INTERVISTA AD ALESSANDRO D'ALATRI - di GIUSEPPE RUSCONI - www.rossoporpora.org - 'IL CONSULENTE RE' DI GIUGNO 2009
Nel colloquio con Alessandro D’Alatri, neo-presidente della giuria del Fiuggi Family Festival, l’auspicio che il “Tengo famiglia” assuma una valenza positiva, fatto socialmente rivoluzionario - La necessità di un progetto educativo nuovo a lungo termine contro la banalizzazione della vita – I politici valorizzino anche concretamente la famiglia: le promesse non bastano più - Un posto d’onore al Festival per l’ingiustamente bistrattato Giovanni Guareschi
Dal 25 luglio al primo agosto si svolgerà la seconda edizione del “Fiuggi Family Festival”, realizzato in collaborazione con il Forum delle Associazioni familiari. Nella cittadina ciociara si riproporrà dunque l’esperienza significativa - avviata l’anno scorso - di una Rassegna con proposte non solo cinematografiche, pensata per le famiglie, per genitori e figli. Quest’anno il Festival mancherà del suo ideatore e presidente, il pediatra Gianni Astrei – esponente attivissimo del ‘Movimento per la vita’: caduto facendo trekking nella zona dei monti Ernici, è morto il primo maggio.
Il Festival, che ne onorerà certamente la memoria, si presenta ricco di momenti interessanti e posto sotto il segno della figura del padre cui saranno dedicati i film in concorso, come ha rilevato il direttore artistico Andrea Piersanti. A presidente della giuria internazionale, dopo l’esperienza positiva di Pupi Avati nel 2008, è stato nominato un altro regista di contenuti solidi, il cinquantaquattrenne Alessandro D’Alatri, noto per film stimolanti come tra gli altri “I giardini dell’Eden”, “Senza pelle”, “La febbre” e “Casomai”…
Partiamo proprio da “Casomai” del 2002, il film in cui illustravi con l’ironico garbo consueto certe difficoltà della vita matrimoniale, per bocca di don Livio (Gennaro Nunziante) che si rivolgeva a due sposini, impersonati da Stefania Rocca e Fabio Volo. Nell’intervista collegata – vedi “il Consulente RE” 5/2002 – rilevavi tra l’altro come la famiglia in Italia fosse molto penalizzata economicamente e ti auguravi che chi ci amministra rivedesse nel profondo la politica fin lì attuata nei confronti di questa istituzione così importante per la comunità…
Speranza vana: sono passati sette anni, ma è come se fossero passati sette minuti. Ho rivisto recentemente il film… non è cambiato niente, è sempre attuale, drammaticamente attuale!
Vuoi dire con ciò che la famiglia è considerata ancora la cenerentola del nostro ordinamento giuridico?
Sì, nessuno è riuscito a colmare le ‘sviste’ esistenti nella nostra legislazione in materia …
Qualche esempio di quelle che tu chiami ‘sviste’?
Ne potrei citare tanti. Eccone uno molto significativo: gli alimenti passati da un separato o divorziato alla ex-moglie sono detraibili dalle tasse, mentre invece ciò non accade per gli ‘alimenti’ che un coniugato passa normalmente alla sua famiglia. E’ assurdo!
Eppure la questione della famiglia e della sua importanza sociale torna a scadenze regolari sulla bocca di non pochi politici… è vero, spesso in prossimità di elezioni….
La famiglia porta tanti voti, torna molto utile elettoralmente! Però, pur restando il cuore pulsante della nostra società, la famiglia è malridotta, sta vivendo un momento drammatico della sua storia, anche in Italia.
Certo a leggere i giornali gli episodi tristi non mancano…
Le cronache cavalcheranno sempre il brutto che emerge dalla famiglia, se essa non riuscirà ad aprirsi alla condivisione con il mondo.
Che cosa significa in concreto?
