MONS. TOMASI: RIFLESSIONI SU MIGRANTI, ACCOGLIENZA, INTEGRAZIONE – di GIUSEPPE RUSCONI – www.rossoporpora.org – 8 settembre 2016
Sabato 3 settembre è apparsa su ‘La Nuova Bussola Quotidiana’ un’ampia intervista su migranti, accoglienza, integrazione all’arcivescovo (nunzio a riposo, per oltre 12 anni Osservatore permanente della Santa Sede presso la sede ginevrina dell’ONU) Silvano Maria Tomasi. Ne riproponiamo alcuni passi significativi come contributo serio al dibattito su una tema attuale, delicato, complesso, che divide profondamente anche il mondo cattolico.
Si scriveva la volta scorsa che vale la pena di riprendere anche a giorni di distanza articoli e interviste di spessore - insomma utili a una riflessione su argomenti di peso - che altrimenti sono destinati a cadere inevitabilmente nell’oblio di una società ‘mordi e fuggi’ come la nostra. Perciò ad esempio in questa rubrica si è riproposto qualche passo significativo (di chiarezza cristallina e molto impegnativo dati i tempi ‘fluidi’ anche nella Chiesa) dell’omelia della messa di ringraziamento per la canonizzazione di Madre Teresa di Calcutta, presieduta lunedì 5 settembre in piazza San Pietro dal card. Parolin. Oggi invece riandiamo a un’ampia intervista sul delicato tema dell’accoglienza dei migranti, rilasciata dall’arcivescovo Silvano Maria Tomasi a Riccardo Cascioli, direttore de “La Nuova Bussola Quotidiana” e apparsa sul quotidiano cattolico online sabato 3 settembre.
Come è noto l’Italia, in primo luogo per ragioni geografiche, è anche in questi giorni terra d’approdo di migliaia di migranti provenienti in particolare dalla Libia. Il tema è dunque di piena e drammatica attualità e inquieta e divide un’opinione pubblica, anche cattolica, divisa tra il dovere della solidarietà umana per chi soffre e il timore comprensibile delle gravi conseguenze sociali di un’accoglienza indiscriminata in un Paese come l’Italia già del resto duramente colpito da una crisi economica che continua a mordere, oltre che da cataclismi naturali e smarrimento identitario.
Quella di Silvano Maria Tomasi non è – come capita per tanti politici ed euroburocrati – una voce frou frou che si esprime avendo un microfono davanti e un elettorato o una lobby più o meno ‘progressista’ da soddisfare. Il settantaseienne arcivescovo vicentino ha le carte in regola per riflettere sull’argomento. Missionario scalabriniano (dunque di una congregazione che ha molto operato e opera in particolare per gli italiani emigrati), ha fondato a New York il Center for Migration Studies. Nel 1989 è stato nominato da Giovanni Paolo II segretario del Pontificio Consiglio per i Migranti e gli Itineranti, sette anni dopo consacrato arcivescovo e inviato come nunzio in Eiopia e in Eritrea (cui nel 2000 si aggiunge Gibuti). Nel 2003 diventa Osservatore permanente della Santa Sede presso la sede ginevrina dell’ONU, servizio che svolgerà con grande impegno fino all’inizio del 2016, dopo il compimento del settantacinquesimo anno. In questo stesso sito www.rossoporpora.org (Rubrica: Interviste a personalità) si può leggere la lunga intervista rilasciataci per ‘Il Consulente RE’ di giugno 2009 sulla controversa conferenza internazionale di Durban II. Di questi tempi è a Roma come segretario pro tempore del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, prima che si sciolga a gennaio nel nuovo dicastero vaticano dall’inconfondibile sapore onusiano “per il servizio dello sviluppo umano integrale”.
Carte in regola o no? E’ evidente che il nunzio scabriniano non è un burocrate che conosce il problema per sentito dire e cerca soluzioni (perlopiù demagogiche) a tavolino né un politico che vuole apparire nella società dei lustrini grazie all’uso reiterato di slogan semplicisti. E neanche uno di quei governanti sprovveduti in materia, ma servitori del ‘politicamente corretto’ e coscienti di essere debitori di lobbies transoceaniche interessate all’indebolimento dell’Europa o di gruppi di pressione locali che sull’accoglienza ci marciano.
Perciò riproponiamo volentieri alcune delle riflessioni su cui ognuno potrà sviluppare il suo ragionamento - a volte apparentemente scontate… ma non è così! - contenute nell’intervista di sabato 3 settembre a “La Nuova Bussola Quotidiana”.
Immigrazione, problema delle guerre e delle violenze. “E’ un tema complesso che deve tener conto di molti fattori. C’è anzitutto il problema delle guerre e delle violenze nei Paesi di origine, che sono la causa più importante del movimento di queste persone.
Immigrazione, problema per i Paesi d’accoglienza. “D’altra parte il bene comune chiede che anche gli interessi dei cittadini dei Paesi di arrivo vengano presi in considerazione. Non si può pensare che tutti i potenziali migranti e richiedenti asilo trovino accoglienza in Europa”.
Rifugiati sì, ma migranti ‘economici’… “L’Europa deve essere solidale, rispettare gli accordi che ha firmato riguardo ai rifugiati, nel senso tecnico della parola; però non è che sia obbligata ad accettare tutte le persone che cercano una vita migliore nel contesto economico e di libertà sociale che c’è in Europa”.
