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    IL CARD. ZEN SUI CATTOLICI CINESI

    ROSSOPORPORA DI DICEMBRE 2010 - 'IL CONSULENTE RE ONLINE'

    Critiche all'atteggiamento della diplomazia vaticana verso la Cina da parte dell'arcivescovo di Hong Kong. I cardinali Bagnasco e Ruini al 'Forum del progetto culturale' della Cei. Il card. Rosales e i musulmani nelle Filippine. Il card. George sui valori irrinunciabili negli USA. Il card. Poletto ha salutato Torino. Morti i cardinali Navarrete e Giordano

    Tra gli argomenti che, per la serietà dei contenuti e per i loro sviluppi improvvisi, hanno tenuto banco negli ultimi mesi nel dibattito vaticano quello dei rapporti con la Cina. Soprattutto per gli atti del governo di Pechino e per il grande lavoro di informazione e di sensibilizzazione svolto da un cardinale che da sempre lotta per la libertà religiosa nel suo Paese: il settantottenne Joseph Zen Ze-Kiung, pastore di Hong-Kong, nato a Shangai. E' anche per merito suo che la linea diplomatica (si sviluppa in condizioni difficili e non è certo facile da calibrare) della Santa Sede nei confronti del gigante cinese è divenuta nell'ultimo mese più coerente, chiara, coraggiosa.

    Riassumiamo con ordine quanto è accaduto, fondandoci molto sulle notizie pubblicate dalla benemerita agenzia Asia News. Il 18 novembre – con una dichiarazione della Sala Stampa – il Vaticano ha avvertito la Cina che avrebbe ritenuto la prevista ordinazione episcopale di padre Joseph Guo Jincai (vicesegretario generale dell'Associazione Patriottica Cattolica Cinese, collaborazionista) come un atto "illecito e pregiudizievole delle relazioni costruttive" tra i due Stati.

    Il 19, in occasione della giornata "di studio e riflessione" pre-Concistoro, il cardinale Zen ha informato i confratelli, presente il Papa, della realtà del calvario cinese, criticando la diplomazia vaticana giudicata troppo debole, all'acqua di rose. Riportiamo alcuni stralci dell'accorato intervento del porporato salesiano: "Penso sia mio dovere (...) informare i miei eminentissimi fratelli che in Cina non c'è ancora libertà religiosa. C'è in giro troppo ottimismo che non corrisponde alla realtà. Qualcuno non ha modo di conoscere la realtà; qualcuno chiude gli occhi davanti alla realtà; qualcuno intende la libertà religiosa in senso assai riduttivo".

    Più in là: "Mi domando: perché non si è ancora arrivati a un accordo che garantisca l'iniziativa del Papa nello scegliere i vescovi, pur ammettendo uno spazio al parere al governo cinese? (...) Tra gli esperti che seguono da vicino le vicende, l'impressione generale è che da parte nostra vi sia una strategia di compromesso, se non ad oltranza, almeno di preponderanza. Dall'altra parte, invece, non si vede nessuna intenzione di cambiare. I comunisti cinesi sono sempre rimasti con la politica religiosa di assoluto controllo. Da noi tutti sanno che i comunisti schiacciano chi si mostra debole, mentre davanti alla fermezza, qualche volta possono anche cambiare l'attitudine".

    Ancora: "La povera comunità clandestina (...) si sente oggi frustrata. Mentre trova molte parole di incoraggiamento nella Lettera del Santo Padre, si vede d'altra parte trattata come fastidiosa, ingombrante, di disturbo. E' chiaro che qualcuno vuol vederla scomparire e assorbita in quella ufficiale, cioè sotto lo stesso stretto controllo del governo (così ci sarà pace!). Ma come si trova la comunità ufficiale? Si sa che in essa quasi tutti i vescovi sono legittimi o legittimati. Ma il controllo asfissiante e umiliante da parte di organismi che non sono della Chiesa (...) non è per niente cambiato). Quando il Santo Padre riconosce quei vescovi senza esigere che essi si distacchino subito da quella struttura illecita, è ovviamente nella speranza che essi lavorino dal di dentro di quella struttura per liberarsene. (...) Ma dopo tanti anni che cosa vediamo? Pochi vescovi hanno vissuto all'altezza di tale speranza. Molti hanno cercato di sopravvivere comunque; non pochi, purtroppo, non hanno posto atti coerenti col loro stato di comunione con il Papa. Qualcuno li descrive così: Viaggiano felici sulla carrozza della Chiesa indipendente e si accontentano di gridare ogni tanto: Via il Papa!

