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    L'ABORTO DEL PARLAMENTO UE - L'ARCOBALENO DEL VESCOVO DI COIRA

    L’ABORTO DEL PARLAMENTO UE – L’ARCOBALENO DEL VESCOVO DI COIRA - di GIUSEPPE RUSCONI – www.rossoporpora.org – 15 giugno 2022

    Il 9 giugno 2022 il Parlamento europeo ha approvato a larga maggioranza una risoluzione che esprime grave preoccupazione per l’atteso parere della Corte Suprema degli Stati Uniti a proposito di aborto. Intanto a Coira (Svizzera) il vescovo Joseph Maria Bonnemain sottoscrive un Codex di comportamento per la prevenzione degli abusi, però tinto di arcobaleno. La reazione del ‘Churer Priesterkreis’: 44 sacerdoti e diversi laici si rifiutano di firmare. Ma Bonnemain lo pretende. .

     

    Le notizie che vengono dagli Stati Uniti e che incrinano – nell’ambito del cosiddetto “diritto all’aborto”  e dell’attesa, prossima relativa decisione  della Corte Suprema - la spavalderia della gioiosa macchina da guerra del Pensiero Unico Mondialista (PUM) hanno naturalmente allarmato anche una delle propaggini più tetragone del detto PUM: accasato a Strasburgo e a Bruxelles, è il Parlamento dell’Unione europea (PE). Non è certo la prima volta che succede nell’ambito dei principi non negoziabili: l’illustre consesso si trasforma periodicamente nel Mostro strilla strilla che urla e pesta i piedi minacciando sfracelli contro chi non si allinea al PUM. Lo fa tramite risoluzioni che, se è vero che non sono vincolanti per gli Stati membri dell’UE, tuttavia hanno un effetto galvanizzante sui combattenti della nota lobby a livello nazionale e nel contempo intimidatorio su chi, per le sue idee non conformi al politicamente corretto, progressivamente viene emarginato dal dibattito pubblico ed etichettato con i noti epiteti.  

    E’ così che qualche giorno fa, il 9 giugno 2022, il Parlamento europeo ha discusso e approvato un testo dal titolo che richiama alla mobilitazione generale in nome del PUM: “Risoluzione del Parlamento europeo del 9 giugno 2022 sulle minacce al diritto all'aborto nel mondo: la possibile revoca del diritto all'aborto negli Stati Uniti da parte della Corte suprema”. La quale sembra ormai a maggioranza conservatrice, leggasi sovversiva del PUM e dunque agita, qual bestia immonda, perfino i sonni cattofluidi di tali Joe Biden, Nancy Pelosi, del cardinale designato McElroy e sodali.

    La risoluzione è stata approvata con 364 sì, 154 no e 37 astensioni. Gli europarlamentari italiani? Compatto il no di Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia. Compatto il sì del Pd.

    L’esito del dibattito in Aula viene così sintetizzato nel comunicato-stampa del PE, sotto il titolo “Il diritto all’aborto sicuro e legale deve essere protetto”:

    La storica decisione Roe v. Wade deve essere sostenuta dalla Corte Suprema degli Stati Uniti . Tutti i Paesi UE devono depenalizzare l'aborto”.

    Con l’aggiunta: “Il PE condanna il deterioramento dei diritti e della salute sessuale e riproduttiva delle donne nel mondo, compresi gli Stati Uniti e alcuni Paesi UE, e chiede un accesso sicuro all'aborto”.

    Si legge ancora nel comunicato del PE: “Il Parlamento incoraggia il Presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, e la sua amministrazione a garantire l'accesso all'aborto sicuro e legale. I deputati ribadiscono l’appello al governo del Texas di abrogare rapidamente la legge 8 del Senato (NdR: vieta l’aborto dopo la comparsa del battito cardiaco fetale) e chiedono a diversi altri Stati americani con leggi analoghe di allineare la loro legislazione con i diritti umani delle donne tutelati a livello internazionale”.

