Ricerca

    PAPA-M.O/ROSARIO E LETTERA - ANNA FOA E ISRAELE - PECCATI E PENITENZA

    PAPA-M. O./ ROSARIO E LETTERA – ANNA FOA E ISRAELE - PECCATI E PENITENZA - di GIUSEPPE RUSCONI – www.rossoporpora.org – 9 ottobre 2024

    Gli sforzi incessanti della Chiesa cattolica per la pace in Terrasanta, in Libano e in genere nel Medio Oriente: il Rosario per la pace e la Lettera del Papa ai cattolici della regione. La riflessione della storica ebrea Anna Foa su quanto sta accadendo, dal titolo “Il suicidio di Israele”. Il Sinodo dei vescovi e dei non vescovi è stato introdotto da una Veglia penitenziale: la critica del cardinale Gerhard Ludwig Müller, già prefetto per la Dottrina della Fede.

     

    PAPA FRANCESCO: ROSARIO PER LA PACE E LETTERA AI CATTOLICI DEL MEDIO ORIENTE

    Papa/ Dalla riflessione dopo il Rosario per la pace recitato a Roma, nella basilica di Santa Maria Maggiore, il 6 ottobre 2024

    O Maria, Madre nostra, (…) accogli il nostro grido! Abbiamo bisogno del tuo sguardo, del tuo sguardo amorevole che ci invita ad avere fiducia nel tuo Figlio Gesù. Tu che sei pronta ad accogliere le nostre pene vieni a soccorrerci in questi tempi oppressi dalle ingiustizie e devastati dalle guerre, tergi le lacrime sui volti sofferenti di quanti piangono la morte dei propri cari, dei propri figli, ridestaci dal torpore che ha oscurato il nostro cammino e disarma i nostri cuori dalle armi della violenza, perché si avveri subito la profezia di Isaia: “Spezzeranno le loro spade e ne faranno aratri, delle loro lance faranno falci; una nazione non alzerà più la spada contro un'altra nazione, non impareranno più l'arte della guerra” (Is 2,4). (…)

    Invochiamo da te, Madre, la misericordia di Dio, tu che sei Regina della pace! Converti gli animi di chi alimenta l’odio, silenzia il rumore delle armi che generano morte, spegni la violenza che cova nel cuore dell’uomo e ispira progetti di pace nell’agire di chi governa le Nazioni.  

    Maria, Regina del santo Rosario, sciogli i nodi dell’egoismo e dirada le nubi oscure del male. Riempici con la tua tenerezza, sollevaci con la tua mano premurosa e dona a noi figli la tua carezza di Madre, che ci fa sperare nell’avvento di nuova umanità dove “ … il deserto diventerà un giardino e il giardino sarà considerato una selva.
    Nel deserto prenderà dimora il diritto e la giustizia regnerà nel giardino. Praticare la giustizia darà pace
    …” (Is 32,15-17). (…)

    O Madre, Salus Populi Romani, prega per noi!

     

    Papa/ Dalla Lettera ai cattolici del Medio Oriente, 7 ottobre 2024

    Cari fratelli e sorelle,

    penso a voi e prego per voi. Desidero raggiungervi in questo giorno triste. Un anno fa è divampata la miccia dell’odio; non si è spenta, ma è deflagrata in una spirale di violenza, nella vergognosa incapacità della comunità internazionale e dei Paesi più potenti di far tacere le armi e di mettere fine alla tragedia della guerra. Il sangue scorre, come le lacrime; la rabbia aumenta, insieme alla voglia di vendetta, mentre pare che a pochi interessi ciò che più serve e che la gente vuole: dialogo, pace. Non mi stanco di ripetere che la guerra è una sconfitta, che le armi non costruiscono il futuro ma lo distruggono, che la violenza non porta mai pace. La storia lo dimostra, eppure anni e anni di conflitti sembrano non aver insegnato nulla.

