UNIONI CIVILI/CREPALDI: LEGGE PESSIMA, PASSATA GRAZIE AI ‘CATTOLICI’ – di GIUSEPPE RUSCONI – www.rossoporpora.org – 8 marzo 2016
Le riflessioni accorate, lucide, severe del vescovo di Trieste e segretario emerito del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace sul voto di tanti senatori cosiddetti ‘cattolici’ al disegno di legge sulle unioni civili Cirinnà-Boschi. Una dura correzione fraterna per chi ha tirato in ballo ingiustificatamente perfino Giovanni Paolo II e la dottrina del ‘male minore’
Merita di essere conosciuta e ampiamente divulgata la prolusione con la quale sabato 5 marzo il vescovo di Trieste Giampaolo Crepaldi ha aperto nel capoluogo giuliano la nuova sessione della scuola di Dottrina sociale della Chiesa, concludendo nel contempo la precedente prima edizione. Nella stessa occasione il segretario emerito del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace ha anche presentato il VII Rapporto dell’ Osservatorio Internazionale cardinale Van Thuân sulla Dottrina sociale della Chiesa, di cui è fondatore e presidente. Il Rapporto quest’anno si occupa di “Guerre di religione, guerre alla religione” (sull'argomento è intervenuta inoltre l'antropologa Anna Bono).
Attendevamo con interesse l’annunciata prolusione da parte di un vescovo che non si è mai sottratto (come purtroppo hanno fatto e fanno diversi altri confratelli) alla testimonianza pubblica e coraggiosa dei punti oggi più ‘scomodi’ (per la nostra società ‘fluida’) del magistero sociale cattolico. Con un interesse accresciuto dal fatto che sono passati solo pochi giorni da quando il Senato della Repubblica ha approvato un disegno di legge sulle ‘unioni civili’ che de facto equipara le ‘unioni gay’ a quella matrimoniale tra uomo e donna (adozioni comprese).
Come è noto il sessantenne presule veneto (nato in provincia di Rovigo) ha masticato in prima persona la Dottrina sociale della Chiesa a livello nazionale dal 1986 al 1994, da direttore dell’Ufficio della Cei per i problemi sociali e del lavoro e, a livello della Chiesa universale dal 1994 al 2009 (quando è stato nominato vescovo di Trieste) come prima sottosegretario, poi segretario del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace. In quegli anni ha tra l’altro collaborato in misura rilevante (con i cardinali Van Thuân e Martino) alla stesura del preziosissimo Compendio della Dottrina sociale della Chiesa e con papa Benedetto XVI a quella dell’enciclica Caritas in Veritate. Questo per ricordare che monsignor Crepaldi ha (come pochi altri) tutte le carte in regola per pronunciarsi con competenza su quanto attiene al magistero sociale cattolico e sul dovere, per chi si ritiene cattolico, di applicarlo quando e laddove se ne offre l’occasione, come in politica.
Nella prolusione il vescovo di Trieste ha messo subito le carte in tavola, fedele all’evangelico “Se sì, sì; se no, no”: “L’approvazione della legge sulle unioni civili è stata (anche) un banco di prova per la presenza dei cattolici in politica”. Purtroppo tale ‘banco’ “ha fornito gravi elementi di forte delusione e di viva preoccupazione per il futuro”.
Quali i motivi di tanta amarezza? “Durante la votazione a Palazzo Madama abbiamo assistito a molti atteggiamenti indecorosi da parte di molti (NdR: da notare l’insistenza su ‘molti’) senatori cattolici. (…) Qualcuno di loro ha perfino chiamato a testimone del proprio voto Giovanni Paolo II. (…) Altri hanno rispolverato il trito (e falso) argomento del ‘male minore’ che avrebbe evitato il male maggiore. Altri ancora si sono intestati meriti che non esistono, come aver evitato l’adozione per le coppie omosessuali”. Per chi ha seguito lo sviluppo della triste vicenda non è difficile riconoscere nei ‘senatori cattolici’ evocati da monsignor Crepaldi non solo quelli posteggiati nelle file del Partito democratico di Renzi (oltre naturalmente al premier stesso e alla sua garrula ministra), ma anche gran parte dei senatori di “Area popolare” (Nuovo centro-destra più Unione democratica di Centro), in particolare politici come il ministro dell’Interno Angelino Alfano, il ciellino Maurizio Lupi o anche Rocco Buttiglione, tutti autori di dichiarazioni di contenuti analoghi a quelli evocati nella prolusione.
Ai ‘cari amici’ il segretario emerito del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace ha ricordato, pure senza sconti, che “la legge approvata è una pessima legge”. E “le pessime leggi non sono solo norme astratte, ma danno vita a pessimi rapporti sociali, producono sofferenze e ingiustizie sulla pelle delle persone”. C’è solo da indignarsi dunque che “questa pessima legge sia stata approvata con il voto decisivo dei cosiddetti ‘cattolici “. Infatti essa “contraddice fondamentali principi della legge morale naturale” e i destinatari della robusta ‘correzione fraterna’ dovrebbero avere ben chiaro che “l’esigenza insopprimibile che il cattolico impegnato in politica non deluda le richieste della legge morale naturale fa parte integrante della dottrina della nostra fede”. Come dimostrano i tanti richiami presenti nel Catechismo della Chiesa Cattolica e “in moltissimi insegnamenti precedenti e successivi”. Non solo: “Pensare che i dieci comandamenti – che secondo il Catechismo rappresentano una ‘espressione privilegiata’ della legge naturale – possano essere messi da parte in politica, distorce la dottrina della fede cattolica”.
Monsignor Crepaldi introduce qui in modo incalzante un altro argomento molto pesante, che mostra l’irresponsabilità (per ingenuità, per faciloneria o per cinismo da poltrona) di chi ha approvato la legge Cirinnà-Boschi: “Quando non si tiene conto di un limite morale insuperabile dell’azione politica e lo si supera, in seguito verranno superati anche altri limiti, che oggi non sono all’ordine del giorno ma lo diventeranno domani”. Perché “chi oggi accetta le unioni civili omosessuali e le equipara alla famiglia commette una grave ingiustizia e si prepara a commetterne altre in futuro. Se non ci sono criteri per votare contro l’unione omosessuale, perché dovrebbero esisterne, domani, per votare contro l’adozione? E perché dovrebbero esisterne dopodomani per votare contro l’utero in affitto? Non facciamoci ingannare”. Infatti “chi sposta oggi in avanti il limite del lecito, domani lo sposterà ancora un po’ più avanti, e così via. Ammonisce qui con grande lucidità monsignor Crepaldi: “Si avvia così un processo che si fermerà solo ad un punto: quando saranno resi non negoziabili i principi contrari a quelli non negoziabili; quando diventerà obbligatorio non rispettare i principi della legge morale naturale. A quel punto, però, il sistema totalitario sarà completato”.
E qui (pur se ci sarebbero da citare altri passi molto interessanti della prolusione, ad esempio sull’atteggiamento delle autorità politiche in Occidente verso le ‘guerre di religione’ esistenti o sulla corrosione dell’umano e quindi del divino favorita dall’atteggiamento irresponsabili di tanti politici impegnati in politica) ci fermiamo. Perché quest’ultima considerazione del vescovo di Trieste merita un supplemento di riflessione.
P.S. La prolusione integrale è pubblicata sul sito www.diocesi.trieste.it