ISRAELE/GAZA: DOLORE E RIFLESSIONI INELUDIBILI DI NOEMI DI SEGNI – di GIUSEPPE RUSCONI – www.rossoporpora.org – 17 maggio 2018
Alcune riflessioni su quanto avvenuto nei giorni scorsi al confine tra Israele e la Striscia di Gaza: le constatazioni quasi rassegnate di padre Pierbattista Pizzaballa, una dichiarazione-appello molto intensa di Noemi Di Segni, presidente dell’Unione delle Comunità ebraiche italiane.
Ciò che è avvenuto nei giorni scorsi al confine con la Striscia di Gaza tra esercito israeliano e manifestanti palestinesi provoca emozione e dolore. C’è il rischio – data la velocità frenetica con cui le notizie si susseguono nel nostro mondo della comunicazione - che si resti lì, a una reazione umana comprensibile e si perda l’occasione di una approfondita riflessione sui gravi fatti mediorientali di lunedì 14 maggio.
Cercando oggi sul web abbiamo trovato nel sito online del quotidiano in lingua inglese “Italian insider” (fondato e diretto da John Phillips) un articolo a firma Flavia Cresswell-Turner in cui si riportano alcune dichiarazioni sui luttuosi eventi rilasciate da padre Pierbattista Pizzaballa, amministratore apostolico del Patriarcato latino di Gerusalemme e per lunghi anni Custode di Terrasanta. Tra l’altro il cinquantatreenne francescano bergamasco osserva, dopo aver annunciato giorni di digiuno e di preghiera per la pace in diocesi: “Mi rendo conto che parlare di dialogo in questo momento è qualcosa di lontano dalla situazione reale”. E continua: “La giornata di lunedì è stata tristissima. Purtroppo è l’ennesimo episodio di un lungo percorso di odio e di violenza che ha visto la morte di quasi 60 persone e migliaia di feriti. E’ una situazione anche paradossale, perché da una parte si celebrava una grande festa con il trasferimento dell’ambasciata USA (NdR: a Gerusalemme) e dall’altra la tragedia e il massacro. E’ una situazione che dice bene della situazione paradossale e drammatica di enorme lontananza e distanza che c’è in questo terribile e interminabile conflitto”.
Come abbiamo detto più sopra, è però anche doveroso andare oltre l’emozione, oltre il dolore, oltre la semplice e forse rassegnata constatazione di quanto accaduto per analizzare con lucidità come e perché ancora una volta tanto sangue è scorso in quel lembo di terra mediorientale. E qui ci soccorre una lunga e anche accorata dichiarazione sottoposta ieri alla riflessione dell’opinione pubblica, del mondo politico e dell’informazione da parte di Noemi Di Segni, presidente dell’Unione delle Comunità ebraiche italiane (UCEI). Ne estrapoliamo alcuni passaggi che ci sembrano particolarmente utili a comprendere quel che succede oggi nei rapporti israelo-palestinesi.
Noemi Di Segni ricorda dapprima opportunamente che cosa accadde settant’anni fa, nel 1948: “I padri fondatori dello Stato di Israele accettarono la partizione della Palestina mandataria, accettarono la soluzione di avere confini ben delineati: due popoli, due Stati, l'uno a fianco all'altro, che potessero vivere in pace e sicurezza. Nel testo della proclamazione dello Stato ebraico avvenuta il 14 maggio 1948 è chiaro ed esplicito l’invito a tutti i residenti arabi a voler costruire assieme il Paese, con pieno riconoscimento dei diritti, partecipazione e rappresentanza, così come l’invito a tutti i Paesi confinanti a condividere l’impegno per la Pace, nel reciproco riconoscimento e per portare progresso e nell’intera regione. Questo era ed è il nostro sogno ed invito perenne”.
Purtroppo, “come sappiamo, solo la parte ebraica accettò quella divisione e i risultati di quella scelta sono tutt'ora davanti ai nostri occhi”.
Le conseguenze sono state e sono tragiche, pagate dai palestinesi: “Ancora oggi l'incapacità, la corruzione, l'odio di quelli che dovrebbero essere i loro leader li portano verso la sofferenza e la morte. Ancor peggio, li portano a scegliere e a pensare che la morte dei proprio figli e neonati, sia l’unica arma per promuovere il loro riconoscimento e futuro. Ben sanno che per l’intero mondo e per tutti noi la vita invece è sacra.
