INTERPELLANZA URGENTE: PIO VITO PINTO DALLA ROTA ALLA CAMERA – di GIUSEPPE RUSCONI – www.rossoporpora.org – 7 marzo 2017
Venerdì 10 marzo è previsto che venga data risposta dalla presidenza del Consiglio a un’interpellanza urgente di Renato Brunetta su un decreto del controverso decano della Rota Romana. Tale editto è ritenuto lesivo del Concordato tra Italia e Santa Sede (oltre che dell’articolo 24 della Costituzione e della Convenzione europea per i diritti dell’uomo) e conseguentemente potrebbe impedire il riconoscimento da parte italiana delle sentenze rotali in materia di nullità matrimoniale.
Pio Vito Pinto: un nome, una garanzia di controversia. Nato a Noci il 29 marzo 1941, prelato uditore della Rota Romana dal 25 marzo 1995, decano della stessa Rota dal 22 settembre 2012, confermato nell’incarico il 12 dicembre 2015 (pur se ultrasettantacinquenne… non è un ‘qualsiasi’ arcivescovo Negri…) con l’affiancamento del francese Maurice Monier (creato pro-decano), il prelato pugliese ha fatto parlare di sé con sempre maggior frequenza negli ultimi anni.
Basti pensare al peana innalzato all’allora Segretario di Stato cardinale Tarcisio Bertone l’8 novembre 2012, presente per l’inaugurazione dell’anno accademico dello studio rotale: erano ancora i tempi di Benedetto XVI e Pinto paragonò nell’occasione con intenti laudativi il porporato salesiano (non proveniente dal servizio diplomatico) al cardinale barnabita Luigi Lambruschini, segretario di Gregorio XVI dal 1836 al 1846. Rileggiamo un passo della mirabile prolusione: “L’analogia di due personalità – il cardinale Lambruschini e il cardinale Bertone – così distanti nel tempo e pur tuttavia in molteplici aspetti così vicine, vuole sommessamente inserirsi nella semantica cristiana dei segni – superando quella pur apprezzabile perché espressione dell’umano rincorrersi dei cicli storici – che ha nella Provvidenza la ragione dell’economia primaria dell’umano esistere e operare. (…) Avviene così che l’estrazione religiosa del segretario di Stato, per quanto storicamente eccezionale rispetto alla provenienza del servizio diplomatico, si componga armonicamente con il servizio medesimo, del quale il segretario di Stato diviene capo. In esso e per esso trovano tutela e realizzazione l’ideale perenne della libertas Ecclesiae, che già innervò l’azione del barnabita Lambruschini, come oggi del suo odierno successore, e l’impulso missionario rivolto alla diffusione del Vangelo, intrecciati fra di loro e con la promozione integrale della persona umana”. Piccolo particolare: per il cardinale Bertone il Lambruschini era un “reazionario a tutto tondo” (vedi intervista del 2006 a 30 Giorni).
I tempi però cambiarono e, dalla fine del mondo, irruppe Jorge Mario Bergoglio. Il Nostro - in un amen o poco più – si vestì della casacca del San Lorenzo, dandosi da fare per non perdere il favore del nuovo allenatore, di per sè alquanto umorale. Soprattutto, da decano della Rota, si distinse in materia di processi di nullità matrimoniale. Sua in parte consistente la pasticciatissima lettera apostolica dell’8 settembre 2015, la Mitis Iudex Dominus Jesus, con la quale si apriva una breccia più ampia di quella di Porta Pia al riconoscimento di una sorta di ‘divorzio cattolico’ (vedi ad esempio quell’ “ecc….” aggiunto con rara sagacia alle possibili cause di nullità). Così il Nostro, durante la conferenza-stampa vaticana, giustificò la frittata, osservando sobriamente che si intendeva “passare dal ristretto numero di poche migliaia di nullità a quello smisurato di infelici che potrebbero avere la dichiarazione di nullità ma sono lasciati fuori dal vigente sistema”.
