MA CHE C’AZZECCA DANTE CON LA COSMOLOGIA ODIERNA? – di GIUSEPPE RUSCONI – www.rossoporpora.org – 21 novembre 2017
Un’interessante conferenza dell’astrofisico svizzero Bruno Binggeli presso la sede centrale della ‘Dante Alighieri’ a Roma. Tema: “Primum Mobile. Il viaggio dantesco e la cosmologia di oggi”. L’Inferno e il ‘buco nero’ di Einstein.
Stamattina una mano amica ci ha passato la fotocopia di alcuni capitoli dell’ultimo prodotto dell’untuoso sottobosco turiferario vaticano, fresco fresco (per modo di dire) di giornata. Vi abbiamo dato un’occhiata in tram e, per quel che ci riguarda, questo basta e avanza. Le pagine lette inducono a pensare che si sia di fronte al solito Manuale (per di più datato) della Misericordia, immerso in una tale dose di incenso da coprire il Vaticano e i suoi dintorni di una nebbia intensa. La scure della Misericordia si abbatte sui critici di Francesco (oltre all’arcivescovo Negri vengono citati nelle nostre fotocopie i cardinali Burke e Caffarra e perfino il vescovo di Carpi Cavina): si dubita tra l’altro della sanità mentale degli “oppositori”, anzi li si considera – quelli porporati – dei dementi addobbati in vesti sontuose di sera con cappe di ermellino. Viceversa viene vantato l’universale consenso riscosso da Francesco, che è ça va sans dire personalità sommamente autorevole, di cristallina coerenza, di capacità tali da destare ammirazione sconfinata.
Meglio allora passare un po’ di tempo con Dante Alighieri e la sua Commedia, di cui ci siamo occupati il 31 ottobre recensendo il 31 ottobre in questo stesso sito l’ultimo libro di Socci (vedi: Su Antonio Socci e la sua ‘traduzione’ dell’Inferno dantesco)
Nel tardo pomeriggio di giovedì scorso 16 novembre, la curiosità ci ha spinto a varcare la soglia del cinquecentesco Palazzo romano in cui ha sede la ‘Dante Alighieri’. Curiosità verso che cosa? Nella bella sala attribuita al Primaticcio (pittore e architetto nato a Bologna nel 1504 e morto a Parigi nel 1570) abbiamo ascoltato con attenzione la conferenza tenuta dall’astrofisico Bruno Binggeli sul “Viaggio dantesco e la cosmologia di oggi”. Un tema ostico, date le nostre misere conoscenze della materia. Tuttavia il professore dell’Università di Basilea - per una singolare coincidenza svizzero come lo è d’origine (se risaliamo al Settecento) lo stesso presidente della ‘Dante’ Andrea Riccardi , i cui avi risiedevano a Rivera-Bironico, versante sud del Monte Ceneri – è riuscito a rendere perlopiù comprensibile il suo difficile dire, consentendoci così di renderne conto in qualche modo a chi ci legge.
Introdotto dalla professoressa Anna Rűdeberg (presidente della “Dante Alighieri” di Berna) e dal fisico Luigi Carotenuto, Bruno Binggeli ha esordito rievocando un episodio storico citato da Dante – “molto sensibile ai segni del cielo” - nel “Convivio”. Nel novembre 1301 il poeta venne per l’ultima volta a Roma come ambasciatore dei guelfi bianchi al fine di scongiurare il ritorno al potere dei guelfi neri (NdR: ciò che accadde poi nella realtà): “Nelle settimane precedenti il viaggio, una grande cometa apparve nel cielo. Questo poteva essere inteso solo come un cattivo auspicio. Oggi sappiamo che era la più famosa di tutte le comete, quella di Halley”, che poi Giotto riprese nella celebre “Adorazione dei Magi”.
Ciò premesso l’astrofisico svizzero si è chiesto che cosa c’entri Dante con la cosmologia di oggi. A livello scientifico, niente: “Il suo mondo medievale è diverso da quello moderno sotto ogni punto di vista”. E tuttavia “esiste la possibilità di confrontare i due mondi in modo valido”, dato che “ci sono sorprendenti analogie tra il cosmo di Dante e l’universo dell’astrofisica corrente”. Infatti da una parte il viaggio simbolico di Dante nell’Aldilà “si rivela come un pellegrinaggio verso se stesso, un ritorno al nucleo e all’origine divina dell’anima umana”, verso il Primum Mobile medievale. Dall’altra anche i ricercatori di astrofisica e fisica delle particelle “fanno inconsciamente un viaggio simbolico verso il sé, verso l’origine trascendente”, verso il Big Bang.
La cosmologia di Dante è geocentrica, come quella del suo tempo; per “essere più precisi, il mondo di Dante è diavolocentrico perché Lucifero occupa il centro”. Per il resto “intorno allo spazio sublunare in cui si trovano i quattro elementi di Aristotele (terra, acqua, aria, fuoco) si estendono concentricamente le sfere o i cieli dei corpi celesti”. E “il tutto ricorda un po’ la struttura di una cipolla”.
