenerando in modo preoccupante a danno dei cattolici e a vantaggio dei catto-fluidi (in ginocchio davanti ai poteri del mondo).
Tra gli episodi di vita ecclesiale degli ultimi giorni ce ne sono alcuni quanto mai significativi del momento particolarmente difficile che sta vivendo Nostra Santa Romana Chiesa. Da Oltre Oceano giunge notizia delle dimissioni imposte dalla Conferenza episcopale statunitense a uno dei suoi ‘consultori’, il teologo cappuccino Thomas G. Weinandy (già direttore esecutivo della commissione per la dottrina della fede di tale Conferenza, membro dal 2014 della Commissione teologica internazionale), che in una lettera del 31 luglio a papa Francesco aveva descritto senza giri di parole la grande e perniciosa confusione in cui versa oggi la Chiesa cattolica, addebitandone la corresponsabilità anche a lui. Sulle rive del Tevere invece si registra un nervosismo -sottotraccia ma crescente - per il timore di uno sbocco clamoroso dell’innegabile e montante disagio di gruppi cattolici per la svolta impressa al Magistero dal pontefice argentino (o almeno per quanto è percepito nell’opinione pubblica): ne sono segni evidenti le difficoltà cui è andato incontro in via della Conciliazione il camion-vela sul matrimonio cristiano con le foto ( e didascalia adeguata) di Giovanni Paolo II e del cardinal Caffarra, ideato da Vita è, Pro Vita e Fede e Cultura.
In questa sede vorremmo però non lasciar cadere nel dimenticatoio la lettera - che consideriamo veramente drammatica – scritta il 17 ottobre da don Francesco Maria Fragiacomo (parroco a Staranzano, arcidiocesi di Gorizia) al decano di Monfalcone e parroco a Ronchi dei Legionari don Renzo Boscarol. Di don Fragiacomo ci eravamo già occupati il 13 luglio, riferendo di quanto scritto dal turiferario Guastalamessa (al secolo Luciano Moia) su Avvenire a proposito dell’unione civile del capo-scout Marco Di Just con il consigliere comunale piddino Luca Bortolotto, un’unione celebrata il 3 giugno dal sindaco del borgo di 7mila abitanti e ‘benedetta’ dal vice di don Fragiacomo, don Eugenio Biasol (assistente locale degli scout).
Il parroco aveva evidenziato giustamente come la situazione del Di Just fosse ormai del tutto incompatibile con il suo incarico educativo di capo-scout dell’Agesci (associazione almeno nominalmente cattolica, oggi catto-fluida): “Come cittadino ognuno può fare ciò che gli consente la legge dello Stato. Come cristiano, però, devo tener conto di quale sia la volontà di Dio sulle scelte della mia vita. Come educatore cristiano, in più, devo tener conto della missione e delle linee educative della Chiesa e della mia Associazione cattolica”.
“Nella Chiesa tutti sono accolti, ma le responsabilità educative richiedono alcune prerogative fondamentali, come condividere e credere, con l’insegnamento e con l’esempio, le mete, le finalità della Chiesa nei vari aspetti della vita cristiana. Sulla famiglia la Chiesa annuncia la grandezza e bellezza del matrimonio tra un uomo e una donna. Come cristiani, dunque, siamo chiamati ad annunciare il modello di famiglia indicata da Gesù”.
L’ARCIVESCOVO DI GORIZIA, CARLO MARIA REDAELLI: FUMO E DISCERNIMENTO
L’arcivescovo di Gorizia Carlo Maria Redaelli, cui don Fragiacomo aveva chiesto aiuto e sostegno, aveva reagito negli ultimi giorni di giugno con una lunga nota tutta fumo e discernimento, invitando a “dar tempo. Un tempo necessario per lasciare decantare emozioni, giudizi affrettati, reazioni a caldo e un po’ sopra le righe” per “arrivare a una soluzione pratica che tenga conto delle verità fondamentali, rispetti il cammino di ciascuno e faccia maturare una reale comunione, superando tensioni e contrasti, spesso enfatizzati dalla passione e dall’emozione”. Soluzione da trovare a livello locale “per evitare – scriveva Carlo Maria Redaelli – che “un mio pronunciamento possa essere visto come un intervento ‘autoritario’ dall’alto e quindi accolto’ obtorto collo’ e non invece come aiuto a discernere e compiere la volontà di Dio”. Bravo questo vescovo così coraggioso e così solerte a evitare di dispiacere non solo a papa Francesco, ma al mondo del ‘politicamente corretto’ (ovvero: ‘ecclesialmente corrotto’)…
Da giugno è passato qualche mese: è successo qualcosa? Nei fatti Di Just ha continuato a fare il capo-scout in una comunità parrocchiale divisa a metà tra cattolici e catto-fluidi, ricevendo anche sostegno evidente da parte dell’Agesci nazionale e regionale.
