PAPA/LAVORO, CHIACCHIERE – ZEN/CINA - CONSERVAZIONE AMBIENTE: DOMANDE - di GIUSEPPE RUSCONI – www.rossoporpora.org – 17 gennaio 2022
Francesco su San Giuseppe, lavoro, chiacchiere (con creatività lessicale) – Un intervento del cardinale Zen su regime cinese e libertà, anche religiosa – Un incontro presso la Società Romana di Scienze naturali con Spartaco Gippoliti e Corrado Battisti sulla conservazione dell’ambiente e sugli equivoci sorti in questi anni a tale proposito.
Incominciamo con la citazione di alcuni passi suscettibili di riflessione tratti da recenti interventi di papa Francesco.
SAN GIUSEPPE FALEGNAME, IL VALORE FONDAMENTALE DEL LAVORO E IL PANE DELLA CARITAS (dall’udienza generale di mercoledì 12 gennaio 2022, Aula Paolo VI)
La qualifica di falegname: Gli evangelisti Matteo e Marco definiscono Giuseppe “falegname” o “carpentiere”. Abbiamo ascoltato poco fa che la gente di Nazaret, sentendo Gesù parlare, si chiedeva: ‘Non è costui il figlio del falegname?’ Gesù praticò il mestiere del padre.
Il termine greco tekton, usato per indicare il lavoro di Giuseppe, è stato tradotto in vari modi. I Padri latini della Chiesa lo hanno reso con “falegname”. Ma teniamo presente che nella Palestina dei tempi di Gesù il legno serviva, oltre che a fabbricare aratri e mobili vari, anche a costruire case, che avevano serramenti di legno e tetti a terrazza fatti di travi connesse tra loro con rami e terra.
Pertanto, “falegname” o “carpentiere” era una qualifica generica, che indicava sia gli artigiani del legno sia gli operai impegnati in attività legate all’edilizia. Un mestiere piuttosto duro, dovendo lavorare materiale pesante, come il legno, la pietra e il ferro. Dal punto di vista economico non assicurava grandi guadagni, come si deduce dal fatto che Maria e Giuseppe, quando presentarono Gesù nel Tempio, offrirono solo una coppia di tortore o di colombi, come prescriveva la Legge per i poveri.
Dunque, Gesù adolescente ha imparato dal padre questo mestiere. Perciò, quando da adulto cominciò a predicare, i suoi compaesani stupiti si chiedevano: ‘Da dove gli vengono questa sapienza e i prodigi?’ ed erano scandalizzati di lui perché era il figlio del falegname ma parlava come un dottore della legge, e si scandalizzavano di questo.
IL valore fondamentale del lavoro e il pane della Caritas: Questo dato biografico di Giuseppe e di Gesù mi fa pensare a tutti i lavoratori del mondo, in modo particolare a quelli che fanno lavori usuranti nelle miniere e in certe fabbriche; a coloro che sono sfruttati con il lavoro in nero; alle vittime del lavoro - abbiamo visto che in Italia ultimamente ce ne sono state parecchie -; ai bambini che sono costretti a lavorare e a quelli che frugano nelle discariche per cercare qualcosa di utile da barattare: succede! (…) Ma penso anche a chi è senza lavoro: quanta gente va a bussare alle porte delle fabbriche, delle imprese: ‘Ma, c’è qualcosa da fare?’ – ‘No, non c’è, non c’è …’. La mancanza di lavoro! E penso anche a quanti si sentono feriti nella loro dignità perché non trovano questo lavoro. Tornano a casa: ‘Hai trovato qualcosa?’ – ‘No, niente … sono passato dalla Caritas e porto il pane’. Quello che ti dà dignità non è portare il pane a casa. Tu puoi prenderlo dalla Caritas: no, questo non ti dà dignità. Quello che ti dà dignità è guadagnare il pane (…) I governanti devono dare a tutti la possibilità di guadagnare il pane, perché questo guadagno dà loro la dignità. (…). In questi tempi di pandemia tante persone hanno perso il lavoro – lo sappiamo – e alcuni, schiacciati da un peso insopportabile, sono arrivati al punto di togliersi la vita. Vorrei oggi ricordare ognuno di loro e le loro famiglie. Facciamo un istante di silenzio ricordando quegli uomini, quelle donne disperati perché non trovano lavoro.
Il lavoro non serve solo al sostentamento: Non si tiene abbastanza conto del fatto che il lavoro è una componente essenziale nella vita umana, e anche nel cammino di santificazione. Lavorare non solo serve per procurarsi il giusto sostentamento: è anche un luogo in cui esprimiamo noi stessi, ci sentiamo utili, e impariamo la grande lezione della concretezza, che aiuta la vita spirituale a non diventare spiritualismo. (…) Il lavoro è un modo di esprimere la nostra personalità, che è per sua natura relazionale. Il lavoro è anche un modo per esprimere la nostra creatività: ognuno fa il lavoro a suo modo, con il proprio stile; lo stesso lavoro ma con stile diverso. È bello pensare che Gesù stesso abbia lavorato e che abbia appreso quest’arte proprio da San Giuseppe.
