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    CORONAVIRUS: DA CERVETERI A SAN MARCELLO AL CORSO

    CORONAVIRUS: DA CERVETERI A SAN MARCELLO AL CORSO – di GIUSEPPE RUSCONI – www.rossoporpora.org - 17 marzo 2020

     

    I giorni del coronavirus tra sofferenza, dolore, paura, inquietudini e anche qualche luce. Il grave episodio di Cerveteri. Spunti di riflessione dalle parole di Andrea Riccardi, Enzo Bianchi e don Yannis Lahzi Gadi, segretario del Pontefice. Due gesti molto intensi e di forte impatto di papa Francesco. Con due P.S..

    I giorni del coronavirus sono di sofferenza e paura per i contagiati; di dolore e disperazione per chi vede spegnersi un familiare (come accade purtroppo spesso in questi giorni soprattutto nella Lombardia bergamasca e bresciana); di gratitudine e ammirazione per chi in prima linea lotta contro il morbo; di inquietudine per misure restrittive della libertà personale che, pur comprensibili, rischiano di trasformare a medio termine l’Italia nella versione europea ammorbidita della Repubblica Popolare Cinese (una dittatura nel cui territorio ha avuto origine la pandemia criminalmente tenuta nascosta per settimane dal potere comunista).

    Da diverse parti d’Italia incominciano ad esempio a giungere notizie di strane attività della polizia locale che sembra molto indaffarata nel controllare i modi della celebrazione delle sante messe (come è noto, sono ormai celebrate senza il popolo, che ne può fruire attraverso i media elettronici… ma è un’altra cosa!).

     

    CERVETERI: INTERROTTA UNA MESSA DALLA POLIZIA MUNICIPALE

    Un episodio di arroganza municipale inqualificabile si è verificato ad esempio domenica 15 marzo nella chiesa parrocchiale di san Francesco a Marina di Cerveteri (diocesi di Porto Santa Rufina). Era stata annunciata per le 11.00 dal parroco don Domenico Giannandrea una messa in streaming su Facebook.  Il portone era aperto. Fuori sull’ampio sagrato c’erano in raccoglimento alcune persone ben distanziate. Tutto tranquillo fino a quando non si sono presentati due vigili urbani che si sono diretti verso l’altare, uno a destra e uno a sinistra del parroco, che era nel momento di silenzio dopo la Comunione. Chiesto di interrompere la celebrazione, non considerate le spiegazioni del sacerdote che diceva di aver rispettato le cautele previste, uno di loro ha preso il microfono e ha detto (come emerge da un video): “Allora scusate signori, non è possibile fare funzioni religiose e agglomerarsi tutti insieme. Cortesemente dovete allontanarvi perché non è consentito, grazie”. A quel punto il parroco procede con la messa, concludendola.

    L’intervento pare sia stato motivato dall’avere don Domenico lasciato aperto il portone (che secondo i vigili sarebbe dovuto rimanere chiuso), dando così (volontariamente o involontariamente) la possibilità ad alcuni fedeli (ben distanziati tra loro) di seguire la celebrazione dal sagrato della chiesa. Osserviamo che la densità di fedeli sul sagrato era di certo molto ma molto minore di quella riscontrabile su molti balconi pullulanti di ugole per i flash mob canterini che dilagano nel Paese (lodatissimi dal Mostro rosso-rosso)… Ma per i solerti vigili del comune guidato dal sindaco Alessio Pascucci (sinistra, a sinistra del Pd) i pochi parrocchiani dispersi nel sagrato costituivano un pericolo per la salute pubblica.

    Quasi sicuramente le divise zelanti non lo sapevano, ma con il loro intervento sono stati invece proprio loro a infrangere con il loro agire contrario anche al Decreto vigente della Presidenza del Consiglio - come fa opportunamente notare l’avvocato Fabio Adernò su www.stilumcuriae.it  - l’art. 19 della Costituzione italiana (“Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, purché non si tratti di riti contrari al buon costume ), l’art. 405 del Codice penale (“Chiunque  impedisce o turba l’esercizio di funzioni, cerimonie o pratiche religiose del culto di una confessione religiosa, le quali si compiano con l’assistenza di un ministro del culto medesimo o in un luogo destinato al culto, o in un luogo pubblico o aperto al pubblico, è punito con la reclusione fino a due anni”), l’art. 5,2 del Concordato (“Salvo i casi di urgente necessità, la forza pubblica non potrà entrare, per l’esercizio delle sue funzioni, negli edifici aperti al culto, senza averne dato previo avviso all’autorità ecclesiastica”).