DON RENZO BOSCAROL… LUI SI’ CHE E’ POLITICAMENTE CORRETTO…
E don Fragiacomo? Bersaglio del tiro a segno organizzato dai catto-fluidi e dalla lobby lgbt, sostenuto da non pochi cattolici laici e da isolate voci consacrate, il 17 ottobre ha scritto una lettera al decano di Monfalcone, don Renzo Boscarol. Il quale Boscarol, a conclusione di una lettera pubblicata il 14 settembre da Avvenire, aveva osservato: “Lo dico a me stesso, con tremore, e vorrei suggerirlo anche al giovane parroco di Staranzano che chiede aiuto e discernimento nella vicenda del capo scout della sua comunità che si è unito civilmente a una persona dello stesso sesso. Tutto questo, prima di tutto, è evangelizzazione. Il resto ideologia o indottrinamento. Lo abbiamo ricevuto dai nostri educatori oltre cinquanta anni fa e dal Concilio: cercare di testimoniarlo nel nostro piccolo è la missione. Non conosco altri modi che siano insieme concreti e credibili. Mettersi su questa lunghezza d’onda è la missione della Chiesa, ribadita dal papa Francesco a Medellin con larghezza di parole e di gesti eloquenti. Essere ‘la Chiesa con le porte, aperta a tutti’, perché ‘non è nostra, ma di Dio: c’è posto per tutti’, con i tre atteggiamenti che ha proposto appunto a tutti: ‘Andare all’essenziale, rinnovarsi e coinvolgersi’. “
Chiesa aperta a tutti… inclusiva, come ha di nuovo evidenziato papa Francesco il 5 novembre nella meditazione mattutina a santa Marta, dal titolo “L’atteggiamento di Gesù è includere”: “Ma questo fa così… Ma Dio sa: è la sua vita, ma non lo escludo dal mio cuore, dalla mia preghiera, dal mio saluto, dal mio sorriso, e se l’occasione viene gli dico una bella parola. Mai escludere, non abbiamo diritto! (…) Se io escludo, sarò un giorno davanti al tribunale di Dio e dovrò rendere conto di me stesso”.
LA LETTERA DRAMMATICA DI DON FRAGIACOMO
Vediamo allora come hanno applicato e applicano la parola rievocata di papa Francesco (di cui in buona parte saranno sicuramente ‘tifosi’) tanti preti dell’arcidiocesi di Gorizia. Lo scrive nella citata lettera del 17 ottobre al decano Boscarol don Fragiacomo:
“Che fiducia posso avere dei miei confratelli che nel momento delle difficoltà invece di essere vicini e solidali sono assenti, lontani o addirittura contro. Invece di essere in sintonia sul messaggio del Vangelo, ne sono in piena dissonanza con dottrine, prassi, metodi e stile completamente diversi”.
“Invece di sostenermi in un caso scandaloso che compromette gravemente il messaggio educativo buono verso i giovani, superficialmente minimizzano, ti accusano, ti sparlano alle spalle o ti canzonano pubblicamente su giornali nazionali, dandoti del ‘giovane parroco’ (NdR: espressione utilizzata da don Boscarol). Ho 56 anni e in seminario, invece, sono entrato a 32. Prima ho vissuto tutte le esperienze dei giovani di oggi. Dai 16 ai 24 anni sono stato non credente, ho studiato, ho fatto diversi lavori, ho insegnato, ho fatto il militare, sono stato fidanzato”.
“Dopo la conversione con la preghiera – aggiunge – conquistato dalla bellezza, grandezza e verità della vita cristiana, ho deciso di dare totalmente la vita al Signore. Ho intrapreso la strada verso il sacerdozio perché mi sentivo fortemente chiamato a servirlo come pastore di anime. E mi sento ancora e sempre più chiamato a esserlo. Non ho mai messo in dubbio che questa è la strada che Dio vuole per me, ora più che mai. E ne sono felice”.
“Ora mi domando: che razza di Chiesa è questa? Cosa offre? Quali grandi ideali presenta ai giovani? Dapprima noi preti dovremo farci un serio esame di coscienza su cosa abbiamo proposto ai giovani. Non so se verrò ancora alle prossime riunioni del decanato”.
Fin qui don Fragiacomo. Certo la chiesa goriziana, con tanti suoi preti e anche con l’arcivescovo Carlo Maria Redalli, ne esce molto male. Quanto accaduto non può non far riflettere sulla distanza abissale che in certi casi, in tanti casi, c’è tra il dire e il fare anche in ambito ecclesiale. C’è chi insiste – al centro del centro - sull’inclusione e poi, ad esempio, nei fatti si complimenta e incoraggia gli untuosi turiferari di turno che lo omaggiano di un ‘dossier’ sui suoi nemici. E c’è chi, in periferia, agisce come tanti preti dell’arcidiocesi di Gorizia o come il vescovo ‘bergogliano’ di Modena Erio Castellucci che si erge a inquisitore verso chi critica “in modo sottile o aperto” il papa o… (si potrebbe continuare per ore). Giudichi il lettore verso “che razza di Chiesa” ci si sta incamminando.