    Non è finita: l’impronta totalitaria della maggioranza del PE (non pochi popolari compresi) emerge in quest’altra annotazione derivata dal voto in Aula: “Il personale medico non deve negare alle donne l’assistenza all'aborto per motivi religiosi o di coscienza, poiché ciò mette a repentaglio la vita della paziente”.

    DAL TESTO DELLA RISOLUZIONE DEL PARLAMENTO EUROPEO

    Secondo tradizione il testo della risoluzione è elefantiaco. A 33 “visto” seguono 20 “considerando”. Tra questi ultimi ne segnaliamo alcuni particolarmente significativi delle paure della maggioranza del PE.

    (M) considerando che le organizzazioni non governative (ONG) e i gruppi di riflessione conservatori vicini al diritto cristiano statunitense hanno finanziato il movimento antiabortista a livello globale; che tali finanziamenti sono stati considerevoli; che, qualora la decisione Roe v. Wade sia revocata, ciò potrebbe innescare un aumento del flusso di denaro con una rinnovata pressione da parte di gruppi antiabortisti in tutto il mondo;

    (N) considerando che, qualora la Corte suprema revochi la decisione Roe v. Wade, ciò potrebbe spingere o incoraggiare i movimenti antiabortisti a esercitare pressioni sui governi e sugli organi giurisdizionali al di fuori degli Stati Uniti per abolire il diritto all'aborto, e mettere a repentaglio gli importanti progressi fatti negli ultimi decenni, nel corso dei quali oltre 60 Paesi hanno riformato le loro leggi e politiche in materia di aborto al fine di eliminarne le restrizioni e gli ostacoli;

    (O) considerando che, nonostante i generali progressi nella tutela della salute sessuale e riproduttiva e dei relativi diritti in tutto il mondo, compresa l'Europa, la regressione riguardante il diritto di accesso all'aborto sicuro e legale è motivo di grave preoccupazione; che la revoca della decisione Roe v. Wade (NdR: con tale decisione la Corte Suprema consentirebbe ai singoli Stati di legiferare secondo le convinzioni maggioritarie, dando loro quindi la possibilità di vietare l’aborto in qualsiasi momento della gravidanza) potrebbe incoraggiare il movimento antiabortista nell'Unione europea;

    (P) considerando che i diritti sessuali e riproduttivi, compreso l'aborto sicuro e legale, costituiscono un diritto fondamentale (…) (NdR: già l’anno scorso, approvando il tristo Rapporto Matic, il Parlamento europeo aveva definito per la prima volta l’aborto come ‘diritto fondamentale’… vedi anche per i pregressi https://www.rossoporpora.org/rubriche/italia/472-strasburgo-cattolici-a-la-carte-viva-francesco-e-viva-viva-la-poltrona.html ).

    Infine, tra i 32 punti adottati, ne emergono alcuni molto illuminanti.

    (Il Parlamento europeo) 1. condanna fermamente la regressione in materia di diritti delle donne e di salute sessuale e riproduttiva e relativi diritti a livello mondiale, anche negli Stati Uniti e in alcuni Stati membri dell'UE; rammenta che la salute sessuale e riproduttiva e i relativi diritti sono diritti umani fondamentali che dovrebbero essere tutelati e rafforzati, e non possono in alcun modo essere indeboliti o revocati (…)

    8. incoraggia il Presidente Joe Biden e la sua amministrazione a intensificare gli sforzi e a continuare a sostenere il diritto all'aborto, e lo esorta a garantire l'accesso all'aborto sicuro e legale; incoraggia il governo degli Stati Uniti a compiere ulteriori sforzi per garantire che l'aborto e la contraccezione siano integrati nella prestazione di informazioni, istruzione e servizi adeguati all'età e completi in materia di salute sessuale e riproduttiva e relativi diritti e che siano accessibili a tutti; accoglie con favore il fatto che i finanziamenti degli Stati Uniti siano stati ripristinati all'UNFPA, l'agenzia delle Nazioni Unite per la salute sessuale e riproduttiva, e invita il governo degli Stati Uniti e/o le altre autorità statunitensi competenti a continuare a sostenere la salute sessuale e riproduttiva e i relativi diritti, e a farlo in seno alle Nazioni Unite e in altri fori multilaterali;