     

    RIFLESSIONI/1 - ANDREA RICCARDI, La Stampa, 2 marzo 2020

    Di fronte alla “grande paura”, parla solo il messaggio della politica, unica e incerta protagonista di questi giorni. Il silenzio nelle chiese (anche se aperte) è un po’ un vuoto nella società: il libero trovarsi insieme nella preghiera sarebbe stato ben altro messaggio, anche se ci vogliono prudenza e autocontrollo. Social, radio e televisione non lo sostituiscono.

    Un forte segnale di paura. Ma anche l’espressione dell’appiattimento della Chiesa sulle istituzioni civili. Le chiese non sono solo “assembramento” a rischio, ma anche un luogo dello spirito: una risorsa in tempi difficili, che suscita speranza, consola e ricorda che non ci si salva da soli. Non voglio rammentare Carlo Borromeo, nel 1576-77, il tempo della peste a Milano (epidemia ben più grave del coronavirus e combattuta allora a mani nude): questi visitava i malati, pregava con il popolo e fece scalzo una folta processione per la fine del flagello. Di certo la preghiera comune in chiesa alimenta speranza e solidarietà. Si sa come motivazioni, forti e spirituali, aiutino a resistere alla malattia: è esperienza comune.

    Il sociologo americano Rodney Stark, scrivendo sull’ascesa del cristianesimo nei primi secoli, nota come fu decisivo il comportamento dei cristiani nelle epidemie: questi non fuggivano come i pagani fuori dalle città e non sfuggivano agli altri, ma, motivati dalla fede, si visitavano e sostenevano, pregavano insieme, seppellivano i morti. Tanto che il loro tasso di sopravvivenza fu più alto dei pagani per l’assistenza coscienziosa, pur senza medicamenti, e per il legame comunitario e sociale. I tempi cambiano, ma le recenti misure sul coronavirus sembrano banalizzare lo spazio della Chiesa, rivelando la mentalità dei governanti.

     

    RIFLESSIONI/2 - ANDREA RICCARDI, Corriere della Sera, 8 marzo 2020.  

    La Chiesa non apre una crisi nell'emergenza. Ma c'è un'incomprensione della sua realtà. Il governo decreta “sospese le cerimonie civili e religiose, ivi comprese quelle funebri”. La liturgia della Chiesa è una delle “cerimonie”? L'apertura

    dei luoghi di culto nel decreto è saggiamente condizionata all'ampiezza e alla distanza tra i presenti. Giusto evitare gli affollati funerali.

    Ma non si capisce, perché siano interdetti culto e preghiere, se celebrati in sicurezza. Forse non tutti i decisori penetrano il senso peculiare della messa per i credenti, di cui gli antichi martiri dicevano: “Sine Dominicum non possumus”. Le Chiese in Italia non sono la setta sudcoreana,dove si prega ansimando e tenendosi per mano e dov'è avvenuto il contagio, tenuto segreto.

    Un aspetto serio tocca i rapporti tra Stato e Chiesa: “Ciascuno nel proprio ordine,indipendenti e sovrani”. Può lo Stato disporre sulle “cerimonie” in chiesa? Si sfiora il giurisdizionalismo (…) E’ certo un vulnus in un sistema di relazioni, su cui tornare.

    Il coronavirus evidenzia una crisi esistente tra la gente, bisognosa di legami e senso.(…) Le nostre sono città di soli, che non si sentono protetti di fronte a un futuro incerto, tra fake news, teorie complottiste, spiegazioni magiche o condanne divine. Cresce la paura nella solitudine. Il conforto non sono solo le spiegazioni scientifiche.

     

    RIFLESSIONI/3 - ENZO BIANCHI, Repubblica, 16 marzo 2020

    Abbiamo ricevuto disposizioni ecclesiastiche sull’emergenza, equiparate alla disciplina imposta dall’autorità politica, nelle quali non s’intravede la presenza di preoccupazioni pastorali e cristiane dettate dal Vangelo (…) Ci si è limitati alla richiesta di sospendere le celebrazioni, offrire un’eucaristia celebrata in privato, interrompere la celebrazione dei funerali. Ma la virtualizzazione della liturgia significa morte della liturgia cristiana, che è sempre incontro di corpi e di realtà materiali.