    Con cuore di padre mi rivolgo a voi, popolo santo di Dio; a voi, figli delle vostre antiche Chiese, oggi “martiriali”; a voi, semi di pace nell’inverno della guerra; a voi che credete in Gesù “mite e umile di cuore” (Mt 11,29) e in Lui diventate testimoni della forza di una pace non armata.

    Gli uomini oggi non sanno trovare la pace e noi cristiani non dobbiamo stancarci di chiederla a Dio. Perciò oggi ho invitato tutti a vivere una giornata di preghiera e digiuno. Preghiera e digiuno sono le armi dell’amore che cambiano la storia, le armi che sconfiggono il nostro unico vero nemico: lo spirito del male che fomenta la guerra, perché è “omicida fin da principio”, “menzognero e padre della menzogna” (Gv 8,44). Per favore, dedichiamo tempo alla preghiera e riscopriamo la potenza salvifica del digiuno!

    Ho nel cuore una cosa che voglio dire a voi, fratelli e sorelle, ma anche a tutti gli uomini e le donne di ogni confessione e religione che in Medio Oriente soffrono per la follia della guerra: vi sono vicino, sono con voi.

    Sono con voi, abitanti di Gaza, martoriati e allo stremo, che siete ogni giorno nei miei pensieri e nelle mie preghiere.

    Sono con voi, forzati a lasciare le vostre case, ad abbandonare la scuola e il lavoro, a vagare in cerca di una meta per scappare dalle bombe.

    Sono con voi, madri che versate lacrime guardando i vostri figli morti o feriti, come Maria vedendo Gesù; con voi, piccoli che abitate le grandi terre del Medio Oriente, dove le trame dei potenti vi tolgono il diritto di giocare.

    Sono con voi, che avete paura ad alzare lo sguardo in alto, perché dal cielo piove fuoco.

    Sono con voi, che non avete voce, perché si parla tanto di piani e strategie, ma poco della situazione concreta di chi patisce la guerra, che i potenti fanno fare agli altri; su di loro, però, incombe l’indagine inflessibile di Dio (cfr Sap 6,8).

    Sono con voi, assetati di pace e di giustizia, che non vi arrendete alla logica del male e nel nome di Gesù “amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano” (Mt 5,44). (…)

    Fratelli e sorelle in Gesù, vi benedico e vi abbraccio con affetto, di cuore. La Madonna, Regina della pace, vi custodisca. San Giuseppe, Patrono della Chiesa, vi protegga.

     

    LA STORICA EBREA ANNA FOA: IL SUICIDIO DI ISRAELE

    Per chi ha sempre nutrito grande simpatia per Israele e per la comunità ebraica questi sono mesi di grave turbamento. Se resta ferma la convinzione riguardante il diritto di Israele all’esistenza (e anche alla difesa della sua esistenza), non si possono non accogliere con amarezza e dolore le notizie su certe (e purtroppo frequenti) modalità con cui l’attuale governo israeliano difende tale diritto. Come abbiamo già rilevato (vedi https://www.rossoporpora.org/rubriche/vaticano/1206-terrasanta-libano-papa-e-cardinali-libri-vivere-da-asburgo.html ) si configurano de facto come violazione del diritto internazionale umanitario l’esplosione dei ‘cercapersone’ e delle radio ricetrasmittenti in Libano, che hanno provocato non solo decine di morti tra chi (non necessariamente combattenti di Hezbollah) portava su di sé tali oggetti, ma danni permanenti a migliaia di persone (evirazione, cecità). Sempre in Libano evocano altri tempi gli ordini di evacuazione in un paio d’ore di decine di villaggi del sud o di decine di chilometri di spiagge, costringendo centinaia di migliaia di persone a prendere con sé le poche cose possibili e ad abbandonare le loro case (ha scritto papa Francesco nella Lettera citata ai cattolici del Medio Oriente: “Sono con voi, forzati a lasciare le vostre case, ad abbandonare la scuola e il lavoro, a vagare in cerca di una meta per scappare alle bombe”). Non parliamo poi dei cosiddetti ‘danni collaterali’, ormai purtroppo quasi ‘normalizzati’ nella mentalità comune, pur se grondanti di sangue umano.

