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    ORBAN VINCE ALLA GRANDE, CONSOLATE AVVENIRE CON UNA PALINKA

    ORBAN VINCE ALLA GRANDE, CONSOLATE AVVENIRE CON UNA PALINKA - di GIUSEPPE RUSCONI – www.rossoporpora.org – 6 aprile 2022

     

    Alcune considerazioni sul voto in Ungheria. Smentendo diversi sondaggi Orbán mantiene, rafforzandola, la maggioranza dei due terzi dei seggi. Il referendum consultivo sulla legge per la protezione dei minori sotto il quorum del 50% degli elettori, ma la legge non va in soffitta: resta in vigore, perdipiù rafforzata dal sì di quasi i due terzi di chi si è recato alle urne. Per evitare l’ibernazione dell’inviato di ‘Avvenire’ offritegli una confezione di grappa ungherese Pálinka da 70 gradi.

    In queste ore giungono dall’Ucraina immagini raccapriccianti di guerra. Se la versione ufficiale ucraina desta qualche dubbio legittimo che sarebbe necessario chiarire in sede internazionale (ad esempio sulla tempistica del ritrovamento dei corpi, ma non solo), resta il fatto atroce del barbaro assassinio di centinaia di persone. In Europa non eravamo più abituati a tali orrori, avendo quasi totalmente dimenticato quanto accadde in Bosnia negli Anni Novanta. Nel resto del mondo ogni giorno la guerra (le tante guerre in corso) continua a palesare la sua connaturale disumanità…. ma non riesce a scuoterci più di quel tanto. La guerra in Ucraina invece la sentiamo vicina, ne viviamo quotidianamente ed emotivamente gli sviluppi bombardati come siamo da ogni sorta di informazioni in cui non raramente la propaganda prevale sulla narrazione dei fatti; in essa anche l’Italia è coinvolta come fornitrice di armi a una parte belligerante (violando l’articolo 11 della Costituzione) e anche il popolo italiano rischia di pagare le conseguenze di certe scelte imposte dagli Stati Uniti attraverso la Nato e l’Unione europea.

    Solo il Papa continua a levare alta la sua voce contro un agire che è frutto di una logica cinica: quella della guerra che semina morte, distruzione e disperazione tra i popoli, ma fa contenti i fabbricanti di armi- svuotando gli arsenali in attesa del prossimo riarmo - e i loro complici politici. L’ultimo penoso esempio di tale oggettiva complicità è il parere favorevole (pudicamente definito “non ostativo”) espresso ieri, 5 aprile 2022, dalla Commissione Finanze del Senato italiano al decreto legge governativo che toglie l’Iva e le accise nella vendita di armi a Paesi dell’Ue.

     

    UNGHERIA: PARTECIPAZIONE ALTA, VITTORIA DI ORBAN INATTESA NELLE DIMENSIONI

    Intanto però non possiamo ignorare quanto è successo domenica 3 aprile 2022 in Ungheria. Lì si è votato per le elezioni politiche e per l’occasione anche su quattro quesiti referendari riguardanti la legge sulla protezione dei minori (chiamata legge anti-propaganda lgbt nelle scuole).

    La partecipazione è risultata alta: di poco inferiore al 70% (in lieve calo rispetto al 2018, in lieve crescita se guardiamo al 2014). Dunque i risultati emersi dalle urne sono legittimati ulteriormente da un afflusso massiccio ai seggi.

    Incominciamo dalle elezioni politiche, in cui si fronteggiavano il cinquantottenne Viktor Orbán con il suo partito di maggioranza Fidesz (con alleato il piccolo partito popolare cristiano democratico Kdnp) e una coalizione di sei partiti dagli ex-comunisti all’estrema destra di Jobbik, guidata da Peter Márki-Zay, un quarantanovenne cattolico moderato padre di sette figli, già elettore di Fidesz e successivamente dal 2018 sindaco indipendente della sua città di Hódmezövásárhely (circa 40mila abitanti). La coalizione, sotto il nome di “Uniti per l’Ungheria”, raccoglieva dunque in funzione anti-Orbán una vera armata Brancaleone, con una presenza consistente di Jobbik, di cui – considerata la circostanza - il Pensiero Unico Mediatico/PUM aveva diligentemente sbianchettato le persistenti venature antisemite (si sa che il PUM non si fa scrupolo di servirsi anche di antisemiti e di neonazisti se conviene alla Causa politicamente corretta). Si deve anche notare come non pochi sondaggi demoscopici, pure gli ultimi, attribuissero a “Uniti per l’Ungheria” attorno al 45% dei voti: e nel PUM grande era l’eccitazione per una possibile vittoria storica contro l’uomo nero chiamato Viktor.  