    Lo stesso porporato salesiano reagisce così – in una dichiarazione inviata ad Asia News - alla notizia che l'ordinazione di Joseph Guo Jincai è avvenuta il 20 novembre a Chengde: "Sono comodamente seduto nella basilica di San Pietro illuminata a festa. Fra poco il Santo Padre procederà a creare 24 nuovi cardinali. Ma non mi sento intonato a festa, avendo appreso la triste notizia: ciò che non doveva più accadere è accaduto di nuovo. Hanno ordinato in Cina un altro vescovo senza il mandato pontificio ed i vescovi che hanno preso parte al rito erano addirittura otto! Ma sono stati tutti sequestrati e trascinati in chiesa? Sappiamo che qualcuno avrebbe potuto rifiutare di partecipare". Scrive ancora il cardinale Zen, facendo riferimento alle imponenti misure di sicurezza adottate per l'occasione: "Il sequestro delle persone, le comunicazioni tagliate, il grande dispiegamento di forze di polizia come per affrontare dei criminali... Ma non viviamo nel XXI secolo inoltrato? Questo stile fascista, questi modi da banditi, gettano il discredito sulla nostra nobile nazione. (...) E' questa la cosiddetta società armoniosa? Signore, svegliati e vieni in nostro aiuto!"

    Dura questa volta la reazione ufficiale della Santa Sede all'ordinazione illecita. Esprimendo "il profondo rammarico" del Santo Padre e rilevando che il reverendo Joeph Guo Giuncai si trova "in una gravissima condizione canonica", avverte la Cina: "La pretesa di mettersi al di sopra dei vescovi e di guidare la vita della comunità ecclesiale non corrisponde alla dottrina cattolica, offende il Santo Padre, la Chiesa in Cina e la Chiesa universale, e rende più intricate le difficoltà pastorali esistenti".

    All'inizio del mese altro grave incidente, legato allo svolgimento dell'ottava assemblea nazionale dei cattolici cinesi, svoltasi dal 7 al 9 dicembre e posta sotto il titolo supersignificativo: Sostenere i principi per una Chiesa patriottica indipendente, resistere alle forze esterne alla nazione e unire tutto il clero e i cattolici per camminare sul sentiero della società socialista. Chi erano i partecipanti? Cattolici collaborazionisti e cattolici costretti con la forza ad andare a Pechino (diversi i vescovi sequestrati). Molto dura la reazione della Santa Sede che, in un comunicato del 17 novembre, si rammarica profondamente" per gli "ultimi fatti", che "hanno danneggiato unilateralmente il dialogo e il clima di fiducia" tra Vaticano e Cina; ricorda ai partecipanti che non sarebbero dovuti andare all'Assemblea; denuncia la grave violazione dei diritti umani posta in essere con i sequestri di alcuni vescovi; esprime la sua stima profonda a chi ha testimoniato la fede con coraggio; invita gli altri a pregare e fare penitenza, e a riaffermare con le opere la propria volontà di seguire Cristo con amore, in comunione con la Chiesa universale. Si è chiesto a tale proposito il cardinale Zen: "Non è stata una sconfitta per la Chiesa se tanti vescovi, preti e suore e fedeli hanno partecipato all'Assemblea? Non possiamo dire di no. Dove è andata a finire la forza della fede?"