    11.  invita il governo degli Stati Uniti e/o le altre autorità statunitensi competenti a regolamentare il rifiuto dei prestatori di assistenza sanitaria di fornire servizi di aborto legittimi, anche sulla base dell'obiezione di coscienza, in modo da non negare alle donne l'accesso all'aborto;

    13.  riconosce il ruolo svolto dalle ONG quali fornitori di servizi e sostenitori della salute sessuale e riproduttiva e dei relativi diritti negli Stati Uniti e le incoraggia a proseguire il loro lavoro; sostiene che dette ONG necessitano di finanziamenti adeguati per poter operare; sottolinea che i servizi forniti da tali ONG rispondono alle esigenze e ai diritti umani delle donne e delle ragazze; evidenzia che il loro operato non può sostituire la responsabilità dello Stato di garantire l'accesso a servizi di aborto pubblici, legali e sicuri;

    20. invita l'UE e i suoi Stati membri ad offrire tutto il sostegno possibile, anche di natura finanziaria, alle organizzazioni della società civile aventi sede negli Stati Uniti che proteggono, promuovono e forniscono servizi connessi alla salute sessuale e riproduttiva e ai relativi diritti nel paese, come espressione del loro impegno incrollabile a favore di tali diritti (…);

    24. invita l'UE e i suoi Stati membri a inserire il diritto all'aborto nella Carta;

    30. si rammarica del fatto che, in alcuni casi, la prassi comune negli Stati membri consenta al personale medico, e talvolta a interi istituti medici, di rifiutarsi di fornire servizi sanitari sulla base dell'obiezione di coscienza, il che porta alla negazione dell'assistenza all'aborto per motivi religiosi o di coscienza e mette a repentaglio la vita e i diritti delle donne; osserva che spesso si invoca l'obiezione di coscienza anche in situazioni in cui qualsiasi ritardo potrebbe mettere in pericolo la vita o la salute della paziente.

     

    A COIRA UN NUOVO VESCOVO, JOSEPH MARIA BONNEMAIN, IERI ‘CONSERVATORE’ OGGI ‘PROGRESSISTA’… E LO DIMOSTRA

    Chi è Joseph Maria Bonnemain? Nato a Barcellona il 26 luglio 1948 da padre giurassiano (Les Pommerats, frazione di Saignelégier, sublime  fondue di formaggio e ad agosto uno spettacolare mercato-concorso dei cavalli) e da madre catalana, è dal 15 febbraio 2021 vescovo di Coira. Una diocedsi conosciuta per il prolungato, aspro confronto tra ‘conservatori’ e ‘progressisti’ ed estesa per quasi un terzo del territorio svizzero, comprendendo i cantoni Grigioni, Zurigo, Glarona e della cosiddetta ‘Svizzera primitiva’ (Uri, Svitto, Obvaldo e Nidvaldo).

    Bonnemain, membro fin da giovane dell’Opus Dei, ha conseguito presso l’Università di Zurigo il dottorato in medicina, poi ha studiato filosofia e teologia a Roma. Nel 1978 è stato ordinato sacerdote nel santuario di Torreciudad e due anni dopo ha conseguito presso l’Università di Navarra a Pamplona un dottorato in diritto canonico. Dal 1981 presta servizio presso la diocesi di Coira (dal 1989 come vicario giudiziale, poi anche canonico e vicario episcopale). Nel 2002 è anche stato nominato segretario della Commissione di esperti sugli abusi sessuali della Conferenza epuiscopale svizzera.

    Conosciuto come ‘conservatore’ (e non dei più ‘morbidi’), Bonnemain sembra aver maturato negli scorsi anni convinzioni diverse… ha varcato il fiume Plessur (affluente del Reno) e si è ritrovato tra i ‘progressisti’. Così che, quando il vescovo Vitus Huonder (conservatore) nel 2019 si è ritirato per ragioni di età, Bonnemain è apparso subito tra i candidati di ‘svolta’ teologico-pastorale. Per un privilegio consolidato di origine medievale spetta ai canonici della cattedrale di Coira il diritto di scegliere il vescovo (poi confermato dal Papa) in una terna di nomi proposti da Roma. Ma nel novembre 2020 il capitolo (24 i canonici) ha rinunciato a tale diritto, non riuscendo nessuno dei tre candidati proposti  (Bonnemain, l’abate benedettino di Disentis Vigeli Monn e il ticinese padre Mauro Giuseppe Lepori, abate generale dei cistercensi) a ottenere la maggioranza richiesta dei consensi.