SAN GIUSEPPE, L’UOMO DEI TEMPI DIFFICILI (da un’intervista di Andrea Monda e Alessandro Gisotti , L’Osservatore Romano e Vatican News)– 13 gennaio 2022)
San Giuseppe, responsabile e creativo: Non ho mai nascosto la sintonia che sento nei confronti della figura di San Giuseppe. Credo che questo venga dalla mia infanzia, dalla mia formazione. Da sempre ho coltivato una devozione speciale nei confronti di San Giuseppe perché credo che la sua figura rappresenti, in maniera bella e speciale, che cosa dovrebbe essere la fede cristiana per ciascuno di noi. Giuseppe infatti è un uomo normale e la sua santità consiste proprio nell'essersi fatto santo attraverso le circostanze belle e brutte che ha dovuto vivere ed affrontare. (…) In lui potremmo dire c'è l'uomo dei tempi difficili, l'uomo concreto, l'uomo che sa prendersi la responsabilità. In questo senso in San Giuseppe si uniscono due caratteristiche. Da una parte la sua spiccata spiritualità che viene tradotta nel Vangelo attraverso le storie dei sogni; questi racconti testimoniano la capacità di Giuseppe nel saper ascoltare Dio che parla al suo cuore. (…) Accanto a questa caratteristica poi ce n'è un'altra: Giuseppe è l'uomo concreto, cioè l'uomo che affronta i problemi con estrema praticità, e davanti alle difficoltà e agli ostacoli, egli non assume mai la posizione del vittimismo. Si mette invece sempre nella prospettiva di reagire, di corrispondere, di fidarsi di Dio e di trovare una soluzione in maniera creativa.
San Giuseppe, testimone luminoso in tempi difficili: Il tempo che stiamo vivendo è un tempo difficile segnato dalla pandemia del coronavirus. Molte persone soffrono, molte famiglie sono in difficoltà, tante persone sono assediate dall'angoscia della morte, di un futuro incerto. Ho pensato che proprio in un tempo così difficile avevamo bisogno di qualcuno che poteva incoraggiarci, aiutarci, ispirarci, per capire qual è il modo giusto per sapere affrontare questi momenti di buio. Giuseppe è un testimone luminoso in tempi bui.
19 marzo 2013, inizio del ministero petrino di papa Francesco: Ho considerato sempre una delicatezza del cielo poter iniziare il mio ministero petrino il 19 marzo. Credo che in qualche modo San Giuseppe mi abbia voluto dire che avrebbe continuato ad aiutarmi, ad essermi accanto, e io avrei potuto continuare a pensare a lui come a un amico a cui rivolgermi, a cui affidarmi, a cui chiedere di intercedere e di pregare per me.
LA PESTE DEL CHIACCHIERICCIO, LA SPIRITUALITA’ DEL TARLO, ABBIATE I PANTALONI (dall’udienza ai teatini, 15 gennaio 2022, Sala Clementina)
Sabato 15 gennaio 2022 Jorge Mario Bergoglio ha ricevuto in udienza i partecipanti al 164.mo capitolo generale dei chierici regolari teatini (ordine fondato da san Gaetano della nobile famiglia vicentina dei Thiene, nato a Vicenza nel 1480 e morto a Napoli nel 1547). Per l’occasione ha pronunciato un discorso in cui, rispetto al testo scritto, ha fatto delle aggiunte a braccio riguardanti una sua e vera e propria, costante, radicata fissazione: il chiacchiericcio. Effettivamente sul tema non riesce a contenersi e ogni momento è buono per evidenziarlo, ricorrendo a immagini innovative come quelle dell’ “abbiate i pantaloni di dirgli in faccia” o della “spiritualità del tarlo”. Uno stimolo a perseverare gli è stato offerto dal sessantunenne nunzio apostolico nigeriano Fortunatus Nwuachukwu (già capo del Protocollo della Segreteria di Stato, da poco nominato Osservatore permanente della Santa Sede presso l’ONU a Ginevra), che ha elaborato uno studio su un argomento così fondamentale, consigliato per la lettura alla Curia Romana il 23 dicembre 2021 e distribuito sabato a tutti i teatini presenti all’udienza)…
(…) Il vostro secondo obiettivo specifico è la comunione. Anche qui, guardando a San Gaetano, vediamo che lo Spirito non lo ha spinto a fare da solo, a percorrere un cammino individuale. No. Lo ha chiamato a formare una comunità di chierici regolari, per vivere il Vangelo secondo la forma di vita degli Apostoli (…) Fratelli, la peste più grande in una congregazione religiosa, in una comunità religiosa, è quando i fratelli non si prendono cura l’uno dell’altro, anzi quando incomincia il chiacchiericcio. Per favore, mandate via ogni forma di chiacchiericcio. Siate uomini consacrati, uomini di Vangelo, ma uomini. Se tu hai qualcosa contro l’altro, abbi i “pantaloni” di dirgli in faccia questo, dirgli in faccia le cose o tacere. O quell’altro criterio, dirlo a chi può porre rimedio, cioè i superiori. Ma non fare dei gruppetti, perché questa è la spiritualità del “tarlo”, che fa cadere la forza di una comunità religiosa. Niente chiacchiericcio per favore.