    Dal 2 al 4 dicembre il complesso monumentale romano di Santo Spirito in Sassia ha ospitato il X Forum del progetto culturale della Chiesa italiana. Un appuntamento importante, ricco di voci autorevoli che in questa edizione si sono occupate dell'Italia a 150 anni dalla nascita, avvenuta storicamente nel 1861. In questa sede ci occupiamo degli interventi cardinalizi che hanno aperto e chiuso l'incontro: il saluto molto sostanzioso del cardinale Angelo Bagnasco e le riflessioni conclusive del suo predecessore alla testa della Conferenza episcopale italiana, cardinale Camillo Ruini, che il ciclo dei Forum - iniziato nel 1997- ha voluto con grande determinazione per testimoniare a tutti l'importanza di un cattolicesimo vivace nel tessuto sociale e culturale della Penisola. Sono giornate da cui anche intellettuali, politici e maîtres à penser del laicismo più vario - normalmente ciechi e sordi a ciò che profuma di cattolicesimo (pannelliani e affini in testa, ben coadiuvati da sinistri che hanno sostituito la lotta anticattolica a quella sociale e da destri che hanno riscoperto il Mussolini sansepolcrista, conservatore o progressista a seconda delle convenienze) - possono senza troppi sforzi evincere il radicamento profondo nel Paese di una realtà antica e ancora in grado di progettare seriamente il futuro a beneficio dell'intera comunità nazionale.

    Veniamo al saluto del cardinale Bagnasco, un testo posto sotto il titolo eloquente I cattolici 'soci fondatori' del Paese. Ribadito che la ricorrenza dei 150 anni "vede la Chiesa unita a tutto il Paese nel festeggiare l'evento fondativo dello Stato unitario", il presidente della Cei ha aggiunto significativamente: "Già questa constatazione è sufficiente 'per misurare la distanza che ci separa dalla breccia di Porta Pia, l'importanza del cammino comune percorso e la parzialità di talune letture che enfatizzano contrapposizioni ormai remote".

    L'Italia, ha proseguito il porporato sessantasettenne, esisteva già de facto prima dell'unità politica. Ed era un'Italia cristiana: "Ben prima del 1861 la nostra realtà nazionale - per quanto frammentata in mille rivoli feudali, poi comunali, quindi statali – aveva conosciuto una profonda sintonia in virtù dell'eredità cristiana. Ne è prova assai significativa la persona di san Francesco d'Assisi, cui si lega il ripetuto uso del termine Italia, ancora poco corrente nel Medioevo". Oltre al Poverello "sono innumerevoli le figure – anche femminili, come santa Caterina da Siena – a dare un incisivo contributo alla crescita religiosa e allo sviluppo sociale e perfino economico della nostra Penisola". Che cosa significa questo in termini identitari? L'unico sentimento che accomunava gli italiani, a qualsiasi ceto sociale appartenessero e in qualunque degli Stati preunitari vivessero, era quello religioso e cattolico". E, sia ben chiaro, "affermare questa origine dell'Italia non significa ingenuamene rimarcare diritti di primogenitura, ma solo cogliere la segreta attrazione tra l'identità profonda di un popolo e quella che sarebbe diventata la sua forma storica unitaria, per altro non senza gravi turbamenti di coscienza e, per lungo tempo, irrisolti conflitti istituzionali".

    L'Italia dunque non è stata 'inventata' nel 1861, ma è proprio "in quel momento che, per una serie di combinazioni, veniva a compiersi anche politicamente, una nazione che da un punto di vista geografico, linguistico, religioso, culturale e artistico era già da secoli in cammino". Per il cardinale Bagnasco è allora che venne generato"un popolo", che, se è necessario per fare uno Stato, "non è tale in forza dello Stato", poiché "lo precede in quanto non è una somma di individui ma una comunità di persone, e una comunità vera e affidabile è sempre di ordine spirituale ed etica, ha un'anima". Attenti, però, che "se l'anima si corrompe, allora diventa fragile l'unità del popolo, e lo Stato si indebolisce e si sfigura". Quand'è che ciò può accadere? "Quando si oscura – ecco l'avvertimento del presidente della Cei – la coscienza dei valori comuni, della propria identità culturale". Qual è qui il compito dello Stato? "Deve essere attento a preservare e a non danneggiare" l'unità culturale che cementa un popolo, perché "sarebbe miope ed irresponsabile attentare a ciò che unisce in nome di qualsivoglia prospettiva".

