CIVILTA’ CATTOLICA: CONTANTE FAVORISCE CRIMINE? SUPERSTIZIONE! – di GIUSEPPE RUSCONI – www.rossoporpora.org – 21 gennaio 2022
Un’analisi molto interessante sui pericoli di un’abolizione del contante. La pubblica, a firma di padre Etienne Perrot, la rivista dei gesuiti di Civiltà cattolica nel numero 4118, uscito il 15 gennaio 2022.
E quest’oggi ci troviamo a dir bene de La Civiltà Cattolica. Non è così scontato, visto che la rivista gesuitica ospita non raramente analisi e stimoli assai controversi, almeno per quanto riguarda temi d’attualità politica italiana, immigrazione, vita e famiglia. In altri campi, come quello storico o attinente alla recensione di libri, giù tanto di cappello, a riconoscimento dello spessore culturale delle riflessioni pubblicate. Del resto tra i gesuiti si trova tutto e il contrario di tutto… e c’è anche chi apprezza – in Italia e all’estero – www.rossoporpora.org ….
L’ultimo numero, il 4118 (uscito il 15 gennaio), ospita dunque non solo le discutibili considerazioni di padre Carlo Casalone riguardo alla proposta di legge sul ‘suicidio assistito’ (in sintesi: scegliere il male minore, dunque accettare la proposta, solo un po’ corretta), ma tra l’altro (pagg. 157-166) anche un saggio molto accurato dal titolo “I pericoli antropologici e politici di una società senza contanti”. L’argomento è certo di stringente attualità e tocca non solo in Europa fasce molto consistenti di popolazione. L’autore è il gesuita francese settantasettenne Etienne Perrot, teologo, economista, professore invitato presso l’Università cattolica di Friburgo (etica degli affari).
Già nel titolo si espone con chiarezza la tesi dell’autore, che non è certo il solo a pensarla in tal modo, sebbene il politicamente corretto che ci ammorba e che tende a limitare le nostre libertà fondamentali spinga con la poderosa potenza di fuoco finanziaria e mediatica di cui è provvisto in direzione opposta.
Va assaporato l’incipit , che tratteggia sapientemente e senza ridondanze la situazione cui oggi siamo confrontati:
“Nel capitalismo moderno, la triplice esigenza contraddittoria di razionalità, performance e sicurezza favorisce una tendenza apparentemente irresistibile. Questa corrente conduce il sistema verso la scomparsa del denaro contante. Si tratta di eliminare banconote e moneta di piccolo taglio in metallo (detta ‘moneta divisionale’), che gonfiano i portafogli e appesantiscono le tasche. Nella logica capitalista, che promuove la performance del sistema di pagamento come per tutto il resto, questi mezzi materiali pesanti e costosi per gli istituti bancari lasciano in gran parte il posto agli strumenti digitali: carte di credito, carte di pagamento, internet o applicazioni informatiche integrate nei telefoni cellulari. I fautori di un’economia razionale, produttivista e sicura vogliono incoraggiare questa dematerializzazione, al punto da desiderare una società senza contanti. Essi sono sostenuti da alti funzionari, sia internazionali sia nazionali. Christine Lagarde, ex direttrice del Fondo monetario internazionale (Fmi) e attuale presidente della Banca centrale europea (Bce), Michel Sapin, commissario europeo, e William White dell’Ocse, per non parlare degli aficionados del Forum di Davos, vedono negli scambi senza contanti il futuro delle economie di mercato. In un rapporto del Comité Action Publique 2022 (Cap 2022) tecnocrati, dirigenti d’azienda, economisti e alti funzionari hanno già manifestato da diversi anni la loro volontà di andare verso una società zero cash. In breve, questi tecnocrati sostengono che eliminare gradualmente la circolazione del contante semplificherà i pagamenti. Affermano che la società senza contanti corrisponderebbe allo ‘stile di vita già raccomandato da tutti’ e permetterebbe una lotta più efficace contro le frodi e la criminalità organizzata”.
LE OSSERVAZIONI DI PADRE PERROT
Quali criticità rileva padre Perrot in tale tesi? Di seguito sintetizziamo le prime.
I finanzieri e funzionari di cui sopra “confondono l’ideale tecnocratico con il bene comune di tutti”. Evidenzia Perrot che più di quattro europei su cinque utilizzano ancora il contante nei piccoli negozi e sono inquieti per le conseguenze della sua scomparsa. Nota l’autore che la stessa inquietudine è provata significativamente anche da tre quarti delle persone che del contante si servono il meno possibile.
