ED. SEGNO E ‘PROTOCOLLI’ – MEMORIA VIVA CON ‘RICORDIAMO INSIEME’- di Giuseppe Rusconi – www.rossoporpora.org – 9 novembre 2021
Lo sconcertante caso della ripubblicazione – con ‘descrizione’ che lascia esterrefatti - dei ‘Protocolli dei savi anziani di Sion’ da parte di una casa editrice cattolica. Intanto per il nono anno ‘Ricordiamo insieme’ ha fatto memoria a Roma (piazza san Pietro, ex-collegio militare, portone di Regina Coeli) della razzia nazista del 16 ottobre. Per la prima volta letti anche i nomi di oltre 600 ebrei catturati successivamente, spesso su infame delazione italiana (incasso della taglia prevista).
Le Edizioni Segno (Tavagnacco, Udine) sono “da anni leader nel settore dell’editoria cristiana”, pubblicando “libri e riviste di ispirazione cattolica su tutto ciò che riguarda profezie, rivelazioni, messaggi, carismatici e segni dei tempi”. Segno è nata nel 1988 ad opera di Piero Mantero (dal 2019 l’azienda è diretta dalle figlie): “piccola casa editrice indipendente di pubblicazioni religiose”, è oggi tra le prime in Italia “per quanto riguarda il segmento delle rivelazioni private” (i virgolettati sono tratti dal sito di Segno).
E’ del 2016 la pubblicazione per Segno, a cura di Piero Mantero, de “I protocolli dei savi anziani di Sion”. Mantero già nel 1992 si era occupato del falso elaborato e costruito dalla polizia zarista a cavallo tra Ottocento e Novecento in “La faccia nascosta della storia”, il cui primo capitolo era intitolato “I protocolli dei Savi di Sion tra ipotesi e realtà”.
Così si legge dei ‘Protocolli’ nell’enciclopedia Treccani: Falsificazione propagandistica antisemita, redatta probabilmente da un agente della polizia segreta russa, apparsa in forma abbreviata nel 1903, e integralmente nel 1905, ma diffusasi soprattutto negli anni successivi alla Prima Guerra Mondiale. Consisteva nel presunto resoconto di alcune sedute segrete tenute a Basilea al tempo del congresso sionista del 1897, nelle quali sarebbe stato elaborato un piano di dominio mondiale degli Ebrei attraverso l’alta finanza e l’agitazione terrorista. In realtà l’opera, come dimostrato già nel 1921, era in gran parte un riadattamento in chiave antisemita di un libello contro Napoleone III del 1864. Nonostante la comprovata falsità, i Protocolli sono stati più volte ripubblicati e hanno continuato a costituire uno strumento di propaganda antisemita.
Recentemente Segno ha ripubblicato l’edizione del 2016, rilanciata attraverso i consueti canali online. Ad esempio dalla Feltrinelli, madre delle case editrici ‘progressiste’, dall’Ibs e anche dalla “Libreria del Santo”. Con la ‘descrizione’ che segue (trascriviamo quella che ancora oggi campeggia proprio sul sito della casa editrice di Padova che si definisce “la prima libreria cattolica online”): “Fin dall’inizio sono stati bollati di essere un geniale falso e le motivazioni pro e contro sono tante, soprattutto da parte di coloro che desiderano affossarle definitivamente, in realtà contribuendo alla loro incredibile sopravvivenza. Veri o falsi che siano, ormai non conta più, perché questi misteriosi protocolli, persino fuori dal loro tempo, si sono rivelati laicamente profetici. Dopo circa 120 anni molti di quei piani, allora solo ventilati, sembrano in gran parte realizzati. La storia conferma che gli appunti protocollati di cui andiamo a proporre una nuova e riveduta traduzione dimostrano che non si trattava di pie fantasie”.
