ALDO MARIA VALLI: COME LA CHIESA FINI’ - di GIUSEPPE RUSCONI – www.rossoporpora.org – 30 dicembre 2017
Qualche osservazione sull’ultimo ‘pamphlet’ fantasioso (ma forse non troppo) e assai sbarazzino del vaticanista del TG Uno. Un ‘librino’ pubblicato, come il precedente “266. Jorge Mario Bergoglio Franciscus P.P., da ‘liberilibri’ di Macerata.
Il destino (forse) si chiamerà Solovki, arcipelago del Mar Bianco, a 160 chilometri dal Circolo polare artico, 250 dal confine con la Finlandia, 700 da San Pietroburgo, 1200 da Mosca. Da oltre quarant’anni le isole sono riserva naturale, da oltre venti inserite tra i Patrimoni dell’umanità “quali esempio di insediamento monastico nell’inospitale ambiente dell’Europa settentrionale che illustra ammirevolmente la fede, la tenacità e l’iniziativa delle comunità religiose del tardo Medioevo”.
E però tali isole negli Anni Venti sono state la sede del primo gulag sovietico, tanto da essere ispiratrici del famoso “Arcipelago Gulag” di Alexander Solgenitsin (NdR: negli Anni Settanta ne avevamo distribuito la fotocopia di alcuni capitoli agli studenti della Magistrale di Locarno, nonché ai giovani liberali del Bellinzonese).
Il destino (forse) si chiamerà Solovki, sempre che quelle isole ridivengano simbolo della repressione del dissenso dal regime vigente. Ma destino per chi? Almeno secondo l’ultimo pamphlet – versione fantasy, ma non troppo – di Aldo Maria Valli per quei cristiani coraggiosi come il ‘Cantore Cieco’ che tenteranno di opporsi all’imposizione al mondo (finalmente unificato) del regime del Pensiero Unico instaurato da Coloro che Amano. Un regime cui colpevolmente si è consegnata la Chiesa già cattolica e ora trasformata in Nuova Chiesa Antidogmatica, connotata dal ‘Superdogma del Dialogo’. Alle Solovki potrebbe finire metaforicamente anche lo stesso autore, vaticanista del TG 1 e amico, perché l’ironia pungente non è propriamente amata da chi non tollera facilmente – se non talvolta a parole – un dissenso che riesca a essere anche incisivo.
Certo, dopo il pensoso e brillante ‘266. Jorge Mario Bergoglio Franciscus P.P.’ (pubblicato sempre da “liberilibri” di Macerata e da noi recensito un anno fa), Valli si è lanciato in un’altra avventura – ancora più spericolata - immaginando lucidamente – attraverso la narrazione di un misterioso ‘Cantore cieco’ (un Omero clandestinamente cristiano) - le conseguenze disastrose derivate da quei primi germi di dissoluzione dottrinale e di tabula rasa identitaria prodotti per l’autore dal pontificato di papa Francesco. Un gesuita argentino che, annota il ‘Cantore Cieco’ a molti anni di distanza, “fu così amato dal mondo, così osannato, così stimato, che la Chiesa dell’epoca, sotto il pontificato del successore, papa Francesco II, stabilì che da allora in avanti tutti i pontefici sarebbero stati scelti tra cardinali sudamericani e tutti si sarebbero chiamati Francesco”. Una decisione solennizzata con una bolla papale, la Pontificis nomine, che (osserva con ironia feroce il ‘Cantore Cieco’) “onde tener conto della necessaria sinodalità e della parresia, fu sottoscritta senza previa discussione, per acclamazione, dall’intero collegio cardinalizio”. Lo Spirito Santo insomma fu commissariato.