    R’ uscito in questi giorni “Il suicidio di Israele” (editori Laterza), un’ampia e incisiva riflessione della storica ebrea Anna Foa sull’odierna politica israeliana. Una novantina di pagine, in cui la settantanovenne autrice figlia di Vittorio Foa (giornalista, scrittore e politico legato a ‘Giustizia e Libertà, poi al Partito d’Azione, imprigionato dal fascismo e successivamente passato al Psi), presenta le tappe più significative - tra luci e ombre - della storia del sionismo. Parlando poi dell’identità ebraica (si noti che l’autrice, figlia di padre ebreo ‘laico’, si è ‘convertita’ formalmente all’ebraismo dopo i quarant’anni, accompagnata in tale percorso dal Rabbino-capo di Roma Elio Toaff) e dei tentativi altalenanti di pace con il mondo palestinese. L’ultimo capitolo è dedicato all’odierna politica israeliana, da cui abbiamo tratto quasi tutte le considerazioni che seguono, condividendole con i nostri lettori. Ricordiamo che di Anna Foa Rossoporpora.org ha pubblicato tra l’altro un’intervista su “Ebrei e cattolici a Roma nell’Ottocento… e anche dopo”: vedi https://www.rossoporpora.org/rubriche/interviste-a-personalita/459-anna-foa-ebrei-e-cattolici-a-roma-nell-ottocento-e-anche-dopo.html

    . Dalla Premessa (del 28 agosto 2024 – mancano dunque gli sviluppi libanesi del conflitto): Queste pagine contengono le riflessioni di un’ebrea della diaspora di fronte a quanto sta succedendo in Israele e in Palestina. Esse nascono dal dolore per l’eccidio del 7 ottobre e per quello per i morti e le distruzioni della guerra di Gaza. E’ lo stesso dolore per gli uni e per gli altri. E ancora, nascono dalla preoccupazione per il crescente antisemitismo che si estende nel mondo.

    . Dal capitolo IV “Il suicidio di Israele”

    . Quello che succede oggi in Medio Oriente è per Israele un vero e proprio suicidio. Un suicidio guidato dal suo governo, contro cui – è vero – molti israeliani lottano con tutte le loro forze, senza tuttavia riuscire finora a fermarlo. E senza nessun aiuto, o quasi, da parte degli ebrei della diaspora.  

    . Come possiamo oggi limitarci a condannare l’antisemitismo che cresce, estendendo il termine ‘antisemitismo’ ad ogni condanna della guerra di Gaza? Paragonare il clima di oggi a quello che in Italia accompagnò le leggi razziali del 1938, come è stato fatto, mi sembra una vera e propria forzatura, che fa eco alle affermazioni con cui Netanyahu accusa ogni opposizione alla sua politica di essere antisemita, all’interno come all’esterno. Che fare, ad esempio, quando gli studenti, anche adottando parole d’ordine che in qualche caso possiamo definire antisemite, si battono contro dei veri e propri massacri? Limitarci a denunciarli come antisemiti? Non riesco a non riconoscere in molte di queste loro parole d’ordine, sia pur confuse e inadeguate, l’insegnamento che ha fatto parte del nostro percorso memoriale, che la Shoah debba essere un insegnamento e un monito per tutti i genocidi, che questo non debba succedere più a nessuno, non ai soli ebrei.

