INTERVISTA AL PREFETTO ARCIVESCOVO ANGELO AMATO (STATOLATRIA DI ZAPATERO) - 'IL CONSULENTE RE' DI DICEMBRE 2008
Con lingua franca l’arcivescovo salesiano risponde a domande sulla santità contemporanea, sulle persecuzioni anticristiane nel mondo (ce n’è anche per l’Italia, oltre per l’India), sul dialogo interreligioso con i musulmani che non può essere de bureau, sulle tendenze anticristiane in Europa (forte l’appoggio alla Chiesa spagnola la quale reagisce con fermezza e dignità all’ “intrusione statale assolutamente illegittima” nelle scuole, che si concretizza nell’ Educacion para
Dal 9 luglio il salesiano Angelo Amato è il nuovo prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, subentrando al claretiano Josè Saraiva Martins, il noto porporato portoghese ormai settantaseienne che da oltre dieci anni guidava l’importante dicastero vaticano (basti pensare a chi dal 1998 è salito agli onori degli altari…). Non è comunque che il settantenne arcivescovo pugliese sia uno sconosciuto, considerata anche la sua provenienza dalla Congregazione per
Monsignor Amato, è dello scorso luglio la nomina a prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, successore del cardinale Josè Saraiva Martins. E’ passato quindi dagli approfondimenti richiesti da casi riguardanti la dottrina della fede all’esame rigoroso dei faldoni intestati ai candidati a salire sugli altari. Lei come ha accolto la nomina?
Ho ricevuto questa obbedienza dal Santo Padre e l’ho accolta con spirito di servizio. In effetti il servizio al Papa continua, ma in un’altra sede e con altri contenuti. Se prima ero in una Congregazione in cui la fede viene difesa e promossa e ci si occupa di ‘clienti’ con difficoltà soprattutto dottrinali, qui invece la fede viene interpretata nell’esistenza, secondo l’ottica di una riuscita del Cristianesimo. Chi è il santo? Colui che interpreta al meglio il Vangelo di Cristo. Il mio passaggio alla Congregazione delle Cause dei Santi è stato sì un atto di obbedienza, ma di un’obbedienza gioiosa.
Lei sa che
Di per sé la qualifica di ‘fabbrica’ dei santi, da molti usata in senso spregiativo, non mi dispiace, perché noi aiutiamo a riconoscere, a verificare i segni della santità, promuovendola con un meticoloso discernimento procedurale.
Lei in queste ultime settimane ha già presieduto, da legato incaricato di leggere il decreto papale, alcune beatificazioni: a Verona di madre Maria Vincenza Poloni (fondatrice delle Suore della Misericordia), a Bialystock di don Michele Sopocko (confessore di santa Faustina Kowalska), a Trieste del martire istriano don Francesco Bonifacio. Che impressione ne ha tratto?
Ho notato dappertutto dove sono stato come la beatificazione abbia smosso l’animo dei fedeli, dei pastori e li abbia richiamati al dovere - che tutti abbiamo – della santità. I beati sono un incentivo a far sì che la santità venga sì riconosciuta, ma anche realizzata e promossa da ognuno, individualmente.
In una società in cui dilaga il relativismo, i santi non rischiano di passare per ‘fanatici’, troppo zelanti nella fede, magari per ‘fondamentalisti’ cattolici?
I santi sono coloro che prendono e vivono il Vangelo sine glossa, come si diceva di san Francesco. Questo non è ‘fondamentalismo’, ma è assoluta armonia tra la vocazione del cristiano nel Battesimo e la sua obbedienza al Vangelo delle Beatitudini. I santi non sono fanatici, sono persone anche umanamente molto ben riuscite…. Ricordo che il mio maestro elementare, uomo di sinistra, ci fece imparare a memoria in quarta elementare una breve biografia di don Bosco, da lui ritenuto un benefattore dell’umanità…
Allora è in quell’occasione che nacque
Non nacque solo da lì. Però è vero che conobbi don Bosco per la prima volta grazie a quella biografia! I santi rappresentano una rete di bontà che avviluppa il mondo. Se non ci fossero i santi, il mondo sarebbe privo dell’aiuto necessario all’uomo perché possa valorizzare i suoi talenti di bontà.
Tra i santi, i martiri. A Trieste il 4 ottobre è stato beatificato don Francesco Bonifacio, ucciso in Istria nel 1946 dai comunisti titini (vedi anche “Il Consulente RE” 5/08). Un martire dunque in tempi recenti. Tuttavia l’opinione pubblica, quando si parla di martiri cristiani, tende ancora a riandare immediatamente ai martiri dei tempi dell’Impero Romano, da Nerone a Diocleziano…
Come Lei sa, nell’omelia di Trieste ho mostrato come sempre, in venti secoli di cristianesimo, ci sia stata la scia rossa del martirio, non solo ai tempi dell’Impero Romano. Anche ai giorni nostri registriamo un martirio palese di cristiani in tante parti del mondo, dove i cattolici non possono esprimere liberamente la loro fede, vengono perseguitati, perfino uccisi in odium fidei. Tale persecuzione anticristiana, però, non avviene solo fuori d’Italia: anche in Italia accade, attraverso norme di legge, sentenze della magistratura, comportamenti irridenti il Vangelo, il Santo Padre,
I cattolici vengono perseguitati in vari gradi in diversi Paesi. Per esempio possono stupire molti le persecuzioni persistenti in alcuni Stati dell’India, Paese che nella memoria collettiva ha un’immagine piuttosto positiva, legata ad esempio al Mahatma Gandhi…
E’ vero. Ho chiesto a un sacerdote indiano che vive in Italia come mai la tanto decantata ‘tolleranza’ della cosiddetta ‘mens religiosa’ indiana (che non è solo induista) è diventata intollerante in alcune parti dell’India. La risposta è stata che la tolleranza, quando si confronta con altri dall’identità religiosa molto vitale e non assorbibile, diventa intollerante. Quindi i cristiani sono perseguitati in alcuni Stati indiani.