Tale ‘sobrietà’ comunicativa lo portò a fine novembre 2016 a.scagliarsi con rara violenza contro i quattro cardinali che si erano permessi, secondo lui, di ledere la maestà papale pubblicizzando (dopo aver atteso per quasi due mesi una risposta da Santa Marta) i cinque dubia su punti controversi dell’ Amoris laetitia. Era a Madrid il Nostro e non riuscì a trattenersi, in un colloquio registrato con Religion Confidencial a margine di una conferenza tenuta presso l’Università Ecclesiastica di San Damaso: “Quale Chiesa difendono questi cardinali? Il Papa è fedele alla dottrina di Cristo. Quello che hanno fatto è uno scandalo molto grave”. Chiosando che non avrebbero perso la berretta cardinalizia solo perché Francesco non è un Papa del passato che li avrebbe potuti ‘sporporare’. Però - questo non l’ha detto ma lo si percepisce chiaramente – che peccato! Quale grande soddisfazione se i ‘reprobi’ fossero stati privati della porpora come capitò al gesuita francese Louis Billot con Pio XI…
Poco dopo metà gennaio il mondo vaticano fu scosso da un evento inaudito: l’apparizione sul web di una prima pagina finta de L’Osservatore Romano (un vero capolavoro di satira), dedicata a una finta risposta papale ai dubia. Tra le reazioni evocate quella del Nostro, che –lette le risposte di Santa Marta, tutte ‘Sic et non’- secondo la governante “esclamò con visibile compiacimento: Più chiaro di così si muore! Dopo di che scomparve”. Il verbo non andava però inteso nell’altra accezione, per cui il 21 gennaio il Nostro era presente in carne ed ossa all’inaugurazione dell’anno giudiziario del Tribunale della Rota e il 25 febbraio all’udienza papale ai partecipanti al corso sul processo matrimoniale (con papa Bergoglio che invitò nell’occasione i parroci presenti all’ incontro e all’accoglienza di quei giovani che preferiscono convivere senza sposarsi).
Veniamo ora al gran salto di Vito Pio Pinto dal palazzo della Cancelleria all’aula di Montecitorio. A che si deve il singolare evento?
Su Libero del 30 dicembre 2016 un articolo, a firma di Renato Farina, aveva attirato la nostra attenzione: il titolo ci sembrò a prima vista una gran forzatura (“Per il sacro divorzio l’avvocato lo sceglie il Papa”) e tuttavia, scorrendo le righe, emergeva che quanto scritto profumava più di arrosto che di fumo, pur se Santa Marta non c’entrava direttamente e il protagonista di un pasticcio dalle possibili conseguenze diplomatiche non irrilevanti risultava ancora il Nostro. Ma quante ne combina! dirà a questo punto chi ci legge…
Quale per l’occasione l’addebito? Quello di aver promulgato una norma con la quale rivendicava al decano (cioè a se stesso) il diritto di nomina degli avvocati nei processi di nullità matrimoniale. Il decano – si legge nell’editto – “può confermare, eventualmente, come patrono d’ufficio, l’avvocato che la parte ebbe nei gradi inferiori”. Da notare non solo il “può”, ma – per maggiore sicurezza – anche l’ “eventualmente”.
Abbiamo messo da parte l’articolo, come diversi altri, casomai si fossero prodotti sviluppi interessanti. E quelli sono arrivati a sorpresa l’altro giorno, quando è stata presentata presso la Camera dei Deputati (28 febbraio, modificata il primo marzo) un’interpellanza urgente a firma Renato Brunetta, noto capogruppo di Forza Italia in quel ramo del Parlamento. All’interpellanza si prevede venga data risposta venerdì 10 marzo: e non è escluso che tocchi alla già Garrula Ministra e oggi sottosegretario alla Presidenza del Consiglio bacchettare l’agire del Nostro con angelico sorriso.
Leggiamo l’interpellanza. Ricordato il decreto del decano della Rota Romana, Brunetta sottolinea che tale Tribunale “emette sentenze sulle cause di nullità matrimoniale, che possono essere delibate in Italia in applicazione del Concordato”. “Delibate”? Sì: la “delibazione” è in linguaggio giuridico un procedimento che deve svolgersi perché possa avere efficacia giuridica in uno Stato la sentenza emanata in un altro Stato. Considera poi Brunetta: “Questo decreto, abrogando di fatto il diritto ad avere un avvocato di fiducia, non può non imporre gravi interrogativi”.
Prosegue l’interpellante: “A quanto consta (…) anche avvocati di fiducia già nominati, pendente la causa, sono stati – senza alcuna giusta causa – rimossi dal decano contro la volontà delle parti che avevano conferito mandato di fiducia anche da molto tempo, imponendo così loro diverso avvocato d’ufficio”.
