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    DA DOMANI IN SISTINA

    DA DOMANI IN SISTINA – di GIUSEPPE RUSCONI – ‘CORRIERE DEL TICINO’ dell’11 marzo 2013

     

    L’ “Extra omnes” -“Fuori tutti” dalla Cappella Sistina - ormai incombe (domani inizia il Conclave) e non sono pochi ieri i cardinali elettori che hanno scelto l’ultima domenica ‘libera’ per celebrare la messa domenicale nella chiesa di cui sono titolari.

     

    Grande lo spiegamento mediatico, soprattutto là dove si è ritenuto celebrassero dei ‘papabili’, categoria in realtà molto aleatoria e soggetta ai colpi di vento dello Spirito. Che, in questo caso come nel 1978 (vedi l’elezione di Karol Wojtyla), potrebbe cadere su un outsider.

    Tante telecamere per uno dei favoriti dei media, Angelo Scola, che ha celebrato ai Santi Apostoli. Per l’arcivescovo di Milano – uomo di grandi idee – il cammino non sarà facile, considerata da una parte la sua origine ciellina (oggi scomoda per i comportamenti amministrativi di taluni esponenti del movimento), dall’altra il rimprovero insidioso e ricorrente di non saper parlare con semplicità.

    Altro favorito sui giornali è il brasiliano di origine tedesca Pedro Odilo Scherer, arcivescovo di San Paolo e frequentatore della Curia Romana da membro di importanti commissioni economico-finanziarie. Ha celebrato nella chiesa di Sant’Andrea al Quirinale. Si dice sia appoggiato da buona parte della Curia, ma ciò non basterebbe per raggiungere i 77 voti necessari.  

    Molto coccolato dai media (solo posti in piedi a Santa Maria della Vittoria) è il cappuccino Sean Patrick O’Malley, arcivescovo di Boston. Gli è stato chiesto di risollevare le sorti dell’arcidiocesi, affondata dallo scandalo degli abusi sessuali. Con il suo fare semplice e modesto, c’è riuscito. Tuttavia ha uno svantaggio importante: un Papa statunitense molto difficilmente potrebbe essere digerito dal resto del mondo. 

    Ridanciano, ‘alla mano’ e molto dinamico Timothy Dolan, arcivescovo di New York. Folla anche per lui a Nostra Signora di Guadalupe. E’ statunitense (vedi sopra) e viene spesso presentato dai media come l’incarnazione, tra ingenua e baldanzosa, del sogno americano applicato alla Chiesa cattolica.

    Se si consultano le gallerie dei ‘papabili’ dei grandi giornali (dove mancano diversi solidi outsider)  si notano volti che non hanno quasi nessuna possibilità di essere scelti (magari già per un’età attorno agli ottant’anni). Le ragioni sono diverse. C’è chi, benché uomo di qualità e senza colpe personali come il cardinale franco-canadese Ouellet, ha un gravissimo svantaggio: un fratello condannato nel 2009 per molestie sessuali a due ragazzine. Oppure c’è chi, come il cardinale ghanese Turkson, si ritiene parli troppo a ruota libera. Il cardinale austriaco Schoenborn, che pure intellettualmente è di buon livello, si è scontrato più volte con la Curia; lo si critica poi aspramente per la conferma a presidente di un Consiglio parrocchiale di un omosessuale praticante. Perdipiù è di lingua tedesca e ciò lo sfavorisce dopo Joseph Ratzinger. Sul cardinale Ravasi pesano invece la mancanza di esperienza pastorale e le critiche diffuse ai contenuti ritenuti deboli del suo dialogo con i non credenti.

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