AGGRESSIONE A SALVINI E ALTRO: CLERICALISMO MARCIO DI AVVENIRE – di GIUSEPPE RUSCONI – www.rossoporpora.org – 10 settembre 2020
Giovedì 9 settembre Matteo Salvini è stato aggredito a Pontassieve, dove si trovava per la campagna elettorale in vista delle regionali toscane. Fatima, una trentenne congolese che collabora con il Comune, gli ha strappato la camicia e i due Rosari al collo, rompendoli. Anche ‘Avvenire’, come larga parte dei media, si è distinto nel minimizzare l’episodio, utilizzando il metodo del clericalismo marcio che gli è congeniale.
La bacheca dell’odio politico rosso contro Matteo Salvini si è arricchita giovedì 9 settembre 2020 di un’altra medaglia al valore. Ormai di medagliette ce n’era già a bizzeffe, le ultime guadagnate dagli odiatori che - minacciando pesantemente ristoratori presso i quali il leader della Lega aveva prenotato il pranzo – avevano ottenuto quel che democraticamente volevano.
La medaglia di giovedì mattina a Pontassieve (dove Salvini era per la campagna elettorale in vista delle elezioni regionali del 20-21 settembre) è però molto pesante, frutto del gesto eroico di una trentenne congolese, di nome Fatima, che collabora con il Comune per un progetto di servizio civile (“La scuola, l’ambiente e la comunicazione istituzionale”). La donna ha pensato bene di concretizzare l’esternazione della sindaca Monica Marini (Pd) che aveva condiviso un post in cui si definiva Salvini “ospite non gradito”. E ci ha anche messo del suo: occhi spiritati, un buon augurio ripetuto (“Ti maledico”) a corredare l’aggressione fisica, da cui l’ex-ministro dell’Interno è uscito con la camicia sbrindellata e i due rosari che aveva al collo spezzati (uno gli era stato donato da un parroco di Cava dei Tirreni, l’altro da un frate francescano). Da notare che la sindaca, dopo l’aggressione, ancora una volta non si è trattenuta (a dimostrazione che da quelle parti la mentalità sovietica ancora trionfa, dichiarando: “Si è trattato di un gesto isolato. La donna ha sbagliato, ma è necessario riflettere sul clima che può generare simili gesti”. Insomma… la colpa in fin dei conti è di Salvini.
La corazzata degli odiatori rossi, cioè Repubblica, ha trovato subito modo di scusare Fatima, presentandola come “ragazza mite e molto riservata”, “conosciuta per l’impegno in progetti umanitari”, “ben inserita nel contesto quotidiano di Pontassieve”, dove “lavora con profitto”. Insomma Fatima, come dice lei stessa, ha reagito “in un momento di rabbia”, “è stato uno scatto d’ira”.
Larga parte dei media – ça va sans dire - ha, se non ignorato, almeno minimizzato l’accaduto, perfino riducendolo a breve fototesto in una pagina interna, la 7 (come ha fatto Il Messaggero cartaceo, che invece ieri - in veste di Il Messaggero.it – aveva addirittura aperto l’home page con un titolone…). Immaginate se qualche leghista avesse scompigliato il ciuffo a Conte (e/o gli avesse strappato la pochette dal taschino) oppure avesse, che so, spruzzato uno spray maleodorante o al peperoncino contro qualche dignitario/cortigiano della scombiccherata ditta al potere… si sarebbe evocata subito con gran fragore mediatico la violenza di destra, frutto di quella che la nota e illustre filosofa Chiara Ferragni (congiunta dell’altrettanto noto pensatore Fedez) ha chiamato “cultura fascista” (tirata in ballo – a sproposito – per l’omicidio bestiale di Colleferro).