    E’ così che il 15 febbraio 2021 Papa ha nominato (contro il parere del capitolo) il ‘progressista’ Bonnemain, accogliendo nel contempo le dimissioni del vescovo ausiliare Marian Eleganti e suscitando vigorose reazioni contrapposte. Ordinato vescovo il 19 marzo 2021 nella cattedrale di Santa Maria Assunta dal cardinale svizzero Kurt Koch, Joseph Maria Bonnemain nello stesso giorno di San Giuseppe ha preso possesso della diocesi.

    In tale occasione, in un’intervista a kath.ch (ripresa da catt.ch ) Bonnemain ha tra l’altro detto, riguardo ai suoi rapporti con l’Opus Dei: “Voglio chiarire che, dopo la mia consacrazione come vescovo, sarò legato alla diocesi di Coira fino alla fine della mia vita – e non più all’Opus Dei. La prelatura personale era la mia famiglia. La diocesi ora è la mia nuova famiglia. È vero, l’Opus Dei ha commesso errori e leggerezze, come anche altre realtà della Chiesa. All’inizio c’è molto entusiasmo, si è convinti dei propri ideali e si ha il desiderio che molti li condividano. E poi si cresce, e alcuni dimenticano quegli ideali. Ma non ho dubbi: l’Opus Dei ha imparato dagli errori del passato”.

    UN CODEX  PER LA PREVENZIONE DEGLI ABUSI, MA IN TINTA ARCOBALENO IN ALCUNI PUNTI FONDAMENTALI – LA REAZIONE DEL ‘CHURER PRIESTERKREIS’

    Il 5 aprile 2022 il successore di Johannes Vonderach (1962-1990), Wolfgang Haas (1990-1997 poi arcivescovo della neonata arcidiocesi di Vaduz, staccata per l’occasione da Coira), Amédée Grab (1998 – 2007), Vitus Huonder (2007-2019) ha sottoscritto un “Codice di comportamento per la gestione del potere”, sottotitolato: “Prevenzione dell’abuso spirituale e dello sfruttamento sessuale”, elaborato dai due responsabili della prevenzione degli abusi Karin Iten e Stefan Loppacher insieme con altri interessati.

    Tale Codex da metà 2022 sarà – come si legge nel sito ufficiale della diocesi – “vincolante per tutti i collaboratori e le collaboratrici pastorali nella Chiesa, i sacerdoti e gli agenti pastorali e tutti i leader nella Chiesa – compreso il vescovo”. In tedesco si legge più semplicemente che sarà vincolante “da metà 2022 per il personale direttivo e i dipendenti”. Da notare che il testo nel sito della diocesi appare solo in tedesco: forse gli italofoni delle valli grigionesi sono esentati dall’osservarlo oppure sono tutti in odore di santità?  

    Il testo è complesso, minuzioso nei dettagli. Graficamente allettante, con molte illustrazioni, comprende una prefazione dei due autori citati e sei sezioni.

    La più interessante è la quarta, che si sviluppa da pagina 12 a pagina 28 ed è intitolata “Standard qualitativi”. Chissà che si nasconde lì dentro? Già nel comunicato ufficiale in italiano si rileva: “Per esempio il codice formula linee guida concrete per la vita quotidiana sulle seguenti questioni”… e noi ne citiamo una che da subito appare bisognosa di approfondimento: “Come rispettare l’autodeterminazione sessuale?” Arcobaleno ci cova.