    La "presenza dinamica" dei cattolici in Italia documenta di "un patrimonio che ispira un sentire comune diffuso, che identifica senza escludere, che fa riconoscere, avvicina, sollecita il senso di cordiale appartenenza e di generosa partecipazione alla comunità ecclesiale, alla vita del borgo e del paese, delle città e delle regioni, dello Stato". In effetti è vero che "quanto più l'uomo ripiega su se stesso, tanto più il tessuto sociale si sfarina e ognuno tende a estraniarsi dalla cosa pubblica, sente lo Stato lontano". Ed è altrettanto vero che, "quanto più lo Stato diventa autoreferenziale, chiuso nel Palazzo, tanto più rischia di ritrovarsi vuoto e solo, estraneo al suo popolo".

    L'arcivescovo di Genova ha poi insistito sul fatto che "nella sollecitudine per il bene comune rientra l'impegno a favore dell'unità nazionale, che resta una conquista preziosa e un ancoraggio irrinunciabile". Presupposto necessario perché "nel terreno fertile dello stare insieme si impianti anche un federalismo veramente solidale: uno stare insieme positivo che non è il trovarsi accanto selezionando gli uni o gli altri in modo interessato, ma che è fatto di stima e rispetto, di simpatia, di giustizia, di attenzione operosa e solidale verso tutti, in particolare verso chi è più povero, debole, indifeso".

    Ha chiuso invece il Forum il cardinale Camillo Ruini, che nel settembre del 1994 avanzò la proposta di un "progetto culturale ... orientato e ispirato in senso cristiano" e oggi – conclusa la lunga permanenza alla testa della Cei – è del Comitato per il progetto culturale l' "appassionato Presidente" (così il cardinale Bagnasco). Per il porporato emiliano "non si possono individuare ragionevolmente delle prospettive per l'Italia di oggi prescindendo dal contesto geo-politico globale", in cui "l'Europa vede diminuire il proprio ruolo economico e politico e anche, per certi aspetti, la sua influenza culturale". Nel contempo "non diminuisce, ma piuttosto aumenta, per i Paesi che le appartengono, la necessità che l'Europa trovi la strada di una sua interna unità e solidarietà più vera e più realistica".

    Il porporato settantanovenne ha richiamato poi lo "strano odio" dell'Europa verso se stessa - più volte denunciato da Joseph Ratzinger, cardinale e Papa – che "è la ragione più profonda della sua crisi". Aggiunge il cardinale Ruini, che "questo odio chiama in causa anche il cristianesimo". Dapprima perché "il cristianesimo sembra essere l'oggetto principale dell'odio e del distacco dell'Europa da se stessa e dalle sue radici". Poi "l'odio di sé ha in qualche modo intaccato il cristianesimo stesso, gli uomini e le donne in cui esso si incarna, svuotandolo dall'interno del suo vigore e del suo fascino". Urgente perciò che lo stesso cristianesimo ritrovi "la propria unità, nel senso di andare avanti nel cammino dell'ecumenismo, ma anche di superare quelle fratture e polarizzazioni interne che sono in larga misura trasversali alle diverse Chiese e confessioni cristiane".

    Passando all'Italia e commentando la relazione del professor Ornaghi (rettore dell'Università cattolica del Sacro Cuore) sulla difficile 'riformabilità' del sistema, ha rilevato tra l'altro il cardinale Ruini: "Avendo seguito in maniera costante e partecipe le vicende della politica italiana dall'ormai lontano 1948, posso dire che mai, nemmeno nelle condizioni che avrebbero dovuto essere più favorevoli – come ad esempio quelle dei governi De Gasperi dopo le elezioni del '48 – l'esecutivo ha goduto nell'Italia repubblicana di una vera e sicura stabilità: è questo un elemento di debolezza relativa dell'Italia in confronto agli altri grandi Paesi europei". Che cosa suggerisce a tale proposito "come opinione personale"il presidente emerito della Cei? "Un contributo al funzionamento del nostro sistema politico potrebbe venire da un rafforzamento istituzionale dell'esecutivo (...), Per la medesima ragione mi sembra importante mantenere, in una forma o nell'altra, un sistema elettorale di tipo maggioritario". Un suggerimento, quello del cardinale Ruini che fa il paio con la soddisfazione molto significativa espressa del confratello Bagnasco, dopo il contrastato voto parlamentare del 14 dicembre a favore del governo: "Ripetutamente gli italiani si sono espressi con un desiderio di governabilità e questo desiderio, espresso in modo chiaro e democratico, deve essere da tutti rispettato e da tutti perseguito con buona volontà e onestà".