E AVVENIRE ESIBISCE ANCORA UNA VOLTA IL SUO MARCIO CLERICALISMO IN MATERIA DI POLITICA ITALIANA
Come si è mosso al riguardo Avvenire, l’ex-quotidiano cattolico, oggi ormai ruota di scorta - anche se con velleità da primadonna – della sgangherata carrozza del politicamente corretto? Ieri Avvenire.it ha minimizzato… infatti per ritrovare la notizia si doveva scorrere ben bene l’home page. E oggi il quotidiano - che con titoloni a caratteri di scatola aveva accusato Salvini di sequestro di persona in riferimento al traffico di schiavi bloccato tra Libia e Sicilia - relega l’accaduto in un taglio basso di pagina 11, con il titolo “Una donna aggredisce Salvini: ‘Ti maledico’. E gli strappa la camicia”. Solo nell’occhiello Avvenire cita anche la rottura del Rosario (che invece, a ben guardare, è il fatto più grave): si comprende – ma non si giustifica - tale atteggiamento se si pensa alle critiche feroci e velenose insieme rivolte dal quotidiano cattofluido al capo della Lega a causa dell’esibizione del Rosario in precedenti manifestazioni.
Il meglio però si trova nell’incipit dell’articolo scritto dal turiferario di turno, Matteo Marcelli: “Ha giurato di non voler usare l’accaduto come strumento per la campagna elettorale in corso; di fatto, però, poco dopo l’aggressione subita ieri a Pontassieve, Matteo Salvini è andato in onda su Facebook, mostrando ai suoi fan i danni ricevuti a seguito dell’attacco”. Capito? Avvenire ha subito trovato in Salvini una colpa da mettere in evidenza per attenuare in qualche modo l’innegabile aggressione: “Ha giurato”…ma non ha mantenuto il “giuramento” fatto! Questo sì che è grave, questo sì che è da scrivere subito, così da orientare nel giusto senso – politicamente corretto – il lettore.
L’incipit rivela di quanto clericalismo marcio sia intriso Avvenire quando scrive di politica italiana. Proprio quel clericalismo contro il quale papa Francesco scaglia fulmini continui (quasi come contro il ‘chiacchiericcio’).
Un clericalismo marcio frutto della scelta di evidenziarsi come politicamente corretti: un altro esempio clamoroso lo si è avuto martedì 8 settembre, quando l’editoriale di Eraldo Affinati (già tristemente noto in materia) sull’assassinio bestiale di Colleferro portava come titolo: “Tutti a scuola nel nome di Willy”…, il giovane pestato a morte. Che pretende Avvenire? Un minuto di silenzio all’inizio dell’anno scolastico, un inginocchiarsi collettivo a somiglianza di gesti grotteschi e pappagalleschi in diversi ambiti (non solo sportivi) relativi a tragedie statunitensi, una mega- manifestazione a piazza San Giovanni sotto il segno dell’abusato “Je suis…”?
E ancora: un clericalismo marcio che Avvenire pratica scientemente aprendo dibattiti in cui la dottrina cattolica sull’aborto può essere – a parità di giudizio dell’organo della Cei – approvata o negata; e il testo della legge Zan contro “l’omotransfobia” può essere parimenti contrastato o condiviso. Del resto a tale ultimo proposito la sera di venerdì 11 settembre – un orario privilegiato – il noto Luciano Moia approderà come relatore al Gay Pride di Padova (quello di cui è il motore il piddino Alessandro Zan, padre del testo di legge già citato). E’ l’occasione per parlare di “Chiesa e omosessualità”(titolo, guarda caso, di un recente libro di Moia) nell’ambiente certo più adatto, insieme con il rettore del seminario di Padova monsignor Giampaolo Dianin. Grazie a La Nuova Bussola Quotidiana per aver scoperto (vedi edizione odierna, a firma di Riccardo Cascioli) quest’altro incontro pubblico che conferma la liaison significativa tra Avvenire e il mondo lgbt.
Naturalmente la Cei tace. Sarebbe ormai sorprendente se accadesse il contrario… ma il politicamente corretto è più conveniente. Vuoi mettere i vantaggi economici che comporta? (pur se accompagnato da orrori morali come ad esempio quello della complicità oggettiva con il traffico di schiavi nel Mediterraneo).