Distinguere tra rifugiati e ‘migranti economici’. “Certamente bisogna distinguere rifugiati e richiedenti asilo da migranti economici. (…) Le persone che fuggono da persecuzioni politiche e religiose e la cui vita è minacciata o i cui diritti fondamentali sono violati (…) hanno il diritto di essere accolte in altri Paesi; e i Paesi dove arrivano hanno l’obbligo di accettarli, almeno finché la situazione nel loro Paese di origine non sia normalizzata. (…) Ma per le persone che rischiano di morire di fame o che devono assolutamente spostarsi dal loro ambiente perché la situazione fisica causata da mutamenti naturali lo forza a muoversi, non è previsto nulla (NdR: dalle convenzioni internazionali). Credo sia giusto riconoscere delle norme che obblighino la comunità internazionale ad aiutare queste persone nei modi più adeguati”.
“Aiutarli a casa loro”… “Bisogna essere ben coscienti di tutto ciò che implica questa affermazione: non può essere una frase retorica e una scusa per lavarsi le mani davanti alle necessità attuali, ma è un impegno serio a lungo termine per cambiare la realtà politica e sociale di questi Paesi, un impegno paziente e duraturo”.
...in concreto. “La responsabilità internazionale è anzitutto quella di prevenire guerre e violenze che forzano centinaia di migliaia di persone a cercare rifugio altrove. Aiutarli a casa loro significa anche essere giusti nello sviluppare il commercio, nel garantire l’accesso ai mercati (…) E poi aiutarli a casa loro implica anche avere la preveggenza di facilitare in maniera giusta e proporzionata l’accesso alle nuove tecnologie, alle nuove medicine in modo che la popolazione sia sana, possa lavorare e abbia quelle conoscenze che facilitano lo sviluppo in maniera adeguata ai suoi bisogni. (…) Il primo diritto è a non dovere migrare”.
Le due facce del problema. “Il problema dell’accoglienza (…) è una faccia della medaglia. Ci vuole anche la considerazione dell’altra faccia, che è l’integrazione. Senza un piano di integrazione dei nuovi arrivati, le paure della gente, i fastidi, i pregiudizi e anche le giuste rimostranze si moltiplicano”.
Integrazione degli islamici? “In particolare bisogna considerare tante persone di origine islamica e vedere quali valori fondamentali devono accettare per poter creare una convivenza serena e costruttiva, senza i conflitti che vediamo nelle società da cui provengono, dove i diritti umani non sono rispettati e dove ci sono discriminazioni strutturali che forzano ad emigrare soprattutto le minoranze religiose, cristiani ed altri”.
Problemi di integrazione. “Bisogna essere molto cauti in questo campo, nel senso che la seconda generazione tende ad adattarsi al nuovo ambiente, però permangono delle sacche chiuse che diventano un pericolo per il Paese che ospita. (…) Quelli che arrivano non vanno confinati in ghetti, non vanno lasciati soli, si deve facilitare l’apprendimento della lingua italiana o del Paese d’arrivo. Vanno inoltre integrati nell’economia attraverso un lavoro, così che la possibilità di creare contatti ed amicizie nell’ambiente nuovo possa aprire la strada allo sviluppo di una identità collettiva nuova e inclusiva (NdR: Sì, …ma se il Paese d’arrivo il lavoro non ce l’ha?) Però questo diventa possibile se i valori fondamentali che costituiscono le democrazie occidentali vengono accettati: libertà di religione, libertà di coscienza, l’accettazione della democrazia, la separazione tra religione e politica, il rispetto della donna che ha lo stesso valore dell’uomo”.
Evangelizzazione sempre attuale. “Alle volte uso questa espressione che mi pare molto pertinente: Le missioni sono venute a noi con l’arrivo di queste migliaia e migliaia di immigrati. Certo, bisogna rispettare la libertà di coscienza e di religione di tutti, ma questo non esclude che possiamo fare una proposta di vita, una proposta di evangelizzazione chiara, senza ambiguità, in maniera amichevole serena. Anzi questo diventa un obbligo, se pensiamo al senso della storia del passato: masse enormi di genti arrivarono dentro i confini d’Europa e, seppure con un lungo lavoro durato 2-3 secoli, la Chiesa ha trasformato queste popolazioni in cristiani che hanno costruito le cattedrali del Medioevo e hanno dato quello splendore di arte e di bellezza che ancora resta come eredità”.
Ma c’è una sfida ineludibile: “C’è ancora questa vitalità nella fede, nell’esperienza della fede, questa vitalità che ha la capacità di trasformare la società come l’ha fatto in passato in Europa e come l’ha fatto in altri continenti?” (NdR: domanda fondamentale a risposta aperta, considerato lo smarrimento che regna oggi in una parte consistente del cattolicesimo: sì per gli ottimisti, forti dubbi per i realisti).
P.S. Vedi anche in questo stesso sito www.rossoporpora.org (Rubrica: Interviste a personalità) la corposa intervista a monsignor Silvano Maria Tomasi rilasciataci nel giugno 2009 per il mensile “Il Consulente RE”.