    . Percorrere la via stretta tra il governo di Netanyahu e Hamas è difficile, soprattutto nel mondo ebraico abituato da sempre a denunciare ogni crescita dell’antisemitismo e ormai convinto che si debba far tutt’uno di antisemitismo e antisionismo. Intanto Israele è sempre più isolata, il mondo intero condanna la distruzione di Gaza e l’uccisione dei suoi rifugiati. I più stretti alleati di Israele si distanziano dalla sua politica. L’uso cinico e spregiudicato che Netanyahu fa della Shoah ha messo a rischio anche quello su cui tanto si era costruito, per cui i testimoni dei campi hanno parlato nelle scuole con tutto il loro dolore, sul cui insegnamento, “mai più a nessuno”, volevamo costruire il nostro futuro. Come possiamo celebrare la memoria della Shoah oggi, senza parlare del 7 ottobre e di Gaza?  

    . La violenza del 7 ottobre può anche essere apparsa come il desiderio di uccidere gli ebrei, tutti gli ebrei, anche chi ebreo non era ma viveva in mezzo agli ebrei, ma è stato il frutto di una scelta deliberata, e terroristica, di uccidere i civili, ebrei o meno che fossero, e di esporre alla morte gli abitanti di Gaza per una battaglia che Hamas vuole fare apparire come una lotta di liberazione. Ma i morti di Gaza sono opera di uno Stato che si proclama a gran voce democratico, l’unica democrazia del Medio Oriente, ma che non esita a colpire vecchi e bambini per uccidere un solo capo di Hamas. Un capo che sarà sostituito da un altro capo dopo pochi giorni.

    . E gli ebrei del mondo, di quella diaspora che si riempie la bocca e la mente di etica ebraica e di pensiero ebraico, come possono accettarlo senza reagire? Come possono parlare solo dell’antisemitismo senza guardare a ciò che in questo momento lo fa divampare, la guerra di Gaza? L’unico modo in cui possono farlo è se davvero credono che tutti gli arabi, che tutti i palestinesi, siano terroristi pronti a sgozzarli. Non voglio pensare che sia così, preferisco vedere in questo il volto terribile della vendetta.

     

    PECCATI E PENITENZA: UNA VEGLIA PENITENZIALE PRE-SINODO

    Dalla comunicazione della Segreteria generale del Sinodo, 16 settembre 2024

    Basilica di San Pietro – 1° ottobre 2024 ore 18

    Alla fine del ritiro spirituale (30 settembre-1ottobre) di tutti i partecipanti alla XVI Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, la Liturgia penitenziale vuole disporre i lavori sinodali verso l’inizio di un nuovo modo di essere Chiesa.

    Nella Basilica di San Pietro, la celebrazione penitenziale, presieduta da Papa Francesco, prevede un tempo di ascolto di tre testimonianze di persone che hanno subito il peccato: il peccato degli abusi; il peccato della guerra; il peccato dell’indifferenza di fronte al dramma presente nel fenomeno crescente di tutte le migrazioni. Successivamente, si procederà con la confessione di alcuni peccati. Non si tratta di denunciare il peccato degli altri, ma di riconoscersi parte di chi per omissione o azione diventa causa di sofferenza, responsabile del male patito da innocenti e indifesi. Chi esprimerà la richiesta di perdono lo farà a nome di tutti i battezzati. In particolare, si confesserà il:

    • peccato contro la pace • peccato contro il creato, contro le popolazioni indigene, contro i migranti, • peccato degli abusi • peccato contro le donne, la famiglia, i giovani • peccato della dottrina usata come pietre da scagliare contro • peccato contro la povertà • peccato contro la sinodalità / mancanza dell’ascolto, comunione e partecipazione di tutti.

    Veglia penitenziale del primo ottobre 2024. Dalla riflessione del Papa  

    Cari fratelli e sorelle,

    come ci ricorda il Siracide, “la preghiera del povero attraversa le nubi” (35,21).

    Noi siamo qui mendicanti della misericordia del Padre, chiedendo perdono.

    La Chiesa è sempre Chiesa dei poveri in spirito e dei peccatori in ricerca di perdono, e non solo la Chiesa dei giusti e dei santi, anzi dei giusti e dei santi che si riconoscono poveri e peccatori.