    Per quanto ci riguarda ci sembrava ragionevole pensare a una nuova vittoria dello stesso Orbán, considerata anche la situazione internazionale. In tempi di incertezza esistenziale, con – per l’Ungheria – la guerra ai confini, ci pareva logico che l’elettorato premiasse la stabilità politica ed economica (in nome della quale si è configurato l’atteggiamento ponderato del governo ungherese sulla questione ucraina). Non solo: che premiasse anche la valorizzazione della famiglia (concretizzata pure fiscalmente) - promossa intelligentemente e con decisione dall’odierno presidente della Repubblica Katalin Novák – il contenimento dei prezzi, gli interventi a favore delle pensioni. Sembrava dunque naturale che la maggioranza dell’elettorato rifiutasse di imboccare il sentiero impervio e rischioso dell’avventura prospettata da una coalizione di sei partiti diversissimi tra loro. E rappresentata da un candidato, l’economista Péter Márki-Zay, considerato un cattolico conservatore (e padre di sette figli), che nella campagna elettorale è apparso ideologicamente ondivago, pronto ad approvare tutto e il contrario di tutto pur di non scontentare nessuna anima del suo esercito raffazzonato, unito solo dal collante anti-Orbán . Il quale, nell’attuale difficile momento internazionale, ha avuto buon gioco nel presentarsi come garante della pace per l’Ungheria (ha condannato l’invasione russa, ha sostenuto le sanzioni europee, ma non ha acconsentito all’invio di armi in Ucraina dal territorio ungherese e ha mantenuto i rapporti personali fecondi con Putin), al contrario di chi invece annunciava di volersi conformare in tutto e per tutto ai diktat dell’Unione europea e della Nato.  

    Come è andata?  Non come sognava il PUM, che in questi giorni ha levato alti i suoi soliti piagnistei vittimistici – basta, per restare all’Italia, consultare giornaloni e telegiornaloni, pullulanti di ‘esperti’ d’occasione - conditi di insulti al ‘popolo bue’, che si sarebbe fatto abbindolare da Viktor Orbán.

    I seggi a disposizione nell’Assemblea nazionale (Parlamento unicamerale) erano 199, di cui 106 assegnati in collegi uninominali maggioritari e 93 attribuiti in base a un sistema proporzionale (soglia di sbarramento al 5%).

    Alle urne si è recato quasi il 70% degli elettori, pari a circa 5.200.000 persone. Fidesz con il Kdnp ha ottenuto il 53,3% dei voti, circa 2.760.000  (135 seggi ovvero due più dei due terzi e due più che nel 2018) e l’Opposizione unita’ il 35% dei voti, circa 1.800.000  (56 seggi, meno 10 rispetto al totale dei partiti della coalizione nel 2018). Il Movimento nostra patria (quella parte di Jobbik che si è scissa non avendo accettato l’alleanza con la sinistra) ha raggiunto il 6% dei voti, circa 300.000  (7 seggi). Il seggio spettante alle liste delle minoranze nazionali è stato conseguito, come tradizione collaudata, dai tedeschi. 

    Orbán ha vinto quasi dappertutto nel Paese, con la non sorprendente eccezione di Budapest dove ha conquistato solo due (all’est della capitale) delle 18 circoscrizioni; e tuttavia anche a Budapest Fidesz e Kdnp hanno superato il 41% dei voti, contro il 47 dell’opposizione unita. Clamorosa poi la sconfitta di Péter Márki-Zay nella città natale che, da fuoruscito di Fidesz, aveva conquistato nel 2018: infatti a  Hódmezővásárhely  (circa 45mila abitanti) il candidato nazionale dell’opposizione ha ottenuto solo il 40,2% dei voti contro il 51,7% del portavoce parlamentare di Fidesz  János Lázár.

    Nel discorso a  caldo dopo la certezza della vittoria elettorale Orbán ha evidenziato la sconfitta subita dalle “forze imponenti” che l’avevano combattuto: “La sinistra ungherese, la sinistra internazionale, i burocrati di Bruxelles, tutte le organizzazioni dell'impero Soros, i media mainstream internazionali e infine anche il presidente ucraino” (Zelensky anche nella notte precedente alle elezioni aveva attaccato Orbán e forse tale intervento ha avuto effetti controproducenti).  

    Da segnalare anche la presenza in Ungheria di circa 900 osservatori stranieri per il controllo della regolarità delle operazioni di voto. Oltre 300 erano dell’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (Osce), occhi e orecchi in allarme alla ricerca di violazioni delle libertà democratiche. Non sembra che abbiano raccolto un granché, a parte la notizia di qualche pullman con cui sono stati portati alcuni elettori al seggio (episodi risibili se appena appena si fa mente locale su quanto è accaduto tante volte nel Belpaese).

     

    IL REFERENDUM SULLA LEGGE PER LA PROTEZIONE DEI MINORI: GIURIDICAMENTE NON VALIDO, POLITICAMENTE INVECE MOLTO SIGNIFICATIVO

    Veniamo al referendum sulle modifiche della legge per la protezione dei minori, votate nel giugno 2021 dal Parlamento ungherese. Quattro i quesiti sottoposti al parere dell’elettorato. Citiamo il primo: “Siete d’accordo che in istituti di istruzione pubblica nelle scuole pubbliche i bambini partecipino a lezioni sull’orientamento sessuale senza il permesso dei genitori?” Gli altri riguardavano la limitazione delle informazioni sulla sessualità – e sul cambiamento di sesso - ai bambini da parte dei media.