    Finalmente papa Francesco ha detto alcune parole che sembrano aver risvegliato le coscienze: occorre tener aperte le chiese, accompagnare i malati, andare a visitarli, far risplendere la speranza della vita dove la morte fa le sue incursioni, occorre che la Chiesa assuma la postura di Chiesa in preghiera.

    Chi si ammala e va verso la morte ha bisogno dei sacramenti, della consolazione cristiana, di vivere la speranza della resurrezione con i fratelli e le sorelle, senza sentirsi abbandonato. Se la Chiesa non sa essere presente alla nascita e alla morte delle persone, come potrà mai esserlo nella loro vita? Pastori senza pecore e pecore senza pastori? Pastori salariati meno disposti alla cura dei fedeli e dei loro bisogni spirituali rispetto a medici e infermieri del corpo? Per grazia conosco preti che non abbandonano le pecore malate, anzi le vanno a cercare e a curare affinché vivano in pienezza.

     

    RIFLESSIONI/4 - DON YOANNIS LAHZI GADI, SEGRETARIO DI PAPA FRANCESCO, 13 marzo 2020

    NdR: Della lettera abbiamo preso visione attraverso il blog www.messainlatino.it .  La lettera, inviata ad alcuni amici, è stata confermata da fonti diverse.

    Nell’epidemia della Paura che stiamo vivendo tutti, a causa della Pandemia del coronavirus, rischiamo tutti di comportarci da salariai e non da pastori. (…) Pensiamo a tutte le anime impaurite e lasciate sole perché noi pastori seguiamo le istruzioni civili – il che è giusto e in questo momento certamente necessario per evitare il contagio – ma rischiamo di mettere da parte le istruzioni divine – che è un peccato. Pensiamo come gli uomini e non secondo Dio. (…) Penso alle persone che vivono nutrendosi dell’Eucarestia (…) e che ora devono accontentarsi seguendo la messa trasmessa in streaming. Penso alle anime che hanno bisogno di conforto spirituale e di confessarsi. Penso alle persone che certamente abbandoneranno la Chiesa, quando questo incubo sarà finito, perché la Chiesa le ha abbandonate quando ne avevano bisogno.

    E’ bene che le chiese rimangano aperte. I sacerdoti devono essere in prima linea.

    Dobbiamo aumentare le visite alle case, casa per casa, utilizzando tutte le precauzioni necessarie per evitare il contagio, ma mai chiudendoci, rimanendo a guardare. Altrimenti accade che vengano portati a domicilio i pasti, le pizze, e non la Comunione per chi volesse comunicarsi perché anziano, malato, bisognoso. (…) Il Governo ha il dovere di garantire le cure e i sostegni materiali al popolo, ma noi abbiamo il dovere di fare lo stesso alle anime. 

     

    PAROLE E GESTI DI PAPA FRANCESCO

    12 marzo 2020 (giornata di preghiera e di digiuno indetta dalla diocesi di Roma per l’Italia e per il mondo - videomessaggio per la celebrazione eucaristica da parte del cardinale vicario Angelo De Donatis presso il Santuario del Divino Amore, Roma- supplica): O Maria, tu risplendi sempre nel nostro cammino come segno di salvezza e di speranza. Noi ci affidiamo a te, Salute dei malati, che presso la croce sei stata associata al dolore di Gesù, mantenendo ferma la tua fede. Tu, Salvezza del popolo romano, sai di che cosa abbiamo bisogno e siamo certi che provvederai perché, come a Cana di Galilea, possa tornare la gioia e la festa dopo questo momento di prova. Aiutaci, Madre del Divino Amore, a conformarci al volere del Padre e a fare ciò che ci dirà Gesù, che ha preso su di sé le nostre sofferenze e si è caricato dei nostri dolori per condurci, attraverso la croce, alla gioia della risurrezione. Amen

     Sotto la Tua protezione cerchiamo rifugio, Santa Madre di Dio. Non disprezzare le suppliche di noi che siamo nella prova, e liberaci da ogni pericolo, o Vergine gloriosa e benedetta.