    Ho voluto scrivere le richieste di perdono che sono state lette da alcuni cardinali, perché era necessario chiamare per nome e cognome i nostri principali peccati. E noi li nascondiamo o li diciamo con parole troppo educate.

     

    I testi delle richieste di perdono letti dai cardinali Gracias, Czerny, O’Malley, Farrell, López Romero, Fernández, Schönborn durante la Veglia penitenziale prima della riflessione papale

    Cardinale Oswald Gracias, Arcivescovo di Bombay (India)

    Chiedo perdono a Dio Padre, provando vergogna per il peccato di mancanza di coraggio, del coraggio necessario alla ricerca di pace tra i popoli e le nazioni, nel riconoscimento dell’infinita dignità di ogni vita umana in tutte le sue fasi, dallo stato nascente alla vecchiaia, soprattutto i bambini, gli ammalati, i poveri, del diritto di avere un lavoro, una terra, una casa, una famiglia, una comunità in cui vivere libero, del valore che è il paesaggio e la cultura di ogni zona del pianeta. Per fare la pace ci vuole coraggio: per dire sì all’incontro e no allo scontro; sì al rispetto dei patti e no alle provocazioni; sì alla sincerità e no alla doppiezza. A nome di noi tutti i fedeli chiedo perdono a chi sta nascendo oggi e nascerà dopo di noi, alle generazioni del futuro che ci danno in prestito questo mondo e che hanno il diritto di abitarlo, un giorno, nella concordia e nella pace. Ancora più grave è il nostro peccato, se per giustificare la guerra e le discriminazioni, invochiamo il nome di Dio. Perdonaci Signore.

    Cardinale Michael Czerny, S.I., prefetto del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale

    Chiedo perdono, provando vergogna per quello che anche noi fedeli abbiamo fatto per trasformare il creato da giardino a deserto, manipolandolo a nostro piacimento; e per quanto non abbiamo fatto per impedirlo. Chiedo perdono, provando vergogna, per quando non abbiamo riconosciuto il diritto e la dignità di ogni persona umana, discriminandola e sfruttandola – penso in particolar modo alle popolazioni indigene – e per quando siamo stati complici di sistemi che hanno favorito la schiavitù e il colonialismo. Chiedo perdono, provando vergogna, per quando abbiamo preso e prendiamo parte alla globalizzazione dell’indifferenza di fronte alle tragedie che trasformano per tanti migranti le rotte del mare e i confini tra nazioni da via di speranza a via di morte. Il valore della persona è sempre superiore a quella del confine. Sento in questo momento la voce di Dio che chiede a tutti noi «Dov’è tuo fratello; dov’è tua sorella?». Perdonaci Signore.

    Cardinale Seán Patrick O'Malley, O.F.M. Cap., arcivescovo metropolita emerito di Boston (Stati Uniti d’America)

    Chiedo perdono, provando vergogna, per tutte le volte che noi fedeli siamo stati complici o abbiamo commesso direttamente abusi di coscienza, abusi di potere, e abusi sessuali. Quanta vergogna e dolore provo nel considerare soprattutto gli abusi sessuali compiuti su minori e persone vulnerabili, che hanno rubato l’innocenza e profanato la sacralità di chi è debole e indifeso. Chiedo perdono, provando vergogna, per tutte le volte che abbiamo usato la condizione del ministero ordinato e della vita consacrata per commettere questo terribile peccato, sentendoci al sicuro e protetti mentre approfittavamo diabolicamente dei piccoli e dei poveri. Perdonaci Signore.

