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    UCRAINA/ORBAN DAL PAPA - CEI E VITA - GIOVANI E LAVORO: BRUNETTA

    UCRAINA/ ORBAN DAL PAPA - CEI E VITA - GIOVANI E LAVORO: BRUNETTA - di GIUSEPPE RUSCONI – www.rossoporpora.org – 5 dicembre 2024

    Mercoledì 4 dicembre 2024 udienza papale al primo ministro ungherese Viktor Orbán. Il messaggio della CEI per la Giornata nazionale della Vita del 2 febbraio 2025. Un interessante convegno all’ambasciata d’Italia presso la Santa Sede su giovani e (non) lavoro: Ravasi, Brunetta, Consulta giovanile. Martedì 10 dicembre 2024 l’arcivescovo Paglia a Sant’Ippolito per parlare della necessità (condivisa) di porre paletti etici all’Intelligenza artificiale.  

     

    ORBAN DAL PAPA/UCRAINA: SOTTO IL SEGNO DELLA SPERANZA E DELLA CONCRETEZZA

    Sotto il segno della speranza e della concretezza il quarto incontro ufficiale tra Viktor Orbán e papa Francesco. E’ avvenuto ieri mattina presto, mercoledì 4 dicembre 2024 (tra le 7.45 e le 8.20) presso l’auletta dell’Aula Paolo VI; è noto che  ambedue i protagonisti dell’incontro lavorano con determinazione per cercare di sminare – in questo caso a riguardo dell’Ucraina - il terreno su cui prospera l’oscena malapianta del bellicismo, alimentata dai deliri irresponsabili di politici succubi dell’industria degli armamenti e dimentichi dei principi fondamentali di umanità che dovrebbero governare società cosiddette democratiche.

    La giornata per Orbán era incominciata con la normale messa delle sette nella bellissima Cappella del Coro della Basilica di San Pietro. E’ presumibile che abbia espresso la volontà di parteciparvi la moglie Aniko Levai, cattolica come quattro dei cinque figli. Orban è invece calvinista, il primo figlio pentecostale. Finita la messa, passeggiata a piedi – accompagnato dall’ambasciatore Edoardo d’Asburgo-Lorena - fino allo studio dell’Aula Paolo VI, davanti al cui ingresso ha ricevuto gli onori militari da un picchetto d’onore di guardie svizzere.

    Si poteva facilmente presumere che l’incontro tra Orbán e il Papa (e successivamente con il Segretario di Stato) si sarebbe incentrato soprattutto sugli sforzi concreti che il primo ministro ungherese (secondo la stampa nazionale ha parlato più volte anche con Trump in questi ultimi giorni) notoriamente sta facendo per giungere a un cessate il fuoco nella guerra in Ucraina. Così è stato (come del resto appare da una lettura attenta del comunicato ufficiale). Su questo punto (come su altri, ad esempio le politiche per favorire famiglia, natalità, giovani, l’aiuto ai cristiani in Medio Oriente – vedi qui anche il dono di Orbán al Papa di una mappa settecentesca della Terrasanta) è chiara la sintonia tra Santa Sede e Ungheria: papa Francesco e Viktor Orbán sono de facto le uniche due voci di leader autorevoli che operano concretamente per una tregua in Ucraina, pur se fin qui senza successo. Come ha scritto su X dopo l’udienza lo stesso premier magiaro, “mentre il mondo si prepara al Natale molti leader europei stanno sostenendo la continuazione e l'intensificazione della guerra tra Russia e Ucraina. Questo è pericoloso! Abbiamo bisogno di un cessate il fuoco il prima possibile per cogliere l'occasione di pace".

    Della grande simpatia di papa Francesco per il popolo ungherese già si sapeva (vedi ad esempio https://www.rossoporpora.org/rubriche/papa-francesco/1127-papa-ungheria-lepori-quaresima-aleppo-jenin-scuola.html ). Sul piano politico e religioso la sintonia odierna tra Santa Sede e Ungheria si palesa anche nel già citato comunicato ufficiale della Sala Stampa vaticana emanato al termine della visita di Orbán, che come prassi dopo il Papa si è intrattenuto a colloquio con il segretario di Stato cardinale Pietro Parolin, Nel testo del comunicato si parla di “solide e fruttuose” relazioni bilaterali: due aggettivi pregni di contenuto che non vengono utilizzati molto spesso. Ciò a riprova dell’importanza speciale che la Santa Sede ha voluto dare a un incontro caduto in un momento in cui la fiammella della speranza in un cessate il fuoco sembra avere una reale possibilità di consolidarsi.