    Andiamo allora alla sezione 4.d e scopriamo a pagina 14 un paio di prescrizioni che sembrano – già per il linguaggio utilizzato - tratte dal decalogo adattato dalla nota lobby: “Io rinuncio a valutazioni globalmente negative su pretesi comportamenti non biblici in materia di orientamento sessuale” ( NdR: e san Paolo… dove lo mettiamo?) e anche: “Riconosco i diritti sessuali come diritti umani, in particolare il diritto all’autodeterminazione sessuale”. “Autodeterminazione sessuale”? E poi: abbiamo constatato più sopra che il Parlamento europeo ha appena confermato di ritenere l’aborto un diritto umano… e dunque che fa il vescovo di Coira? Si adegua pedestremente al politicamente corretto? Sempre nella sezione 4.d, a pagina 14, spunta un’altra prescrizione assai curiosa: “Nei colloqui pastorali non parlo spontaneamente di temi legati alla sessualità”. Che si fa allora nei corsi per la preparazione al matrimonio? Ancora in 4.d e a pagina 14 troviamo quest’altra prescrizione: “Tralascio qualsiasi forma di discriminazione fondata su orientamento sessuale o identità”. Ma allora… liberi tutti nei seminari? Via libera in chiesa a benedizioni e ‘matrimoni’ di coppie gay?

    Dato che nella diocesi di Coira si trovano ancora sacerdoti e laici cattolici, la reazione a certe prescrizioni del Codex non è mancata. In particolare il 28 aprile il Churer Priesterkreis (un’associazione di spiritualità fondata nel 1997) ha pubblicizzato una petizione al vescovo perché ritiri la firma dal documento, ne sospenda l’applicazione e dia mandato a una commissione di rivedere il testo nei punti più delicati.

    Oltre quaranta i sacerdoti firmatari (su circa 500 in diocesi), il che è indice di un malcontento molto più ampio: si sa che all’interno della Chiesa generalmente solo una piccola minoranza osa esprimere dissenso e ciò per ragioni di tranquillità di servizio e di carriera. Inoltre esporsi su temi controversi con convinzioni controcorrente e spesso ormai marginalizzate nel dibattito politico-mediatico non è certo facile… certo oggi meno di ieri! Trovare 44 sacerdoti (oltre a diversi laici) che in questo ci mettono la faccia è sicuramente un grande risultato: ai firmatari va quindi un apprezzamento forte.  

    Nel suo testo il Churer Priesterkreis premette di essere favorevole “al 95%” ai contenuti del Codex relativi alla prevenzione degli abusi. Tuttavia il Codex formula alcune prescrizioni che impediscono a diversi sacerdoti e laici, per gravi motivi di coscienza, di adottarlo, essendo esse in stridente contrasto con l’insegnamento della Chiesa.

    In sintesi tanto cruda quanto incisiva scrivono i firmatari della petizione: “Ci duole molto che il vescovo diocesano abbia offerto la possibilità all’ideologia lgbt di impiantarsi nella Chiesa sotto la copertura pretestuosa della prevenzione degli abusi, così da espellerne l’insegnamento di fede”.

    Rabbiosa e sprezzante la contro-reazione di alcuni apostoli del Nuovo Verbo Arcobaleno (che tra l’altro già conta qualche spiacevole e vergognoso episodio di discriminazione verso chi non vuole sottoscrivere il Codex). Tuttavia il Churer Priesterkreis non si è fatto impressionare e ha potuto incontrare il vescovo Bonnemain lunedì 9 maggio. Risultati? Bonnemain ha ribadito le sue posizioni, giudicando il contenuto del Codex in linea con l’insegnamento della Chiesa (che si riferisse a quella tedesca?).

    Domenica 12 giugno poi è apparsa sul supplemento domenicale della Neue Zürcher Zeitung un’intervista a Bonnemain, in cui il vescovo ha confermato che per lui il Codex è in sintonia con la fede cattolica” e ha anzi sollecitato i cosiddetti outing omosessuali (che la Chiesa deve “sostenere”). Ha aggiunto altre due osservazioni interessanti. La prima: “Il testo del Codex non è un editto vescovile”. La seconda: “Ho firmato il testo del Codex perché io mi atterrò ad esso”.