Tale ‘descrizione’ (successivamente in parte corretta per la forte e indignata protesta in particolare delle comunità ebraiche e dell’ambasciata di Israele in Italia) lascia a dir poco sconcertati e suscita nel contempo grande preoccupazione. Ma come… una casa editrice cattolica ripubblica i “protocolli”, accompagnandoli con una ‘descrizione’ che non solonon avverte della loro pericolosità (furono uno dei testi fondamentali dell’antisemitismo novecentesco, tra i preferiti da Hitler), ma addirittura lascia trasparire una certa ammirazione nei loro confronti? Dispiace dirlo, ma quello di Segno è un infortunio molto grave in tempi caratterizzati da un’indubbia crisi della democrazia, attaccata da più parti. Si sta concimando un terreno fertile per un nuovo, insidioso antisemitismo e una casa editrice cattolica non si perita – l’involontarietà non assolve - di partecipare all’infame progetto? E anche le altre case editrici cattoliche che hanno pubblicato sul loro sito la ‘descrizione’ non provano vergogna per la loro trascuratezza dalle conseguenze potenzialmente drammatiche (perché i ‘protocolli’ sono tanto ben costruiti quanto insidiosi soprattutto, ripetiamo, in momenti come quelli che stiamo vivendo, di limitazione delle libertà fondamentali e dunque di diffuso malcontento, manifesto ma più spesso latente).
Sul triste fatto riteniamo interessante riprodurre almeno parzialmente la presa di posizione di due giovani accademici cattolici, Giacomo Ghedini (dottorando presso l’università di Bologna) e Giordano Bottecchia (ricercatore presso l’Università di Parigi 8). Il primo è presidente dell’Amicizia ebraico-cristiana giovani, il secondo ne è membro.
. In questi giorni la casa editrice Segno (…) propone la riedizione di uno dei testi più malefici (nel senso etimologico di “diffusore di male”) del ventesimo secolo: I Protocolli dei Savi di Sion. Dure critiche sono subito giunte da parte di esponenti delle Comunità ebraiche italiane, ben consapevoli delle conseguenze nefaste che un testo come questo ha causato nell’ultimo secolo. L’indignazione però non può e non deve essere solo ebraica. Di fronte ad una casa editrice che pretende richiamarsi ai valori cristiani, è doveroso che si alzi forte e chiara anche la voce anzitutto di noi cristiani.
. Già sull’opportunità di rieditare un testo pericoloso come i Protocolli ci sarebbe molto da discutere, ma ad ogni modo una cosa è certa: nel caso che un’operazione di tal genere fosse ritenuta appropriata, andrebbe comunque condotta con grande cautela, introducendo il testo con un’autorevole contestualizzazione storica e corredandolo di opportune note critiche… tutti elementi che, almeno a giudicare dalla sinossi, mancano nell’edizione in questione. Quelle precedentemente citate, infatti, sono parole molto più che semplicemente vaghe o ignoranti: lasciano spazio al peggior complottismo revisionista e antisemita. La lettura che si vuole dare del testo in questione del resto sembra piuttosto chiara. Esso infatti compare nella sezione del catalogo dedicata alle sette e alla massoneria, il cui sottotitolo è: ‘I misteri dell’occulto svelati per metterci in guardia’.
. Metterci in guardia da cosa? Quello da cui dovremmo essere messi in guardia sono esattamente pubblicazioni come questa. Pubblicare, nel 2021, un’edizione de I Protocolli dei Savi di Sion con simili premesse è un qualcosa che semplicemente non possiamo accettare in silenzio. Personalmente, non lo possiamo accettare come storici, non lo possiamo accettare come cittadini italiani e nemmeno come cristiani.”
‘RICORDIAMO INSIEME’: ANCHE QUEST’ANNO A PIAZZA SAN PIETRO - FATTA MEMORIA NEL CORTILE DELL’EX-COLLEGIO MILITARE PURE DEGLI OLTRE 600 EBREI ARRESTATI, DEPORTATI E UCCISI NEI MESI SUCCESSIVI ALLA RAZZIA DEL 16 OTTOBRE 1943. TRA GLI ORATORI IL CARDINALE WALTER KASPER - PER LA PRIMA VOLTA I ‘MILLE PASSI’ FINO A REGINA COELI
Per la nona volta “Ricordiamo insieme” (il 13 ottobre 2021, con la collaborazione di “Progetto Memoria”) ha voluto ricordare la razzia nazista del 16 ottobre 1943 nel Ghetto di Roma (e in altre zone della capitale). Per la quinta i tradizionali “Mille passi’ hanno preso avvio da Piazza San Pietro. Davanti all’obelisco gli interventi oltre a quelli dei promotori, della scrittrice Lia Tagliacozzo, don Joseph Sievers (focolarino, professore emerito del Pontificio Istituto Biblico) e, spontaneo, di Leo Limentani (figlio di Settimio, tornato da Auschwitz con Sami Modiano).