     

    CEI: PIU’ LUCI CHE OMBRE NEL MESSAGGIO PER LA GIORNATA NAZIONALE 2025 PER LA VITA

    Il 29 novembre 2024  è stato pubblicizzato il messaggio della CEI  per la prossima Giornata nazionale per la Vita del 2 febbraio 2025. E’ un testo in otto paragrafi, che contiene diverse considerazioni non scontate e altre invece ancora pervase da quella tendenza ad accomodarsi in ogni caso con i desiderata più mondani. Tutto sommato noi preferiamo vedere il bicchiere mezzo pieno: perciò proponiamo volentieri alla riflessione dei lettori di www.rossoporpora.org ampi stralci del documento.  

    Il primo dei paragrafi (“Perché credere nel domani?), delinea un quadro della situazione non scontato nella sua completezza:

    Come nutrire speranza dinanzi ai tanti bambini che perdono la vita nei teatri di guerra, a quelli che muoiono nei tragitti delle migrazioni per mare o per terra, a quanti sono vittime delle malattie o della fame nei Paesi più poveri della terra, a quelli cui è impedito di nascere? Questa grande “strage degli innocenti”, che non può trovare alcuna giustificazione razionale o etica, non solo lascia uno strascico infinito di dolore e di odio, ma induce molti – soprattutto i giovani – a guardare al futuro con preoccupazione, fino a pensare che non valga la pena impegnarsi per rendere il mondo migliore e sia meglio evitare di mettere al mondo dei figli.

    Anche il secondo paragrafo (“Si può fare a meno della speranza?”), che si riallaccia direttamente al primo, induce a profonda riflessione sul cosiddetto “diritto all’aborto” e sull’oscena corsa al riarmo cui si prestano noti burattini anche all’interno dell’Unione europea:

    Gli esiti di tali atteggiamenti, umanamente comprensibili, pongono numerosi interrogativi. Quale futuro c’è per una società in cui nascono sempre meno bambini? La scelta di evitare i problemi e i sacrifici che si accompagnano alla generazione e all’educazione dei figli, come la fatica a dare sufficiente consistenza agli investimenti di risorse pubbliche per la natalità, renderanno davvero migliore la vita di oggi e di domani? Il riconoscimento del “diritto all’aborto” è davvero indice di civiltà ed espressione di libertà? Quando una donna interrompe la gravidanza per problemi economici o sociali (le statistiche dicono che sono le lavoratrici, le single e le immigrate a fare maggior ricorso all’IVG) esprime una scelta veramente libera, o non è piuttosto costretta a una decisione drammatica da circostanze che sarebbe giusto e “civile” rimuovere? Quale futuro c’è per un mondo dove si preferisce percorrere la strada di un imponente riarmo piuttosto che concentrare gli sforzi nel dialogo e nella rimozione delle ingiustizie e delle cause di conflitto? La logica del “se vuoi la pace prepara la guerra” riuscirà a produrre equilibri stabili e armonia tra i popoli e tra gli stati, oppure, come spesso è accaduto in passato, le armi accumulate – al servizio di interessi economici e volontà di potenza – finiranno per essere usate e produrre morte e distruzione? (…)

    Il terzo paragrafo è intitolato “La trasmissione della vita, segno di speranza”:

    La speranza si manifesta in scelte che esprimono fiducia nel futuro; ciò vale non solo per le nuove generazioni: “Guardare al futuro con speranza equivale ad avere una visione della vita carica di entusiasmo da trasmettere” (Spes non confundit, 9). Una particolare espressione di fiducia nel futuro è la trasmissione della vita, senza la quale nessuna forma di organizzazione sociale o comunitaria può avere un domani.

    In quanto credenti, riconosciamo che “l’apertura alla vita con una maternità e paternità responsabile è il progetto che il Creatore ha inscritto nel cuore e nel corpo degli uomini e delle donne, una missione che il Signore affida agli sposi e al loro amore” (ibid.) Tutti condividiamo la gioia serena che i bambini infondono nel cuore e il senso di ottimismo dinanzi all’energia delle nuove generazioni. Ogni nuova vita è “speranza fatta carne”. Per questo siamo vivamente riconoscenti alle tante famiglie che accolgono volentieri il dono della vita e incoraggiamo le giovani coppie a non aver timore di mettere al mondo dei figli.