A testimoniare la persistenza di visioni diverse sull’argomento, il gesuita francese cita l’abbandono nell’autunno del 2021 della banconota da 500 euro proprio mentre la Svizzera ne stampava una da mille franchi (circa 930 euro). Ci sono Stati in cui la circolazione del contante è stata molto limitata, come l’Italia. Ricordiamo a tale proposito il tetto a 999 euro fissato nel pagamento in contanti già nel 2011 dal governo Monti, poi rialzato da Renzi nel 2016 a 2999, infine riabbassato alla cifra attuale su decisione del governo rosso-giallo Conte II. E ci sono altri Stati, come rileva Perrot (ad esempio Svizzera, Germania, Hong Kong, Singapore) in cui il contante “circola liberamente”. Perché tali visioni diverse? Osserva l’autore che “le varie forme monetarie riflettono le diverse sensibilità della società”. E’ evidente che “il capitalismo liberale, nella sua logica di un rendimento sempre più rapido degli investimenti, ha privilegiato le forme che circolano più rapidamente”, ciò che rende “tecnicamente obsolete le forme più datate come la moneta divisionale (moneta spicciola) e la moneta fiduciaria (banconote)”. “Tecnicamente obsolete”, ma non “socialmente inutili “, precisa qui Perrot.
IL PARADOSSO DELLA PANDEMIA
Il gesuita francese constata poi l’emergere di un “paradosso rivelato dalla pandemia”. Infatti per un verso “il timore della trasmissione del virus attraverso il contatto con la cartamoneta e le monete metalliche ha rafforzato i pagamenti elettronici (o senza contatto) nei negozi e ai distributori automatici”. E fin qui nulla di sorprendente. Tuttavia per l’altro verso “la pandemia non ha neutralizzato l’interesse per il denaro contante”. Come dimostra il fatto che nel 2020 la Banca centrale europea (Bce) ha emesso 141 miliardi di euro di nuove banconote, ovvero l’11% in più rispetto al 2019. La spiegazione la dà la stessa Bce, confermando “l’attaccamento alle riserve di contanti in tempi difficili”.
IL CONTANTE FAVORISCE LA CRIMINALITA’?
Ci viene continuamente ripetuto che, a differenza della moneta elettronica, il contante agevola l’evasione e la criminalità. Una tesi questa su cui padre Perrot ha un’opinione ben precisa: “Credere che un mezzo di pagamento dematerializzato ostacoli i truffatori e i criminali è una superstizione falsamente ingenua. Sì, superstizione, come dimostrano le più grandi appropriazioni indebite degli ultimi dieci anni che sono sfuggite alle reti dei ‘gabellieri’ (esattori delle tasse e guardie doganali) senza dover portare valigie di banconote”. E poi, per quanto riguarda l’ordine pubblico, sono forse più sicuri i Paesi (“in particolare Italia e Francia”) in cui si limita il contante rispetto a quelli in cui la sua circolazione è libera?
L’INTERESSE DELLE BANCHE COMMERCIALI E DEGLI STATI
E’ evidente l’interesse delle “banche commerciali” per una società senza contanti. Infatti “oltre alla conoscenza più precisa – anzi, quasi esaustiva – delle abitudini di consumo e di trasferimento di denaro dei clienti, la scomparsa del contante promette loro una maggiore flessibilità commerciale e di strategia di marketing”. Ed è altrettanto evidente l’interesse dello Stato a una società senza contanti, perché “rafforza la politica fiscale pubblica”. Non stupisce che in Europa la Bce, le banche commerciali, i governi prendano come esempio la Svezia, un Paese in cui il contante si utilizza ormai solo nel 2% delle transazioni. Tuttavia proprio da Stoccolma arriva un monito: “Dall’inizio del 2020 un regolamento svedese obbliga le banche ad assicurare la distribuzione del contante”. Per quale motivo? Spiega bene padre Perrot: “Di fronte alla razionalità puramente economica che i sostenitori dell’abbandono del contante vorrebbero imporre, l’esigenza del bene comune sposa la causa di ogni membro della società, e non semplicemente quella di una maggioranza definita dalle statistiche, anche se più giovane, più istruita, residente in un ambiente urbano e abile nell’uso dei metodi di pagamento elettronico”. Non si può sottacere che “la mancanza di denaro contante accentua la precarietà delle persone che vivono ai margini della società”.
IL CONTANTE COME FATTORE DI COESIONE SOCIALE
Ma c’è di più. Lasciamo ancora la parola a padre Perrot: “Nella primavera del 2020 un senatore ha rivolto una domanda al governo sulla mancanza di bancomat in alcune zone rurali della Francia. Non si trattava semplicemente di compiacere i mercanti di bestiame che, non fidandosi del fisco, pagano in contanti mucche e cavalli. Tutti gli studi sulle dimensioni antropologiche e politiche del contante convergono su questa sintesi stilata dal direttore della Monnaie de Paris: ‘La moneta fiduciaria (banconote di carta, più monete di metallo) è percepita non soltanto come pratica e facile da usare, ma anche come un vettore di coesione sociale’. Al di là del suo uso quotidiano, il denaro continua a svolgere un ruolo nella nostra società, per la trasmissione intergenerazionale, l’educazione e la solidarietà”.