    Successivamente Bonnemain ha reincontrato i rappresentanti del Churer Priesterkreis. E’ andata come la prima volta (il 9 maggio): il vescovo non è disposto né a ritirare la firma dal Codex né a installare una Commissione di revisione del testo.

    Tuttavia per il Churer Priesterkreis (che ancora sa leggere con attenzione i giornali) è stato facile evidenziare che se, per ammissione dello stesso Bonnemain, il Codex non è un editto vescovile,  non può essere imposto. Non solo: se Bonnemain, sempre nell’intervista alla NZZ am Sonntag del 12 giugno 2022, ha detto che si sarebbe attenuto al testo del Codex, allora vale per lui anche la sezione 4.b a pagina 12 (riguarda gli abusi di potere nella quotidianità), dove appare la seguente prescrizione: “Non esercito nessuna pressione riguardo alle mie aspettative attraverso l’agire di organismi ecclesiali direttivi e non pretendo né obbedienza né sottomissione”.

    La conclusione a questo punto è obbligata: ogni pressione su chi tra i dipendenti della diocesi di Coira non intende sottoscrivere il Codex nella versione pubblicizzata il 5 aprile 2022 è illegale, perché il Codex non è un editto vescovile e lo stesso vescovo, firmandolo, ha rinunciato alla pretesa di obbedienza.

    IL VESCOVO BONNEMAIN PERSISTE E PRETENDE …

    Il vescovo Bonnemain continua invece a pensarla diversamente. Si agita, si arrabbia… chissà? Fatto sta che in una lettera inviata a tutti i collaboratori della diocesi martedì 14 giugno 2022 ribadisce che i passi contestati del Codex sono in sintonia con l’insegnamento della Chiesa e che vi sarà tempo per eventuali discussioni nella seconda metà dell’anno. Intanto però il Codex così com’è va firmato da tutti i collaboratori della diocesi: il modulo verrà inserito nel dossier personale e una copia – per chi si occupa direttamente di pastorale - dovrà essere inviata al vicario generale. Verstanden, meine Herren? Perciò, come cantava a suo tempo Gigliola Cinquetti: E qui comando io/e questa è casa mia/ogni dì voglio sapere/chi viene e chi va.  

    P.S. 1. E’ vero che Joseph Maria Bonnemain ha uno sponsor di rilievo: Ignazio Cassis ovvero il ruspante ministro degli Esteri – quest’anno presidente della Confederazione – che sta affossando spensieratamente (e non solo aggiustando in una visione dinamica della realtà) la tradizionale neutralità svizzera puntando forse al posto di segretario generale dell’ONU, della Nato o giù di lì. Ebbene Cassis il 6 maggio 2022 - in Vaticano per il giuramento della Guardia Svizzera (oltre che per l’ ‘inaugurazione’ di un’ambasciata elvetica residenziale presso la Santa Sede), ha incontrato papa Francesco, il quale gli avrebbe detto di essere “molto contento” della scelta del nuovo vescovo di Coira. Ci viene alla mente che lo stesso Ignazio Cassis, in occasione del primo e molto controverso Gay Pride ticinese, svoltosi a Lugano il 2 giugno 2018 (vedi https://www.rossoporpora.org/rubriche/svizzera/868-guardia-svizzera-graf-per-un-cristiano-la-fede-non-e-un-opzione.html), volle essere presente, lodando entusiasticamente nel discorso ufficiale organizzatori e autorità locali … indubbiamente dei “coraggiosi”: “Hanno infatti mostrato che è possibile organizzare questa manifestazione anche in una regione come la nostra, storicamente contraddistinta da valori più conservatori e d’ispirazione cattolica”…  

    P.S.2. Nuova presa di posizione del 'Churer Priesterkreis' pubblicizzata lunedì 20 giugno 2022. Dopo una sintesi delle criticità emerse riguardo sia ai contenuti che all'applicazione del 'Codex' l'associazione chiede ufficialmente che il Codex venga considerato solo una bozza di documento di lavoro così da poterne discutere capillarmente (in omaggio alla conclamata 'sinodalità') e quindi ne venga sospeso l'effetto vincolante per i sacerdoti e i dipendenti della diocesi di Coira.

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