FRANCESCO A CUBA (CON QUALCHE NOTA) – di GIUSEPPE RUSCONI – www.rossoporpora.org – 24 settembre 2015
Una scelta (non esaustiva) di passi significativi delle omelie e di momenti rilevanti delle giornate intense vissute dal Papa nell’isola caraibica e da lui in parte evocate nella conferenza-stampa in aereo da Santiago de Cuba a Washington. La carezza del grembo, “incinto di speranza” e la questione dei dissidenti.
Omaggio a Fidel Castro e saluto ai cubani (Aeroporto ‘Josè Martí’ di L’Avana, 19 settembre 2015, discorso del Papa): Vorrei chiederle, signor Presidente (NdR: Raul Castro), di trasmettere i miei sentimenti di speciale considerazione e rispetto a suo fratello Fidel. Vorrei inoltre che il mio saluto giungesse in modo particolare a tutte quelle persone che, per diversi motivi, non potrò incontrare e a tutti i cubani dispersi nel mondo” (Lecito chiedersi: non appare eccessivo il saluto così pervaso di ammirazione all’icona dell’America latina ‘progressista’, una personalità complessa cui in ogni caso va fatta risalire anche la responsabilità non certo lodevole proprio della ‘dispersione’ di tanti cubani nel mondo?)
Cuba punto d’incontro (ibidem): Geograficamente, Cuba è un arcipelago che si affaccia verso tutte le direzioni, con uno straordinario valore come ‘chiave’ tra nord e sud, tra est e ovest. La sua vocazione naturale è quella di essere punto d’incontro perché tutti i popoli si trovino in amicizia, come sognò José Martí, ‘oltre le strettoie degli istmi e le barriere dei mari’ (…) Questo stesso desiderio fu di san Giovanni Paolo II con il suo ardente appello ‘affinché Cuba si apra con tutte le sue magnifiche possibilità al mondo e il mondo si apra a Cuba’. Da alcuni mesi siamo testimoni si un avvenimento che ci riempie di speranza: il processo di normalizzazione delle relazioni tra due popoli, dopo anni di allontanamento. E’ un processo, è un segno del prevalere della cultura dell’incontro, del dialogo, del ‘sistema della valorizzazione universale…sul sistema, morto per sempre, di dinastia e di gruppo’, diceva José Martí.
Sul ‘servizio’ (Plaza de la Revolucion di L’Avana, omelia della messa papale, 20 settembre 2015): L’invito (NdR: di Gesù) al servizio presenta una peculiarità alla quale dobbiamo fare attenzione. Servire significa, in gran parte, avere cura della fragilità. Servire significa avere cura di coloro che sono fragili nelle nostre famiglie, nella nostra società, nel nostro popolo. Sono i volti sofferenti, indifesi e afflitti che Gesù propone di guardare e invita concretamente ad amare. (…) C’è un ‘servizio’ che serve gli altri; però dobbiamo guardarci dall’altro servizio, dalla tentazione del ‘servizio’ che ‘si’ serve degli altri. Esiste una forma di servizio che ha come interesse il beneficiare ‘i miei’, in nome del ‘nostro’. Questo servizio lascia sempre fuori i ‘tuoi’, generando una dinamica di esclusione (Il passo è valido sotto molti cieli, non escluso quello italiano. Per un confronto storico l’omelia di Giovanni Paolo II nella stessa piazza il 25 gennaio 1998 era tutta incentrata sul rapporto tra libertà, verità, giustizia e ingiustizia: “Coloro che si trovano in simili situazioni -NdR: di sofferenza e di ingiustizia - possono essere sicuri che non verranno defraudati, poiché la Chiesa è con loro e il Papa abbraccia, con il cuore e la sua parola di incoraggiamento, tutti coloro che subiscono l’ingiustizia”. La folla, allora più numerosa dei duecentomila del 20 settembre, aveva interrotto più volte Karol Wojtyla, applaudendo a lungo, scandendo ‘Libertad! Libertad! ' e slogan analoghi)
Pace in Colombia (Plaza de la Revolucion di L’Avana, Angelus, 20 settembre 2015): In questo momento mi sento in dovere di rivolgere il mio pensiero all’amata terra di Colombia, “consapevole dell’importanza cruciale del momento presente, in cui, con sforzo rinnovato e mossi dalla speranza, i suoi figli stanno cercando di costruire una società pacifica”. Che il sangue versato da migliaia di innocenti durante tanti decenni di conflitto armato, unito a quello di Gesù Cristo sulla Croce, sostenga tutti gli sforzi che si stanno facendo, anche qui in questa bella Isola, per una definitiva riconciliazione.