Sappiamo tutti che la società è malata, perché stanno venendo a mancare gli elementi fondanti di una società sana…
Puoi esemplificare?
Il 21 aprile ho partecipato a un seminario su famiglia e televisione, promosso dal Fiuggi Family Festival. Bene, eppure la televisione non è più l’unico problema per la sanità della famiglia…. Se guardiamo il web troviamo anche di peggio! Spesso lo scontento e la rabbia spingono a reazioni puntuali e puntute. Eppure, purtroppo, le battaglie fatte a breve scadenza sono tutte perse. Non possiamo pensare di cavarcela tappando un buco qui e uno là. Bisogna invece incominciare a pensare più in grande, a investire sulla guerra (il termine non mi piace, ma è incisivo) a lunga scadenza. Occorre finalmente decidersi a progettare concretamente il futuro, cosa che questo Paese negli ultimi decenni non si è più fatto. Dei risultati forse godranno i figli dei nostri figli.
Il punto è che oggi dilaga la voglia del tutto e subito…L’andar controcorrente costa fatica e il successo non è garantito…
C’è un’assenza generalizzata di progetti di vita fondati su un’educazione seria. Il problema è grosso: come fai oggi, realisticamente, a impedire a tuo figlio di vedere la televisione e di cercare su internet? E’ impossibile sbarrare la strada a tutti i canali e a tutti i siti, controllarli nella loro totalità…
E allora che cosa proponi?
Ognuno si conosca, arrivi alla conoscenza di se stesso per poter poi attivare quelle difese immunitarie che gli permettano di accogliere il buono e respingere il gramo.
Però oggi è difficile per molti riconoscere amico e nemico…
Io riesco a vedere il bianco e il nero…
Ma tanti giovani d’oggi, no.
E’ arduo il lavoro educativo da fare ... non si pretendere di farlo in un giorno, deve coinvolgere l’intera società. Deve presupporre una volontà politica chiara e un obiettivo altrettanto chiaro di progettazione culturale. Bisogna tornare a valorizzare la logica del buon senso, importantissima in un’epoca come la nostra. Oggi il buon senso deve prevalere nelle scelte…
Ma come può succedere, quando constatiamo quel che passa sugli schermi televisivi, su internet: prevalgono la banalizzazione della vita, il ‘tutto in piazza’. i lustrini, i ‘Grandi fratelli’, ‘Uomini e donne’, ‘L’isola dei famosi’, le fiction fintamente innocenti e invece subdolamente corrosive dei valori più solidi di una società ordinata al bene comune…
Credo che sia importantissimo tornare a riflettere su quella frase di Paolo VI – un vero profeta! - pronunciata nel 1974 e ripresa l’anno seguente nell’ Evangelii nuntiandi sul fatto che l’uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri. Noi, per progettare con successo una società diversa, abbiamo bisogno di testimoni! Tutti siamo chiamati ad essere testimoni… alle mie figlie non avrei potuto dire “Non fumate”, se io fumavo; quando ho smesso, allora l’ho potuto dire credibilmente! Abbiamo bisogno di una società che ritorni ad esprimere dei valori incarnati per così dire nelle persone. Dei valori basati sul buon senso…
Esiste ancora un buon senso che unisca in questa società?