    È urgente “rianimare la speranza” in questo particolare campo dell’esistenza umana, tanto decisivo per l’avvenire: “il desiderio dei giovani di generare nuovi figli e figlie, come frutto della fecondità del loro amore, dà futuro a ogni società ed è questione di speranza: dipende dalla speranza e genera speranza” (Spes non confundit, 9)

    “Pochi figli, troppi ’pets’ “ (NdR: “animali domestici”) è il titolo assai significativo del quarto paragrafo, certo ispirato anche da esternazioni ricorrenti in materia da parte di papa Francesco:

    Nel nostro Paese, come in molti altri dell’Occidente e del mondo, si registra da anni un costante calo delle nascite, che preoccupa per le ricadute sociali ed economiche a lungo termine; alcune indagini registrano anche un vistoso calo del desiderio di paternità e maternità nelle giovani generazioni, propense a immaginare il proprio futuro di coppia a prescindere dalla procreazione di figli. Altri studi rilevano un preoccupante processo di “sostituzione”: l’aumento esponenziale degli animali domestici, che richiedono impegno e risorse economiche, e a volte vengono vissuti come un surrogato affettivo che appare assai riduttivo rispetto al valore incomparabile della relazione con i bambini.

    Tutto ciò è in primo luogo il risultato di una profonda mancanza di fiducia, che invece costituisce l’ingrediente fondamentale per lo sviluppo della persona e della comunità; esso viene pregiudicato

    dall’angoscia per il futuro e dalla diffidenza verso le persone e le istituzioni. La “perdita del desiderio di trasmettere la vita” ha anche altre cause: “ritmi di vita frenetici, timori riguardo al futuro, mancanza di garanzie lavorative e tutele sociali adeguate, modelli sociali in cui a dettare l’agenda è la ricerca del profitto anziché la cura delle relazioni” (ibid.).

    Con un realismo per niente scontato il quinto paragrafo (“La rinuncia ad accogliere la vita”) mette in discussione la legge 194 per alcune sue disposizioni “largamente inapplicate” e per “alcune sue interpretazioni”, constatando in ogni caso in “molti” oggi la prevalenza di una mentalità che ritiene l’aborto un ‘diritto’:  

    Dobbiamo poi constatare come alcune interpretazioni della legge 194/78, che si poneva l’obiettivo di eliminare la pratica clandestina dell’aborto, nel tempo abbiano generato nella coscienza di molti la scarsa o nulla percezione della sua gravità, tanto da farlo passare per un “diritto”, mentre “la difesa della vita nascente è intimamente legata alla difesa di qualsiasi diritto umano. Suppone la convinzione che un essere umano è sempre sacro e inviolabile, in qualunque situazione e in ogni fase del suo sviluppo” (Dignitas infinita,  47).

    Per di più, restano largamente inapplicate quelle disposizioni (cf. art. 2 e 5) tese a favorire una scelta consapevole da parte della gestante e a offrire alternative all’aborto. Occorre pertanto ringraziare e incoraggiare quanti si adoperano “per rimuovere le cause che porterebbero all’interruzione volontaria di gravidanza [...] offrendo gli aiuti necessari sia durante la gravidanza che dopo il parto” (L. 194/78, art. 5), come i Centri di Aiuto alla Vita, che in 50 anni di attività in Italia hanno aiutato a far nascere oltre 280.000 bambini.

    Si vuole essere genitori a ogni costo: su questo riflette la CEI – un po’ timidamente - nel sesto paragrafo (“Genitori nonostante tutto”):

    Va infine considerato un altro fenomeno sempre più frequente, quello del desiderio di diventare genitori a qualsiasi costo, che interessa coppie o single, cui le tecniche di riproduzione assistita offrono la possibilità di superare qualsiasi limitazione biologica, per ottenere comunque un figlio, al di là di ogni valutazione morale.

    Osserviamo innanzitutto che il desiderio di trasmettere la vita rimane misteriosamente presente nel cuore degli uomini e delle donne di oggi. Le persone che avvertono la mancanza di figli vanno accompagnate a una generatività e a una genitorialità non limitate alla procreazione, ma capaci di esprimersi nel prendersi cura degli altri (…) Questo ambito richiede una più puntuale regolamentazione giuridica, sia per semplificare le procedure di affido e adozione che per impedire forme di mercificazione della vita e di sfruttamento delle donne come “contenitori” di figli altrui.

