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    CONVERSIONE DEL CUORE E SAGGEZZA POLITICA

    CONVERSIONE DEL CUORE E SAGGEZZA POLITICA – di GIUSEPPE RUSCONI – www.rossoporpora.org – 7 luglio 2013

     Qualche considerazione che sorge spontanea dopo la visita del Papa a Lampedusa.

     

     

    Primo. I viaggi pastorali di papa Francesco fuori Roma sono incominciati proprio da Lampedusa (prescindendo dall’incontro ‘casalingo’ di Castelgandolfo del 23 marzo). E questo dice già dell’importanza dell’evento, che è andato molto al di là della geografia lampedusana.

    Secondo. E’ stata una visita che aveva un primo obiettivo preciso: onorare la memoria dei tanti disperati morti nelle acque tra la costa africana e Lampedusa. “Ho sentito che dovevo venir qui oggi a pregare, a compiere un gesto di vicinanza”, ha detto papa Francesco ricordando la genesi del viaggio, nato su sollecitazione del parroco don Stefano Nastasi, dell’arcivescovo Francesco Montenegro, delle notizie su naufragi in mare, su stimolo anche del suo segretario maltese don Alfred Xuereb. Il gesto altamente simbolico del gettare la corona di crisantemi bianchi e gialli in mare racchiudeva in sé il contenuto principale della visita.

    Terzo. E’ stata una visita pastorale, con un secondo obiettivo fondamentale: quello – anche tramite un linguaggio diretto e molto incisivo, essenziale - di scuotere la coscienza di tutti e di ognuno preso singolarmente per renderla concretamente sensibile alla drammaticità di un fatto di proporzioni enormi. Insomma bisogna cercare di “convertire il cuore di pietra in cuore di carne”, come lo stesso papa Francesco ha evidenziato nell’incontro del 17 giugno con la diocesi di Roma. Un fatto di proporzioni enormi, si diceva: quale?  Lo spostamento per ragioni politiche ed economiche di grandi masse dal centro dell’Africa al Nordafrica e sull’altra sponda del Mediterraneo. In Europa riescono ad arrivare solo le avanguardie. Sono persone che hanno deciso di abbandonare tutto, casa e famiglia, affidando i loro risparmi ai trafficanti di carne umana, per raggiungere la meta agognata, l’Europa (considerata come un Paradiso terrestre) anche a costo di sofferenze inenarrabili.

    Quarto. E’ stata una visita con una implicazione interreligiosa, se pensiamo che metà dei migranti ammessi a salutare il Papa era musulmana. E se riandiamo alle parole dello stesso Papa durante l’omelia: “Un pensiero lo rivolgo ai cari immigrati musulmani che stanno oggi, (questa) sera, iniziando il digiuno di Ramadan, con l’augurio di abbondanti frutti spirituali. La Chiesa vi è vicina nella ricerca di una vita più dignitosa per voi e le vostre famiglie”. Anche i musulmani sull’altra sponda del Mediterraneo avranno visto le immagini e ascoltato quelle parole dette da chi, per una parte di loro, non può rappresentare che un odioso ‘crociato’.

    Quinto. Durante la visita il Papa – che ha voluto avvicinarsi ai fedeli il più possibile, entrando in contatto fisico con loro, lampedusani e migranti - ha riconosciuto il grande slancio di solidarietà (che pur ha avuto qualche comprensibile momento di incertezza e rabbia per la percezione di essere stati lasciati soli dallo stato italiano) di Lampedusa, “scoglio che purtroppo per molti è diventato una tomba – come ha detto monsignor Montenegro – e faro acceso per la Chiesa intera, per l’Italia e per l’Europa”.

    Sesto. Sarebbe fuor di luogo strumentalizzare la visita per ragioni sostanzialmente di bassa politica (fatta salva la buona fede di alcuni). La visita ha il valore di un richiamo alla coscienza di tutti e dunque anche di chi governa il mondo, l’Europa, l’Italia e ha il potere di decidere sull’accoglienza per i migranti. Qui va ricordato che il forte messaggio papale coinvolge anche quelle multinazionali che si interessano dell’Africa solo per i grandi profitti sperati. Quei politici africani che governano da satrapi (e sono tanti) e mirano ad accaparrarsi gran parte degli aiuti concessi dalla comunità internazionale. Quei politici africani che ‘coltivano’ le guerre intestine per sete di potere e di ricchezza. I signori della criminalità organizzata, che sperano di trarre dalla ‘carne sofferente’ di tanti africani quei proventi che servono le loro losche attività. I loro complici scafisti che, per denaro, diventano aguzzini dei loro fratelli, considerati solo merce che paga il dazio e dunque suscettibile di essere buttata a mare.

    Settimo. L’appello va naturalmente a tutti i governanti europei così che cerchino di far parlare anche il cuore nelle loro decisioni sull’accoglienza. Non è certo facile. I politici europei sono eletti per contribuire al bene comune delle popolazioni di uno Stato determinato. Non possono dimenticarlo, né possono dimenticare di essere costretti ad agire in uno spazio e in un tempo determinato. Sanno che, a dispetto delle migliori intenzioni, realisticamente non tutti possono essere accolti. L’ideale sarebbe che chi è accolto abbia un lavoro e possa condurre una vita decorosa. Perché in caso contrario, per vivere, finirebbe spesso nelle braccia di una criminalità che sfrutta cinicamente il fenomeno migratorio e tende a pervadere e corrompere, più di quanto già non lo sia, la società che accoglie. Purtroppo la situazione è proprio quella descritta. E anche il politico cattolico, per finire,  è preso tra due opposte esigenze, ambedue legittime: accogliere il fratello che scappa dall’inferno del proprio Paese e garantire – secondo il mandato conferitogli dal popolo - la sussistenza di uno Stato in cui tutti abbiano il diritto di vivere con dignità e nella sicurezza. Può essere duro dirlo, ma la saggezza politica non sempre coincide con i moti del cuore. 

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