IL RISCHIO DI PERDERE IL CONTROLLO DELLE SPESE
Un’altra ragione antropologica emerge dalla constatazione che non pochi consumatori perdono il controllo delle loro spese se pagate con moneta elettronica. Padre Perrot cita qui un’espressione francofona: “Bisogna ‘toccare con mano’ i soldi per dare al pagamento il suo giusto peso”. Ricordiamo da parte nostra quanto successo a tale proposito in Finlandia, altro Paese in cui è molto diffusa la moneta elettronica: secondo un’indagine della Banca nazionale (pubblicizzata nel febbraio 2020) ogni famiglia finlandese in media sarebbe indebitata del 127% rispetto al rispettivo reddito. Le ragioni? Jenni Hellstrom, direttore della comunicazione della Banca citata, ha rilevato che all’indebitamento hanno contribuito fondamentalmente la digitalizzazione dei pagamenti e il minore utilizzo di denaro contante: “L’intero processo di pagamento è diventato letteralmente invisibile (…) Quello che vediamo è che, soprattutto tra i giovani, ma anche in altre fasce della popolazione, a volte capita che il conto di quanto effettivamente speso non venga considerato”. In altre parole: non avendo in mano i contanti, la percezione di quanto effettivamente si spende si affievolisce. Con gravi danni per le famiglie. Il governo finlandese ha cercato di correre ai ripari promuovendo un’insistente campagna per un’educazione finanziaria adeguata della popolazione.
E LA PRIVACY ? E GLI ERRORI MATERIALI NEL DIGITARE?
Torniamo all’articolo di padre Perrot, che evidenzia altre gravi preoccupazioni di chi si oppone all’abbandono del contante. Ad esempio il timore di perdere la propria privacy oppure quello di fare errori nel digitare i codici richiesti (“Quando, con l’avanzare dell’età, all’utente tremano le mani e preme goffamente i tasti del computer o del telefono cellulare”).
Rileva ancora a ragione l’autore: “Gli attivisti che lavorano per l’abolizione del contante non sembrano tanto motivati dalla modernizzazione del sistema di pagamento quanto dallo sfruttamento personale, commerciale o statale di dati privati: sfruttamento operato da tecnocrati che non hanno alcun riguardo per la vita privata o per la volontà dei consumatori, dei deboli e degli esclusi, e ancor meno per chi non sa usare i dispositivi digitali”.
LA CINA VERSO L’ABOLIZIONE DEL CONTANTE, LA DIPENDENZA DELL’INDIVIDUO DAL REGIME CENTRALIZZATO; I RISCHI ANCHE IN CERTE DEMOCRAZIE
Padre Perrot accenna poi al “pericolo politico di una società senza contanti”, rimandando al caso della Cina, “tecnicamente il Paese più avanzato in questa transizione verso una società senza contanti”. L’autore annota che la Cina non è certo un modello di democrazia: “Coloro che ancora ricordano i mali dei regimi totalitari sono giustamente sospettosi di una società senza contanti, che lascia l’individuo del tutto dipendente finanziariamente da un regime centralizzato”. Non solo: anche certe democrazie soffrono di tentazioni totalitarie come quella “del prelievo arbitrario sulla liquidità dei correntisti” (e qui ci torna alla mente la rapina notturna del luglio 1992 operata dal governo di Giuliano Amato – sì, proprio lui che, come si nota in questi giorni, è sempre a disposizione per nuovi ‘servizi’ alla Repubblica…). Una pratica, quello dello scippo sulle liquidità bancarie dei cittadini, che Perrrot così definisce: “Questa pratica è un’imposta ingiusta e discutibile, perché la porzione dei patrimoni tenuti nei conti correnti è tanto maggiore quanto minore è la ricchezza, e quindi grava di più sui redditi bassi. Essa è, inoltre, un’imposta non democratica, perché, come l’inflazione, l’addebito diretto sui conti correnti dei cittadini agisce subdolamente, al di fuori di ogni controllo parlamentare, non sulla ricchezza reale, ma solo sulla forma più esposta dei beni di ciascuno”.
Conclusione di padre Perrot: tutto considerato (costi economici, problemi antropologici e sociali) e tenuto conto della situazione esistente, in cui le banconote e la moneta divisionale circolano in concorrenza con i mezzi di pagamento elettronici, tale situazione “rimane il sistema che attualmente presenta il miglior compromesso economico e politico”. In altre parole: niente abolizione del contante, ma sua circolazione insieme con la moneta elettronica.