PAPA FRANCESCO E IL NATALE 2017 (CON QUALCHE NOTA) – di GIUSEPPE RUSCONI – www.rossoporpora.org – 27 dicembre 2017
Alcuni passi dagli interventi natalizi 2017 di Jorge Mario Bergoglio, tra consensi e perplessità.
Anche quest’anno gli interventi di papa Francesco dalla vigilia di Natale all’udienza generale di questa mattina, mercoledì 27 dicembre 2017, hanno offerto spunti di riflessione, suscitando come di consueto un misto di consensi e di perplessità. Ne riproduciamo alcuni passi che sembrano significativi per l’uno o l’altro verso. Con qualche annotazione.
Angelus di domenica 24 dicembre 2017 (parte dei saluti): “In queste ore che ci separano dal Natale, mi raccomando: trovate qualche momento per fermarvi in silenzio e in preghiera davanti al presepe, per adorare nel cuore il mistero del vero Natale, quello di Gesù, che si avvicina a noi con amore, umiltà e tenerezza. (NdR: è un consiglio indubbiamente da condividere… valido però laddove non ci siano presepi come quello di piazza San Pietro – quasi del tutto ‘terreno’ come abbiamo già notato – o ad esempio quello di don Massimo Biancalani a Vicofaro/Pistoia, in cui protagonista è –poteva essere altrimenti? - un gommone).
Messa di Mezzanotte/1 (omelia): “ Per decreto dell’imperatore, Maria e Giuseppe si videro obbligati a partire. Dovettero lasciare la loro gente, la loro casa, la loro terra e mettersi in cammino per essere censiti. (…) Nei passi di Giuseppe e Maria si nascondono tanti passi. Vediamo le orme di intere famiglie che oggi si vedono obbligate a partire. Vediamo le orme di milioni di persone che non scelgono di andarsene ma che sono obbligate a separarsi dai loro cari, sono espulsi dalla loro terra”. (NdR: Il paragone tra Maria e Giuseppe che raggiunsero Betlemme in virtù delle norme civili relative al censimento e quel che accade oggi per profughi e migranti è una vera e propria forzatura. E' legittimo pensare che tale paragone sia oggettivamente truffaldino, in chiave politica).
Messa di Mezzanotte/2 (omelia): “ Maria e Giuseppe, per i quali non c’era posto, sono i primi ad abbracciare Colui che viene a dare a tutti noi il documento di cittadinanza”. (NdR: che bisogno c’era di parlare del ‘documento di cittadinanza’? Mica sarà una reazione di dispetto per l’affossamento della legge sullo ius soli/ius culturae da parte del Senato italiano? Possibile? Francesco una volta ha detto che non si immischiava nella politica italiana (era il tempo della sciagurata legge sulle unioni civili)… però, poi, per dirla tutta, si è ben ’immischiato’ per stimolare l’approvazione dello ius sol invece affossato… Un fatto che del resto ha fatto saltare come prevedibile la mosca al naso dell’ineffabile direttore del catto-fluido ‘Avvenire’ che, nel commento di prima pagina apparso nell’edizione del 24 dicembre, in preda a delirio stizzoso, ha scritto di “una legge attesa da sedici anni e invocata come urgente dalla società civile (ma ‘quale’ società civile’?), associazionismo cattolico in prima fila (ma ‘quale’ associazionismo cattolico?), da almeno otto”. Ma dove, ma quando? Il seguito è ancora peggio, se possibile: Tarquinio accusa di ‘ignavia’ i senatori, di ‘mancanza di comprensione’, di ‘ostentata mancanza di rispetto per i giovani italiani (altra espressione gravemente truffaldina) con genitori stranieri’. Conclude accusando il Parlamento di ‘fine ingloriosa’ (da notare: non per le leggi contro la famiglia, non per le leggi contro la vita… ma per aver affossato la legge sullo ‘ius soli’/‘ius culturae’). Il titolo del commento è: “Ius culturae, politica in fuga”. Analogo a quelli dei commenti del noto Tommaso Cerno, condirettore di ‘Repubblica’: “La vergogna di un Parlamento che scappa”(23 dicembre) e “La fuga di fronte ai diritti” (27 dicembre). Più chiaro di così…
Messa di mezzanotte(3 (omelia): “ In quella notte, Colui che non aveva un posto per nascere viene annunciato a quelli che non avevano posto alle tavole e nelle vie della città. I pastori sono i primi destinatari di questa Buona Notizia. Per il loro lavoro, erano uomini e donne che dovevano vivere ai margini della società. Le loro condizioni di vita, i luoghi in cui erano obbligati a stare, impedivano loro di osservare tutte le prescrizioni rituali di purificazione religiosa e, perciò, erano considerati impuri. La loro pelle, i loro vestiti, l’odore, il modo di parlare, l’origine li tradiva. Tutto in loro generava diffidenza. Uomini e donne da cui bisognava stare lontani, avere timore; li si considerava pagani tra i credenti, peccatori tra i giusti, stranieri tra i cittadini. A loro – pagani, peccatori e stranieri – l’angelo dice: «Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore» (Lc 2,10-11). (NdR: questa immagine dei pastori di Betlemme può dispiacere a noi occidentali, avvezzi a considerarli un po’ romanticamente. Eppure in questo caso Francesco ha ragione, perché l’immagine restituita corrisponde alla realtà ebraica del tempo, in cui i pastori erano effettivamente mal considerati).
Messaggio ‘Urbi et orbi’ (giorno di Natale): (Vediamo Gesù nei bambini del Medio Oriente, dei bambini siriani, dei bambini dell’Iraq, dei bambini dello Yemen, dei bambini dell’Africa - soprattutto del Sud Sudan, della Somalia, del Burundi, della Repubblica democratica del Congo, della Repubblica Centroafricana, della Nigeria – della Penisola coreana, del Venezuela, dell’Ucraina) “Vediamo Gesù nei bambini i cui genitori non hanno un lavoro e faticano a offrire ai figli un avvenire sicuro e sereno. E in quelli a cui è stata rubata l’infanzia, obbligati a lavorare fin da piccoli o arruolati come soldati da mercenari senza scrupoli”. (NdR: e in quelli cui è stata rubata la vita? E in quelli cui è stata rubata l’infanzia non per motivi di lavoro o di guerra?)
Udienza generale di mercoledì 27 dicembre 2017: “Ai nostri tempi, specialmente in Europa, assistiamo a una specie di “snaturamento” del Natale: in nome di un falso rispetto che non è cristiano, che spesso nasconde la volontà di emarginare la fede, si elimina dalla festa ogni riferimento alla nascita di Gesù. Ma in realtà questo avvenimento è l’unico vero Natale! Senza Gesù non c’è Natale; c'è un'altra festa, ma non il Natale. E se al centro c’è Lui, allora anche tutto il contorno, cioè le luci, i suoni, le varie tradizioni locali, compresi i cibi caratteristici, tutto concorre a creare l’atmosfera della festa, ma con Gesù al centro. Se togliamo Lui, la luce si spegne e tutto diventa finto, apparente”. (NdR: qui quanto dice papa Francesco è del tutto condivisibile. Il problema è che alle parole dovrebbero seguire nella quotidianità comportamenti adeguati e coerenti, che mal si conciliano con i ‘però, tuttavia, ma anche, dialogare a oltranza, rinunciare alle proprie convinzioni – anche quelle fondate sul diritti fondamentali della persona - per non irritare l’altro, rifiutare la contrapposizione pubblica ove giustificata…)