(…) Ho chiesto di portare qui uno studio breve, fatto da poco tempo da un Nunzio Apostolico sul chiacchiericcio. Mi è venuto in mente dopo questo discorso. Credo che farà bene che ognuno se ne porti un esemplare a casa, gratuito!
IL CARDINALE ZEN: UN INTERVENTO SCRITTO PER IL XII RAPPORTO SULLA DOTTRINA SOCIALE DELLA CHIESA (OSSERVATORIO INTERNAZIONALE CARDINALE VAN THUAN) SU “IL MODELLO CINESE: CAPITAL-SOCIALISMO DEL CONTROLLO SOCIALE”
Ha compiuto 90 anni il 13 gennaio scorso Joseph Zen Ze kiun, vescovo emerito di Hong Kong (2002-2009) e cardinale dal 2006. Per l’occasione l’ Osservatorio internazionale cardinale Van Thuan ha pubblicato integralmente il contributo che il porporato ha scritto per il XII Rapporto sulla Dottrina sociale della Chiesa nel mondo.
Zen analizza due importanti documenti delle “Autorità centrali del Partito comunista cinese”, il numero 19 del 1982 e il numero 9 del 2013. Nel primo si tratta de “la visione basilare della questione religiosa durante il periodo socialista nel nostro Paese”: è un testo che rispecchia il pensiero del pragmatico Deng Xiaoping (dopo la catastrofe degli anni della ‘Rivoluzione culturale’ maoista): la religione è un fenomeno oscurantista, resta l’oppio del popolo, tuttavia è anche “un fatto da tollerare in vista della vittoria finale del comunismo, ma che deve essere tenuto sotto stretto controllo e sottomissione”. Il secondo invece interpreta il pensiero di Xi Jinping: un vero e proprio ritorno a Mao. Tra i nove punti del testo, in cui si elencano le minacce più gravi per il regime, i più significativi per il cardinale Zen in riferimento alla libertà religiosa sono tre. Il punto 2: “Per indebolire le fondamenta teoriche della guida del Partito si esaltano i cosiddetti valori universali come ‘la libertà, la democrazia, i diritti umani universali ed eterni “’. Il punto 3: “Promozione della ‘società civile’ per smantellare il fondamento sociale del governo del Partito. Forze nemiche hanno usato questo concetto di diritto assoluto del popolo contro di noi, ora anche dei nostri usano la stessa arma per rifiutare il controllo del Partito. Specialmente a livello locale essi vantano un diritto assoluto di libertà di azione di ogni specie di associazione per liberarsi dal controllo del governo”. Il punto 5: “Promuovere l’idea occidentale del giornalismo sfidando il nostro principio che i media ed il sistema della stampa devono essere soggetti alla disciplina del partito. Fanno dei media ‘il quarto potere’, sostengono l’assoluta libertà nel trasmettere informazioni, vogliono abolire i nostri Dipartimenti di propaganda. Ovviamente la loro intenzione è di opporsi alla guida del partito sui media e così infiltrarsi nel dominio della nostra ideologia”. Insomma, conclude il cardinale Zen, dal documento in piena attuazione emerge che “l’’unico criterio di verità è il Partito comunista, l’unico titolare del diritto e del potere è ancora il Partito comunista”. Tanto che “recentemente non possiamo non rivedere perfino l’ombra della Rivoluzione culturale”. E allora “che cosa possiamo fare in questa situazione? Dialogare? Tacere? Diventare pappagalli? Il Signore ci illumini e ci dia forza”.
CONSERVAZIONE DELLA BIODIVERSITA’: VALORI DA DIFENDERE, EQUIVOCI DA CHIARIRE – UN INCONTRO CON SPARTACO GIPPOLITI E CORRADO BATTISTI PRESSO LA SOCIETA’ ROMANA DI SCIENZE NATURALI
Ci sembra utile spunto per una riflessione riferire (sinteticamente) di quanto abbiamo ascoltato in un incontro a proposito di conservazione della natura (biodiversità) in tempi di Covid, svoltosi sabato 8 gennaio 2022 nella sede della Società Romana di Scienze naturali, presieduta dal prof. Pierangelo Crucitti. Due i relatori: Spartaco Gippoliti, studioso dei primati, conservazionista, consulente del Bioparco di Roma e Corrado Battisti, naturalista, docente a Roma Tre e responsabile della palude protetta di Torre Flavia (Ladispoli-Cerveteri).
