A UN ANNO DALLA RINUNCIA PAPALE: GIUSEPPE RUSCONI AL ‘SISMOGRAFO’ – www.rossoporpora.org – 10 febbraio 2014
Il noto e prezioso blog cattolico “il Sismografo” ( www.ilsismografo.blogspot.it )- curato da Luis Badilla- – ha chiesto ad alcuni vaticanisti di riflettere su quanto avvenuto un anno fa, con la rinuncia al Papato di Benedetto XVI. Riproduciamo la risposta di Giuseppe Rusconi.
Quell’11 febbraio 2013, verso le 11.30, avevo lasciato una Sala Stampa vaticana sonnacchiosa, con tre o quattro colleghi che non sapevano come passare il tempo. Tra loro ricordo chiaramente, chino come sempre sul suo computer, Andrès Beltramo Alvarez. E, tra i ragazzi dell’atrio, il super romanista Francesco Antinori. Preso il 62 per raggiungere la Sala stampa estera, vicino all’ingresso di via dell’Umiltà scorgo tre colleghi affannati e agitatissimi che escono dalla sede. “Ma dove andate così conciati?” Mi risponde con voce strozzata e occhi stralunati la tedesca Constanze Reuscher, corrispondente della Welt: “Il Papa si è dimesso!”. Dico io: “Ma sapete che oggi è anche il lunedì grasso, di Carnevale?” E loro all’unisono: “Nooo…è vero…. vieni con noi in Sala Stampa vaticana!”. Detto fatto… un taxi e in un baleno rieccomi là da dov’ero partito mezz’ora prima, in attesa del non invidiato padre Lombardi, che avrebbe cercato di rispondere in qualche modo alle nostre domande. Era colpito anch’io come tutti dalla notizia, e mi veniva un groppo in gola. Tuttavia, passata la prima emozione, ho creduto di comprendere subito i motivi della rinuncia di papa Ratzinger: da buon tedesco, da uomo razionale, ha capito che non ce l’avrebbe più fatta – fisicamente e psicologicamente – a sopportare il peso del timone della Barca di Pietro, costretta a navigare in un mare tempestoso non solo per gli scandali della pedofilia, non solo per le piccole meschinità di Vatileaks e dintorni, ma anche per il dilagare del relativismo nichilista in una società smarrita e dall’identità cristiana sempre più sbiadita. Papa Ratzinger aveva fatto molto, con coraggio, per far emergere i casi di pedofilia e cercare di evitare che si potessero ripetere. Aveva denunciato la “sporcizia” nel mondo ecclesiale e anche incoraggiato – con parole ben argomentate, chiare, nette, inequivocabili - i cattolici e i non cattolici a difendere la dignità umana promuovendo la dottrina sociale, ivi ben compresi i valori non negoziabili ridicolizzati dai cultori finanziariamente e massmediaticamente potenti dei nuovi ‘diritti’ contro la vita, contro la famiglia, contro l’educazione umana e cristiana. Una battaglia prima di tutto razionale, fatta in nome dell’uomo e del cattolicesimo. Poi, a poco a poco, papa Benedetto XVI si è sentito sempre più stanco, un fatto comprensibile data l’età. E ha meditato quella decisione già prefigurata oralmente e per iscritto in diverse occasioni. Non se l’è sentita di fare il Papa al 50%, sarebbe stato per lui irrazionale soprattutto in un momento così difficile per la Chiesa. Ha lasciato, è stato doloroso per lui ma anche per tanti. Si è creato un precedente (le rinunce dei secoli passati non sono paragonabili a quanto successo l’11 febbraio 2014) e questo ha aperto grandi interrogativi, cui non si può sfuggire, ma che non hanno ancora una risposta. Il 13 marzo è stato eletto un nuovo Papa, un cardinale gesuita e sudamericano, che somiglia molto, per certi versi, ai gesuiti delle ‘Reducciones’ del Paraguay immortalati nel famoso film ‘Mission’. E’ un gesuita sudamericano, che parla al cuore e si cura meno della norma (se non nei tratti fondamentali); è un gesuita sudamericano che cerca le periferie, vuole entrare in contatto con tutti, in primo luogo con la ‘carne di Cristo che soffre’, attento all’uomo che vive, lotta, soffre prima che all’uomo come essere razionale. Papa Francesco in questo primo anno ha certo conquistato le folle con parole e gesti semplici, quelle folle che si sentono orfane in un mondo spietato come il nostro. Si dovrà vedere, a media e lunga distanza, se alla sintonia dei cuori seguirà anche quella delle menti. Se alle emozioni, insomma, si accompagneranno anche le convinzioni. E’ in gioco il futuro della Chiesa.