    Torniamo all'intervento conclusivo del cardinale Ruini, in cui il porporato ha indicato un'altra 'debolezza' del sistema Italia (pur condivisa con diversi altri Paesi): la denatalità, "radicata nel senso della vita, nella cultura e nell'organizzazione sociale". Una vera calamità, che ha già prodotto effetti gravi e nel medio periodo ne produrrà di "più gravi" ancora. Ha rilevato qui l'oratore: "Oggi, finalmente, anche le classi dirigenti italiane incominciano a prendere coscienza di questa debolezza, mentre – a livello non solo europeo ma ormai mondiale – la tanto paventata bomba demografica sembra destinata a un anticipato disinnesco". Le stesse classi dirigenti italiane dovrebbero però "valorizzare ben di più quello che rimane un grande punto di forza dell'Italia, e cioè la profondità e la tenacia dei legami familiari, che spesso vengono invece considerati come un nostro motivo di arretratezza". Una considerazione quest'ultima "smentita concretamente dalle capacità di resistere all'attuale crisi economica, capacità che per l'Italia dipendono in larga misura dal ruolo e dal risparmio delle famiglie".

    In visita ad limina con un folto gruppo di verscovi filippini, il cardinale Gaudencio Rosales ha rilasciato un'ampia intervista a L'Osservatore Romano del 28 novembre. A proposito dei rapporti con la minoranza musulmana, che le notizie provenienti dalla parte meridionale del Paese mostrano da tempo assai problematici, ha osservato l'arcivescovo di Manila: "La popolazione delle Filippine (NdR: circa 93 milioni di abitanti) è a grande maggioranza cattolica, circa l'84%. (...) I musulmani sono circa il 4%. La maggioranza dei filippini è favorevole al dialogo, alla fratellanza, alla collaborazione e al rispetto. Ciò può essere un modello? Credo che, come accade anche in altri Pesi e non solo nelle Filippine, vi siano delle espressioni di violenza e dei fenomeni di intolleranza religiosa. Solo nel sud della nostra nazione riscontriamo alcune tensioni con i musulmani. Ma per larga parte la convivenza è pacifica". Il settantottenne porporato ha anche evidenziato l'apporto dei laici alla vita quotidiana del cattolicesimo filippino: "Dopo il Concilio i laici hanno un ruolo molto attivo nell vita della Chiesa e partecipano volentieri alle iniziative promosse. E questo è bellissimo. Uno dei tanti compiti che svolgono è quello di guidare le comunità sparse per i villaggi che si trovano nelle montagne lontano dai centri abitati". Le donne? "Hanno un loro ruolo nella Chiesa, insegnano catechismo, educano i bambini, e sostengono i poveri nelle città". I giovani? "spesso sono la maggioranza in molti gruppi ecclesiali e le parrocchie organizzano molte iniziative rivolte proprio a loro".

    Il cardinale Rosales, dopo aver ricordato i dieci milioni di filippini nel mondo ('accompagnati' nel loro cammino spirituale da oltre mille sacerdoti e più di duemila suore), ha osservato che ci sono certo dei cattolici nel governo nazionale: tuttavia, se "i più seri tra loro" mettono in pratica i principi della dottrina, "alcuni la dimenticano e fanno esattamente il contrario di quello che un cattolico dovrebbe fare per il suo Paese". Bisogna stare attenti ai politici: essi "rispettano la Chiesa nelle Filippine perché sanno che essa ha influenza sulla gente(...) Essi diventano amici della Chiesa e se ne servono per raggiungere i loro scopi; diranno invece che la Chiesa non è buona, quando non si presta ai loro obiettivi". Infine l'arcivescovo di Manila si occupa del progetto sulla riforma agraria (purtroppo "indebolito" dalla comunanza di interessi tra "molti ricchi e i politici") e del progetto di legge sulla pianificazione delle nascite: "Le leggi che attentano alla dignità della vita umana – ha rilevato il presule – sono già in vigore in vari Paesi e si è tentato di imporle anche nelle Filippine. Al momento, però, i cattolici sono uniti e le leggi non sono state approvate. La Conferenza episcopale si oppone e mai coopereremo con i gruppi che portano avanti iniziative contro la vita".

