LUTERO E GLI EBREI: UNA SERATA CON ANNA FOA E DANIELE GARRONE – di GIUSEPPE RUSCONI - www.rossoporpora.org – 29 novembre 2016
Nella serata di lunedì 28 novembre la storica ebrea Anna Foa e il biblista protestante valdese Daniele Garrone si sono confrontati sul delicato tema presso la Chiesa metodista, inaugurando la stagione 2016-17 dell’ Amicizia Ebraico-Cristiana di Roma. Perché Martin Lutero giunse negli ultimi scritti a esprimere un atteggiamento così duro verso gli ebrei, tanto da farlo ritenere in questo una sorta di precursore del nazismo?
E’ stata una serata ricca di spunti d’interesse quella pensata dall’ Amicizia Ebraico-Cristiana di Roma per inaugurare lunedì 28 novembre l’attività 2016-2017: dedicata alla spinosa questione dei rapporti tra Lutero e gli ebrei ha visto alternarsi al tavolo dei relatori la storica Anna Foa e il biblista Daniele Garrone, che hanno poi risposto a diverse domande poste da un uditorio molto attento, convenuto presso la sala della Chiesa metodista in via Firenze.
Introdotta dal moderatore Ignazio Genovese (che ha dato conto dello stato della bibliografia sulla questione), Anna Foa ha subito evidenziato come i toni del Lutero degli Anni Venti siano diversi da quelli degli Anni Quaranta. Infatti è del 1523 lo scritto “Cristo è nato ebreo” (in cui il riformatore fa sua la ‘teologia della sostituzione’ del popolo ebraico con quello cristiano). E sono invece del 1543 gli “Judenschriften”, “scritti di una violenza incredibile”, che si accompagnano con altri dello stesso tenore in cui Lutero mostra di essere pervaso dalla “vecchia mitologia dell’antisemitismo”, per la quale “gli ebrei succhiano il latte dalla scrofa e si cibano dei suoi escrementi”. L’ebreo è considerato un essere immutabile nella sua malvagità: non resta perciò che cacciarlo. Ciò che accadde in diverse regioni germaniche, “più dalle zone protestanti che da quelle cattoliche”. Tanto è vero che, come si evince dalle cronache di una sinagoga di Francoforte, gli ebrei elevavano in quel tempo preghiere per la vittoria delle truppe imperiali cattoliche contro quelle dei principi protestanti riuniti nella Lega di Smalcalda (il conflitto finì, dopo successi alterni, con la pace di Augusta (“Cuius regio, eius et religio” ).
Nella posizione luterana un grande problema è costituito dalla credibilità della conversione degli ebrei al cristianesimo, in effetti per alcuni una sorta di ‘cavallo di Troia’ (come scrisse nel 1938 padre Gemelli su ‘Vita e Pensiero’) per entrare nella cittadella cristiana. Lutero inizialmente spera che gli ebrei scelgano di “rinunciare alle loro sovrastrutture talmudiche” per aderire alla sua Chiesa rinnovata, che si propone di “tornare alle origini del Cristianesimo”. La delusione nel constatare come le sue speranze risultino vane porta Lutero a perorare la cacciata degli ebrei: ed è soprattutto questo – al di là delle invettive - il filo rosso che lega luteranesimo e nazismo.
Il pastore e biblista valdese Daniele Garrone ha ricordato inizialmente come il tema dell’atteggiamento di Lutero verso gli ebrei sia al centro di riflessioni approfondite da circa un secolo. In particolare il ‘salto di qualità’ si è registrato negli Anni Sessanta/Settanta in diverse chiese protestanti tedesche ed europee in genere: molto importante ad esempio la dichiarazione del 1980 della chiesa evangelica della Renania dal titolo “Conversione e rinnovamento”. Successivamente l’interesse non si è certo spento e il tema ha avuto un ruolo rilevante in tutta una serie di documenti non solo storici, ma ecclesiali, fino a giungere alla tanto circostanziata quanto dura risoluzione di fine 2014 sugli “Judenschriften” delle Chiesa evangelica in Assia e Nassau. Sull’argomento è certo da segnalare anche la recente traduzione in italiano de “Gli ebrei di Lutero” di Thomas Kaufmann (ed. Claudiana).
Lutero – ha poi sottolineato Daniele Garrone – rifletteva una mentalità che non era solo sua, ma ben diffusa nell’ambiente protestante: basti pensare alle risposte negative date sulla tolleranza verso gli ebrei da Martin Bucero (Strasburgo) e da Bullinger (successore di Zwingli a Zurigo). Ha commentato qui il biblista: “Se l’unità della Chiesa fosse legata ai suoi sbagli, ognuno porterebbe bene in vista le sue medaglie”. Lutero nei suoi scritti non dice contenutisticamente niente di nuovo sugli ebrei: colpiscono però il suo livore, l’accanimento, tanto che si può ben dire che fosse ossessionato da essi. Come si può spiegare tale ossessione? Un po’ derivava dalla sua “visione apocalittica” della situazione: una Chiesa cattolica corrotta, l’avanzata dei turchi, la guerra della Lega di Smalcalda. Soprattutto però Lutero si era reso conto che gli ebrei leggevano e interpretavano l’Antico Testamento in maniera opposta alla sua, di tipo cristologico. Per Lutero ciò era inaccettabile: e dunque gli ebrei dovevano “essere in malafede o assatanati”. Necessario dunque, per non farsi “contaminare”, cacciarli: in caso contrario ci si sarebbe trasformati in correi della “blasfemia”.
I calvinisti hanno invece un approccio diverso al tema del rapporto con gli ebrei. Essi sono parte di un protestantesimo “spesso minoritario e perseguitato” (valdesi, ugonotti, ecc…) e tendono a identificarsi con le vicende del popolo ebraico, deportato a Babilonia, disperso nel mondo. La conquista del West da parte dei coloni protestanti vide del resto la fondazione di città con nomi biblici e fu considerata in parallelo con la conquista della Terra Promessa: con gli indiani d’America simili ai cananei che guerreggiavano con l’antica Israele. Dell’atteggiamento di Calvino verso gli ebrei sappiamo poco (si è persa una lettera di risposta sul problema della tolleranza); ma è noto che per Calvino valeva per i calvinisti ciò che Dio aveva detto ad Israele (ad esempio sull’accoglienza degli stranieri, nel caso specifico della numerosa colonia italiana a Ginevra). Infine, a differenza di Lutero, Calvino aveva avuto importanti frequentazioni ebraiche, pur in ogni caso non risparmiando anch’egli nelle sue prediche “contumelie contro gli ebrei che non sapevano leggere l’Antico Testamento”.