    Cardinale Kevin Joseph Farrell, prefetto del Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita

    Chiedo perdono a nome di tutti nella Chiesa, soprattutto noi uomini, provando vergogna per tutte le volte che non abbiamo riconosciuto e difeso la dignità delle donne, per quando le abbiamo rese mute e succubi, e non poche volte sfruttate, specie nella condizione della vita consacrata. Chiedo perdono, provando vergogna per tutte le volte che abbiamo giudicato e condannato prima di prenderci cura delle fragilità e ferite della famiglia. Chiedo perdono, provando vergogna, per tutte le volte che abbiamo rubato la speranza e l’amore alle giovani generazioni, quando non abbiamo compreso la delicatezza dei passaggi di crescita, del travaglio della formazione dell’identità, e non siamo disposti a sacrificarci per il loro diritto di esprimere talenti e professionalità trovando un dignitoso lavoro e ricevendo un giusto salario. Chiedo perdono, provando vergogna per tutte le volte in cui abbiamo preferito vendicarci, anziché impegnarci nella ricerca della giustizia, abbandonando chi sbaglia nelle carceri e ricorrendo all’uso della pena di morte. Perdonaci Signore.

    Cardinale Cristóbal López Romero, S.D.B., arcivescovo di Rabat (Marocco)

    Chiedo perdono a nome di tutti nella Chiesa, provando vergogna per quando abbiamo girato la testa dall’altra parte di fronte al sacramento del povero, preferendo adornare noi stessi e l’altare di colpevoli preziosità che sottraggono il pane all’affamato. Chiedo perdono, provando vergogna per l’inerzia che ci trattiene dall’accogliere la chiamata a essere Chiesa povera dei poveri e che ci fa cedere alla seduzione del potere e alle lusinghe dei primi posti e dei titoli vanagloriosi. Chiedo perdono, provando vergogna, per quando cediamo alla tentazione di nasconderci al centro, protetti dentro i nostri spazi ecclesiali malati di autoreferenzialità, resistendo a uscire, trascurando la missione nelle periferie geografiche ed esistenziali. Perdonaci Signore.

    Cardinale Víctor Manuel Fernández, prefetto del Dicastero per la Dottrina della Fede

    Chiedo perdono provando vergogna per tutte le volte che nella Chiesa, in particolare noi pastori ai quali è affidato il compito confermare i fratelli e le sorelle nella fede, non siamo stati capaci di custodire e proporre il Vangelo come fonte viva di eterna novità, forse “indottrinandolo” e rischiando di ridurlo a un cumulo pietre morte da scagliare contro gli altri. Chiedo perdono, provando vergogna per tutte le volte che abbiamo dato giustificazione dottrinale a trattamenti disumani. Chiedo perdono, provando vergogna per quando non siamo stati testimoni credibili del fatto che la verità libera, per quando abbiamo ostacolato le diverse legittime inculturazioni della verità di Gesù Cristo, il quale percorre sempre i sentieri della storia e della vita per farsi trovare da coloro che vogliono seguirlo con fedeltà e gioia. Chiedo perdono, provando vergogna per le azioni e le omissioni che hanno impedito e ancora rendono difficile la ricomposizione in unità della fede cristiana nella nostra vita, e l’autentica fraternità di tutto il genere umano. Perdonaci Signore.

    Cardinale Christoph Schönborn, O.P., arcivescovo di Vienna (Austria)

    Chiedo perdono, provando vergogna per gli ostacoli che frapponiamo all’edificazione di una Chiesa veramente sinodale, sinfonica, consapevole di essere popolo santo di Dio che cammina insieme riconoscendo la comune dignità battesimale. Chiedo perdono, provando vergogna per tutte le volte che non abbiamo ascoltato lo Spirito Santo, preferendo ascoltare noi stessi, difendendo opinioni e ideologie che feriscono la comunione in Cristo di tutti, attesi alla fine dei tempi dal Padre. Chiedo perdono, provando vergogna per quando abbiamo trasformato l’autorità in potere, soffocando la pluralità, non ascoltando le persone, rendendo difficile la partecipazione alla missione della Chiesa di tanti fratelli e sorelle, dimenticando di essere tutti chiamati nella storia, per la fede in Cristo, a divenire pietre vive dell’unico tempio dello Spirito Santo. Perdonaci Signore.

