CHIESA 'APERTA': CHE SIGNIFICA?
Una riflessione di don Willy Volonté, rettore del Seminario diocesano di Lugano - 2 marzo 2013
In questi momenti nella Chiesa qualche confusione c'è, ma soprattutto c'è anche il desiderio e il bisogno di chiarire parole o pensieri o desideri che vanno formulandosi. Come diceva il sociologo A. Mc Intyre nel suo After Virtus,oggi le parole sono diventate dei gusci vuoti, come quelle uova che si bevevano da piccoli per rinforzarci, dove si facevano due buchini invisibili e poi si succhiava il contenuto. All'apparenza esteriore sembravano uova piene, ma dentro non c'era più alcuna sostanza. Sarebbe allora interessante capire certe parole, (che infine sono opzioni operative e programmatiche) che sono diventate gusci vuoti e che si vanno ripetendo ad effetto. Ad es. la Chiesa deve essere più aperta. Che cosa significa "aperta"? Che per esercitare la sinodalità o la collegialità dobbiamo nominare le donne cardinali come afferma il dimissionario abate di Eisiedeln? Oppure che dobbiamo accreditare le coppie gay come se fossere coppie naturali? Oppure togliere il celibato ai preti? Non entro nel merito, ma che cosa significa una Chiesa più "aperta"? Abolire la Curia romana e che il Papa viva in un appartamento di un condominio per sembrare povero? Vorrei proprio capire quando si dice che il Vaticano II è un Concilio incompiuto che cosa s'intende e che cosa manca per compierlo? Perchè qui si richia di non capire più il senso delle parole (od opzioni operatve) che usiamo. È ora che si esca allo scoperto e si usino le parole per quello che vogliono dire cioè con un contenuto proprio e manifesto.