    Cambio della guardia all'Ambasciata d'Italia presso la Santa Sede. Dal 15 dicembre Antonio Zanardi Landi è entrato in funzione come nuovo ambasciatore italiano a Mosca e gli è subentrato Francesco Maria Greco. Per salutare ufficialmente quello che si è dimostrato un grande amico del Vaticano, il cardinale Tarcisio Bertone ha offerto un ricevimento dentro i Giardini vaticani, alla Casina Pio IV. Erano presenti altri sei cardinali (Sodano, Re, Ouellet, Cottier, Levada e Ravasi., oltre a Gianni Letta, prelati vari e diversi ambasciatori. Nel saluto finale il Segretario di Stato ha evidenziato la sensibilità culturale del diplomatico friulano: "Credo di poter dire – ha rilevato – che la magnifica cornice in cui ci troviamo, che ci parla di storia, di cultura, di scienza e di arte, si addica particolarmente al nostro incontro in onore dell'ambasciatore Zanardi Landi". Il quale "ha saputo fare della cultura nelle sue varie espressioni uno strumento privilegiato per svolgere la sua delicata missione". Non casualmente "in via delle Belle Arti si sono ritrovate persone di tutte le classi, le provenienze, le posizioni politiche e culturali, in un incontro pacifico, sereno e costruttivo". Si è chiesto poi il cardinale Bertone se non sia proprio questo lo scopo della diplomazia: "I diplomatici dovrebbero essere coloro che – per usare un'espressione cara al beato Giovanni XXIII – cercano di promuovere ciò che unisce e non quello che divide". In tal senso e gettando uno sguardo al futuro, il porporato salesiano in conclusione si è detto convinto che l'ambasciatore Zanardi Landi saprà sfruttare le sue grandi doti, arricchite dall'esperienza degli ultimi tre anni "sulle rive del Tevere, presso il colle Vaticano" anche a Mosca. E' lecito ipotizzare – rilevano gli osservatori – che la presenza di un diplomatico di tale esperienza nella "terza Roma" potrà accelerare il vagheggiato incontro tra il Papa e il Patriarca Kyrill.

    Dal 15 al 18 novembre si è svolta a Baltimora l'assemblea generale dei vescovi statunitensi, l'ultima da presidente per il cardinale Francis Eugene George. L'arcivescovo di Chicago in un discorso con molta sostanza ha rivendicato ai vescovi il diritto e il dovere di parlare a voce alta in presenza di progetti di legge contrari ai diritti dell'uomo. Come riporta L'Osservatore Romano del 27 novembre, il porporato settantatreenne ha esordito ricordando l'elezione di Barack Obama con le parole seguenti: "Con l'elezione del primo afro-americano alla presidenza di questo Paese, si è prodotto un cambiamento culturale, che, indipendentemente dalle simpatie politiche, si può accogliere soltanto come un evento di importanza storica e tale è stato considerato da noi e dal resto del mondo". Ha continuato il cardinale George ricordando la partecipazione dei vescovi al dibattito sulla legge relativa all'assistenza sanitaria: essi hanno ripetuto "la stessa cosa che dicono da cento anni in questo Paese e cioè che in una buona società tutti dovrebbero essere assistiti, in particolare i poveri". Tuttavia i vescovi hanno poi avuto l'obbligo di valutare se certi strumenti di assistenza erano confacenti alle norme morali, "se la legislazione proposta utilizzasse fondi pubblici per uccidere quanti sono nel ventre materno". Qui il porporato è stato chiaro: "In maniera coerente, e sempre più insistente da quando il peccato, nonché crimine, dell'interruzione di gravidanza è stato legalizzato negli Stati Uniti, abbiamo detto le stesse cose sostenute dai vescovi della Chiesa cattolica fin da quando i primi cristiani condannarono le pratiche abortive degli antichi romani". Il fatto è che "l'atto è immorale: e anche le leggi che hanno permesso l'omicidio di ormai più di cinquanta milioni di bambini nel ventre materno del nostro Paese sono immorali e ingiuste. Sono leggi che distruggono la nostra società".