Le sfere sono costituite “da una sostanza incorruttibile (il quinto elemento, la quintessenza) e ruotano uniformemente senza interruzioni. Prima i pianeti, poi le stelle fisse e infine il Primum Mobile, il primo oggetto in movimento, un cielo di cristallo puro che mette in moto tutte le altre sfere”. E “a questo punto raggiungiamo il confine del mondo fisico, quello dello spazio e del tempo”, aldilà del quale sta “l’Empireo, sede di Dio, dei beati, degli angeli”. La cosmologia dantesca è bipolare, “poiché il mondo intero – così come l’anima umana – è sospeso tra i due poli, Dio nel luogo più alto, Lucifero nel luogo più basso”.
Si parlava prima di “analogie” tra il cosmo di Dante e quello moderno. Ce n’è una assai evidente che riguarda la struttura dell’Inferno. Qui inseriamo un excursus binggeliano che si fonda su ciò che della “Divina Commedia” si legge comunemente: “L’Inferno è il mondo del male che si trova ampiamente nei giornali, nelle tv, su internet e quindi si comprende molto bene. L’Inferno è divertente. Il Purgatorio già di meno. Il Paradiso sembra così astratto, incomprensibile e noioso che non viene letto. Peccato, è un errore!”
Veniamo all’analogia. L’Inferno di Dante “ha la forma di un imbuto, è un cono enorme, il cui vertice coincide con il centro della terra, ossia con il centro dell’intero cosmo – sede di Lucifero, il traditore per eccellenza che sta bloccato nel ghiaccio”. La parte superiore dell’Inferno richiama un anfiteatro, quella inferiore “un pozzo, parola usata da Dante”.
Nell’Inferno si entra da una porta, su cui sta scritto: Per me si va nella città dolente/ per me si va nell’etterno dolore/per me si va tra la perduta gente/…/Lasciate ogni speranza voi ch’entrate…. Qual è la caratteristica fondamentale dell’Inferno? Una volta entrati, non si esce più… “l’Inferno è un imprigionamento eterno”.
Orbene “anche nell’astrofisica moderna c’è un oggetto proprio con questo carattere di prigione, di trappola, un oggetto molto famoso e popolare: il ‘buco nero’, oggetto della teoria della relatività di Einstein”. Ascoltiamo ancora Binggeli: “Se una massa viene compressa oltre un certo limite, ne risulta un collasso totale. Non c’è più materia, ma solo – per così dire – dello spazio curvo intorno a una singolarità centrale. Nelle raffigurazioni comuni di questa situazione, il campo dell’effetto gravitazionale viene rappresentato da una superficie curva, la cui ripidezza indica la forza di gravità, (…) cui rimanda l’immagine del pozzo”.
Anche il ‘buco nero’ ha una porta: si ha “una distanza critica che non va oltrepassata, altrimenti segue pure qui un imprigionamento eterno”. E nemmeno la luce può fuoruscire dal ‘buco’ giustamente detto ‘nero’. E’ evidente, “molto chiaro” – ha osservato qui il relatore – che “la gravità simboleggia il male”, come del resto appare nel linguaggio comune, dove il male richiama la caduta.
Inferno dantesco e ‘buco nero’ di Einstein. Diverse altre analogie ha illustrato il professor Binggeli nella sua conferenza, riandando ad esempio all’uscita dall’Inferno. Anche all’ultimo verso del Purgatorio, quando Dante – sparito Virgilio, apparsa Beatrice – si dice puro e disposto a salire a le stelle. Ha evidenziato qui il relatore che per il Sommo Poeta-pellegrino non si tratta più soltanto di riveder le stelle (come all’uscita dall’Inferno), ma di “salire, volare alle stelle”. Dove “l’antigravità è simbolo del bene… una volta superato il male (con una catarsi) l’anima sale in alto, un po’ come una mongolfiera dopo che la zavorra è stata buttata giù”. E “l’intero processo è un po’ come quello in cui una bolla d’aria messa sott’acqua sale verso la superficie, ritornando al luogo di origine”.
Per quanto riguarda il Paradiso, Bruno Binggeli ha ribadito – venendo all’astrofisica odierna – che il Big Bang è un Primum Mobile, poiché da esso deriva tutto. Gli astrofisici con i loro telescopi “stanno penetrando la profondità dell’universo fino a una distanza (spaziale e temporale) dove non ci sono più degli oggetti da osservare. A questo punto entrano in gioco i fisici delle particelle elementari, che stanno sperimentando e sviluppando delle teorie per comprendere le proprietà della materia ad energie altissime, avvicinandosi – in senso metaforico - in tal modo sempre di più al Big Bang”. Ha rilevato qui il conferenziere: “Spiegare la fisica del Big Bang, comprendere l’origine del mondo materiale è forse lo scopo più nobile della fisica e dell’astronomia. Il Big Bang è l’alfa e l’omega, è la nostra origine e il nostro fine. Anche i ricercatori stanno compiendo una sorta di viaggio virtuale verso l’origine; raffigurato geometricamente, assomiglia a un’ascensione”. Come quella del pellegrino Dante, man mano che si liberava della sua ‘zavorra’.
Tanto ci sarebbe ancora da dire sulle altre analogie individuate da Binggeli, ad esempio a proposito del ruotare di sfere e angeli o di velocità e energia. Ma non possiamo approfittare ulteriormente della pazienza di chi ci legge… Speriamo però di aver suscitato almeno qualche curiosità verso un tema tanto complesso e ostico quanto affascinante.