Nel contesto un punto appare particolarmente rilevante: “L’Accordo di Villa Madama sottoscritto tra la Santa Sede e la Repubblica Italiana pone quale condizione per il riconoscimento da parte della Corte di appello degli effetti civili italiani delle sentenze canoniche che nel procedimento davanti ai tribunali ecclesiastici è stato assicurato alle parti il diritto di agire e di resistere in giudizio in modo non difforme dai principi fondamentali dell’ordinamento italiano (articolo 8, n.2, lettera b) della legge n. 121 del 1985)”
Ebbene, che cosa dice l’ordinamento italiano in materia? “La Corte Costituzionale, nella sua sentenza del 22 gennaio 1982, n. 18, ha indicato il diritto alla difesa fra i principi supremi dell’ordinamento costituzionale nel suo nucleo più ristretto ed essenziale”. Continua Brunetta: “Va rilevato il valore assoluto, inviolabile ed irrinunciabile del diritto all’assistenza tecnico-fiduciaria quale parte ineludibile del diritto di difesa”, tutelato da varie norme ai sensi dell’articolo 24 della Costituzione. Tale principio fondamentale del diritto di difesa “ha trovato consacrazione anche nell’articolo 6 della Convenzione europea per i diritti dell’uomo, in materia di processo equo” (La Santa Sede non è parte della Convenzione e quindi i suoi atti non sono sindacabili dalla Corte di Strasburgo, ma l’Italia sì, con tutte le conseguenze del caso).
In sintesi, scrive Brunetta, “il divieto per le parti di scegliere liberamente un avvocato di fiducia, l’imposizione di un avvocato di ufficio anche in presenza di un avvocato di fiducia già nominato, l’imposizione del medesimo organo giudicante con commistione di ruoli e poteri, la scelta discrezionale ed insindacabile degli avvocati d’ufficio demandata ad un unico soggetto – che è anche presidente del Tribunale – la rimozione senza giusta causa di avvocati che patrocinavano già pendenti e la imposizione di una procedura sommaria anche senza l’adesione della parte convenuta, costituiscono ad avviso dell’interpellante gravissima lesione del diritto di difesa”.
Quale la conseguenza? “Tale lesione del diritto di difesa, essendo normativamente prevista, a giudizio dell’interpellante impedisce radicalmente il riconoscimento delle sentenze ecclesiastiche per loro contrarietà all’articolo 8, n. 2, lettera b) del Concordato (cfr. legge 121 del 1985), all’articolo 24 della Costituzione e all’articolo 6 della Convenzione europea per i diritti dell’uomo”-
Renato Brunetta si chiede perciò “quali siano gli intendimenti urgenti del Governo in merito ai fatti esposti in premessa e quali iniziative di competenza intenda assumere affinché possa essere garantito il rispetto pieno della Convenzione dei diritti dell’uomo presso i tribunali della Santa Sede, anche ai fini della delibazione (NdR: della procedura di riconoscimento) delle sentenze ecclesiastiche”.
Bel pasticcio diplomatico ha combinato il Nostro decano, tra lo sconcerto degli ambienti diplomatici vaticani, Segreteria di Stato in testa (ma anche il prefetto della Segnatura Apostolica è un diplomatico di carriera…)… chissà se perfino il Papa non gli ha scritto una lettera, come ventilano fonti bene informate. Se così fosse, non sarebbe che il dovuto per chi mette in imbarazzo – con la foga di un Gran Turiferario rotale – anche i tradizionali buoni rapporti bilaterali tra Palazzo Chigi e Sacri Palazzi.
13 MARZO A SANTA MARIA DEI MONTI (ROMA): TERZO DIBATTITO ACCATTOLI-RUSCONI SU PAPA FRANCESCO
Dopo quelli al Centro Russia Ecumenica e alla Stampa Estera il terzo dibattito condotto da Luigi Accattoli e Giuseppe Rusconi si terrà - sempre a Roma - LUNEDI' 13 MARZO 2017 PRESSO LA PARROCCHIA DI SANTA MARIA AI MONTI (via Madonna dei Monti 41, tra via Nazionale e via Cavour). La parrocchia è quella frequentata da Accattoli. L'incontro inizierà alle 19.45 e avrà come titolo: Dibattito su papa Francesco. Tre obiezioni e tre risposte. Si aggiunge nella locandina affissa nella bacheca della parrocchia: Nel giorno dell’anniversario dell’elezione (13 marzo 2013) un confronto senza censure sul Vescovo di Roma venuto dalla fine del mondo