    In Ungheria il referendum per essere valido deve essere oggi votato validamente dal 50% del corpo elettorale. Tale soglia è stata abbassata al 25% solo per due referendum ‘obbligati’: quello del 1997 sull’entrata nella Nato (49% di voti validi) e del 2004 sull’adesione all’Ue (45,62% di voti validi). Per il resto in un caso, nel 2008, il quorum è stato superato (50,40% di voti validi) per il referendum sui ticket sanitari e sulle tasse universitarie. Da segnalare il referendum del 2016 sul ricollocamento obbligatorio dei migranti come prescritto dall’Unione europea: i votanti erano stati il 43,63% dell’intero corpo elettorale, con un 98,34% di no alle pretese dell’UE. Tale voto non è dunque risultato giuridicamente vincolante per il legislatore. E tuttavia è stato tanto massiccio da costituire un sostegno forte alle politiche del governo ungherese in materia di immigrazione. 

    Nel caso di domenica scorsa l’opposizione (sostenuta – anche finanziariamente - dai soliti filantropi, dalla solita lobby arcobaleno e dalla solita Bruxelles) aveva chiamato ad annullare la scheda, così da impedire il raggiungimento del quorum. Ciò è avvenuto. E tuttavia i risultati – analoghi a quelli del 2016 sul tema dell’immigrazione - dimostrano ancora una volta il largo sostegno di una parte molto consistente dell’elettorato ungherese alle politiche governative pure in materia di protezione dei minori.

    Ha votato validamente (con poche differenze tra i quesiti) oltre il 44% del corpo elettorale (maggior numero di votanti per il primo quesito, 44,46%). I voti volontariamente invalidati sono stati mediamente attorno al 20%. I quesiti referendari sono stati approvati da una percentuale tra il 92% e il 96% (in media 3.300.000 voti contro circa 2-300.000).

    In sintesi: quasi il 40% del corpo elettorale ungherese ha dato il suo consenso alla legge (Fidesz-Kdnp sono attorno al 35% del corpo elettorale). In media il 5% l’ha respinta. Un altro 20% non ha voluto esprimersi, invalidando il voto. Un ultimo terzo circa di elettori non è andato alle urne.

    Abbiamo letto su vari giornali che con tali risultati la legge sulla protezione dei minori sarebbe decaduta o sarebbe stata congelata. Fake news. La legge continua a restare in vigore regolarmente. Abbiamo letto poi che Orbán sarebbe stato sconfitto. Giuridicamente sì. In realtà, considerando con attenzione la storia dei referendum ungheresi, si osserva che – come già rilevato – è sempre stato molto difficile raggiungere il quorum del 50% (tanto è vero che per i referendum su Nato e Ue è stato abbassato al 25%....). Perciò il risultato di domenica risulta nei fatti un’ulteriore vittoria di Orban, che ha dimostrato ancora una volta come le sue politiche possano contare su un consenso elettorale massiccio. Non dimentichiamo che, tra chi si è recato alle urne (un po’ meno del 70%, cifra tutt’altro che irrisoria), il sì ai quesiti è stato ampiamente maggioritario, andando ben oltre i soli elettori di Fidesz ….

     

    PER FAVORE, UNA CONFEZIONE DI PALINKA PER AVVENIRE!

    Avvenire, come abbiamo scritto più volte, è un quotidiano che presenta spesso pagine utili alla riflessione, ben documentate. In queste settimane offre contributi pregevoli a proposito della guerra in Ucraina. Nel contempo lo stesso Avvenire su certi argomenti (politica dell’immigrazione, politica interna, politica estera, anche per certi versi della famiglia) palesa posizioni preconcette che noi come noto definiamo ‘cattofluide’. L’Ungheria è da tempo una bestia nera del giornale di piazza dei Carbonari. Abbiamo letto con curiosità i reportages da Budapest in occasione del voto di domenica 3 aprile. Erano più equilibrati del solito (in verità ci si poteva aspettare di peggio) e tuttavia a ben vedere davano ben conto del clima predominante nelle stanze avveniristiche. Leggete qui.

    . domenica 3 aprile: (chiusa dell’articolo) “Prima però ci sono da vincere le elezioni, mentre sulle acque livide del Danubio soffia un vento ancora gelido

    . lunedì 4 aprile (su Avvenire.it, incipit) È nell'aria gelida di Budapest che Viktor Orbán si presenta, poco dopo le 23 di ieri sera, per rivendicare la sua vittoria.

    . martedì 5 aprile: (nel titolo) Ma Bruxelles gela il suo trionfo (di Orbán). Nell’incipit dell’articolo dell’inviato: “Il gelo proveniente da Bruxelles….

    Brrrrr…. che freddo! Soccorrete subito l’inviato di Avvenire, non lasciatelo congelare, forza… donategli una confezione della miglior grappa ungherese, la Pálinka… quella da 70 gradi….su, presto… così che la Pálinka riscaldi le stanze avveniristiche e il fantasma di Orbán possa svanire nell’oblio bacchico (ma portate anche confezioni di riserva, caso mai riapparisse!).

     

             
             
             
             
             
                     

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