Secondo la mia esperienza, sì. Laici e cattolici, rossi e neri, verdi e azzurri. C’è perlomeno un desiderio di buon senso… anche se poi si conclude che “
La società ormai è quella che abbiamo, non c’è niente da fare, bisogna rassegnarsi…”. Il desiderio c’è… gli occorre una spinta! Certo sono consapevole che non riusciremo a salvare i giovani d’oggi, ma quelli di domani e dopodomani sì, se ci rimbocchiamo le maniche, se ci diamo un obiettivo educativo chiaro. Rivalutiamo la scuola, la famiglia, la parrocchia, l’oratorio… il primo film l’ho visto all’oratorio, Ben Hur…
Anch’io, doveva essere o Piccoli martiri o L’assedio dell’Alcazar… L’oratorio aveva senza dubbio una funzione sociale molto rilevante e da qualche anno è comunque e fortunatamente in via di rivalutazione…
Però va rivalutato ancora di più, capillarmente. Una volta il ragazzino andava automaticamente all’oratorio e vi passava tante ore della sua giornata, oggi è diverso… quel ragazzino spesso non sa più dove andare il pomeriggio! La scuola poi in genere è vecchia, noiosa, ti fa passare la voglia di studiare… vedo come si insegna e si studia… non si deve studiare per il terrore del voto, ma per la gioia di crescere e di diventare più forti…
Non è per niente facile concretizzare quanto dici… viene anche il dubbio che non sia possibile considerando la realtà in cui viviamo…
Invece si deve puntare a questo, anche perché oggi la scuola è distante anni luce dal vissuto quotidiano. Che fanno gli studenti, una volta tornati a casa? Si immergono in internet, viaggiano nell’universo, vedono reality ambientati in appartamenti, fattorie, su isole eimprontati all’edonismo forsennato più pecoreccio, in cui le grandi ambizioni sono l’apparire, il guadagnare soldi senza far niente, diventare veline e cantanti di successo…
…E non è che ci siano differenze rilevanti tra le grandi aziende televisive…
Ma no, ti propongono questi programmi a reti per così dire unificate. Ed è chiaro che poi i giovani si chiedono: “Vale la pena di studiare a scuola per cinque o sei ore al giorno latino e greco? Ma perché? Perché?”. E’ una vera follia…
Direi anche schizofrenia…
Che difatti produce una famiglia devastata, che si trascina in una società devastata la quale produce una politica devastata…
… A dire il vero ci sarebbero ad esempio codici di comportamento televisivo che impedirebbero in certe ore di trasmettere immondizia
Ma non servono a niente! E’ tempo perso. Dobbiamo invece puntare a far sì che i giovani abbiano quello spirito critico che permetta loro di riconoscere il buono e il cattivo. E’ necessario uno sforzo a lungo termine basato sul buon senso, unitario, coordinato, di famiglia, scuola, Stato, Chiesa, massmedia. Tutti – da testimoni - dobbiamo sporcarci le mani, affrontare la realtà, gettare il seme così che con pazienza e tenacia possa crescere e fruttificare: i frutti non li vedrò, nemmeno le mie figlie, forse però i miei nipoti.
E’ pensando alla necessità della testimonianza che hai accettato di presiedere la giuria internazionale del Fiuggi Family Festival, emanazione del Forum delle Famiglie?
Quando m’hanno detto che avrei proseguito l’opera di Pupi Avati, già mi sono sentito in imbarazzo. Per me è stato un doppio onore, quello della proposta in sé e quello di seguire le orme di qualcuno più grande di me, cui va tutto il mio affetto più profondo. Ogni anno Pupi Avati aggiunge, con rigore e leggerezza, un tassello al suo mirabile affresco cinematografico di vita quotidiana. Da presidente della giuria vorrei che durante il festival si indagasse a 360 gradi sulla famiglia. C’è un’espressione tipica italiana: Tengo famiglia; lì, dentro questa espressione, passa tutto il negativo di questo Paese. Siccome tengo famiglia, mi faccio gli affari miei e non mi impiccio… Mi giro dall’altra parte, non voglio vedere, perché tengo famiglia…
Sarebbe bello che l’espressione volgesse al positivo…
E’ questo che vorrei… e sarebbe già un primo piccolo passo verso un cambiamento nella mentalità sociale! Pensa se sentissimo qualcosa di simile: Non inquino, perché tengo famiglia e la mia famiglia mi sopravviverà e poi nasceranno altre famiglie. Oppure: Se vedo qualcosa che non funziona nella società, mi do da fare, perché tengo famiglia.
Sarebbe un vero rovesciamento almeno verbale di tutta una consuetudine che ha tanti riflessi negativi in campo sociale.
