ROSSOPORPORA FEBBRAIO 2012 su 'TEMPI' 9/2012
Sulla rivolta in Siria, che minaccia di concludersi molto male per i cristiani, parla il card. Martino. Il confratello Saraiva Martins riflette invece sul Portogallo investito dalla crisi economica e sull'Unione europea che dimentica i valori cristiani. Tra i neo-cardinali del Concistoro del 18 febbraio Dominik Duka, arcivescovo di Praga, che rievoca le galere del regime comunista in compagnia di Havel.
Chi conosce “Rossoporpora” sa che la rubrica rifugge da gossip e intrighi, che nella Chiesa (non solo a livello vaticano) sono una costante storica. Certo in tempi come i nostri (già caratterizzati dall’emergere di scandali gravissimi) anche solo un briciolo di saggezza sconsiglierebbe la pubblica deambulazione fuori le Mura leonine di documenti di spessore diverso: deambulano testi sostanzialmente veritieri, altri intrisi di menzogna, altri ancora frutto di elucubrazioni a dir poco audaci. Tutto questo gran deambulare danneggia tutto e tutti pur se in misura diversa, produce tonnellate di chiacchiere accompagnate dalle più ardite dietrologie: soprattutto turba l’animo – per collaudato che sia - di tanti (ma tanti) cattolici, ‘semplici’ o perfino ‘adulti’. Anche per Benedetto XVI non sono giorni facili. Nella lectio divina tenuta al Seminario maggiore romano il 15 febbraio, ha evidenziato che “oggi si parla molto della Chiesa di Roma, di tante cose, ma speriamo che si parli anche della nostra fede”. Tre giorni dopo, nell’omelia del Concistoro – certo riferendosi anche all’attualità disdicevole – lo stesso papa Ratzinger ha ricordato che “non è facile entrare nella logica del Vangelo e lasciare quella del potere e della gloria. (…) Il Figlio dell’uomo non è venuto a farsi servire, ma per servire e dare la vita in riscatto di molti”. Sono parole queste che “illuminano con singolare intensità l’odierno Concistoro pubblico”; esse “risuonano nel profondo dell’anima e rappresentano un invito e un richiamo, una consegna e un incoraggiamento” specialmente (ma non soltanto) per i 22 nuovi porporati.
Dopo il doveroso ‘preambolo’ occupiamoci di politica internazionale. L’esperienza in tale ambito non manca al cardinale Renato Raffaele Martino, per 16 anni Osservatore permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite a New York e per altri 7 presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace. Il porporato salernitano ha sempre seguito con attenzione gli sviluppi di quella che l’Occidente ha etichettato come “primavera araba” e che invece ad esempio il direttore della TV di Hezbollah libanese chiama “risveglio islamico”. Oggi è in particolare
L’odierna situazione economica europea vede
Per il porporato portoghese l’Unione “ha dimenticato i valori umani fondamentali, che sono anche cristiani” e non si comporta “come una vera comunità, perché due Stati sovrastano gli altri, considerati inferiori”. E’ così che “
Torniamo al Concistoro del 18 febbraio. Spulciando tra i “cenni biografici” dei neo-porporati - una ‘fatica’ sostenuta dai giornalisti de L’Osservatore Romano - riscontriamo come tra i ventidue prescelti non manchi chi, in veste di nunzio apostolico, ha servito
In Vietnam come cappellano (1971-72), il neo-cardinale Edwin Frederick O’ Brien - oggi Gran Maestro dell’Ordine del Santo Sepolcro - da ordinario militare statunitense (1997-2005) ha visitato anche i soldati americani impegnati nelle “missioni di pace” all’estero (vedi Afghanistan). Nella biografia del cardinale indiano George Alencherry si legge tra l’altro: “Non nasconde il problema della condizione di minoranza e quello del confronto con chi in India fomenta il fondamentalismo, anche se in Kerala la situazione è più tranquilla che in altre parti del Paese”. Un’infanzia travagliata a causa dell’invasione giapponese ha avuto il cinese John Tong Hon, oggi vescovo di Hong Kong e dunque successore del cardinale Joseph Zen Ze-kiun. A due anni la sua famiglia dovette trasferirsi a Macao, poi fino a sei anni fu mandato dalla nonna paterna in un villaggio della provincia di Guangdong. Solo nel 1945 la famiglia potè ritrovarsi a Canton. Morì presto il padre, la madre si convertì al cattolicesimo, la famiglia riuscì infine a raggiungere Hong Kong.
Dall’est europeo ecco il greco-cattolico rumeno Lucian Muresan, perseguitato dalla Securitate, la polizia segreta del regime, operaio per quasi dieci anni in una cava di pietra. Ma c’è un altro neo-cardinale che ha subito le vessazioni del paradiso comunista, l’arcivescovo di Praga Dominik Duka, successore del cardinale (già costretto a fare il lavavetri) Miloslav Vlk. Il sessantanovenne benedettino ha dovuto lavorare per alcuni anni come tornitore, per altri come disegnatore in una fabbrica automobilistica e per quindici mesi (1981-82) è stato internato nel carcere di Pilsen-Bory per “attività religiose, organizzazione dello studio dei chierici domenicani, pubblicazione di stampa clandestina, collaborazione con l’estero”. L’abbiamo incontrato e felicitato nell’Aula Nervi nell’ambito delle “visite di cortesia” ai nuovi cardinali: si è commosso quando gli abbiamo chiesto della sua amicizia con il simbolo della “rivoluzione di velluto” e della dissidenza, Václav Havel, eletto nel 1989 presidente della Repubblica e morto poco prima di Natale. “Per me era un grande amico. Con lui in prigione ho giocato a scacchi, una sua brillante idea perché io potessi intanto approfittarne per leggere il testo della santa messa”. Continua il cardinale Duka: “Václav Havel secondo me non era un agnostico, ma aveva sempre nel cuore una grande nostalgia di verità e amore. Me lo ricordo quando pianse entrando nella cattedrale di Praga in occasione del Te Deum dopo l’elezione alla presidenza della Repubblica. E ancora nello scorso novembre, per la festa di Agnese di Boemia, principessa e badessa, ha voluto inviarci un biglietto in cui ringraziava la santa per aver steso la sua mano sul Paese. E la pregava di continuare a farlo, dato che forse ne avremmo avuto ancora bisogno”.
Tra i “cenni biografici” dei neo-cardinali ci si permetterà di segnalarne in conclusione ancora un paio. Del sessantacinquenne Giuseppe Betori, arcivescovo di Firenze, veniamo a sapere il titolo della tesi di dottorato (elaborata nel 1980, ma – diremmo – quanto mai attuale): “Perseguitati a causa del Nome. Struttura dei racconti di persecuzione in Atti 1, 12 – 8, 4. Di Rainer Maria Woelki, già ausiliare di Colonia (dunque stretto collaboratore del cardinale Joachim Meisner) e da sei mesi in funzione come arcivescovo di Berlino, si ricordano invece tra l’altro le parole con cui ha salutato Benedetto XVI in visita il 22 settembre: Berlino è “una città nella quale solo circa una persona su tre appartiene a una Chiesa cristiana; una città dove Dio è stato dimenticato e che è caratterizzata dall’ateismo” e tuttavia in essa “molte persone chiedono Dio e chiedono di Lui”.