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    PAPA FRANCESCO: LA VEGLIA DEL SILENZIO OPEROSO E DELLA SPERANZA

    PAPA FRANCESCO: LA VEGLIA DEL SILENZIO OPEROSO E DELLA SPERANZA– di GIUSEPPE RUSCONI – www.rossoporpora.org – 8 settembre 2013

     

    Alcune considerazioni sul grande incontro per la pace a piazza San Pietro. Riuscirà stavolta la forza della preghiera a smuovere l’animo dei signori della guerra e dei loro esecutori politici?

     

     

    La veglia per la pace di sabato sera a piazza San Pietro ci suggerisce qualche riflessione che va al di là della pura cronaca.

    1. Prima di tutto è stata indiscutibilmente una veglia religiosa, un rito cattolico diviso in cinque parti principali: Rosario, omelia del Papa, Adorazione eucaristica, Ufficio delle Letture, Benedizione eucaristica. Non c’è stato posto per possibili strumentalizzazioni di ordine politico. Per prevenirle sono state bloccati agli ingressi della Piazza sia gli striscioni e i cartelli (anche quelli delle associazioni ecclesiali, anche quelli personalizzati che, in genere, invitavano solo a pregare per la pace) che le bandiere, pure quelle nazionali (comprese le argentine) e quelle arcobaleno. Anche la partecipazione dei politici (non molti, quasi tutti italiani), a differenza di tante precedenti occasioni, è passata pressoché inosservata.

    2. E’ stata una veglia per la pace nel mondo (che ha preso avvio da una riflessione antropologica sulla fragilità umana), non specificamente per la questione siriana. E’ evidente che è stata quest’ultima a originare l’incontro di preghiera; e tuttavia nell’omelia di papa Francesco l’attualità stringente è stata citata esplicitamente solo alla fine: “Perdono, dialogo, riconciliazione sono le parole della pace: nell’amata Nazione siriana, nel Medio Oriente, in tutto il mondo!”.

    3. Il Papa ha colloquiato ancora una volta tanto semplicemente quanto direttamente con il popolo dei fedeli, chiamato a essere co-protagonista della serata, da interlocutore essenziale che si è espresso secondo il caso con gli strumenti della parola, del canto e della preghiera personale nel silenzio. 

    4. La parola di Francesco non è stata solo di denuncia di una condizione umana soggetta a scelte perverse, ma anche di speranza: “E’ possibile percorrere un’altra strada? Possiamo imparare di nuovo a camminare e a percorrere le vie della pace? Invocando l’aiuto di Dio, sotto lo sguardo materno della Salus populi romani, Regina della pace, voglio rispondere: sì, è possibile per tutti!”

    5. E’ stata una liturgia sobria, penitenziale, senza fronzoli, presieduta da un Papa teso nei tratti, concentrato, severo. Caratterizzata dall’intensa partecipazione popolare sia nella recitazione del Rosario che nell’Adorazione eucaristica. Più volte piazza San Pietro è apparsa come la sede di un silenzio inusuale e impressionante, non solo per la compattezza, ma anche per la lunghezza dei tempi. Un silenzio però operoso di preghiera interiore e di adorazione che molti sperano possa contribuire a convertire i cuori, dal proprio a quelli di chi governa le sorti del mondo. Un silenzio che contrasta con i canoni della società fracassona, in cui – anche massmediaticamente, specie nell’audiovisivo - viene esaltata la velocità e una notizia quasi sempre divora la precedente, dato che non ci deve essere tempo per riflettere e ogni secondo va riempito di chiacchiere onde evitare la ‘fuga’ di ascoltatori e telespettatori. Anche qui papa Francesco sta seminando controcorrente e la grande e convinta partecipazione alla veglia di piazza San Pietro è un primo risultato positivo.