Un’altra cosa che vorrei evidenziare è che divorzio e separazione sono diventati un business; esiste poi il problema sociale crescente di chi ha divorziato e deve passare gli alimenti al coniuge… sempre più spesso non ce la fa e va in bancarotta! Terribile è la strumentalizzazione dei figli nelle cause di separazione e di divorzio: ho amici che da anni – anche con gran dispendio di mezzi finanziari ed energie fisiche e psichiche - tentano di vedere i figli, ma le ex-mogli glielo impediscono. Sono talmente numerosi i casi che conosco che non si può non pensare che l’attuale legislazione sia generalmente molto punitiva verso i padri! Vorrei poi che tra famiglie in uno stesso condominio ci fosse una maggiore collaborazione nella vita quotidiana…
Spesso non si conosce chi abita due o tre piani sopra…
Quand’ero bambino, la vicina di casa veniva a farmi la puntura; un’altra si offriva se necessario come baby-sitter occasionale…. Oggi è più difficile che accada tra condomini, soprattutto nelle grandi città…
Sebbene non manchino le solite eccezioni…
Per ritornare a parlare e a collaborare nei casi della vita quotidiana non c’è bisogno di fare riunioni di condominio. Basta volerlo e si fa… e già sarebbe un bell’aiuto per le famiglie.
Questa seconda edizione del Festival è dedicata particolarmente alla figura del padre, che negli ultimi decenni è stata svalutata e di molto nell’ambito sociale. Al tema si ispireranno le opere in concorso. Del padre hai parlato prima, osservando che anche la nostra legislazione lo sfavorisce…
La figura del padre per me è molto affascinante, non solo perché anch’io sono padre. Per gli romani padre è chi riconosce il figlio; e il padre è in grado di dare al figlio tutto l’affetto possibile, per l’intera vita. Non smette mai insomma di essere padre! Oggi questa constatazione, con la confusione che regna sotto il cielo, non è più così scontata.
Chiacchierando prima dell’intervista, è emersa la tua ammirazione per Giovanni Guareschi…
Vorrei proprio aprire (come si dice) nell’ambito del Festival una ‘finestra’ su Guareschi…
Una scelta indovinata, un grande scrittore di famiglia e per famiglie…
Pensa che ho conosciuto Guareschi solo tardivamente, da poco, grazie al mio amico Francesco Barilli che sta montando un documentario inedito su questo scrittore così bersagliato dai pregiudizi. Incuriosito da quanto Barilli mi diceva, ho incominciato a leggere Guareschi e mi ci sono appassionato, scoprendone anche la statura di uomo perbene. Sai, non è facile essere tali in questo Paese… e Guareschi ne ha dovuto sopportare tante!
Eppure i suoi personaggi di don Camillo e Peppone emergono anche oggi, pur in una società profondamente mutata….
Tieni conto che Guareschi è l’autore italiano più tradotto nel mondo, uno scrittore globale prima che giungesse la globalizzazione. Solo in Italia è stato bersaglio di cattiverie continue, da quasi ogni parte.
Per Fiuggi allora che cosa hai proposto?
Di proiettare il documentario inedito di Barilli; di portare una mostra fotografica già pronta, “Il Cristo che parla”, molto bella, curata dal biografo Guido Conti. E poi vorrei che fosse proiettato il film “La Rabbia” del 1963 per la seconda parte, quella con la regia di Guareschi, che è stata fin qui pressoché ignorata, de facto censurata, al contrario di quel che è capitato per la prima, ‘firmata’ da Pasolini. Il produttore Ferranti aveva voluto fare un film sullo scontento, visto da sinistra e poi da destra: Pasolini e Guareschi avevano creato la loro parte, ignorandone reciprocamente i contenuti. Sarebbe anche interessante organizzare un incontro su Guareschi e rivalutarne l’opera troppo spesso disprezzata.