    13 marzo 2020, dall’omelia della Messa mattutina a Santa Marta: In questi giorni ci uniamo agli ammalati, alle famiglie, che soffrono questa pandemia. E vorrei anche pregare oggi per i pastori che devono accompagnare il popolo di Dio in questa crisi: che il Signore gli dia la forza e anche la capacità di scegliere i migliori mezzi per aiutare. Le misure drastiche non sempre sono buone, per questo preghiamo: perché lo Spirito Santo dia ai pastori la capacità e il discernimento pastorale affinché provvedano misure che non lascino da solo il santo popolo fedele di Dio. Che il popolo di Dio si senta accompagnato dai pastori e dal conforto della Parola di Dio, dei sacramenti e della preghiera.

    15 marzo 2020, dall’Angelus domenicale: Vorrei ringraziare anche tutti i sacerdoti, la creatività dei sacerdoti. Tante notizie mi arrivano dalla Lombardia su questa creatività. È vero, la Lombardia è stata molto colpita. Sacerdoti che pensano mille modi di essere vicino al popolo, perché il popolo non si senta abbandonato; sacerdoti con lo zelo apostolico, che hanno capito bene che in tempi di pandemia non si deve fare il “don Abbondio”. Grazie tante a voi sacerdoti

    15 marzo 2020, pomeriggio: il Papa è uscito dal Vaticano in forma privata per rivolgere una supplica in Santa Maria Maggiore alla Vergine Salus Populi Romani. Ha lasciato un mazzo di fiori bianchi e gialli. Poi ha raggiunto la chiesa di San Marcello al Corso per una supplica davanti al Crocifisso miracoloso, salvatosi da un incendio nel 1519 e portato tre anni dopo in processione dal popolo romano nei quartieri della città per chiedere la fine della Grande Peste (4-20 agosto 1522). La supplica fu ascoltata. Anche in questo caso il Papa ha lasciato un mazzo di fiori (bianchi, gialli, rossi), ma ha raggiunto la chiesa percorrendo “come in pellegrinaggio” (si legge nella dichiarazione del direttore della Sala Stampa Vaticana Matteo Bruni) l’ultimo tratto a piedi. L’immagine di Francesco ‘pellegrino’ (solo, seguito da una piccola scorta), tra le tre divulgate dalla comunicazione vaticana, è stata ripresa da gran parte dei media: non si può negare che sia di grande impatto e, diremmo, anche di conforto per l’opinione pubblica e per il mondo cattolico in particolare.

    P.S./1 Segnaliamo con piacere un’iniziativa della Cei prevista per la sera di giovedì 19 marzo, san Giuseppe (ore 21.00). Si legge nel comunicato: In questo momento di emergenza sanitaria, la Chiesa italiana promuove un momento di preghiera per tutto il Paese, invitando ogni famiglia, ogni fedele, ogni comunità religiosa a recitare in casa il Rosario (Misteri della luce), simbolicamente uniti alla stessa ora: alle 21 di giovedì 19 marzo, festa di San Giuseppe, Custode della Santa Famiglia. Alle finestre delle case si propone di esporre un piccolo drappo bianco o una candela accesa. TV2000 offrirà la possibilità di condividere la preghiera in diretta. “A te, o beato Giuseppe, stretti dalla tribolazione ricorriamo e fiduciosi invochiamo il tuo patrocinio, insieme con quello della tua santissima Sposa” (Leone XIII).

    P.S./2  Ci piace segnalare che è ora liberamente accessibile su Rai play il documentario di circa mezz’ora girato da Rai Cultura-Scuola per il Giorno del Ricordo 2020 (trasmesso il 10 febbraio). Del documentario, intitolato “Dopo l’esodo” sono protagonisti alcuni studenti del Liceo classico Giulio Cesare di Roma (vedi https://www.rossoporpora.org/rubriche/italia/928-27-gennaio-10-febbraio-voci-ebraiche-mattarella-liceo-giulio-cesare.html ), che hanno visitato a Trieste e dintorni i luoghi della memoria delle foibe e dell’esodo istriano-fiumano-dalmata e hanno indagato sul reinserimento degli esuli nella società italiana e in particolare nel mondo del lavoro. Per vedere il pregevole documentario cliccare su google e cercare “Speciali Rai scuola Dopo l’esodo video”.  

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