DIALOGO TRA CATTOLICI ED EBREI: PAROLE DI VERITA’ DA DON MORLACCHI - di GIUSEPPE RUSCONI – www.rossoporpora.org – 15 gennaio 2025
Un contributo molto intenso – sincero, crudo, propositivo - di don Filippo Morlacchi da Gerusalemme alla riflessione sui rapporti tra cattolici ed ebrei alla vigilia della 36.ma giornata della Cei di approfondimento e di sviluppo del dialogo reciproco. Il testo è apparso su ‘Coscienza’3/24, organo del Meic. Il 16 gennaio alla Lateranense (ore 17) un convegno con Riccardo Di Segni, Ruth Dureghello e Ambrogio Spreafico.
Abbiamo apprezzato l’indubbio spessore di don Filippo Morlacchi quand’era a Sant’Ippolito a piazza Bologna. Dal 2018 si è trasferito presso il Patriarcato latino di Gerusalemme da sacerdote fidei donum della diocesi di Roma (vedi https://www.rossoporpora.org/rubriche/vaticano/807-parla-don-filippo-morlacchi-da-roma-a-gerusalemme.html ). I nostri lettori lo conoscono, poiché in diverse occasioni abbiamo pubblicato le intense riflessioni di don Morlacchi dalla Città santa, anche per la scorsa Pasqua. Ora, alla vigilia della 36.ma giornata per l’approfondimento e lo sviluppo del dialogo tra cattolici ed ebrei (17 gennaio) proponiamo a chi ci legge alcuni passi delle considerazioni del sacerdote romano – pubblicate da Coscienza 3/2004, organo del movimento ecclesiale di impegno culturale/Meic - sullo stato delle relazioni reciproche. Non certo idilliache oggi, come provano anche le aspre polemiche in corso (vedi https://www.rossoporpora.org/rubriche/vaticano/1217-rapporti-tra-cattolici-ed-ebrei-malumore-ebraico-due-lettere.html ).
La risposta alla domanda contenuta nel titolo (“Ebrei e cristiani. Quale dialogo dopo il 7 ottobre?”) offre all’autore l’occasione di porre alcuni punti fermi utili, in nome della verità dei fatti, a sciogliere il grande ghiaccio che è sceso sui rapporti tra le parti (sarà anche interessante seguire il convegno di giovedì 16 gennaio - di per sè promosso in chiave giubilare - alla Lateranense, con inizio alle 17, con il rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni, l’ex-presidente della comunità ebraica Ruth Dureghello e mons. Ambrogio Spreafico, presidente della commissione competente della Cei)
Interessante l’incipit di don Morlacchi: “Quando mi è stato chiesto di esprimere qualche considerazione sulle condizioni attuali del dialogo ebraico-cristiano ho esitato. Si tratta infatti di un argomento delicatissimo e scivoloso, teso fra due estremi: fingere che tutto vada a gonfie vele o alimentare polemiche controproducenti. Spero di sfuggire alla trappola, evitando sia i ‘pensierini di circostanza’, sia di cedere allo sconforto dinanzi all’attuale, grave impasse”.
Seguono due premesse. La prima: “L’espressione stessa ‘dialogo ebraico-cristiano’ è poco precisa, dal momento che sia l’ebraismo che il cristianesimo si sono altamente diversificati nel corso dei secoli, pur preservando una propria identità sostanziale”. La seconda: “Non si deve dimenticare che il dialogo non si realizza mai astrattamente, tra ‘religioni’ o ‘chiese’, ma solo concretamente tra credenti, o comunque persone esistenzialmente collocate rispetto alle istituzioni religiose di appartenenza o di provenienza”.
Don Morlacchi entra poi in medias res, rievocando momenti fondamentali nei rapporti tra ebraismo e cristianesimo, “strettissimi e conflittuali, come di norma accade tra fratelli”. Rileva l’autore: “L’accusa di deicidio – cioè l’attribuzione agli ebrei di una responsabilità collettiva per la morte di Gesù di Nazareth – ha compromesso per quasi due millenni le reciproche relazioni. La vittoria storica del cristianesimo (…) ha potenziato l’antisemitismo pagano, fornendogli nuove argomentazioni di natura teologica. L’ antigiudaismo cristiano è il pregiudizio – oggi riconosciuto infondato e colpevole anche dalla Chiesa cattolica – secondo cui gli ebrei sarebbero il popolo ‘rifiutato da Dio’ e ‘sostituito dal vero Israele’, cioè la Chiesa stessa. Per molti secoli il popolo ebraico sparso nel mondo ha sofferto pesanti umiliazioni, anche da parte dei cristiani. Esito estremo di questo atteggiamento è stata la tragedia della Shoah, per la quale la Chiesa cattolica ha ammesso la propria parte di responsabilità”.