Quest’anno c’è stata una doppia novità importante. La prima: la lettura nel cortile dell’ex-collegio militare (palazzo Salviati) dei nomi dei 638 ebrei romani arrestati (prevalentemente su infame denuncia di italiani che volevano incassare la taglia prevista in casi simili dagli occupanti tedeschi) nei mesi dopo la razzia del 16 ottobre. La seconda: la prosecuzione del pomeriggio di memoria fino davanti al portone di Regina Coeli, carcere in cui furono rinchiusi i 638 prima di essere deportati generalmente a Fossoli, poi a Auschwitz-Birkenau.
Iniziative come quella di “Ricordiamo insieme” sono non solo utili, ma opportune e anche necessarie pure oggi, se poniamo mente al diffondersi che sembra inarrestabile di quell’ignoranza storica che è nutrimento fondamentale per atteggiamenti antisemiti risorgenti in buona parte d’Europa. Essi si manifestano qua e là anche in Italia, via social ma non solo. Se, individualmente, ai membri – generalmente giovani - di alcune corali un po’ particolari fosse spiegata la connotazione storica di certi fenomeni o personaggi, siamo convinti che in tanti, confusi, chinerebbero il capo balbettando: Io non lo sapevo, io non volevo… Ben si comprende allora come “Ricordiamo insieme” inviti sempre rappresentanze di alcune scuole all’annuale appuntamento di memoria, che non lascia indifferente nessuno dei partecipanti. Anche stavolta erano presenti delegazioni dell’Istituto di Istruzione Superiore ‘Largo Brodolini’ di Pomezia e dei Licei classici statali Giulio Cesare (una corposa delegazione di una trentina di studenti) e Eugenio Montale di Roma.
Rossoporpora.org ha sempre seguito con partecipe attenzione le iniziative di “Ricordiamo insieme” (vedi ad esempio https://www.rossoporpora.org/rubriche/italia/731-roma-16-ottobre-43-dovevamo-esserci-e-non-ci-siamo-stati.html ). Anche in questa occasione proponiamo a chi ci legge alcuni spunti di riflessione che hanno caratterizzato il pomeriggio.
A Piazza San Pietro
Tobias Wallbrecher (che con la sua famiglia anima “Ricordiamo insieme” in collaborazione con la famiglia Spizzichino) ha introdotto il momento di San Pietro, leggendo un messaggio a nome di papa Francesco inviato da mons. Luigi Roberto Cona, assessore agli Affari generali della Segreteria di Stato. Vi si legge tra l’altro che “volentieri Sua Santità assicura alla Marcia di Memoria e a tutti i partecipanti la sua particolare vicinanza e unione, insieme al desiderio di preghiera per una sempre più profonda comprensione reciproca attraverso momenti significativi di memoria”. Frederike Wallbrecher e Sara Spizzichino hanno poi letto brani da “il pane perduto” di Edith Bruck, sopravvissuta ad Auschwitz e recentemente visitata dal Papa.
Lia Tagliacozzo, che pure a Auschwitz ha perso alcuni congiunti, è invece “figlia di scampati, nascosti in case amiche e in conventi ospitali o esuli rifugiati in Svizzera”. Nel suo intervento la scrittrice si è espressa molto criticamente sul comportamento di papa Pio XII in quei giorni dal 16 al 18 ottobre 1943 (giorno della deportazione ad Auschwitz): “Il Vaticano sapeva quanto stava accadendo e trattò con i nazisti. Trattò per ‘loro’, per quelli del ‘suo’ gregge, per coloro che riconosciuti ebrei dalle leggi nazifasciste erano però convertiti al cattolicesimo; salvò loro e lasciò gli altri a morire. La storia non si fa con i se’ ma io mi domando, comunque, come sarebbe cambiata la vita della mia famiglia se allora il Pontefice avesse ‘parlato’. Adesso gli archivi vaticani sono aperti e, a fasi alterne, una commissione mista di storici ebrei e cattolici vaglia i documenti che forse ci spiegheranno perché invece papa Pacelli e la gerarchia cattolica abbandonarono quella domenica nonna Eleonora, zio Amedeo, la piccola Ada, e tutti gli altri in balia dei nazisti”. In altra parte dell’intervento Lia Tagliacozzo ha evidenziato invece i cattolici che salvarono altri membri della famiglia, come alcune suore a Roma e a Firenze.