Rileva poi – e questo è un passo che introduce riflessioni ineludibili per chi voglia analizzare seriamente gli avvenimenti - la presidente dell’UCEI: “Quanto succede a Gaza è doloroso per chiunque ha a cuore i diritti umani e lo è anche per chi scrive. Forse lo è ancor più perché, oltre al grave lutto per la perdita delle vite, si aggiunge la disperazione per la consapevolezza che potevano essere evitate, se solo avessero voluto. Se solo non si fossero obbligate masse di civili ad assembrarsi sul confine. Se solo non si fosse celato sotto la parola “manifestazione” l’intento di raggiungere le città e i villaggi israeliani e spargere sangue e terrore. Forse lo è ancor di più perché al sangue versato si aggiunge la sollecita indignazione di un intero mondo – istituzioni, media, cittadini – che condanna e pensa di fare giustizia accogliendo come vera la più grave strumentalizzazione che vi possa essere, negando ad Israele il diritto di difendersi e di non vedere trucidati i propri cittadini e bruciati i propri insediamenti”.
E’ accorata Noemi Di Segni nel proporre ulteriori riflessioni, che toccano anche noi tutti europei: “I feriti ed i morti sono tutti sulle nostre coscienze, anche le centinaia di migliaia di morti negli ultimi mesi in molti altri Paesi della Regione mediorientale, anche i milioni di profughi che tentano di raggiungere le nostre sponde del Mediterraneo, anche quelli colpiti dal terrorismo in Europa, dimenticati sistematicamente dallo stesso benpensante mondo e dall’Onu. Ma non da noi. Non li dimentichiamo. Perché è Israele, e non certo Hamas, che sistematicamente porge una mano ad ogni ferito per curarlo nei propri ospedali e con tecnologie israeliane. Perché la memoria della storia dei tanti massacri subiti, l’antisemitismo e il radicalismo li conosciamo bene e vorremmo disperatamente far comprendere questo male antico a tutti voi che siete convinti di potervi svegliare domani mattina e continuare ad andare al lavoro e a scuola e a cucinare quel che più vi piace.
Poi l’accoramento diventa ammonimento: “Siamo e siete responsabili tutti assieme. Perché oltre alle immagini e al di là delle feroci urla e vendette d’odio, è dovere di ogni istituzione e organo di stampa chiedersi il perché di quanto si vede e ricordarsi che vi è un lato oscuro della luna che evidentemente non illumina a sufficienza le coscienze e la memoria. Non interessa perché quell’immagine distorta che ci raggiunge nella notte pare sufficiente. Ma è pura illusione e l’Europa nella quale siamo immersi continua sonnambula ad inebriarsi di quella luce. E prima o poi, e molto prima di quanto non immaginiamo quelle forze che oggi si abbattono su Israele i suoi confini, raggiungeranno sia fisicamente, sia con loro ideologie, anche le nostre terre, invadendo le nostre giornate e diventeranno l’incubo delle nostre notti. Nessun raggio di luna sarà allora sufficiente”.
Noemi Di Segni precisa, poi evidenzia la sostanza del problema israelo-palestinese, infine conclude con un appello forte alla comunità internazionale e al mondo dell’informazione: “Qui non si nega la possibilità di criticare le scelte di un governo, che sia quello di Israele o degli Stati Uniti, ma di condividere il concetto di vita. Di capire che i nostri figli non saranno mai e poi mai venduti per una manciata di dollari a seminare odio e morte, ma cresciuti con l’amore per una terra coltivata con fatica e resi partecipi delle più belle celebrazioni internazionali. Qui non si tratta di decidere se Gerusalemme ha o meno uno status internazionale e di quali patti nucleari mantenere ma di non rimanere ciechi e sordi di fronte all'evidenza: distinguere chi davvero non desidera la pace ed esporta odio e guerra ovunque, distinguere chi invece che guidare i palestinesi verso il futuro li ingabbia nel passato, chi invece di distribuire speranza, dispensa odio, e invece che proteggere, usa la vita dei suoi stessi cittadini per mantenere il potere. La comunità internazionale deve finalmente alzare la voce contro tutto questo, aiutata da un'informazione veramente libera da preconcetti e da retoriche che non servono alla pace che tutti desideriamo, primi fra tutti israeliani e palestinesi che sognano di vivere con le loro famiglie. Questo è quello che vi chiediamo.
P.S. Si è svolta oggi a Roma, presso la Stampa estera, la presentazione dell’ottava edizione della Marcia per la vita, che si svolgerà – come più volte annunciato – sabato 19 maggio, con ritrovo alle 14.30 in Piazza della Repubblica e testimonianze conclusive al termine del corteo a piazza Madonna di Loreto (piazza Venezia). I relatori (Virginia Coda Nunziante, Christine de Marcellus Vollmer e Steve Jalsevac) hanno ribadito la necessità di opporsi allo stravolgimento antropologico in atto in tutto il mondo. Tra i temi principali della Marcia i 40 anni della Legge italiana del 1978 sull’aborto, le vicende di Alfie Evans e Vincent Lambert (la cui madre sarà presente), i recentissimi attacchi alla libertà di opinione e di espressione pubblica in materia di aborto ( e non solo) verificatisi in diverse parti d’Italia, in primis a Roma.
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