L’economo disastroso (Cattedrale di L’Avana, vespri alla presenza di religiosi, 20 settembre 2015): Una volta mi raccontava un vecchio prete saggio (…) che quando uno (consacrato, sacerdote, vescovo, papa, chiunque) incomincia ad accumulare denaro per assicurarsi il futuro, certo allora il futuro non sta in Gesù, sta in una compagnia di assicurazione spirituale che io controllo. Dunque – mi diceva lui – quando, per esempio, una congregazione religiosa incomincia ad accumulare denaro e a risparmiare, risparmiare, Dio è così buono che le manda un economo disastroso, che la manda in fallimento. Sono tra le migliori benedizioni di Dio per la Chiesa, gli economi disastrosi, perché la rendono libera, la rendono povera. La nostra Santa Madre Chiesa è povera, Dio la vuole povera, come ha voluto povera la nostra Santa Madre Maria. Amate la povertà come una madre (Lecito chiedersi: Saranno tutti d’accordo, sia tra gli economi che tra i cubani in gran parte da lungo tempo in miseria?)
Il confessionale, luogo privilegiato per il perdono (ibidem): C’è un posto privilegiato per il sacerdote dove si manifesta l’ultimo, il minimo, il più piccolo, ed è il confessionale. E lì, quando quell’uomo o quella donna ti mostra la sua miseria – attenzione! che è la stessa che hai tu e da cui Dio ti ha salvato, per non farti arrivare fino a lì – quando ti mostra la sua miseria, per favore, non sgridarlo, non punirlo, non castigarlo. Se non hai peccato, tira la prima pietra, ma solo a questa condizione. Se no, pensa ai tuoi peccati. E pensa che tu puoi essere quella persona. E pensa che tu, potenzialmente, puoi arrivare ancora più in basso. E pensa che tu, in quel momento, hai un tesoro tra le mani, che è la misericordia del Padre.
L’occhio di carne, l’occhio di vetro (Centro Félix Varela di L’Avana, incontro con i giovani, 21 settembre 2015): Una parola si è imposta con forza: sognare. Uno scrittore latinoamericano diceva che noi uomini abbiamo due occhi, uno di carne e uno di vetro. Con l’occhio di carne vediamo ciò che guardiamo. Con l’occhio di vetro vediamo ciò che sogniamo. Bello, vero? (…) Non ci chiudiamo nelle conventicole delle ideologie o delle religioni. (…) Quando una religione diventa conventicola, perde il meglio che ha, perde la sua realtà di adorare Dio, di credere in Dio. E’ una conventicola. E’ una conventicola di parole, di preghiere, di “Io sono buono, tu sei cattivo”, di prescrizioni morali.
Chiesa cubana (Plaza de la Revolucion di Holguín, omelia della messa papale, 21 settembre 2015): So con quale sforzo la Chiesa a Cuba sta lavorando per portare a tutti, anche nei luoghi più remoti, la parola e la presenza di Cristo. Una menzione speciale meritano le cosiddette ‘case di missione’, che, data la scarsità di chiese e sacerdoti, consentono a molte persone di avere un luogo per la preghiera, l’ascolto della Parola, la catechesi e la vita comunitaria.
Rivoluzione della tenerezza e Chiesa in uscita (Santuario della Virgen de la Caritad del Cobre, omelia della messa papale, 22 settembre 2015): Generazione dopo generazione, giorno dopo giorno, siamo invitati a rinnovare la nostra fede. Siamo invitati a vivere la rivoluzione della tenerezza come Maria, Madre della Carità. Siamo invitati a “uscire di casa”, a tenere gli occhi e il cuore aperti agli altri. La nostra rivoluzione passa attraverso la tenerezza, attraverso la gioia che diventa sempre prossimità, che si fa sempre compassione – che non è pietismo, è patire-con, per liberare – e ci porta a coinvolgerci, per servire, nella vita degli altri. (…) Come Maria, Madre della Carità, vogliamo essere una Chiesa che esca di casa per gettare ponti, abbattere muri, seminare riconciliazione. Come Maria vogliamo essere una Chiesa che sappia accompagnare tutte le situazioni ‘imbarazzanti’ della nostra gente, impegnati nella vita, nella cultura, nella società, non nascondendoci ma camminando con i nostri fratelli, tutti insieme.
Il groppo alla gola dell’arcivescovo di Santiago (ibidem, ringraziamento di monsignor Dionisio Guillermo Garcia Ibaňez): Sentiamo vicina la Vergine della Carità del Cobre e sappiamo che essa è sorgente di unione, consolazione e speranza. I cubani in patria o lontani da essa (NdR: a questo punto mons. Garcia Ibaňez si è interrotto per alcuni secondi in un silenzio impressionante della basilica, evidentemente commosso nel pensare ai cubani esuli) la tengono nel cuore perché sanno che è la madre di tutti, senza distinzione. Credenti e non credenti la consideriamo un simbolo evidente di cubanità, poiché in essa vediamo riflessi i migliori aneliti e le migliori aspirazioni del nostro popolo. NdR: Una famiglia cubana ha poi offerto al Papa una copia della Virgen de la Caritade del Cobre per ricordargli i tanti cubani lontani dalla patria, per ragioni politiche o economiche.