    6. Nella serata di piazza San Pietro non è mancata la dimensione interreligiosa, così come auspicato da papa Francesco nel suo appello di domenica primo settembre. Tra i primi ad arrivare Foad Aodi, medico palestinese che presiede la ‘Comunità del mondo arabo in Italia’ (membri di 23 Paesi, laica, aconfessionale): “Abbiamo aderito all’appello del Papa, al suo sforzo di pace: Francesco per noi è ormai un idolo, se pensiamo a quel che è riuscito a fare in pochi mesi, unico com’è nell’interpretare nel modo migliore e nel promuoverlo il dialogo interculturale e interreligioso”. Il gruppo di Aodi ha recitato in piedi, ai margini di piazza San Pietro, una preghiera musulmana per la pace tratta dal Corano. Presenti anche membri della ‘Comunità religiosa islamica italiana’ (Coreis), che, appartenendo a un ordine contemplativo, credono nella forza della preghiera come motore per un mondo migliore. Tra i siriani, che – all’ingresso della Piazza - sventolavano bandiere nazionali e portavano anche uno striscione per la liberazione dei due vescovi ortodossi rapiti il 22 aprile, c’erano cristiani e musulmani. Tre le buddiste incontrate, Valentina, Paola e Annalisa. Quest’ultima era da 35 anni che non metteva più piede a San Pietro: ha pregato secondo le forme della sua religione dentro la Piazza durante la liturgia, e si è scambiata un dono di pace con una sua vicina, pure non cattolica. Valentina e Paola, invece, non sono entrate, dato che non volevano rinunciare alla bandiera arcobaleno ai fianchi e hanno però accompagnato spiritualmente a loro modo la liturgia.

    7. In larga maggioranza romani e abitanti di Roma gli oltre 80mila che hanno partecipato alla veglia. Non poteva del resto essere diversamente, dato che anche in molte altre città italiane sono state organizzate veglie parallele (per non citare quelle nel resto del mondo). Già dalle quattro del pomeriggio (la veglia è finita alle undici) si notavano frotte di suore affrettarsi verso la Piazza. Molti anche i giovani. Tra i non-romani abbiamo notato un folto gruppo di scout, lupetti e coccinelle della chiesa di san Filippo Neri a Biella e i membri del Coro polifonico Alma Laetitia Cantorum di Campobello di Licata.

    8. Perché tanto popolo si è mosso verso piazza San Pietro? Da Lisbona un gruppo di giovani portoghesi con tanto di bandiera nazionale (gruppo “Raios de luz”, i primissimi ad arrivare) osserva che “la preghiera ha già dimostrato la sua forza tante volte nella storia, anche in Portogallo. Luca, a nome di un gruppo di neo-catecumenali romani, osserva che “le armi della Chiesa sono digiuno, preghiera, elemosina”. Chiara è una quindicenne romana dall’eloquio molto spigliato e convincente: sta distribuendo un prospetto della Gioventù ardente mariana sulla fede e si dice “non convinta, ma convintissima che anche con una sola Ave Maria, se recitata con fede, si riesca a far tremare l’Inferno”. Incontriamo anche il cardinale Sandri, che parla di un clima vaticano “di grande preoccupazione, preghiera e pure speranza, poiché, se Dio è con noi, non temiamo nulla”. Concludiamo la carrellata con Franco, romano de Roma, nato sopra il bar Tre Scalini di piazza Navona, che scherzando ci dice: “Se per ‘sto Papa ce vengono tanti stranjeri, ce devo venì anch’io, no?” e poi aggiunge, seriamente: “Credo anch’io che con la preghiera si riesca a riformare il mondo”. Certo la maggior parte degli ottantamila è convinta della forza della preghiera o vuole comunque crederci con un atto di volontà, pur se la ragione non soccorre. Chissà se questa volta la grande preghiera non solo cattolica che è salita da Roma e da tante parti del mondo riuscirà ad avere effetti concreti, delle ricadute positive sull’animo dei signori della guerra.

    9. A quest’ultimo proposito chiudiamo con un’annotazione più ‘politica’: il mito, così politicamente corretto, di Barack Obama si sta fortemente incrinando anche presso quei cattolici che hanno da subito considerato con simpatia il presidente americano. Sentiamo voci assai imbarazzate da un gruppo venuto da Capua: ”Ci sta un po’ deludendo… e pensare che gli è stato dato il Premio Nobel per la pace”. Altri, da una parrocchia romana: “Ci immaginavamo che Obama avrebbe migliorato il mondo… sembrava così ben intenzionato!”. Un cartello suggella l’atmosfera. “Obama, tu non sogni più, vivi solo degli incubi!”.

    Una versione ridotta del commento appare nel 'Corriere del Ticino' di lunedì 9 settembre 2013.

     

     

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