     

    CARDINALE GERHARD LUDWIG MUELLER: DA UN COMMENTO SU KATH.NET DEL 21 SETTEMBRE 2024 RIGUARDANTE LA VEGLIA PENITENZIALE DEL PRIMO OTTOBRE 2024 (nostra traduzione)

    . In apertura del Sinodo sulla sinodalità, che non è più soltanto un sinodo dei vescovi, ma un’assemblea mista e in ogni caso non rappresentativa dell’intera Chiesa cattolica, si svolgerà una celebrazione con un atto penitenziale, che culminerà nel pentimento per avere commesso nuovi peccati inventati (dagli uomini!). (…)

    . Noi possiamo peccare anche contro il prossimo, se noi – per volontà di Dio – non lo amiamo come noi stessi. Ciò comprende anche uno sfruttamento egoistico dei beni naturali della terra, che Dio pone a disposizione dell’umanità come fondamentali per la vita. Perciò possiamo peccare anche quando utilizziamo materie prime, denaro, dati esclusivamente a nostro vantaggio e a danno degli altri. Qui si può pensare a quegli oligarchi o ‘filantropi’ carichi di miliardi che dapprima e spudoratamente sfruttano le masse popolari, per poi farsi incensare come benefattori grazie a un paio di elemosine. Papa e vescovi non dovrebbero farsi scattare foto (una ricompensa da Giuda) insieme con tale gente. Bisogna evitare ogni impressione di complicità con loro, come del resto l’autoinganno alla Robin Hood, prendere qualcosa ai ricchi per darlo ai poveri.  I rappresentanti della Chiesa di Cristo, che da buon Pastore ha dato la vita per noi, farebbero molto meglio da critici profetici ad avvicinarsi a tale gente come Giovanni Battista, che- rischiando la testa- disse a Erode: “Non ti è permesso…”. (…)

    . Il catalogo con pretesi nuovi peccati contro la dottrina stravolta e intesa come proiettile oppure contro la sinodalità (qualsiasi cosa si intenda con tale termine) si fa leggere come un elenco di postulati dell’ideologia woke e gender cristianamente e malamente camuffate, a parte alcune nefandezze che gridano vendetta in cielo. (…)

    . L’insegnamento della Chiesa non è, come pensano alcuni vescovi anti-intellettuali – che a causa della loro carente formazione teologica volentieri si appellano ai loro talenti pastorali – una teoria accademica sulla fede, ma l’offerta razionale della Parola di Dio come si è manifestata (…)

    . Non c’è nessun peccato contro un modo di sinodalità, che viene utilizzata come strumento di lavaggio del cervello così da discreditare i cosiddetti conservatori come farisei passatisti e camuffati. E anche – con giochi di prestigio – per presentarci come un completamento delle riforme del Vaticano II (che si pretende siano state frenate da Giovanni Paolo II e benedetto XVI) quelle ideologie progressiste che negli Anni Settanta hanno condotto alla crisi della Chiesa in Occidente.  

    . Tutto sommato per i grandi attivisti del cammino sinodale e del sinodalismo degenerato si tratta più di accedere a posti di lavoro più influenti e di premiare con il successo i loro ideologi anticattolici che di rinnovare la fede in Cristo nel cuore degli uomini. Non sono per niente scossi dal fatto che in Paesi un tempo cristiani crollino le istituzioni ecclesiali (seminari vuoti, congregazioni morenti, disgregazione di matrimoni e famiglie, uscite di massa dalla Chiesa – diversi milioni di cattolici in Germania). Essi seguono la loro agenda, che mira alla distruzione dell’antropologia cristiana, testardamente fino a quando l’ultimo non spegnerà la luce e la cassa della Chiesa sarà vuota.

    . Un rinnovamento della Chiesa nello Spirito Santo ci sarà solo se il Papa a nome di tutti i cristiani si riconoscerà in Cristo ad alta voce e gli dirà: “Tu sei il Cristo, Figlio del Dio vivente”.

     

     

    Ricerca