    A proposito della situazione in Iraq, il cardinale George è stato altrettanto netto: "Dalla conquista di Baghdad in poi è stato evidente a tutti gli uomini di buona volontà che, sebbene siano i gruppi musulmani a essere in conflitto gli uni con gli altri, sono soltanto i cristiani a non avere avuto nessuna protezione dopo l'invasione americana dell'Iraq". Occorre anche rilevare che le sfide al cattolicesimo negli Stati Uniti "impallidiscono di fronte al martirio dei fratelli e delle sorelle in Iraq e alla persecuzione attiva dei cattolici in altre parti del Medio Oriente, in India e in Pakistan, in Cina e in Vietnam, in Sudan e nei Paesi africani dove c'è il conflitto civile". Il che non significa però, aggiungiamo noi, sottovalutare la gravità della situazione in alcuni Paesi europei, in cui non scorre il sangue, ma la lotta anticattolica è sempre più insidiosa e culturalmente violenta. Vedi gli ultimi esempi: come riferisce il Daily Telegraph, nelle scuole della Gran Bretagna l'Unione europea ha distribuito oltre 300mile agende del 2011 in cui sono ben citate le festività musulmane, indù, sikh, ebraiche, cinesi, ma nessuna cristiana (anche il 25 dicembre non c'è niente). Non c'è allora da stupirsi che i cartoncini augurali della stessa Unione europea riportino soltanto la dicitura Auguri di stagione. Giunge poi notizia dalla Spagna (e ti pareva!) che – come riferisce il Diario de Cadiz - un professore dell'istituto Menendez Tolosa della Linea de la Conception è indagato dalla polizia giudiziaria – su denuncia della famiglia di un allievo musulmano – perché ha parlato di prosciutto in classe. Il docente, presentando alcuni esempi di clima secco e fresco, aveva citato quello della località di Trévelz vicino a Granada rilevando che esso favoriva la conservazione del prosciutto. L'allievo musulmano, sentitosi offeso, aveva allora chiesto al professore di rinunciare a parlare di tale argomento, ma il docente aveva risposto di far lezione senza tener conto della religione degli studenti. E' così che è stato accusato di maltrattamenti motivati da razzismo e xenofobia. E lo spot dei radicali, anticostituzionale, passato con prepotenza su RAI 3, rete del servizio pubblico italiano? Insomma anche in Europa i segnali preoccupanti non mancano di certo!

    Il 14 novembre il settantasettenne cardinale Severino Poletto ha salutato durante un'affollata celebrazione in Duomo la diocesi di Torino, di cui per undici anni è stato pastore. Il porporato di origine trevigiana, già vescovo di Fossano dal 1980 e di Asti dal 1989, cardinale dal 2001, ha così incominciato l'omelia di congedo: "Lasciare la guida di questa famiglia spirituale costituisce per me un atto di sereno abbandono allo scorrere del tempo con le sue scadenze, ma non per questo meno lacerante e carico di emozione". In ogni caso "il mio sarà un continuare a stare con voi in modo diverso, ma non meno intenso rispetto agli undici anni vissuti con voi come arcivescovo".

    Proseguendo nell'omelia, ha ricordato di essere stato inviato a Torino da Giovanni Paolo II per annunciare il Vangelo: "Non sono venuto – ha rilevato – a risolvere tutti i problemi, ma ad aiutarvi a fare una lettura sapienziale della vostra vita alla luce della Parola di Dio". Il cardinale Poletto (che, da parroco a Oltreponte di casale Monferrato, lavorò anche per alcuni anni a metà tempo come operaio) ha poi evidenziato alcuni temi su cui molto si è battuto: "Ho difeso la famiglia, quella naturale fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna; ho cercato di sensibilizzare tutti sulla sacralità della vita, dal primo istante del concepimento fino alla sua morte naturale (NdR: ci vengono alla mente i suoi forti interventi sul triste caso di Eluana Englaro, condannata a morte in una clinica di Udine); ho cercato di condividere con grande impegno i problemi dei lavoratori (Ndr: non sono certo mancati, dal caso Thyssen alle difficoltà della Fiat ) e di ogni categoria di persone che fanno fatica come i poveri, gli ammalati, i carcerati, gli immigrati, i senza lavoro. A tutti ho cercato di dare spazio, ascolto, sostegno". Il porporato (ora residente in una casa di proprietà diocesana a Testoria di Moncalieri) ha anche evidenziato di "non aver cercato in questi anni gli applausi o il consenso". Ciò "ha avuto il sapore della croce: un Vescovo soffre e anch'io ne ho sofferto per chi non ha condiviso, per chi ha faticato – forse per colpa mia – a sintonizzarsi con le mie proposte pastorali; provo sofferenza nel constatare che ci sono ancora tante persone lontane dalla fede e che non sono riuscito ad arrivare a loro". Tuttavia, ha concluso il cardinale Poletto, "il sentimento che oggi pervade il mio cuore è quello della gioia e della riconoscenza. Vi ho donato un pezzo importante della mia vita, ma è molto di più quello che voi avete donato a me". Domenica 21 novembre ha fatto il suo ingresso, quale nuovo arcivescovo di Torino, monsignor Cesare Nosiglia, già vicegerente della diocesi di Roma, da sette anni vescovo di Vicenza.

