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    DDL ZAN NEL DECRETO INFRASTRUTTURE DEL GOVERNO DRAGHI

    DDL ZAN NEL DECRETO INFRASTRUTTURE DEL GOVERNO DRAGHI – di GIUSEPPE RUSCONI – www.rossoporpora.org – 5 novembre 2021

     

    Ieri, 4 novembre 2021, il Senato ha approvato il decreto Infrastrutture, che contiene de facto anche un bavaglio ideologico – introdotto alla Camera dalla piddina Alessia Rotta e dalla renziana Raffaella Paita – relativo alla pubblicità stradale su temi riguardanti vita, famiglia, educazione. Vendetta contro ‘ProVita&Famiglia e le associazioni del ‘Family Day’. Il Governo Draghi ha posto la fiducia sul decreto. Irritazione nella Lega, ma solo Fratelli d’Italia ha votato no.  

    La nota lobby e le sue propaggini sinistre politicamente corrette non l’hanno presa bene la bruciante sconfitta subita in Senato del ddl Zan. Ma proprio per niente. Non solo si sono ferocemente indignate per l’umanissima, più che giustificata esplosione di giubilo sui banchi del centrodestra (e nell’intimo del cuore di diversi di centrosinistra, vedi https://www.rossoporpora.org/rubriche/italia/1042-ddl-zan-mazziato-libiamo-ne-lieti-calici-cin-cin.html ); in piazza, nel Media unico e sui social è stato tutto un fiume limaccioso di insulti, offese, minacce di morte (le più moderate preconizzavano per senatori e intellettuali militanti l’impiccagione a testa in giù in modalità piazzale Loreto). Insomma la sinistra radicalchic non ha perso l’occasione per confermare la sua profonda impronta sovietica. Come facilmente prevedibile  l’indottrinamento gender nelle scuole è proseguito e si è anzi accelerato (vedi la ‘lezione’ di Zan a 250 studenti nella palestra del liceo classico ‘De Castro’ di Oristano); in altri istituti se ne vedono di tutti i colori (arcobaleno) ad esempio a proposito di bagni.

    Ieri in Senato si è registrato l’ultimo colpo di coda parlamentare della congrega rossa di obbedienza arcobaleno. Un colpo di coda frutto di maneggi piddino-renziani durante l’esame del decreto Infrastrutture alla Camera (ad opera di tali Alessia Rotta e Raffaella Paita) e contrastato nel voto in Aula del Senato  - il governo Draghi aveva posto la fiducia - solo da Fratelli d’Italia e pochi altri (per motivi diversi).

    La conseguenza concreta di tale voto? Verrà vietata in particolare la pubblicità su strada (camion-vela e cartelloni) di messaggi giudicati ‘discriminatori’ dagli sbirri del politicamente corretto in materia di vita, famiglia, educazione. Come non pensare a una ritorsione specie contro Pro Vita&Famiglia e contro ‘Difendiamo i nostri figli’ (‘Family Day’) per la parte avuta nell’affossamento del ddl Zan? Una ritorsione? Guardate le date: il ‘no’ al testo liberticida, antropologicamente sovversivo, socialmente devastante è del 27 ottobre, il voto della Camera sul decreto Infrastrutture è del 28 ottobre, quello definitivo del Senato del 4 novembre. Insomma: con un fallo intenzionale è stato approvato ieri un bavaglio alla libertà d’espressione. Non certo un segno di buona salute per il sistema democratico italiano, già eroso di continuo per lo strabismo politico in materia di ordine pubblico del ministro dell’Interno Lamorgese (per parte sua anche gravemente responsabile di aver tollerato che migliaia di giovani si drogassero per diversi giorni nel rave party agostano di Valentano e in quello, recentissimo, di Torino).

    In dettaglio. Il decreto Infrastrutture, licenziato dal Governo il 10 settembre scorso, contiene  disposizioni urgenti in materia di investimenti e sicurezza delle infrastrutture, dei trasporti e della circolazione stradale”.  Trasmesso alla Camera, vi è stato approvato il 28 ottobre. Proprio alla Camera la deputata piddina Alessia Rotta e la collega renziana Raffaella Paiti (approfittando furbescamente del fatto di presiedere le commissioni competenti, Ambiente e Trasporti) hanno introdotto di soppiatto nel testo dell’articolo 23, al comma 4, tre commi 4 bis, ter, quater , che così recitano:

    4-bis. È vietata sulle strade e sui veicoli qualsiasi forma di pubblicità il cui contenuto proponga messaggi sessisti o violenti o stereotipi di genere offensivi o messaggi lesivi del rispetto delle libertà individuali, dei diritti civili e politici, del credo religioso o dell'appartenenza etnica oppure discriminatori con riferimento all'orientamento sessuale, all'identità di genere o alle abilità fisiche e psichiche.

    4-ter. Con decreto dell'autorità di Governo delegata per le pari opportunità, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili e con il Ministro della giustizia, da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, sono stabilite le modalità di attuazione delle disposizioni del comma 4-bis.


    4-quater. L'osservanza delle disposizioni del comma 4-bis è condizione per il rilascio dell'autorizzazione di cui al comma 4; in caso di violazione, l’autorizzazione rilasciata è immediatamente revocata.

