INTERVISTA A MONSIGNOR ANDREA MARIA ERBA SU PADRE PIO E DINTORNI - 'IL CONSULENTE RE' 1/2002
Alla vigilia della promulgazione del decreto per la beatificazione di padre Pio da Pietrelcina avevamo intervistato ("Consulente RE, 6/1998) monsignor Andrea Maria Erba, che aveva espresso da relatore ("ponente") della causa alcune considerazioni sia sulle procedure in uso per le canonizzazioni che sulla vita del frate cappuccino. Tre settimane fa è stato emesso un altro decreto, quello che dà luce verde per la canonizzazione essendo stata riconosciuta come miracolo una guarigione avvenuta dopo la beatificazione del 2 maggio 1999.
Stavolta abbiamo chiesto al settantaduenne barnabita milanese, vescovo da tredici anni di Velletri-Segni, di fare un bilancio della sua "ponenza", giunta con successo alla conclusione (anche se i cappuccini - dalle notizie trapelate sulla stampa - vorrebbero per padre Pio il titolo di 'Dottore della Chiesa', obiettivo che però altri ritengono poco realistico dati i criteri in auge, giustamente molto severi, per conseguire quell'appellativo). E' così che monsignor Erba parlerà degli inizi della "ponenza", ricorderà i miracoli, l'accelerazione finale (ma non ingiustificata), la personalità di padre Pio, concludendo con alcune osservazioni sui tempi d'attesa delle cause, sul rigore del lavoro di valutazione e anche su un'altra causa illustre, quella del beato Escrivà de Balaguer.
Monsignor Erba, con la promulgazione del decreto per la canonizzazione di padre Pio Lei vede chiudersi una fase importante della Sua attività: quella di relatore, ponente, della causa di padre Pio. Si ricorda di quando è stato scelto cinque anni fa?
Dopo che la diocesi Manfredonia-Vieste aveva consegnato alla Congregazione delle cause dei santi la documentazione della sua inchiesta, la Congregazione ha chiesto il parere sulla stessa a nove teologi, che hanno lavorato separatamente. Io ho ricevuto sia gli otto volumi della positio che un fascicolo comprendente i nove giudizi (relatio et vota)...
Allora i pareri erano unanimente favorevoli?
Sì, anche se con accenti diversi, con qualche critica marginale.
Ma come mai la ponenza è stata affidata proprio a Lei?
Lo dico con tutta umiltà: hanno voluto tenere un profilo basso, affidando lo studio della positio a un vescovo di campagna...
Si può pensare che l'allora prefetto cardinale Alberto Bovone non fosse tranquillo sullo sviluppo della causa...
Era preoccupatissimo, mi telefonava ogni giorno, m'ha fatto fare tre volte la ponenza, mi diceva di non fare interviste, di cambiare una parola, di... di... di ... eppure più si cercava di tenere nascosta la cosa, più i massmedia si scatenavano.
Al momento in cui Lei ha preso la ponenza padre Pio era servo di Dio, status già acquisito al momento dell'inizio del processo diocesano. Divenne venerabile solo con il decreto sull'eroicità delle virtù, promulgato dal Papa il 18 dicembre 1997...
Quello è sempre un passo importantissimo: nella ponenza presentata prima della promulgazione del decreto io ho dovuto dimostrare (come succede per tutti) che padre Pio aveva praticato in modo eroico le virtù teologali e cardinali, oltre ai voti di castità, povertà e obbedienza e virtù annesse come l'umiltà.
Difficile la dimostrazione?
No, ma l'iter è stato lunghissimo per la montagna di documentazione esistente da valutare, che comprendeva anche le duecento pagine riservate 'negative' del visitatore apostolico monsignor Maccari. Bisognava rispondere alle obiezioni di quest'ultimo.
Poi la beatificazione del 2 maggio 1999, preceduta dall'accertamento del miracolo post mortem...
... e cioè la guarigione, nel 1995 e grazie all'intercessione di padre Pio, della signora Consiglia De Martino di Salerno. Prima sono intervenuti i medici della città campana, che hanno allestito la documentazione necessaria ; poi i cinque medici specialisti della consulta che hanno ritenuto scientificamente inspiegabile la guarigione della donna; infine i teologi che hanno dovuto porre in relazione in modo convincente il miracolo con le preghiere a Dio tramite padre Pio.
Dopo la beatificazione un altro miracolo...
Nel gennaio del 2001 guarì miracolosamente da una meningite fulminante Matteo Pio Colella, un bambino figlio di un medico della Casa Sollievo della Sofferenza. I genitori erano devoti di padre Pio, il cui nome hanno dato anche all'altro figlio; quando Matteo Pio fu colpito dalla malattia, che aveva toccato 9 organi (normalmente con 5 organi coinvolti c'è solo il 10% di possibilità di salvezza, con 9 nessuna), padre e madre hanno chiesto con grande intensità e fervore l'intercessione del cappuccino di Pietrelcina. Matteo Pio è guarito. I medici di S. Giovanni Rotondo hanno prodotto una documentazione di un migliaio di pagine sul caso...
L'iter è stato rapidissimo...
Il Papa voleva canonizzare padre Pio il più presto possibile e d'altra parte la situazione di miracolo era chiarissima per tutti, senza nessun dubbio. Comprensibile perciò che io abbia ricevuto il compito di redigere la ponenza a ottobre: saltando ad esempio la biografia, mi sono concentrato sul fatto che il miracolo è avvenuto a seguito della preghiera a padre Pio, sintetizzando le prove del fatto, la diagnosi, la prognosi, la terapia, le definizioni conclusive, il parere della consulta medica, quello dei teologi e, dopo un'invocazione al beato padre Pio, ho rilevato nella conclusione che con 'sicura coscienza' la guarigione di Matteo Pio Colella è un miracolo compiuo da Dio per l'intercessione di padre Pio. Il 18 dicembre ci siamo riuniti solo per padre Pio, il 20 c'è stata la promulgazione dei decreti per le cinque canonizzazioni e le otto beatificazioni. Le date sono ancora incerte, deciderà il Papa.