La carezza alla creatura in grembo (cattedrale di Santiago de Cuba, discorso del Papa alle famiglie, 22 settembre 2015): Abbiamo cura delle nostre famiglie, veri spazi di libertà. Abbiamo cura delle nostre famiglie, veri centri di umanità. A questo punto mi viene un’immagine, quando nell’udienza del mercoledì passo a salutare la gente e tante donne mi mostrano il loro grembo (NdR: fa il gesto), per la benedizione. Propongo una cosa a tutte le donne che sono incinte di speranza, perché il figlio è una speranza. Toccatevi il grembo e ad ogni bambino o bambino io do la mia benedizione. Desidero che nasca sano, che cresca bene. Accarezzate il figlio che state aspettando. Io do la mia benedizione (Invito papale molto bello questo dell’accarezzarsi il grembo, che Francesco benedice).
Dissidenti /1/ (conferenza-stampa sull’aereo Santiago de Cuba-Washington): (Il Papa risponde a una domanda sull’arresto di diversi dissidenti fuori dalla Nunziatura a L’Avana) Anzitutto non ho notizie che sia successo questo: non ne ho alcuna notizia. Qualcuno potrebbe dire: sì, no, non so… Direttamente non so (Lecito chiedersi: non è che il Papa non sia stato informato adeguatamente? Chi avrebbe dovuto farlo? La Nunziatura? Forse in questa occasione il cardinal Ortega, che in una recente intervista aveva negato l’esistenza a Cuba di prigionieri politici?)
Dissidenti / 2 (Ibidem): (Il Papa risponde alle domande se avrebbe voluto incontrare alcuni dissidenti e che cosa avrebbe detto loro) Le sue due domande sono futuribili…Mi piacerebbe che succedesse. A me piace incontrare la gente. Prima di tutto perché ritengo che tutte le persone siano figli di Dio, per diritto. In secondo luogo sempre un incontro con una persona arricchisce. Sì, mi piacerebbe incontrarmi con loro (Lecito chiedersi: ma la risposta non è un po’ vaga, considerata la condizione particolare dei dissidenti, che a Cuba sono dei perseguitati?)
Dissidenti/ 3 (Ibidem) (II parte della risposta) Se Lei desidera che le parli ancora di dissidenti, le posso dire qualcosa di molto concreto. Prima di tutto era ben chiaro che io non avrei dato alcuna udienza, perché hanno chiesto udienza non soltanto i dissidenti, ma anche persone di altri settori, compresi diversi capi di Stato (NdR: Leggi: la ‘presidenta’ argentina Kirchner, già ricevuta molte volte a Santa Marta). No, io sono in visita nel Paese e solamente questo. Non era prevista alcuna udienza; né con i dissidenti né con altri. Secondo: dalla Nunziatura ci sono state chiamate telefoniche con alcune persone, che fanno parte di questo gruppo di dissidenti…Il compito del Nunzio era quello di comunicare loro che con piacere, al mio arrivo alla Cattedrale per l’incontro con i consacrati, avrei salutato quelli che erano lì. Un saluto. Questo sì, è vero… Ma visto che nessuno si è presentato nei saluti (NdR: per caso non sono stati arrestati dalla Seguritad castrista mentre si avviavano all’appuntamento?), non so se c’erano o non c’erano. Io ho salutato tutti quelli che erano lì. Soprattutto ho salutato i malati, coloro che erano in sedia a rotelle…Ma nessuno si è identificato come dissidente (Lecito chiedersi: a parte la carenza di informazioni – non difficili da procurarsi considerate le notizie apparse nei mass-media internazionali, specie in quelli di lingua spagnola – è errata l’impressione che, in questa visita, i dissidenti (spesso cattolici praticanti perseguitati dal regime perché chiedono libertà religiosa, di opinione, cambiamenti in senso democratico delle istituzioni cubane) non siano stati minimamente considerati (e ringraziati per la testimonianza cristiana offerta quotidianamente) da papa Francesco?Per quali motivi? Se fossero di 'prudenza' diplomatica, ciò significherebbe che il clima è ancora pesante e che il regime non è poi così decisamente avviato sulla via del riconoscimento della libertà religiosa, come sbandierato anche da esponenti della Chiesa cubana... Ha dichiarato all’emittente NB6 un uomo del regime, l’ex-presidente dell’Assemblea nazionale cubana Ricardo Alarcon: “Credo che il Papa sia un uomo molto occupato e che abbia cose molto più importanti che servire i media statunitensi. Immagino che sia troppo occupato per perdere tempo con persone e argomenti che non sono importanti”. Domande conclusive: se papa Francesco ha dedicato quaranta minuti a Fidel Castro, personalità politica di rilievo, ma anche oppressore spietato, non avrebbe potuto trovare uno spazio da pastore per incontrare chi prova giornalmente e dolorosamente sulla sua pelle - ad opera del regime castrista - che cosa significa voler essere cattolico e cittadino autentico? I dissidenti cubani non sono forse parte a pieno titolo della categoria evangelica dei ‘poveri, sofferenti, emarginati’ che sta nel cuore del Papa?