Per chi segue un po’ da vicino e con occhio non turiferario le vicende della Chiesa sotto il pontificato di Francesco, il cupio dissolvi – un passo dopo l’altro -di Nostra Santa Romana Chiesa come immaginato dalla fantasia di Valli appare un’eventualità da tenere purtroppo in qualche considerazione. C’è chi rileva che l’autore è troppo pessimista, altri lo considerano una sorta di intellettuale barocco un po’ snob per il quale “è del poeta il fin la meraviglia”, altri ancora lo vedono immerso in una grave crisi di identità… per noi invece le inquietudini di Valli – frutto di una grande sofferenza cattolica esistenziale perché l’autore ama appassionatamente la Chiesa – sono sincere e il collega non riesce più a trattenerle nell’intimo, dando loro perciò concretezza scritta con uno stile misto di levità apparente e incisività sostanziale.
Un capitolo di “Come la Chiesa finì” (ma è più un ‘sembrare’ che una realtà, considerato come bastino poche fiammelle accese perché la Chiesa continui a vivere) elenca anche le voci più importanti del “Vocabolario della Chiesa Accogliente”, edito da “La Civiltà cordiale” ai tempi di Francesco VII. Quale ‘stuzzichino’ per chi deciderà di leggere il libro ne citiamo cinque, sicuramente non ‘innocenti’ se pensiamo alla nostra contemporaneità.
La prima è accoglienza: “Tutti e sempre. Verbo altamente consigliato. Strategico per farsi accettare nel mondo laicista e ottenere facoltà di parola. Se una persona accoglie, è un cattolico aggiornato. Usare sempre in senso generico, mai specificare che cosa voglia dire precisamente. Utile al pari di accompagnare”.
La seconda è apertura: “Parola cruciale per il cattolico aggiornato. Consigliabile introdurla dappertutto. Aprire le porte fa sempre bene. Idem per le finestre. Specie per stroncare con misericordia la chiusura dei farisei. L’apertura è necessaria nel processo di discernimento (…).
La terza è popolo: “Ha sempre ragione, è praticamente santo. Parola da utilizzare a profusione. Il popolo non può sbagliare. Può solo essere oppresso e sfruttato. I movimenti che lo rappresentano vanno accolti a braccia aperti ed elogiati. I capipopolo sono simpatici. Se sostengono idee assurde e dicono banalità, non si deve farci caso. Ancora meno se si comportano da tiranni. Sottolineare invece la bellezza dei loro abiti colorati”.
La quarta è registratore: “Come affermò autorevolmente il generale dei gesuiti nel 2017 (NdR: vedi in www.rossoporpora.org la nostra “Intervista a padre Sosa. Parole di Gesù? Da contestualizzare”, 17 febbraio 2017) ai tempi di Gesù non c’era. Quindi non possiamo essere sicuri di ciò che ha veramente detto Nostro Signore. Quindi la guida non è il Vangelo, ma il discernimento”.
La quinta è segni (dei tempi): “Interpretarli, nel cammino di discernimento. Ma l’espressione migliore è ‘assumerli responsabilmente’. Obiettivo: scardinare la dottrina e aprire le porte alla morale della situazione”.
Nel ‘pamphlet’ fantasioso ma non troppo di Valli il lettore troverà molto altro. C’è chi si sentirà in qualche modo confortato nelle proprie inquietudini, chi riuscirà perfino a sorridere (amaro), chi non si troverà d’accordo nel prefigurare un inarrestabile declino della Chiesa. Anche chi si arrabbierà sinceramente o istituzionalmente (per difendere la Casa e con la Casa se stesso). In ogni caso “Come la Chiesa finì” costringerà tutti i lettori a porsi almeno qualche domanda: anche i più granitici, curvaioli, turiferari non potranno evitarlo (sempre che lo vogliano leggere, pur clandestinamente). E sarebbe già un bel successo per l’autore, che così potrebbe essere trasferito alle Solovki, ma con un morale alto.
P.S. A chi ci legge auguri per un 2018 ricco di soddisfazioni, prosperità, salute e piena consapevolezza di combattere la ‘buona battaglia’.