    La mattina di lunedì 22 novembre si è spento il cardinale spagnolo Urbano Navarrete. Novantenne, membro della Compagnia di Gesù, ricevette la porpora da Benedetto XVI tre anni fa. Rettore della Gregoriana dal 1980 al 1986, era – come evidenzia L'Osservatore Romano del 22-23 novembre in un ampio necrologio – "tra i massimi esperti di tematiche giuridiche e pastorali familiari, professore di diritto canonico, specializzato in diritto matrimoniale". Ricorda tra l'altro il quotidiano ufficioso della Santa Sede il suo approccio nei confronti dei divorziati. "Trattarli come scomunicati – scriveva il porporato gesuita – non è solo completamente contrario alla verità, ma anche completamente anti-pastorale. Non è questo il modo di avvicinare queste persone. Anch'esse fanno parte della Chiesa, sia pure in una situazione difficile dal punto di vista morale. Occorre aiutarle il più possibile. Ci vuole molta comprensione, ma d'altra parte anche molta chiarezza nei principi. I divorziati debbono sapere che si trovano in una situazione non regolare e che ciò non dipende dalla Chiesa, ma dalla situazione stessa in cui vivono".

    L'ottantenne cardinale Michele Giordano è morto a Napoli la sera di giovedì 2 dicembre. Colpito da un malore improvviso alcuni giorni prima, era stato ricoverato all'ospedale Monaldi. Lucano, nato a Sant'Arcangelo (provincia di Potenza e diocesi di Tursi-Lagonegro) nel 1930, ordinato sacerdote nel 1953, ordinato vescovo nel 1972 (Matera, Matera-Irsina), nel 1987 era divenuto arcivescovo di Napoli, succedendo al cardinale Corrado Ursi. Creato cardinale l'anno seguente, aveva retto la difficile diocesi partenopea fino al 2006, cedendo poi il testimone al cardinale Cresenzio Sepe. Sicut flumen pax tua era il suo motto episcopale, titolo anche della sua prima lettera pastorale. Molto sensibile alle problematiche sociali, aveva innanzitutto cercato di applicare il trentesimo sinodo diocesano promosso dal suo predecessore. La sua prima visita da arcivescovo fu ai detenuti di Poggioreale. Nel 1998 era stato coinvolto in un'indagine giudiziaria su un giro d'usura, che ebbe risvolti clamorosi come l'avviso di garanzia "per associazione a delinquere finalizzata all'usura" recapitatogli in Curia il 22 agosto dalla Guardia di finanza: due anni dopo fu assolto con formula piena. Altri guai giudiziari nel 2002 per una vicenda di abusi edilizi, ma nel 2005 la Cassazione lo assolse "per non aver commesso il fatto". Nel 2006 si era ritirato presso la Basilica del Buon Consiglio di Capodimonte. Ai suoi affollati funerali, svoltisi sabato 4 dicembre, il cardinale Crescenzio Sepe l'ha ricordato come "un pastore che sa parlare con la sua gente e sa mostrare il volo autentico di Cristo. Un pastore aperto, forte nelle prove, generoso e fedele discepolo del Maestro".

    (foto di Romano Siciliani)

     

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