Anche in diversi Paesi arabi i cristiani sono perseguitati in diversa misura…
Certo, poiché lì non è riconosciuta per legge la libertà religiosa. Noi qui facciamo il dialogo, però spesso i cristiani che soffrono in quella parte del mondo ci dicono: “Quello è un dialogo de bureau, d’ufficio e non ha nessuna ripercussione nella pratica, perché noi continuiamo a essere perseguitati, a dover vivere come fantasmi”. Io credo che il dialogo interreligioso, più che su questioni teologiche, dovrebbe puntare sulle rivendicazioni fondamentali di ogni persona umana, sulla sua dignità, la sua libertà religiosa, la libertà di poter anche manifestare pubblicamente la propria fede senza ostacoli.
Lei ha già detto dell’Italia, ma anche nel resto dell’Occidente la tendenza è quella di emarginare dalla vita pubblica i cattolici, ostacolandoli in modi diversi. In Spagna, ad esempio, tra altre norme rivoluzionarie su vita e famiglia il governo Zapatero ha introdotto nelle scuole l’ Educacion para
Ovviamente qui a Roma noi sappiamo bene di questo grave problema. Fortunatamente possiamo contare su una Chiesa spagnola che ha approfondito seriamente il problema e ha dato una risposta pubblica e chiara, in base al principio cattolico della difesa della libertà religiosa e dei principi della dignità della vita e di ogni persona. La questione è che in tutta l’Europa si sta introducendo la categoria della cosiddetta biopolitica. Lo Stato cioè entra sempre più nella vita personale di ognuno: obbliga le famiglie a scegliere determinate scuole con determinate materie, non d’istruzione ma di indottrinamento. Avanza la statolatria, che, apparentemente eliminata, rientra dalla finestra. Certo
In tale contesto si distingue anche l’Unione Europea…
Certo, è così. Però questa situazione non mi spaventa, perché obbliga i cristiani ad avere una consapevolezza delle proprie scelte e ad essere più fedeli al Vangelo. I cristiani vengono posti di fronte a scelte precise: e devono difendere non per sentito dire né per tradizione, ma per convinzione la vita non ancora nata, gli embrioni, la dignità della vita e della morte…. Vede, mi sento a disagio di fronte alla prospettiva che venga demandata ad altri la scelta che io muoia o viva… non siamo noi i padroni della nostra esistenza, che è un dono di Dio: tutti devono aiutarci a gestire al meglio la nostra vita e non invece impedirci di compiere scelte etiche valide. Noi siamo nel tempo della post-modernità ed essa, per principio, non ha riferimenti etici precisi, è una forma di nichilismo. La confusione è grande e il pensiero forte del cristiano viene percepito come un’anticaglia: in realtà è oggi l’unico asse che può sostenere la vita umana nel rispetto della libertà e della dignità della persona.
Si avvicina il Natale e come ogni anno, in misura crescente, si ha notizia di decisioni di comuni o di scuole di non festeggiarlo per non turbare – dicono – la pace religiosa. A Oxford il comune ha deciso di istituire il 25 dicembre la festa invernale delle luci; in diverse scuole italiane si tenterà di mettere al bando presepe e recite natalizie, sempre per “non turbare” i bambini di altre religioni, in nome della ‘tolleranza’…
In realtà la risposta l’hanno data nella stessa Oxford ebrei e musulmani: “Ma questa è una stupidaggine!” Ho qualche conoscenza di quel che succede in vari Paesi e posso ben dire che ebrei e musulmani gradiscono il Natale. Non è vero che li irritiamo, quando manifestiamo devozione per
Monsignor Amato, sono tante le cause di canonizzazione in corso. Lei sa che padre Massimiliano Kolbe, che offrì la propria vita per i compagni nel lager nazista di Dachau, è stato canonizzato come ‘martire della carità’, una categoria de facto introdotta da Giovanni Paolo II. Ci sono molti che vorrebbero che anche Salvo D’Acquisto, il giovane vicebrigadiere napoletano che a Palidoro pure offrì la propria vita perchè fosse risparmiata quella di alcuni ostaggi, salisse agli altari come “martire della carità”. Che cosa ci può dire a proposito della causa di questa figura molto amata a livello popolare?
San Massimiliano Kolbe è un martire e per tutta una vita ha teso alla santità, concretizzandola in tempi diversi e a un livello sempre maggiore. Il suo offrirsi nel lager è stato il culmine di tutto un percorso di carità. E la sua canonizzazione sta a significare l’esercizio eroico delle sue virtù fino al sacrificio finale. Su Salvo D’Acquisto invece non posso esprimermi perché la causa è ancora in corso; nella causa io sono il giudice e in quanto tale devo astenermi da considerazioni sullo stato della causa stessa. Che giudice sarei altrimenti, se anticipassi la sentenza? Sarebbe anzi opportuno – e qui mi riferisco però a una situazione un po’ generale – che chi è coinvolto attivamente in processi di beatificazione (ad esempio alcuni postulatori) rinunciasse a esporre pubblicamente le proprie opinioni finchè tali processi non siano conclusi.