Ricordate le Dieci tesi del 1947 elaborate sul Seelisberg (Svizzera), “Magna Charta del dialogo ebraico-cristiano e la Costituzione conciliare Nostra Aetate del 1965 – “che ha rivoluzionato l’atteggiamento della Chiesa cattolica nei confronti del popolo ebraico”, don Morlacchi – constatati i progressi registrati nei rapporti reciproci fino a qualche anno fa – annota poi: “Negli ultimi tempi, però, i rapporti tra cattolici ed ebrei hanno attraversato momenti di alta tensione, in Italia e nel mondo. Alcune parole di papa Francesco, considerato assai vicino al mondo ebraico fin dai tempi di Buenos Aires, hanno provocato reazioni sdegnate e risentite da parte di rabbini e altre personalità. L’eccidio del 7 ottobre 2023 sembra aver compromesso profondamente il cammino di riconciliazione. (…) Il dovere evangelico di soccorrere i sofferenti, soprattutto i più deboli – tra cui innegabilmente va annoverata la popolazione di Gaza – è stato interpretato dal mondo ebraico come un mancato sostegno da parte dei cristiani e dei cattolici, se non un nuovo tradimento. Gli animi si sono esacerbati, rendendo impossibile comprendere pacatamente le parole dell’altro e accoglierlo con benevolenza”.
Che fare, confrontati con una tale situazione? Scrive don Morlacchi: “Non ho ricette facili da suggerire. Mi considero sinceramente amico del popolo ebraico, ammiro le profonde ricchezze della spiritualità ebraica, riconosco che la mia fede cristiana è generata dalla fede di Abramo, non ho mutato di una virgola il mio convinto interesse al dialogo teologico e fraterno, non contesto la legittimità dello Stato israeliano.”. Però “non condivido molte politiche di Israele, prima e soprattutto dopo il 7 ottobre 2023. E, dal momento che da più di sei anni vivo a Gerusalemme, non parlo per sentito dire”. Testimonia don Morlacchi: “Alcuni amici ebrei mi hanno tolto il saluto per il semplice fatto che non considero gli israeliani le uniche vittime di questo conflitto, o perché ritengo – in numerosa compagnia peraltro- che l’orrore esecrabile del 7 ottobre non possa legittimarne altri. Le divergenze politiche hanno inquinato il confronto teologico e l’amicizia, rendendoli quasi impossibili”.
A questo punto don Morlacchi, considerato come l’amicizia vera si fondi sulla sincerità, propone alcune tesi che consentano di coltivare un dialogo autentico. Ne citiamo alcune.
. Il 7 ottobre 2023 ha ferito profondamente la fiducia reciproca e le relazioni ebraico-cristiane: dobbiamo evitare però di farne un pretesto per azzerare il cammino compiuto, o per ’alzare la posta’ e colpevolizzare la controparte, accusando indistintamente i cattolici di antisemitismo, o collettivamente gli ebrei per i bombardamenti israeliani su Gaza. Tutti ne saremmo danneggiati.
. I punti fermi fissati da ‘Nostra Aetate’ n. 4, nonché i progressi compiuti nel dialogo tra la Chiesa cattolica e il mondo ebraico dopo il Concilio sono una conquista irreversibile (…)
. L’ebraicità di Gesù non è contestabile: Gesù è ebreo e lo è per sempre. (…)
. Ciò non significa necessariamente che Gesù sia stato solo un rabbi ebreo, o che la sostanza della fede cristiana sia stata elaborata dai discepoli di Gesù e non – almeno in nuce – da Gesù stesso.
. Antigiudaismo, antisemitismo e antisionismo sono tre concetti correlati, ma distinti. L’antisemitismo non è generato esclusivamente dall’antigiudaismo storico: le concrete politiche di Israele possono contribuire a generare sentimenti antisemiti, anche se questi non sono mai giustificati.
. Accusare di antisemitismo i cristiani che apprezzano i valori spirituali dell’ebraismo per il solo fatto che criticano alcune opzioni politiche dello Stato di Israele è manifestamente infondato. L’appoggio incondizionato alle politiche e agli interessi di Israele non può essere un pre-requisito del dialogo ebraico-cristiano.
Con quest’ultima annotazione di don Morlacchi lasciamo chi ci legge alle proprie riflessioni in materia.