    Non è chi non veda come il comma 4-bis riproponga curiosamente uno dei punti qualificanti del defunto ddl Zan. Gli emendamenti introdotti da Alessia Rotta e Raffaella Paita non sono stati illustrati né discussi nell’Aula della Camera. Il testo è così stato trasmesso al Senato. L’Aula di Palazzo Madama se n’è occupata il 3 (discussione generale) e il 4 novembre, giorno in cui il Governo Draghi (che nel concreto si conferma pienamente inserito nel politicamente corretto) ha annunciato che sul decreto (con il testo comprendente anche gli emendamenti de facto liberticidi di Rotta e Paita) avrebbe chiesto la fiducia. Conseguenza? Sarebbero caduti gli emendamenti presentati dai senatori al nuovo testo e pure le richieste di voto segreto sull’uno o l’altro articolo.  Così è stato e alla fine il decreto Infrastrutture, molto corposo (il fascicolo si compone di centinaia di pagine), è stato approvato con voto nominale (dunque non segreto) con 190 voti (i partiti di Governo con alcune assenze di leghisti irritati, mentre altri leghisti – pur brontolando - hanno votato la fiducia chiesta dal Governo Draghi di cui sono membri) contro 34 (Fratelli d’Italia e altri del gruppo misto per ragioni diverse).

     

    DAL DIBATTITO IN SENATO

    Nel suo intervento il senatore Lucio Malan (FdI, che - puntiglioso come sempre – aveva scoperto la trista furbata di Rotta e Paita) ha giustamente ricordato quanto scritto recentemente da Sergio Mattarella, presidente della Repubblica, a proposito dei decreti-legge urgenti infarciti di contenuti non rispondenti al tema in oggetto: “Il 23 luglio scorso, non molto tempo fa, tre mesi fa, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha scritto una lettera - è una facoltà prevista dalla Costituzione - ai Presidenti della Camera e del Senato a proposito della decretazione d'urgenza.

    In quella lettera si citava il Comitato per la legislazione della Camera dei deputati, che ha invitato il legislatore a evitare la commistione e la sovrapposizione nello stesso atto normativo di oggetti e finalità eterogenei.

    Il Capo dello Stato ricordava - anzi, ricorda, perché dovrebbe essere attuale; dovrebbe essere un messaggio rivolto ogni giorno al Parlamento e al Governo - che i decreti-legge devono presentare ab origine un oggetto il più possibile definito e circoscritto per materia; nei casi in cui l'omogeneità sia perseguita attraverso l'indicazione di uno scopo, deve evitarsi che la finalità risulti estremamente ampia.

    Il Capo dello Stato prosegue osservando che: nella procedura di conversione l'attività emendativa dovrà essere limitata dalla materia, ovvero dalla finalità originariamente oggetto del provvedimento, come definite dal Governo”.

    Insomma: ieri il Senato ha dato uno schiaffo anche al solitamente lodatissimo Sergio Mattarella, approvando un decreto Infrastrutture che contiene anche quello che appare – alla luce di quanto è successo pure in Italia negli ultimi anni - un grave attacco alla libertà di espressione (che nulla c’entra con asfalto e pilastri). Come ha rilevato Massimo Ruspandini (FdI): “Eccoci al lascito rabbioso delle vedove del disegno di legge Zan: vietata nelle strade e sui veicoli qualunque forma di pubblicità con un certo contenuto. Evito di leggere il contenuto dell'articolo perché, dietro una patina così politicamente corretta, sappiamo bene che cosa si nasconde”.

    Ancora Malan: “Un cartellone pubblicitario con la foto di una bella donna sarà considerato ‘sessista’? Una donna che stira o un uomo che nella pubblicità di un film salva una fanciulla saranno considerati ‘stereotipi di genere’? Un adesivo su un’auto con scritto che Gesù è figlio di Dio o che Cristo è Re sarà considerato lesivo dei non cristiani? Una pubblicità che raffiguri solo coppie uomo/donna sarà lesivo delle persone LGBT? La pubblicità di reggiseni sarà considerata lesiva dell’identità di genere se dice di rivolgersi alle donne? Non sono domande oziose, sono casi che già si sono verificate all’estero, ad esempio nel Regno Unito, dove questa ideologia è già entrata nelle leggi. Basti ricordare che da noi, anche senza questa norma, sindaci di sinistra hanno vietato cartelloni e autocarri ‘vela’ che dicevano semplicemente ‘i bambini sono maschi, le bambine sono femmine’ “.

    Concludiamo con Andrea de Bertoldi (FdI):  “Signor Presidente, io sono uno di coloro che orgogliosamente e fieramente ha contribuito ad affossare il disegno di legge Zan la scorsa settimana e per questo sono stato anche pesantemente minacciato, tanto da dover presentare denuncia alla Polizia postale.

    Bene, oggi cosa succede? Nel momento in cui noi fieramente abbiamo bloccato quel disegno di legge, nel momento in cui noi abbiamo fieramente impedito che si arrivasse a un diritto penale dello stato d'animo interiore, come detto chiaramente dal nostro capogruppo in Commissione giustizia Balboni, dopo che abbiamo bloccato quel disegno di legge, ci ritroviamo - badate bene, i cittadini lo devono sapere - di fronte a quegli stessi temi, contenuti in un decreto-legge che si chiama infrastrutture e trasporti. Quindi il Governo Draghi si rende complice di andare contro la volontà del Parlamento, espressa in modo chiaro la scorsa settimana, facendo entrare dalla finestra quello che è stato fatto uscire o al quale era stato impedito di entrare dalla porta”.

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