    Nel penultimo paragrafo, il settimo (“L’impegno di tutti per la vita”), la CEI chiama a “un’alleanza sociale che promuova la cultura della vita, mediante la proposta del valore della maternità e della paternità, della dignità inalienabile di ogni essere umano e della responsabilità di contribuire al futuro del Paese mediante la generazione e l’educazione di figli; che favorisca l’impegno legislativo degli stati per rimuovere le cause della denatalità con politiche familiari efficaci e stabili nel tempo; che impegni ogni persona di buona volontà ad agire per favorire le nuove nascite e custodirle come bene prezioso per tutti, non solo per i loro genitori”. Un’alleanza che “può e deve essere inclusiva e non ideologica, mettendo insieme tutte le persone e le realtà sinceramente interessate al futuro del Paese e al bene dei giovani: se la questione della natalità dovesse diventare la bandiera di qualcuno contro qualcun altro, la sua portata ne risulterebbe svilita e le scelte relative sarebbero inevitabilmente instabili, soggette a cambi di maggioranza o agli umori dell’opinione pubblica”.

    Il documento della CEI si conclude con l’invocazione a Dio, “amante della vita” che si manifesterà “nella grazia particolare” del prossimo anno giubilare.

     

    GIOVANI E (NON) LAVORO ALL’AMBASCIATA D’ITALIA PRESSO LA SANTA SEDE: RAVASI, BRUNETTA, CONSULTA GIOVANILE

    Mercoledì 13 novembre 2024 l’ambasciata d’Italia presso la Santa Sede ha ospitato un confronto a più voci, promosso in collaborazione con il “Cortile dei Gentili” sul tema “(Non) è un lavoro per giovani. Dialogo intergenerazionale per una nuova cultura del lavoro”. In effetti il confronto non è mancato grazie alla  presenza compatta dei membri della Consulta giovanile del citato ‘Cortile’, autrice tra l’altro di un documento in cui si sintetizzano le riflessioni emerse da una serie di incontri degli ultimi mesi con personalità, giovani studenti e professionisti. Se il ‘Cortile dei Gentili’ (il nome si riallaccia all’esperienza dello spazio per le domande dei non ebrei presso il Tempio di Gerusalemme negli anni 20-19 a.C.) è stato creato nel 2011 dal cardinale Gianfranco Ravasi su stimolo di papa Benedetto XVI (dialogo tra credenti e non credenti), la Consulta Giovanile (35 membri selezionati sotto i trent’anni) è stata invece istituita nel 2019.

    La mattinata a palazzo Borromeo, aperta dal saluto dell’ambasciatore Francesco Di Nitto (particolarmente lieto per la folta presenza giovanile) è stata caratterizzata da una riflessione iniziale del cardinale Ravasi, dall’ampio intervento dell’ex-ministro Renato Brunetta (ora presidente del Cnel, Consiglio nazionale dell’Economia e del Lavoro), da una tavola rotonda tra lo stesso Brunetta, Eleonora Nardini (Cisco), Alberto Pirri (Istituto superiore Sant’Anna), Stefano Scarpetta (Ocse) con, a seguire, le osservazioni e le domande dei giovani in sala.  

    Per il presidente emerito del Pontificio Consiglio della Cultura nella Bibbia sono tre le figure fondamentali che richiamano la dimensione lavoro. Dapprima quella di Dio, il Creatore. Poi quella dell’ homo faber, la creatura umana che viene dalla terra e ha il compito di coltivare e custodire. Infine quella di Gesù di Nazaret, chiamato carpentiere e figlio di carpentiere o falegname. Il lavoro, come emerge dalla parola stessa, è anche travaglio, fatica. E tuttavia, “se si escludono istanti prodigiosi, l’amare il proprio lavoro costituisce la migliore approssimazione concreta alla felicità sulla terra”.

    Interessante e stimolante l’ampio intervento di Renato Brunetta, che ha dapprima evidenziato il suo essere stato da giovane venditore ambulante come il padre. L’attuale presidente del Cnel si è dichiarato ottimista sulla possibilità di un radicale miglioramento della situazione del lavoro in Italia. Tuttavia oggi il quadro desta oggettivamente grande preoccupazione.