Per Gippoliti la biologia conservazionistica è una ‘disciplina di crisi’ come la medicina: e sta alla biologia come la guerra sta alla diplomazia, nel senso che essa è in grado di intervenire ancor prima di conoscere tutti i dati a disposizione. E’ insomma un’attività di prima linea, non di laboratorio. Ed è anche al centro di un dibattito antropologico molto acceso, la cui asprezza si è di molto accresciuta da quando il filosofo australiano Peter Singer nel 1975 ha pubblicato “Animal liberation” (tradotto in italiano nel 1987). Specie in questi nostri ultimi anni desta invero grande preoccupazione il diffondersi di una visione che considera l’uomo come ‘parassita’ del pianeta, con tutte le conseguenze operative del caso: specie tra le specie, l’uomo diventa dannoso per la natura e dunque la conservazione della stessa non è più centrata su di lui, ma di lui può fare a meno. Concretizzare tale visione del mondo significa tradire la conservazione della biodiversità, ha detto Gippoliti. Fondata sulla volontà di conservare alcuni individui (sempre i soliti… leoni, lupi, scimpanzè da social), frutto di una falsa compassione e prodotta da una vera e propria isteria di ambientalisti occidentali, la visione perseguita dai seguaci di Singer rischia di compromettere gravemente i delicati equilibri naturali in cui tutte le specie (tutte!) hanno una loro funzione precisa. E’ vero naturalmente che talpe e vermi suscitano meno emozioni dell’uccisione nello Zimbabwe nel 2015 per mano di un cacciatore nel 2015 del leone Cecil (leone simbolo dell’Hwange National Park); l’animale era seguito da un progetto ambientalista dell’Università di Oxford, che in sua memoria ha raccolto oltre un milione di dollari (garantendosi la prosecuzione dell’attività).
C’è ancora da rilevare che dall’errata, ma diffusa deificazione odierna della natura consegue la lotta contro le attività umane in contrasto apparente con la vita della fauna selvatica: ne derivano gravi difficoltà per comunità rurali e popolazioni indigene ostacolate nella quotidianità della loro esistenza. Si dimentica qui una realtà naturalissima: il rapporto tra tali comunità e il mondo animale è caratterizzato da sempre anche dai contrasti, cui si devono dare soluzioni equilibrate e non certo strabiche a danno dell’intero sistema ambientale, che non può fare a meno dell’uomo. Da questo punto di vista, ha osservato Gippoliti, con l’enciclica “Laudato si’ “ papa Francesco ha dato di certo un contributo di valore alla comprensione della posta in palio.
Corrado Battisti ha invece parlato della conservazione della biodiversità fondandosi sulla sua esperienza pratica, in particolare presso l’area protetta della palude di Torre Flavia, sulle rive del Tirreno a nord di Roma. Conservazione operativa dunque, che in ogni caso non si fonda su emozioni contingenti che portano spesso alla polarizzazione delle posizioni e a duri conflitti. No, essa si basa prima di tutto su un confronto interdisciplinare: l’esperienza mostra che la conservazione non può essere sequestrata da biologi e naturalisti, fondamentali certo ma non sufficienti ad affrontare adeguatamente una problematica molto più complessa di quanto non si pensi comunemente. Necessari pertanto ascolto e confronto con ingegneri, forestali, cacciatori, pescatori, psicologi, storici, archeologi: si devono infatti trovare soluzioni riguardanti un territorio nel suo insieme, formato da tante voci diverse. Se emerge un problema, bisogna analizzare che cosa si vuole conservare, quali sono le minacce, quali risposte dare. Non addossare colpe o cercare capri espiatori, ma individuare le cause e agire creativamente così da evitare conflitti e trovare una mediazione tra interessi differenti.
Battisti ha anche accennato ai cambiamenti portati nella natura dalle restrizioni della libertà di movimento (che hanno costretto o costringono a muoversi vicino a casa) adottate dalle autorità a seguito della diffusione del Covid-19. Alcuni curiosi. Ad esempio: nelle aree verdi ‘sotto casa’ sta cambiando la flora, sia per l’accresciuto calpestio umano che – soprattutto - per lo spesseggiare di escrementi canini. Oppure: in certe zone asiatiche si stanno estinguendo pesci rarissimi. Perché? I fiumi sono diventati più puliti e per i pescatori è una gran festa. Senza naturalmente voler inneggiare all'inquinamento: interessante, no?