Lei come definirebbe il beato padre Pio?
Lui stesso si è definito così: "Io sono un mistero a me stesso". E' un capolavoro di Dio, ma non secondo i nostri schemi; non può essere incasellato con un'etichetta. E' un taumaturgo, è un religioso cappuccino, è un confessore, è un consolatore degli afflitti...
Maestro della fede?
Non direi; è un testimone, più che un maestro. Seguendo la celebre definizione di Paolo VI oggi la gente ha bisogno più di testimoni che di maestri. Padre Pio lo metterei semmai tra i Confessori della fede, testimone di una vita dolorosa. E' stato scelto come vittima, una sorta di agnello sacrificale, ha subito forti persecuzioni come quasi tutti i santi tanto è vero che un minimo di persecuzione è de facto quasi una condizione obbligata per la beatificazione e/o canonizzazione. Ha avuto i noti doni mistici; secondo lo studioso padre Marcozzi della Gregoriana nessun santo ne ha avuti come lui. Padre Pio prendeva le stimmate come "confusione", umiliazione; non erano gioia per lui, gli facevano male, le nascondeva, pregava Dio che gli togliesse il dolore, perdeva sangue ogni giorno (una 'chicchera' ogni giorno secondo un suo segretario) tanto che normalmente sarebbe dovuto morire molto prima.
Giovanni Paolo II nel suo pontificato ha proclamato fin qui 456 santi e 1282 beati. Alcuni dicono: "Troppi". E Lei?
Le rispondo per mezzo di un cardinale che, all'osservazione critica sul 'Papa facitore di santi', ha obiettato: "Noi dobbiamo dimostrare che nel mondo non trionfa al di là delle apparenze il male, ma che il bene è maggioritario, anche se spesso nascosto. Facciamolo vedere pubblicamente!" Dunque anche le celebrazioni che ad alcuni non piacciono hanno precisi significati positivi: dar lode a Dio, confermare la fede che non è disincarnata, ma quotidiana. Noi tendiamo a credere che la santità sia riservata a pochi eletti. Non è vero, è riservata a tutti.
A proposito... questa è una tesi propugnata da un altro beato famoso, di cui si ricorda in questi giorni il centenario della nascita: Escrivà de Balaguer, che diventerà pure santo nei prossimi mesi...
Ecco un altro caso di santo perseguitato, anche da parte di coloro che dovevano difenderlo...
Non so se si riferisca ai vescovi spagnoli, ostili – come è noto - nel loro complesso sia alla beatificazione che alla canonizzazione. O alle proteste di ex-membri dell' Opus Dei.
Come per padre Pio, anche per Escrivà de Balaguer oltre che per l'indio Juan Diego (veggente della Madonna messicana di Guadalupe) è la volontà del Papa a essere stata decisiva; e Giovanni Paolo II non si lascia sviare dalla via che ha deciso di percorrere. Però non è vero che sia stata fatta un'eccezione per accelerare la causa del fondatore dell' Opus Dei: la morte è del 1975, la beatificazione del 1992, il miracolo della guarigione del dottor Manuel Nevado Rey è della fine dello stesso anno. Tante volte le cause diventano lunghe non per la presenza di ostacoli, ma perché non si lavora abbastanza. L'Opus Dei ha invece incaricato quattro o cinque dei suoi membri di dedicarsi a tempo pieno alla preparazione della documentazione sul beato Escrivà: hanno fatto un lavoro meraviglioso. In altri casi c'è il postulatore che dorme, la Congregazione che si scoraggia per i tempi d'attesa. Poi noi beatifichiamo ad esempio persone del Sette o Ottocento, di cui dopo un paio di settimane più nessuno (salvo i diretti interessati) si ricorda. Abbiamo bisogno soprattutto di beatificazioni che siano espressione viva della Chiesa.
Mons. Erba, Lei ha parlato dei tempi d'attesa per molte cause. Quante 'fanno la fila' in Piazza Pio XII, presso la Congregazione delle cause dei santi?
Circa duecento, con tendenza alla crescita. Dovrebbero essere smaltite secondo alcuni criteri, puramente teorici: l'ordine d'arrivo, la preferenza per i laici (vedi Lazzati e La Pira), la provenienza da Paesi con pochi beati, la connessione con i viaggi papali.
In che senso c'entrano i viaggi papali?
Un anno prima di un determinato viaggio il Papa fa sapere di studiare le cause dei candidati del Paese interessato per poterli eventualmente beatificare sul posto.
A proposito di fila... Madre Teresa di Calcutta, altra grande figura simbolica, la fila la farà?
Il Papa ha concesso unicamente una deroga, nel senso che la causa è potuta incominciare prima dei cinque anni canonici post mortem stabiliti. Ma attualmente la causa è ancora in India. Però vorrei invitare a non lasciarsi influenzare dai massmedia; io non sono favorevole a formule da acclamazione. Occorre essere rigorosi, maggiormente rigorosi, altrimenti si rischia di svalutare tutto un lavoro serio. Ci vuole più cautela... vede anche questa proliferazione di film e di fiction sull'uno o l'altro religioso o ecclesiastico... non dobbiamo lasciarci porre sotto pressione dal mercato massmediatico. Questo detto, tanto più la Chiesa sarà santa, quanto più noi saremo santi. E sapremo dunque imitare tutte quelle persone che la Chiesa ci propone, attraverso la beatificazione o la canonizzazione, come esempi di vita cristiana.