    Alcuni esempi. Sempre più giovani lasciano l’Italia e non tornano: sono quasi tutti laureati, che scelgono di restare all’estero non solo per ragioni salariali, ma anche di ambiente, possibilità di carriera, soddisfazione professionale. Nel contempo in Italia aumentano i giovani che non lavorano e non studiano, simbolo del “fallimento” di tutta una politica. Si accrescono gli ingressi in carcere (minorile), “punta dell’iceberg di un disagio spaventoso”. Diminuisce invece il numero complessivo dei giovani, spia di quello che viene chiamato inverno demografico, ma assomiglia di più a una glaciazione demografica (“Il peggio deve ancora venire… gli effetti compiuti si vedranno tra una ventina d’anni”).

    Ancora: al posto dei giovani espatriati arrivano in Italia giovani immigrati. Tuttavia l’Italia “è un Paese talmente masochista che questi ultimi sono da offerta, non da domanda”, con tutte le conseguenze constatabili: “Sono immigrati non voluti, il loro processo di integrazione è estremamente costoso, richiedono un enorme dispendio di energie”. In sintesi: l’Italia “sta perdendo capitale umano fecondo, sostituito da capitale umano frutto di disperazione”.

    Brunetta ha evidenziato la progressiva scomparsa dei corpi sociali intermedi che garantivano il funzionamento anche di un mercato del lavoro sostanzialmente armonico e collaborativo per quanto riguardava l’interscambio tra giovani e adulti: dove sono partiti, sindacati, oratori parrocchiali? E “anche il volontariato incomincia a perdere colpi”.

    Da dove deriva allora l’ottimismo di Brunetta? Dalla speranza di una rivalutazione e di una rigenerazione dei corpi intermedi. Anche della riscoperta  dell’etica della responsabilità, del merito, della solidarietà.

    Diversi membri della Consulta giovanile hanno poi proposto esperienze positive e negative per quanto riguarda l’accesso al mercato del lavoro. E interpretato nella loro testimonianza il documento citato inizialmente. Da cui traiamo alcuni passi.

    . In tutto il mondo è in crisi la cura del bene comune ed è messo in dubbio il valore di una comunità. Le persone e i loro legami sono sempre più fragili. (…) Questi cambiamenti incidono su tutti gli aspetti della vita, a partire dal lavoro, attraverso cui le persone contribuiscono e partecipano, con la loro attività, alla vita collettiva, sempre più globalizzata ma sempre più frammentata.

    . La dittatura del fare ha reciso l’equilibrio tra lavoro e vita privata, riducendo il tempo dedicato ai propri affetti e delle proprie passioni, generando nuove ingiustizie sociali.

    . I contrasti intergenerazionali tendono a costruire una competizione eccessiva sul piano culturale, economico e lavorativo. (…) Le diverse generazioni devono dialogare e collaborare affinché la condivisione di saperi e competenze valorizzi le specificità di ognuno, migliorando l’ambiente professionale e coinvolgendo tutti nelle attività lavorative.

    . Abbiamo la responsabilità di impegnarci per rinnovare la cultura e la politica, per affrontare i cambiamenti, migliorare la vita delle persone e contribuire a dare valore alle esperienze umane e lavorative, energia costruttiva di una comunità.

    PALETTI ETICI PER L’INTELLIGENZA ARTIFICIALE CON VINCENZO PAGLIA A SANT’IPPOLITO (MARTEDI 10 DICEMBRE 2024, ORE 20.30, CINEMA DELLA PROVINCIE) 

    Nell’ambito del ciclo di incontri 2024/25 del Gruppo Cultura della parrocchia romana di Sant’Ippolito (piazza Bologna) e dopo la prima serata con lo storico Franco Cardini, martedì 10 dicembre (ore 20.30) l’arcivescovo Vincenzo Paglia – presidente della Pontificia Accademia per la Vita – dopo una breve introduzione dialogherà con il pubblico sul documento ‘Call for AI Ethics’ ovvero sui paletti etici da porre all’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale. Il documento, prodotto dalla stessa Accademia nel 2020, è stato sottoscritto fin qui dai responsabili delle maggiori religioni mondiali (anche dell’Estremo Oriente) e da numerosi manager delle grandi multinazionali informatiche. Appuntamento al Cinema delle Provincie, viale delle Provincie 40. Entrata libera.  

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