Il professor Joseph Sievers si è presentato così: “Sono tedesco, sono cristiano, cattolico e mi occupo da più di 50 anni di storia e cultura ebraica, da più di 30 a Roma”. E più in là: “Forse gli Archivi vaticani (…) ci aiuteranno a capire meglio alcuni elementi di azioni e omissioni del Vaticano e il loro contesto. (…) Quello che rimane certo è che in molte situazioni precedenti cristiani e loro rappresentanti si erano resi responsabili di atteggiamenti e azioni odiose che hanno contributo a spianare la via alla tragedia della Shoah”.
All’ex-Collegio militare (palazzo Salviati, oggi Centro Alti Studi per la Difesa)
Fatta memoria di Settimia Spizzichino a cent’anni dalla nascita (unica donna sopravvissuta al rastrellamento del Ghetto con deportazione a Auschwitz), ha parlato tra gli altri il cardinale Walter Kasper (vedi anche https://www.rossoporpora.org/rubriche/interviste-a-cardinali/46-kasper-dopo-la-visita-papale-in-sinagoga.html). L’ottantottenne presidente emerito del Pontificio Consiglio per l’Unità dei Cristiani ha osservato tra l’altro: “Quest’anno ricordiamo oltre 600 concittadini ebrei vittime delle atrocità naziste. I loro nomi non erano ancora stati commemorati. (…) Chi è senza nome non ha identità, non è niente in termini umani e sociali. Così, negli oltre 600 concittadini ebrei che commemoriamo oggi, ciò che gli scagnozzi di allora volevano, divenne doppiamente reale in modo orribile. Non solo hanno sterminato le persone fisicamente. Volevano cancellarle dalla memoria collettiva e privarle così della loro ultima dignità umana. Questo è ciò che la Shoah ha voluto: cancellare, distruggere, annientare, consegnare al nulla.”
Davanti al carcere di Regina Coeli
Messaggio di Noemi Di Segni, presidente riconfermata dell’UCEI (presente al momento precedente presso l’ex-collegio militare): "Dopo aver ascoltato la riflessione sul ruolo del Vaticano, le voci dei testimoni e la lettura straziante dei nomi il nostro dovere come singoli e istituzioni, anche ebraiche, è quello di essere responsabili ora per il presente. Al di là del rispetto per il passato e al di là della giusta dedica. L’appello non è più “perché il passato non ritorni.” L’appello è per un passato che si è già inserito in tutti gli schemi, va riconosciuto e affrontato con coerenza."
Il cappellano del carcere, padre Vittorio Trani, ha letto il Salmo 142: “Con la mia voce io grido al Signore/con la mia voce io imploro il Signore/davanti a lui effondo il mio lamento/davanti a lui espongo la mia tribolazione/mentre in me viene meno il mio spirito (…) e ha parlato di quella ragazza ebrea di nome Maria.
Nando Tagliacozzo ha ricordato il padre, catturato su delazione italiana all’inizio del febbraio 1944, imprigionato nella cella 386 del III raggio di Regina Coeli, trasferito poi a Fossoli, deportato a Auschwitz da cui non fece più ritorno. Con “emozione e turbamento” ha letto alcune righe da uno dei quattro fogli da lui inviati (forse da qualche secondino) ad alcuni amici così che li recapitassero a sua moglie, madre dello stesso Nando. C’erano a quel tempo italiani che collaboravano con i nazisti (“italiano era il delatore, italiani quelli che provvidero all’arresto, italiano tutto l’apparato del carcere, italiani i guardiani di Fossoli”) e italiani che, a loro rischio e pericolo, aiutavano gli ebrei: “Sono due mondi che speravamo si fossero in qualche modo avvicinati, speravamo che si fossero riconosciute le follie di allora”. Purtroppo “troppi segni che vediamo oggi intorno a noi ci dicono che quella divisione esiste ancora”. Speriamo che “non ci porti ancora a quelle follie”.
Anche Ettore Terracina (nipote di Piero, sopravvissuto ad Auschwitz) ha rievocato il dramma familiare, quando – dopo essere scampati grazie a una ‘soffiata’ alla razzia del 16 ottobre 1943, i Terracina furono arrestati su delazione italiana il 7 aprile 1944, mentre erano riuniti clandestinamente per la festa di Pesach.
Il pomeriggio è stato accompagnato come sempre da diversi momenti musicali sia in piazza San Pietro che nel cortile dell’ex-collegio militare che davanti a Regina Coeli (Daniel Coen, canto; Bibiana Carusi, soprano; Stefano Galli, chitarra; Berthold Pesch, fisarmonica).